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venerdì 24 febbraio 2017

Negli USA accuse contro Obama e Soros: registi del colpo di stato in Ucraina

Ultranazionalisti ucraini ricordano l'anniversario di Maidan a Kiev

In diverse città degli Stati Uniti si sono svolte manifestazioni organizzate dall'Istituto internazionale Schiller, durante le quali sono stati distribuiti volantini ai cittadini per far conoscere la "situazione reale in Ucraina." Lo riferisce il sito del movimento LaRouche, associato con l'Istituto.

Queste manifestazioni si sono svolte in occasione del 3° anniversario dei fatti di Maidan. Secondo gli attivisti, il colpo di stato in Ucraina è stato orchestrato dal finanziatore miliardario George Soros e dai rappresentanti dell'amministrazione Obama.
Inoltre gli attivisti credono che le dimostrazioni e proteste contro il presidente Donald Trump possano portare ad una nuova "rivoluzione colorata", questa volta negli Stati Uniti.
La manifestazione è stata chiamata la "giornata della verità".
"Il movimento LaRouche organizza a Manhattan la giornata della verità e invita gli americani a non giustificare la rivoluzione colorata di Soros e Obama in Ucraina nel 2013".

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LPAC  organizing in Manhattan, warning Americans not to tolerate color revolution coup from /Obama crowd a la 2013
​Nei volantini distribuiti c'è scritto: "Le stesse persone che vi hanno mentito sull'Ucraina, mentono su Trump? Per la stessa ragione?" — si legge sul sito del movimento.
Il suo leader, l'attivista politico e filosofo Lyndon LaRouche, ha dichiarato che a seguito del colpo di stato di 3 anni fa a Kiev hanno preso il potere i "nazisti" sostenuti da Obama e Soros.
fonte https://it.sputniknews.com/mondo/201702244116383-Maidan-nazisti-golpe-rivoluzione-Trump-LaRouche-Schiller-Manhattan/

Dossier sul golpe di Soros (e Obama) contro Trump a Washington

Il LaRouche PAC sta preparando un dossier sulle reti legate a George Soros ed i loro alleati di fatto nel tentativo di attuare un golpe contro il Presidente Donald Trump. Il dossier, che includerà il background degli avvenimenti in Ucraina tre anni fa, sarà disponibile per le manifestazioni pianificate in molte città per la Giornata Internazionale della Verità il 23 febbraio.
Per gli Stati Uniti, sembra che lo stesso ex presidente Barack Obama intenda prendere il comando di un’organizzazione di 30.000 “agitatori” anti Trump, da una villa circondata da mura a Washington. Benché nessuno possa opporsi alle proteste degli americani contro politiche con cui non sono d’accordo, quando l’intenzione è imporre la destituzione di un presidente eletto, la faccenda è diversa.
Ma questi sono solo i “soldati semplici” dietro i quali si nascondono forze molto potenti. La loro motivazione non è certo fermare il muro al confine col Messico, essere tolleranti coi musulmani (che Obama ha ucciso a migliaia) o salvare Obamacare, bensì impedire che la nuova amministrazione migliori i rapporti con la Russia e con la Cina.
In effetti le operazioni condotte contro la nuova amministrazione Trump sono senza precedenti nella storia degli Stati Uniti. Il rumore fatto dai media è assordante, ma viene alimentato da ambienti delle agenzie di intelligence e dell’esercito, in combutta con l’establishment finanziario e neoconservatore.
Questo apparato è responsabile delle dimissioni imposte al Generale Michael Flynn come consigliere per la sicurezza nazionale, dopo le rivelazioni del New York Times sul fatto che in dicembre aveva discusso con l’ambasciatore russo di togliere le sanzioni contro la Russia. E’ interessante il fatto che sia stato proprio il Gen. Flynn, allora a capo della Defense Intelligence Agency, ad ammonire il Presidente Obama del pericolo dell’ISIS e della destituzione del Presidente siriano Assad, e Obama lo licenziò proprio per averlo fatto. Quindi ha molti nemici, anche nella CIA e nell’FBI.
Per dare alcuni esempi di come funzioni la campagna dei media: l’ex analista della NSA John Schindler ha twittato che un funzionario di intelligence gli aveva detto che Trump “morirà in carcere” mentre Thomas Friedman del New York Times ha paragonato l’elezione di Trump all’attacco di Pearl Harbor ed a quello dell’11 settembre 2001.
Adam Shatz del London Review of Books discute apertamente la possibilità che il cosiddetto “deep state” (Stato profondo, cioé servizi segreti ed esercito) possano assassinare Trump, riprendendo il tema suggerito dal corrispondente della BBC Paul Wood in un articolo del 21 gennaio sulla rivista Spectator (“Will Donald Trump Be Assassinated, Ousted in a Coup Or Just Impeached?”, Donald Trump sarà assassinato, destituito con un golpe o con l’impeachment?).
Ancor più allarmante è il fatto che le conversazioni confidenziali che Trump aveva avuto coi presidenti messicano ed australiano siano fatte trapelare alla stampa da insider.
Tutto questo equivale ad un sinistro tentativo di minare la democrazia, in particolare quando coloro che si considerano “di sinistra” inneggiano ai servizi segreti ed a folli come John McCain, ossessionati dall’idea di scatenare guerre in tutto il mondo.

Usa indagano su attività Soros in Europa


I membri del Congresso statunitense hanno iniziato a pretendere che si scavi piu’ a fondo sul ruolo giocato dall’investitore miliardario George Soros nei movimenti di protesta e nella politica europea, anche perché il finanziere e filantropo è sospettato di utilizzare soldi pubblici per i suoi progetti politici.
Un congressman del New Jersey, Cristopher Smith del partito Repubblicano, ha chiesto che venga fatta chiarezza perché il popolo americano ha il diritto di sapere se i proventi delle loro tasse sono stati usati per finanziare i progetti di Soros nella Repubblica di Macedonia. L’ambasciata americana del paese è finita sotto indagine, accusata di aver dirottato fondi alle attività di gruppi non governativi riconducibili alla rete di Soros.
Soros è accusato da Viktor Orban, carismatico e controverso premier di destra in Ungheria, e da altri leader europei di tentare sovvertire il potere nei paesi in cui governano forze a lui non gradite, finanziando i gruppi oppositori e aizzando la gente contro il governo. E’ quello che secondo i Repubblicani sarebbero successo a Skopje.
Un gruppo di parlamentari della Camera ha scritto una lettera all’ambasciatore nella Repubblica di Macedonia Jess Baily, nominato dall’amministrazione Obama, per sapere se ci sono stati episodi di collusione tra i movimenti finanziati dal governo americano e fazioni di sinistra durante le elezioni. I Repubblicani pretendono delle risposte sulle attività con cui Soros finanzia partiti e movimenti con i soldi versati dai contribuenti americani.
Il desiderio di Soros, dicono i Repubblicani, è che il governo conservatore attualmente al potere venga rimpiazzato da una formazione progressista. “Sembra che organizzazioni sostenute finanziariamente dal governo americano abbiano preso le difese di gruppi progressisti, e questo èassolutamente inaccettabile. Penso che sia illegale ed esamineremo il caso a fondo”, dice Smith.
“Serve un’accurata analisi di quanto fatto dall’amministrazione negli ultimo otto anni perché gli Stati Uniti si stanno schierando politicamente anche in altri paesi e in passato ci sono stati incidenti simili. Questo compromette il buon funzionamento e la reputazione della diplomazia americana, pubblica e in generale. E’ un comportamento che non ha precedenti e che va contro la legge”.
Il Senatore Mike Lee, Repubblicano dello Stato dello Utah, ha espresso preoccupazioni circa i soldi che dall’USAID, agenzia indipendente del governo Usa per le attività umanitarie e lo sviluppo internazionale, sono stati trasferiti alla fondazione di Soros Open Society Foundations. I Repubblicani nutrono dubbi circa il ruolo che l’ambasciate Usa sta avendo e ha avuto nella politica estera in alcuni Stati d’Europa e non solo nella Repubblica di Macedonia.
“Negli ultimi anni ho ricevuto informazioni attendibili circa un intervento attivo della missione diplomatica Usa nella politica in Macedonia nella società civile, nella diffusione delle informazioni, spesso a favore di gruppi politici di un determinato schieramento a discapito dell’altro”, dice Lee nella lettera inviata all’ambasciatore americano a Skopje che si puo’ leggere qui sotto.



fonte http://www.wallstreetitalia.com/usa-indagano-su-coinvolgimento-soros-in-politica-europa/

mercoledì 22 febbraio 2017

Può finire il Pd, non il romanzo criminale che sabota l’Italia

In “Romanzo criminale”, la saga della Banda della Magliana ripercorsa da Giancarlo De Cataldo, nessuno riesce mai neppure a sfiorare il supremo potere del Grande Vecchio, il burattinaio che agisce nell’ombra e, dal Palazzo, manovra i fili che tengono insieme una sceneggiatura anche atroce, in cui si muovono guardie e ladri, terroristi e affaristi, servizi segreti e malavita imprenditrice. Nel saggio “Il più grande crimine”, il giornalista Paolo Barnard ricostruisce in chiave criminologica quello che chiama “economicidio” dell’Italia, in tre mosse: divorzio tra governo e Bankitalia, adesione all’Unione Europea, ingresso nell’Eurozona. Matematico: crisi, disoccupazione, super-tasse, taglio del welfare e dei salari, crollo dei consumi, sofferenze bancarie ed esplosione del debito pubblico, che diviene improvvisamente “tossico” perché non più ripagabile, non più denominato in moneta sovrana liberamente disponibile. A monte: il Memorandum Powell, la guerra storica contro la sinistra dei diritti del lavoro (dalla legge Biagi al Jobs Act), la “crisi della democrazia” evocata dai cantori della Trilaterale, fino alla spazzatura terminale dell’Ue, il Fiscal Compact, la morte clinica del bilancio pubblico degli Stati, ridotti a esattori per la più colossale operazione di money-transfer della storia moderna, dal basso verso l’alto, attraverso la privatizzazione universale neoliberista.
Nella sua visione da criminologo, Barnard fa i nomi: Beniamino Andreatta e Carlo Azeglio Ciampi vietarono alla Banca d’Italia di continuare a fare da “bancomat del governo” a costo zero, imponendo allo Stato, da quel momento, di finanziarsi Michele Emilianodiversamente: ricorrendo cioè al sistema finanziario privato attraverso l’emissione di bond, a beneficio della grandefinanza, cui da allora lo Stato avrebbe riconosciuto lauti interessi, facendo esplodere il debito pubblico. Poi l’euro, cioè l’istituzionalizzazione definitiva della “trappola finanziaria”: lo Stato non può più fare retromarcia, deve “prendere in prestito” la moneta emessa da un soggetto esterno, la Bce, i cui azionisti sono le banche centrali non più pubbliche, ma controllate da cartelli bancari privati. A quel punto è l’euro a imporre la sua legge, attraverso la Commissione Europea, cioè il governo non-eletto dell’Europa. E la Commissione Europea vara la norma finale, esiziale, per qualsiasi governo democratico: il pareggio di bilancio, che equivale al decesso finanziario dello Stato. In regime di sovranità (Usa, Giappone, resto del mondo) il debito pubblico misura la salute del paese: più il deficit è alto, più l’economia è prospera. L’Unione Europea inverte i termini del paradigma: taglia la spesa pubblica, e ottiene crisi. L’Italia, addirittura, ha inserito il pareggio di bilancio in Costituzione. E, peggio ancora, da anni il bilancio italiano è in “avanzo primario”: per i cittadini, lo Stato spende meno di quanto i contribuenti versino in tasse.
Come si è arrivati a questo? Smantellando la sinistra, risponde Barnard, citando l’avvocato Lewis Powell, uno stratega di Wall Street incaricato dalla Camera di Commercio Usa, all’inizio degli anni ‘70, di redigere un vademecum per guidare l’élite, spodestata dalla democrazia sociale nel dopoguerra, verso la riconquista dell’atavico potere perduto. Detto fatto, come da manuale: leader radicali stroncati, leader riformisti “comprati” per annacquare i loro partiti e sindacati, rendendoli docili e spingendoli a convincere i loro elettori ad accettare “riforme” concepite per “smontare” le tutele sociali, privatizzando progressivamente l’economia. Campioni assoluti, in Italia: personaggi come Romano Prodi, Giuliano Amato e Massimo D’Alema. Berlusconi? Irrilevante: si è limitato a proteggere i suoi interessi. Gli artefici delle “riforme strutturali” provengono tutti dalla sinistra storica: la più adatta, come insegna Lewis Powell, a convincere la società ad affrontare dolorosi “sacrifici”, magari imposti sulla base di norme senza alcun fondamentio economico, come il famigerato limite alla spesa pubblica, non oltre il 3% del Pil. Una invenzione di François Mitterrand, come ricorda l’economista Alain Parguez, allora consulente del presidente francese. Mitterrand? «Un monarchico, travestito da socialista». L’ennesima maschera della sinistra messasi al Jacques Attaliservizio del supremo potere oligarchico, neo-feudale, ansioso di sbarazzarsi dell’ingombro della democrazia per tornare all’antico splendore.
La “mente” di Mitterrand? Jacques Attali, che Barnard definisce “il maestro” di D’Alema, l’ex comunista italiano che, da Palazzo Chigi, vantò il record europeo delle privatizzazioni. Nel suo libro “Massoni, società a responsabilità illimitata”, Gioele Magaldi aggiunge un ulteriore filtro alla lettura di Barnard, quello super-massonico, derivate dal potere di 36 organizzazioni segrete, denominate Ur-Lodges, in cui gli uomini del massimo vertice mondiale – finanziario, industriale, militare, politico – disegnano le loro trame, per condizionare governi e paesi. Di Jacques Attali, Magaldi e Barnard offrono un ritratto preciso: l’ennesimo uomo di sinistra, “convertitosi” alla causa dell’oligarchia. E’ uno smottamento che investe l’intero Occidente: i Clinton e poi Obama negli Usa, Tony Blair in Gran Bretagna, Mitterrand in Francia, Gerhard Schröder in Germania con la riforma Hartz che introduce la flessibilità nel lavoro dipendente e i mini-salari dei minijob. Poi arrivano le Merkel e i Trump, ma il “lavoro sporco” l’hanno già fatto gli “amici del popolo”, quelli che ancora oggi in Italia cantano Bandiera Rossa e Bella Ciao, dopo aver votato la legge Fornero e le finanziarie-suicidio di Mario Monti, che per Magaldi milita, Vendola e Bertinottiinsieme a Giorgio Napolitano, nella Ur-Lodge “Three Eyes”, la stessa di Attali, storicamente guidata da personalità come quelle di David Rockefeller ed Henry Kissinger, fondatori della Trilaterale.
Anche in Italia, il cortocircuito finanziario introdotto con l’euro (lo Stato improvvisamente in bolletta) si è trasformato in crisi economica, quindi sociale. Ma, ovviamente, il “più grande crimine”, il sabotaggio della sovranità e quindi della democrazia, non è mai stato neppure lontanamente sfiorato dalla cosiddetta sinistra radicale dei Bertinotti e dei Vendola, né tantomeno dalla Cgil. Era tanto comodo il “demonio” Berlusconi, per catalizzare i mali del Balpaese, fino a insediare a Palazzo Chigi direttamente la Trojka, il commissario Monti (Trilaterale, Bilderberg, Goldman Sachs) tra gli applausi di tutti i Bersani di Montecitorio. Poi è arrivato Grillo, poi Renzi: come se il Grande Vecchio, lassù, si divertisse un mondo con il suo giocattolo preferito, l’Italia, cioè il paese in cui nessuno denuncia mai il vero problema, e dunque non può trovare soluzioni. Oggi si sbriciola il Pd, ma nulla lascia supporre che finisca il “romanzo criminale”, con i suoi personaggi-marionetta e le loro piccole partite, fatte di primarie e poltrone, correnti e sigle, bullismi, rancori, rivincite e vendette. Vacilla persino l’Unione Europea, sono in atto rivolgimenti di portata mondiale che mettono in discussione i caposaldi della globalizzazione neoliberista. E in Italia sono in campo Renzi ed Emiliano, Di Maio e la Raggi, Salvini e D’Alema, Prodi e Berlusconi, Pisapia e la Boldrini. Ancora una volta, gli amici del Grande Vecchio potranno dormire sonni tranquilli: l’Europa sta per franare, a cominciare dalla Francia, ma non sarà certo l’Italia a impensierire i grandi architetti della crisi.
fonte http://www.libreidee.org/2017/02/puo-finire-il-pd-non-il-romanzo-criminale-che-inquina-litalia/

Bersani non andrà da nessuna parte, ma nemmeno Renzi


Non andranno da nessuna parte, gli scissionisti del Pd: sono figure logore, nonché largamente compromesse con il peggior potere, quello che ha imposto all’Italia il regime dell’austerity. Beninteso: non andranno lontano nemmeno gli altri, i renziani, così come i berlusconiani. I grillini? Domani chissà, ma oggi – di fatto – non hanno vero un Piano-B per ribaltare l’economia italiana cambiando le regole del gioco. E’ la tesi di Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni, società a responsabilità illimitata” (Chiarelettere), che illumina gli imbarazzanti retroscena del “back office” del potere mondiale, con 36 superlogge internazionali che “orientano” le grandi decisioni dei governi, attraverso il controllo della finanza e delle istituzioni “paramassoniche” come Fmi e Banca Mondiale, Bilderberg e Trilaterale, think-tanks e lobby che, di fatto, “dettano” direttive, leggi, tendenze. Una su tutte: la supremazia neoliberista del mercato a danno dello Stato, neutralizzato dai tecnocrati e disabilitato nelle sue capacità di spesa pubblica e investimento economico e sociale.
«Si può dire anche molto male di Matteo Renzi, ma è pur sempre meglio di Pier Carlo Padoan, il ministro dell’economia, che – attraverso la Ur-Lodge “Three Eyes”, roccaforte storica della destra internazionale – è il terminale italiano dei super-poteri che Gioele Magaldipredicano la privatizzazione universale». Ai microfoni di “Colors Radio”, Magaldi osserva con scetticismo lo spettacolare smottamento in corso nello scenario politico italiano, non solo nella cosiddetta sinistra, ma anche sul fronte opposto, dove – accanto a Salvini e Giorgia Meloni – emergono pulsioni “sovraniste” dalla ex destra sociale di Alemanno e Storace. Meglio di niente, sembra concludere Magaldi, che è progressista e ha fondato in Italia il Movimento Roosevelt, associazione meta-partitica con l’obiettivo di “inoculare il virus del risveglio”, liberando i partiti dalla loro sudditanza rispetto ai poteri forti. Magaldi ora va anche oltre, annunciando l’apertura di un cantiere politico per dare vita a un nuovo soggetto. Non l’ennesimo partitino, assicura, ma – sulla carta – l’unico strumento su cui far convergere un vero e proprio rovesciamento di valori e priorità, sulla scorta dell’esperienza condotta per la candidatura dell’economista keynesiano Nino Galloni al Comune di Roma.
Tradotto: prima viene il recupero della sovranità finanziaria, anche monetaria, e soltanto dopo è possibile ridisegnare leggi e governi, con alle spalle una struttura (pubblica) capace di investire denaro per l’economiareale, quella delle aziende e delle famiglie. Nulla di tutto ciò è in vista, nel campo della sinistra italiana tradizionale: che magari sbatte la porta in faccia a Renzi, ma poi non osa alzare la voce con i veri potenti, cioè i guardiani dell’ortodossia ordoliberista incarnata dall’Unione Europea a trazione tedesca. «Non capisco come facciano, Bersani e compagni, a rinfacciare a Renzi la mancanza di una politica sociale, di sinistra, che parta dalle istanze del popolo, quando loro sono stati i primi, con D’Alema e anche Veltroni, a plaudire al governo Monti, progettato dai grandi poteri con l’aiuto di Napolitano». Dove pensano di andare, Bersani e Speranza? Alla loro sinistra si è accampata Sinistra Italiana, cioè la reincarnazione di Sel, il partito di Vendola, ben lungi – al netto della retorica – Bersani e Renzidall’aver affrontato il nodo vero della questione: la sovranità democratica dei governi europei, resi “sudditi” da Bruxelles, a danno della comunità nazionale.
Più interessante il campo opposto, dove si registra quantomeno la vitalità di Salvini e Meloni, con il limite però di dover fare sempre i conti con l’eterno Berlusconi, che in vent’anni – reso vulnerabile dal ricatto incombente sulle sue aziende – non è riuscito a dire un solo “no” ai nemici dell’Italia. Restano i 5 Stelle: se non l’attuale dirigenza “grillo-replicante”, almeno la sincera disponibilità democratica della base. Per Magaldi, il ogni caso, il Pd è finito: «Marcirà, si estinguerà per putrefazione. Mentre l’Italia ha un disperato bisogno di rigenerazione, attraverso la rinascita del campo progressista», adeguata allo scenario di oggi: un rinascimento politico, che parta dalla battaglia (storica) per denunciare gli abusi dell’oligarchia europea e restituire piena sovranità finanziaria all’economia nazionale, condizione imprescindibile per poi riscrivere le leggi in senso democratico, ridisegnando il paese, dopo aver rimesso al potere politici legittimi, non più maggiordomi dell’élite.

http://www.libreidee.org/2017/02/bersani-non-andra-da-nessuna-parte-ma-nemmeno-renzi/

Renzi gli chiede un incontro, ma Trump risponde picche















Il segretario dimissionario del Pd, in viaggio negli Usa, avrebbe cercato di organizzare un meeting con il nuovo presidente. Lo staff del tycoon: «Riceviamo solo capi di Stato o di governo».



Il segretario dimissionario del Pd vola in America, ma questa volta l'accoglienza riservatagli non comprende cene di gala e onorificenze alla Casa Bianca. Secondo fonti di Lettera43, Matteo Renzi avrebbe contattato lo staff del nuovo presidente Usa per organizzare un incontro. Ma Donald Trump non è Barack Obama, e la risposta è stata secca: riceviamo solo capi di Stato e di governo, non leader di partito. Figuriamoci poi quelli dimissionari.

LO SCAMBIO DI ENDORSEMENT CON OBAMA. A fine ottobre, Obama e consorte avevano scelto di celebrare la loro ultima cena di Stato alla Casa Bianca omaggiando con i massimi onori Matteo Renzi e la moglie (accompagnati da un drappello di italiani eccellenti). Durante la campagna elettorale americana, l'allora premier si era apertamente schierato con Hillary Clinton: una presa di posizione inusualmente esplicita per un capo di governo e per la quale era stata criticato. Da parte sua, Obama aveva sostenuto l'amico Matteo nella sua battaglia per il referendum costituzionale. Uno scambio di endorsement non andato esattamente a buon fine.


RENZI SI SFILA DALLE GRANE DI PARTITO. «Mentre gli organismi statutari decidono le regole del Congresso, io sono in partenza per qualche giorno per gli Stati Uniti. Priorità: imparare da chi è più bravo come creare occupazione, lavoro, crescita nel mondo che cambia, nel mondo del digitale, nel mondo dell'innovazione», aveva annunciato l'ex premier sfilandosi dalla Direzione del Pd. Non incontrerà, tuttavia, chi è più bravo a vincere alle urne.

http://www.lettera43.it/it/articoli/politica/2017/02/21/renzi-gli-chiede-un-incontro-ma-trump-risponde-picche/208702/
http://ilsapereepotere2.blogspot.it/2017/02/renzi-gli-chiede-un-incontro-ma-trump.html

Basta bufale del boldrinismo

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Mi piacerebbe guardare in faccia, una per una, le 14 mila macchie umane che hanno firmato l’appello bastabufale di madame Boldrini, teso a reintrodurre la censura del principe nell’informazione in nome di una verità di parte. Mi rendo conto che molte di quelle firme sono sollecitate con tracotanza di potere per evitare alla campagna una figuraccia ancora peggiore e probabilmente altre sono nomi di fantasia come quella di Sandro il Bufalaro , in realtà un redattore de il Giornale che si è divertito un po’ a sottoscrivere l’appello, vedendosi  ringraziare  per la firma che è “un atto di responsabilità”. Tuttavia sarebbe interessante ai fini antropologici toccare con mano la sociologia grottesca di questo gregge.
Ma non è tanto questo che mi interessa, quanto la constatazione che la Boldrini è un emblema quasi perfetto della sinistra da salotto, uno dei tanti personaggi fasulli su cui si è riversata la fiducia e talvolta l’ammirazione di ignari militanti. Ricca di famiglia, vicina al potere grazie alla parentela non con il partigiano Arrigo Boldrini, ma con Marcello Boldrini, uno  statistico di rilievo, divenuto in seguito uno dei fondatori della Dc e poi  braccio destro di Enrico Mattei, deus ex machina di rincalzo di tutta l’industria italiana in qualche modo legata al petrolio fino a diventare vicepresidente dell’Eni e capo di innumerevoli comitati, consigli di amministrazione e chi più ne ha più ne metta. Guarda caso la signora Laura diventa subito dopo la laurea (con tesi sul diritto di cronaca a sottolineare l’oscuro presente) giornalista professionista all’Agi di proprietà dell’Eni  e a ruota entra alla Rai dove dà il massimo nella redazione di Rai Cocco in cui gestisce le “spogliatelle” ossia ragazze seminude destinate a far concorrenza alle tv di Berlusconi. Caduta l’ultima mutanda della trasmissione, forte di un viaggio in sudamerica ai tempi dell’università, secondo la tradizione dei grand tour dei ricchi e delle nuove competenze acquisite in Rai, fa un balzo inatteso e entra nei meccanismi dell’Onu arrivando all’incarico di portavoce ( non responsabile si badi bene) dell’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite per il Sud Europa, un ruolo prima inesistente, ma ritagliato apposta per lei. Anche qui possiamo intravvedere l’ombra lunga di Marcello Boldrini che per molti anni curò il periodico di statistica della Società delle Nazioni divenuto dopo la guerra il bollettino di statistica delle Nazioni Unite.
Stipendio da favola per 23 anni in cambio di attività quasi inesistenti, per non dire di una vera e propria sinecura consistente in serate, incontri, qualche comunicato stampa, qualche rara missione, mentre pian piano dall’alto di questo invidiabile culo al caldo diventa un personaggio di rilievo della sinistra persino di quella chiamata radicale e arriva infine alla terza carica delle Repubblica, in tempo per rinnegare tutto ciò in cui aveva fatto finta di credere al tempo dell’ Alto commissariato: ora appoggia ogni guerra, strage, infamia neo coloniale. In aggiunta vorrebbe pure censurare il dibattito su queste schifezze in pergetto accordo con l’oligarchia mondiale. Ma la sua storia – fatte le proporzioni- è cosa abbastanza comune nella storia della sinistra, anzi nella complicata galassia del progressismo italiano post berlingueriano, troppo spesso guidato, dopo la crisi del sistema politico formatosi nel dopoguerra, da personaggi di famiglie benestanti, poco inclini a studiare, ancor meno ad impegnarsi seriamente, del tutto estranei a quella cosa che si chiama lavoro, dedicatisi alla politica per naturale istinto al potere e al protagonismo oltre che grazie alle spalle coperte, alla mancanza di quella necessità che è l’assillo dei più: di certo non si potevano trovare rappresentanti più improbabili del mondo del lavoro e dei ceti popolari, gente che alla fine si aggrappa ai topoi rituali come succedaneo degli ideali.
Nello spettacolo del Pd e della sua agonia, in queste lotte di potere nelle quali il pensiero della società e dei suoi problemi, il dramma dei poveri e degli impoveriti, la rabbia dei pensionati rapinati a tradimento le questioni basilari di economia politica nemmeno compaiono nell’ordine del giorno, c’è anche molto di tutto questo. C’è molto del boldrinismo e del vertiginoso distacco dal mondo reale di questo ceto venuto alla luce  con la scomparsa della Dc e dalla mutazione del Pci, alimentato dal berlusconsimo: non mi stupirei la che presidenta ci invitasse prima o poi a mangiare brioche, una frase che Maria Antonietta non ha mai pronunciato e che con tutta probabilità  è solo una brillante invenzione di Rousseau nelle Confessioni. Ecco vedete a cosa si può arrivare quando si vuole a tutti i costi denigrare il potere. Alle bufale.

fonte https://ilsimplicissimus2.com/

sabato 18 febbraio 2017

Dark arts (Come una rete di dark money sta acquisendo potere da entrambe le parti dell’Atlantico.)

DI GEORGE MONBIOT
theguardian.com
C’è voluto un po’ perché la Corporate America si appassionasse a Donald Trump.
Alcune delle sue posizioni, sopratutto quelle sul mercato, hanno inorridito i leader dell’economia. Molti di loro hanno favorito Ted Cruz o Scott Walker. Ma una volta che si è assicurato la nomina, la grande quantità di denaro ha iniziato a far vedere un’opportunità senza precedenti.
Trump era preparato non solo a promuovere la causa delle corporazioni al governo, ma a trasformare il governo in una sorta di corporazione, assunta e gestita da dirigenti e lobbisti. La sua incoerenza non è stata un ostacolo ma un’apertura: la sua agenda potrebbe essere modellata. E la rete di dark money che alcune corporazioni americane avevano già sviluppato era perfettamente posizionata per influenzarla.
Dark money è il termine usato negli Usa per finanziamenti non resi noti di organizzazioni coinvolte nel sostegno politico. In pochi vedrebbero una compagnia di tabacco come una fonte credibile per la sanità pubblica, o una compagnia di carbone come un commentatore neutrale sul cambio climatico. Per mandare avanti i propri interessi politici, alcune compagnie devono pagare altri per parlare al loro posto.
Poco dopo la Seconda Guerra Mondiale, alcune delle persone più ricche in America iniziarono a creare una rete di thinktank (gruppo di esperti) per promuovere i loro interessi. Questa si proponeva di offrire opinioni spassionate sugli affari pubblici. Ma sono più simili alle corporazioni di lobbisti, lavorando per conto di coloro che li hanno fondati e finanziati. Sono organizzazioni che adesso gestiscono gran parte dell’amministrazione Trump.
Non abbiamo speranza di capire cosa succederà finché non capiremo come la rete dark money opera. La straordinaria storia di un membro del Parlamento inglese ci fornisce una visione unica all’interno di questa rete, da entrambe le parti dell’Atlantico. Il suo nome è Liam Fox. Sei anni fa, la sua carriera politica sembrava essere finita.
Lo scandalo che aveva provocato mischiando i suoi interessi privati a quelli ufficiali, che fu altamente imbarazzante per il governo di David Cameron, lo costrinse alle dimissioni dal ruolo di Segretario di Stato per la Difesa. Ma oggi è tornato al banco dei portavoce, con un ministero cruciale e delicato: Segretario di Stato per il commercio internazionale.
Nel 1997, anno in cui i Conservatori persero l’ufficio con Tony Blair, Liam Fox, che siede nella rigida destra del partito conservatore parlamentare, ha fondato un’organizzazione chiamata The Atlantic Bridge. Il suo patrono era Margaret Thatcher. Nel suo comitato consultivo sostenne i futuri ministri di gabinetto Michael Gove, George Osborne, William Hague e Chirs Grayling. Fox, che è diventato un attivista di spicco per la Brexit, ha descritto la missione dell’Atlantic Bridge di “unire le persone che hanno interessi comuni”. Dovrebbe difendere questi interessi da “integrazionisti europei che vorrebbero allontanare la Gran Bretagna dalla sua relazione con gli Stati Uniti”.
L’Atlantic Bridge è stata registrata in seguito come ente benefico. Era parte della rete dark money del Regno Unito: solo in seguito al suo crollo abbiamo potuto scoprire la storia completa di chi la fondò.
Il suo finanziatore principale era l’estremamente ricco Michael Hintze, che lavorava alla Goldman Sachs prima di creare il suo fondo speculativo personale, il CQS. Hintze è uno dei più grandi benefattori del partito Conservatore. Nel 2012, è stato indicato come un finanziatore della Global Warming Policy Foundation, che solleva dubbi sulla scienza del cambio climatico. Oltre a fare donazioni di contanti e prestiti all’Atlantic Bridge, ha dato in prestito a Liam Fox il suo jet privato per volare a e da Washington.
Un altro finanziatore era l’azienda farmaceutica Pfizer. Questa ha pagato una ricercatrice dell’Atlantic Bridge, Gabby Bertin. È diventata la responsabile dei rapporti con la stampa di David Cameron, e adesso siede nella Camera dei Lord: Cameron le ha dato un life peerage (titolo di pari a vita) nella sua lista d’onore di dimissioni.
Nel 2007, un gruppo chiamato the American Legislative Exchange Council (ALEC) ha creato un’organizzazione affine, The Atlantic Bridge Project , per guidare il braccio americano dell’iniziativa di Fox. ALEC è forse il più controverso thinktank finanziato dalle corporazioni degli Usa. È specializzato nell’unire i lobbisti aziendali con i legislatori federali per sviluppare “model bills” (proposte di legge-modello). I legislatori e le loro famiglie godono dell’ospitalità sfarzosa del gruppo, e poi portano con sé a casa le proposte modello, per promuoverle come se fossero delle iniziative proprie.
ALEC ha dichiarato che più di 1000 di queste proposte di legge sono state introdotte ogni anno dai legislatori, e che una su cinque è diventata legge. È stato fortemente finanziato da aziende di tabacco, dala compagnia petrolifera Exxon, da aziende farmaceutiche e da Charles e David Koch: i miliardari che hanno fondato le prime organizzazioni Tea Party. Pfizer, che ha sovvenzionato la carica di Gabby Bertin all’Atlantic Bridge, siede nel Consiglio di amministrazione dell’ALEC. Alcune delle legislazioni più contestate degli ultimi anni, come le proposte di abbassare il salario minimo, proposte che concedono l’immunità da processi penali alle corporazioni e le leggi “ag-gag”, che vietano alle persone di indagare sulle pratiche degli stabilimenti agricoli, sono state elaborate da ALEC.
Per guidare il braccio americano dell’Atlantic Bridge, ALEC ha portato con sé la sua direttrice delle relazioni internazionali, Catherine Bray. È una donna britannica che aveva in precedenza lavorato per il membro conservatore del Parlamento europeo Richard Ashworth e per il membro UKIP Roger Helmer. Ha successivamente lavorato per l’uomo che ci ha condotto alla Brexit, Daniel Hannan. Nel 2015, si è sposata con Wells Griffith, che è diventato il direttore nazionale sul campo per la campagna presidenziale di Trump.
Tra i membri del consiglio di amministrazione degli Usa dell’Atlantic Bridge c’erano i senatori ultra conservatori James Inhofe, Jon Kyl e Jim DeMint. È stato riportato che James Inhofe ha ricevuto più di 2 milioni di dollari nella campagna di finanziamenti da parte di aziende carboniere e petrolifere. Sia le Koch Industries che la ExxonMobil sono stati tra i maggiori donatori. Simultaneamente, ha descritto il riscaldamento globale provocato dall’uomo come “la più grande truffa perpetrata sul popolo americano”.
Jon Kyle, adesso in pensione, sta attualmente agendo come lo “sherpa” guidando la nomina di Jeff Sessions a Procuratore Generale di Trump al Senato.
Jim DeMInt ha rassegnato le dimissioni dal suo posto al Senato per diventare presidente de The Heritage Foundation, che è probabilmente, dopo ALEC, il secondo thinktank più opinabile in America. È stato fondato con una consistente donazione da parte di Joseph Coors, erede dell’impero Coors Brewing, consolidato poi dal denaro del miliardario bancario e petrolifero Richard Mellon Scaife. Come ALEC, è stato finanziato ampiamente dai fratelli Koch. La Heritage, sotto la presidenza di DeMint, ha guidato il tentativo di assicurare che il Congresso rifiutasse di approvare il budget federale, chiudendo temporaneamente il governo. L’ex consigliere speciale di Fox al Ministero della Difesa, l’americano Luke Coffey, adesso lavora per la fondazione.
La Heritage Foundation è ora il cuore dell’amministrazione Trump. I suoi consiglieri, membri e personale costituiscono una grande parte del suo team di transizione. Tra di loro ci sonoRebekah Mercer, che fa parte della commissione esecutiva di Trump, Steven Groves Jim Carafano (Dipartimento di Stato), Curtis Dubay (Ministero del Tesoro) e Ed Meese, Paul Winfree, Russ Vought e John Gray (Ufficio per la gestione e il bilancio). La CNN riferisce che“nessun’altra istituzione di Washington ha un’impronta simile nella transizione”.
Lo straordinario piano di Trump per tagliare le spese federali di 10,5 mila miliardi di dollari era stata abbozzato dalla Heritage Foundation, che lo chiamò “Progetto per una nuova amministrazione”. Russ Vought e John Gray, che arriverano al team di Trump dalla Heritage, adesso stanno trasformando questo progetto nel suo primo bilancio”.
Se approvato, infliggerà tagli devastanti alla sanità, al sistema previdenziale, assistenza legale, normativa finanziaria e protezione ambientale, eliminerà i programmi per la prevenzione della violenza sulle donne, la difesa dei diritti civili e i fondi per le arti, e privatizzerà la Corporazione per la radiodiffusione pubblica. Trump, se state seguendo questa storia, sta iniziando a sembrare meno un presidente e più come un intermediario: applicando un programma che gli è stato lasciato.
A luglio dello scorso anno, subito dopo essere diventato segretario al commercio, Liam Fox è volato a Washington. Una delle sue prime fermate è stato un posto che ha visitato spesso negli ultimi 15 anni: l’ufficio della Heritage Foundation, dove ha parlato,tra gli altri, con Jim DeMint.Un’istanza del diritto di accesso agli atti amministrativi rivela che uno degli argomenti sollevati al meeting era il divieto europeo verso i polli americani lavati con il cloro: un divieto che che i produttori sperano Il Regno Unito abolisca con un nuovo accordo commerciale. Successivamente, Fox ha scritto a DeMint, aspettando impazientemente di “lavorare con te mentre il nuovo governo britannico sviluppa la sua politica di priorità commerciale, includendo in alto valore aree di cui abbiamo discusso come la difesa”.
Come può Fox trovarsi in questa posizione, dopo lo scandalo che l’ha portato al crollo sei anni fa? Lo stesso scandalo ci fornisce un possibile indizio: riguardava un incrocio tra i confini degli interessi pubblici e privati. L’uomo che guidava il settore inglese dell’Atlantic Bridge era il suo amico Adam Werrity, che operava fuori dall’ufficio di Michael Hintze. Il lavoro di Werrity si è legato al ruolo ufficiale di Liam Fox come segretario della difesa. Werrity, che portava un biglietto da visita che lo nominava consulente di Fox ma che non è mai stato assunto dal Ministero della Difesa, si è unito al segretario di stato in numerose visite ministeriali oltremare, eha fatto frequenti visite all’ufficio di Fox.
Prima che i dettagli su questa relazione iniziassero a fuoriuscire, la Charity Commision aveva indagato sull’Atlantic Bridge e aveva determinato che il suo lavoro non sembrava di beneficenza. Fu costretto a restituire la tassa da cui era stato esonerato (Hintze pagò il conto). In risposta, gli amministratori fiduciari hanno fatto cessare l’organizzazione. Quando la storia del coinvolgimento non autorizzato negli affari di governo di Adam Werrity ha iniziato a crescere, Fox ha fatto numerose dichiarazioni ingannevoli. Non gli era rimasta altra scelta che dimettersi.
Perciò quando Theresa May l’ha riportato al governo, e gli ha dato un dicastero che avrebbe potuto, in linea di principio, includere la regolazione dei confini tra gli interessi pubblici e privati, è stato un chiaro segnale sulle intenzioni del suo governo.
I trattati commerciali in sviluppo affidati a Fox regolano i limiti della sovranità. Gli standard americani su cibo e ambiente tendono ad essere più bassi rispetto ai nostri, e potrebbero anche diventare più bassi se Trump continua sulla sua strada.
Qualunque accordo commerciale con cui ci imbatteremo creerà una serie comune di standard per prodotti e servizi. L’amministrazione Trump chiederà che i nostri vengano aggiustati verso il basso, così le corporazioni americane potranno penetrare nel nostro mercato senza dover modificare le loro abitudini. Tutte le carte, in seguito al voto sulla Brexit, sono nelle mani degli Usa: se il Regno Unito oppone resistenza, non ci sarà un accordo. Ciò che May voleva, anche prima che Trump diventasse presidente, era una persona preparata per sferrare un accordo simile.
Come riporta il Financial Times: “ l’elezione di Donald Trump ha trasformato la sorte di Liam Fox”. Egli è adesso “un membro indispensabile del team dei portavoce di Theresa May”. La missione diplomatica ombra che egli ha sviluppato attraverso l’Atlantic Bridge lo ha spinto dritto all’amministrazione Trump.
Molto prima che Trump vincesse, la campagna di finanziamenti negli Usa aveva sistematicamente corrotto il sistema politico. Una nuova analisi di scienziati politici americani ha indicato una quasi perfetta relazione lineare, durante 32 anni, tra i soldi raccolti dai due partiti per le elezioni congressuali e la loro quota di voti. Ma c’è anche stato anche un cambiamento in questi anni: i donatori societari hanno iniziato a dominare questo finanziamento.
Legando la nostra sorte a quella degli Stati Uniti, il governo ci vincola al loro sistema. Questa è la parte di ciò di cui tratta la Brexit: le leggi europee proteggono che proteggono l’interesse pubblico sono state raffigurate dagli euroscettici conservatori come intrusioni intollerabili alla libertà aziendale. Riprendersi il controllo dall’Europa significa integrazione più vicina agli Usa. La speciale relazione transatlantica è una relazione speciale tra potere politico e potere delle corporazioni.
Nell’aprile del 1938, il presidente Franklin Roosevelt mandò al Congresso americano il seguente avvertimento. “La libertà della democrazia non è al sicuro se il popolo tollera la crescita del potere privato fino ad un punto in cui esso diventa più forte della democrazia stessa. Questo, sostanzialmente, è fascismo”. Questo è un avvertimento che ci dovremmo ricordare bene.

George Monbiot
Fonte: www.theguardian.com
Link: https://www.theguardian.com/commentisfree/2017/feb/02/corporate-dark-money-power-atlantic-lobbyists-brexit
2.02.-2017
Traduzione per www.comedonchisciotte.org  a cura di steflowers
http://comedonchisciotte.org/dark-arts/