Partiti, tornano i soldi pubblici
Si fa un gran parlare di legge elettorale, e così i parlamentari annacquano la norma che taglia i fondi alla politica
di Franco Bechis
Una cosa è certa: il testo presentato da Enrico Letta e trasformato in decreto legge prima di Natale sarà fatto a pezzettini. La proposta governativa di abolizione del finanziamento pubblico ai partiti e sua sostituzione con il meccanismo del 2 per mille Irpef rischia di essere totalmente stravolta a palazzo Madama. In commissione affari costituzionali sono stati presentati quasi 200 emendamenti, e almeno la metà sono certamente peggiorativi della legge. Le maggiori insidie vengono da una parte del Pd e da Sel, decisissimi a reintrodurre un finanziamento statale e addirittura ad allargarlo rispetto all’esistente. E nel Pd a scorrere i primi interventi esistono almeno tre diverse linee, mentre Forza Italia fino a questo momento si è limitata a presentare emendamenti semi-ostruzionistici e il Nuovo centro destra a riscrivere solo alcune parti della legge, nonostante l’impronta governativa del testo.
A complicare le cose si sono messe anche le dimissioni del relatore,Alessandro Maran (ex Pd pure lui, ma in questa legislatura eletto con Scelta civica) per motivi estranei al contenuto della legge (si è offeso perché Matteo Renzi ha minimizzato il peso dei montiani in parlamento). Il segretario stesso del Pd capendo l’antifona di quel che stava accadendo in Senato ha imposto un relatore di fiducia, e da giovedì sera l’incarico è passato nelle mani della renziana Isabella Del Monte. Ma le trappole sono molte, e quella abolizione del finanziamento pubblico che Letta all’inizio promise per la fine della scorsa estate, rischia ancora di restare un miraggio.
Il più attivo nel seminare trappole è il tesoriere Ds, Ugo Sposetti, che attraverso un maxi emendamento sostenuto anche nelle linee guida da altri rappresentanti del Pd, ha lanciato una versione italiana del modello tedesco di finanziamento pubblico. Il testo è molto articolato, ed andrebbe a sostituire l’intero decreto legge governativo. Non ci sono cifre indicate, ma il meccanismo prevede che sia i partiti politici sia una fondazione politica per ogni partito possono chiedere una volta all’anno contributi pubblici allo Stato in misura non superiore al 90 per centodelle spese annue rimborsabili di un partito e al 95 per cento dei costi ammissibili su base annua indicati nel bilancio di una fondazione politica. A occhio e croce si tratta di circa il doppio del costo della ultima legge sui rimborsi elettorali ad oggi ancora in vigore. I fondi pubblici complessivamente girati a partiti e fondazioni verrebbero divisi in parti uguali per il 15% della somma e proporzionalmente a deputati e senatori eletti per il restante 85%. Dai privati partiti e fondazioni non potrebbero ricevere più di 25 mila euro massimo l’anno per ogni soggetto erogante.
Il partito di Nichi Vendola invece si tiene il 2 per mille Irpef previsto da questa legge, ma lo accompagna a 75 milioni di euro di vecchi rimborsi elettorali ogni anno. Come accadeva in passato la cifra è la somma di 4 diversi fondi annuali da 18,75 milioni di euro legati al rinnovo della Camera, del Senato, del Parlamento europeo e di Consigli regionali e province autonome. Ma sono molti gli emendamenti presentati dalle varie correnti del Pd che picconano il testo governativo. Talvolta in meglio, abolendo le commissioni scontate sulle carte di credito e bancomat previste lì per chi dona fondi ai partiti, o riducendo le detrazioni-monstre che favorivano i partiti rispetto alle onlus. In altri casi in peggio. L’unico articolo del testo governativo che sembra andare bene a tutti è quello che paga la cassa integrazione ai dipendenti dei partiti: nemmeno i grillini propongono di abolirlo. Come in ogni testo che si rispetti, naturalmente c’è anche una norma contro Silvio Berlusconi, disegnata per impedirgli di aiutare economicamente Forza Italia. È stata presentata da Sel e prevede il divieto di finanziamento dei partiti da parte di chiunque abbia condanna definitive come quella di Berlusconi sui diritti Mediaset. Divieto esteso anche a tutte le società a lui riconducibili, o in cui lui abbia direttamente o indirettamente più del 20% del capitale…
FONTE:
http://www.liberoquotidiano.it/news/politica/1392613/Partiti–tornano-i-soldi-pubblici.html
Nessun commento:
Posta un commento