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lunedì 28 marzo 2016

RELAZIONI KARMICHE E ANIME GEMELLE

amici
Spesso le persone chiedono all’astrologo di analizzare la loro carta natale e quella della persona di cui sono innamorate per sapere qual è il destino del loro incontro. In assoluto, non è ovviamente possibile dare una risposta, perché, come sappiamo, ogni anima sceglie il proprio percorso prima di incarnarsi, ma d’altra parte ogni individuo possiede il libero arbitrio, e quindi, ciò che accade tra due persone non è prevedibile. Tuttavia, chi conosce la legge del karma sa che nessun incontro è casuale e che le relazioni sono uno degli ambiti in cui il karma si manifesta con maggiore potenza.
Quando si avverte un forte legame con qualcuno, soprattutto se c’è sofferenza o ci sono difficoltà oggettive che impediscono alla relazione di decollare e crescere, si cercano inevitabilmente delle risposte, e l’astrologia karmica è senz’altro uno strumento efficace per comprendere le dinamiche che caratterizzano un rapporto, e la lezione che i soggetti coinvolti sono chiamati ad apprendere attraverso di esso.
Comunemente, viene definito karmico un incontro tormentato che provoca sofferenza ad almeno uno dei due elementi della coppia, e comunque destinato a finire entro un tempo relativamente breve. Personalmente, dopo aver molto letto sull’argomento (anche se tanto mi rimane da imparare!) e aver osservato e analizzato le dinamiche relazionali, sia per esperienza diretta sia indirettamente, sono sempre più convinta che tutte le relazioni, incluse quelle con l’anima gemella, sono karmiche, essendo l’espressione di una connessione tra anime. Ogni volta che iniziamo una relazione, stiamo mettendo in atto un contratto che abbiamo stipulato in passato tra anime per imparare una certa lezione. L’incontro con un’anima compagna o anima gemella (esistono definizioni differenti, ma nella sostanza il concetto non cambia) rappresenta una relazione karmica che è stata risolta: l’amore ha prevalso sulla rabbia e sulla paura. Questo non significa che non ci sia ancora qualcosa su cui lavorare, anzi: noi sappiamo, pur a livello inconscio, che proprio quella persona ci aiuterà a tirare fuori la parte migliore di noi, e che potremo mostrarci vulnerabili e deboli davanti a lei senza perdere il suo amore e il suo rispetto. Allo stesso modo, noi saremo di conforto e di sostegno all’altro in ogni situazione, e non lo giudicheremo, nemmeno se commetterà errori o atti discutibili.
Le anime che incontriamo sono più o meno sempre le stesse in ogni incarnazione: con alcune, abbiamo contratto debiti, con altre siamo in credito. E da come ci siamo relazionati nelle vite passate, dipende il tipo di legame e di esperienza che stiamo facendo in questa vita. In realtà, di teorie al riguardo ce ne sono diverse, e non è ovviamente possibile avere certezze assolute.
Quasi tutti abbiamo vissuto esperienze particolarmente significative che ci hanno coinvolto nel profondo, costringendoci in qualche modo a mettere in discussione noi stessi e la vita che abbiamo vissuto fino al momento dell’incontro. Questo vale per lo più per l’innamoramento e i rapporti passionali, ma anche per le grandi amicizie e i familiari. Questi ultimi, ad esempio, sono sempre incontri karmici: scegliamo i genitori e i fratelli per avere la possibilità di affrontare problematiche lasciate in sospeso nelle vite passate, e con l’intento preciso di sciogliere nodi e procedere lungo il cammino dell’evoluzione spirituale. A volte ci vogliono decine di vite per riuscirci, e possiamo rincontrare le stesse anime più e più volte. Se si analizzano i temi astrali dei componenti di una famiglia, si noteranno spesso contatti forti tra i loro pianeti e i punti sensibili del cielo natale. Per esempio, accade frequentemente che la figlia abbia la luna congiunta (o nello stesso segno) con il sole del padre o della madre, così come non è raro che i figli nascano con il sole nello stesso segno dell’ascendente dei genitori. In alcuni casi, addirittura coincide l’asse dei nodi lunari. E molto altro ancora…
Tornando alle relazioni amorose, chi di noi non ha sognato di incontrare la fatidica “anima gemella”? Tutti vorremmo avere al nostro fianco una persona che amiamo e che ci ami incondizionatamente, con la quale tutto fluisca spontaneamente senza problemi, e con cui condividere la vita nel bene e nel male…ma quanti di fatto sono in coppia con la loro anima gemella? Pochi, molto pochi. Può accadere che le persone a un certo punto si stanchino di aspettare, e spinte da condizionamenti familiari, sociali e culturali, si arrendano, facciano una scelta razionale, si accontentino, pensando che per loro l’anima gemella non sia prevista. Oppure scambiano per amore qualcosa che non lo è, ma è piuttosto una forma di attaccamento o di bisogno. E così sopravvivono, restando incastrate, più o meno consciamente, in rapporti disfunzionali e infelici. Ecco, questo è il loro karma. Tra l’altro, non è scontato che in ogni vita avvenga l’incontro con l’anima gemella. Può accadere che essa non sia scesa sul piano materiale, e quindi è ancora più facile stringere legami con persone con le quali non c’è affatto affinità elettiva. In ogni caso, tutti i legami che stringiamo nel corso della vita sono la conseguenza di una scelta fatta prima di reincarnarci, e sono indispensabili per la nostra evoluzione.
Il problema è che è molto facile confondere la forza “karmica” che tiene incatenati a una persona, con l’amore.
A molti di noi è probabilmente accaduto di aver avvertito una forte sensazione di familiarità vedendo una persona per la prima volta, e di aver provato un’attrazione inspiegabile e incontrollabile pur non conoscendola: tutto è focalizzato nello sguardo, gli occhi non riescono a staccarsi, si cercano, si rincorrono. Qualunque sia la situazione oggettiva che fa da sfondo all’incontro, i due non riescono a sfuggire veramente a ciò che li lega.
Bisogna però distinguere le relazioni sane, basate su un sentimentoreciproco fatto di affetto, sostegno, rispetto, stima e passione, da quelle nelle quali uno dei due domina, reprime e spegne l’altro. L’incontro con l’anima gemella può avvenire davvero solo quando si è veramente se stessi, quando la propria essenza è libera di esprimersi, senza subire condizionamenti di alcun tipo. Se in un rapporto, uno dei due impedisce all’altro di essere se stesso, lo vuole cambiare, lo piega con ricatti affettivi o materiali a una condizione che lo rende infelice, quello non è amore. L’amore vero è un’altra cosa, e in fondo lo sappiamo bene tutti. Il problema è che spesso, trascinati da una forza che non sappiamo dominare, vogliamo credere che una persona sia quella giusta, anche se ci fa soffrire. Ma se qualcuno, con il suo comportamento, ci fa del male, non può essere la nostra anima gemella: sarà piuttosto un legame karmico in senso stretto, cioè una questione lasciata in sospeso in un’altra vita, che ora dobbiamo affrontare. Liberarsi da quel legame disfunzionale e infelice, o farlo evolvere verso una relazione sana, sarà il nostro compito.
Una relazione karmica mette sempre a confronto con sentimenti ed emozioni che arrivano dal passato e di cui non si è consapevoli o che si vivono a un livello profondamente inconscio. Si riuscirà a comprendere la ragione di quell’incontro solo quando la tempesta sarà finita, quando il dolore sarà andato via. Continueremo a sentirci trattenuti da una ragnatela di pensieri, sensazioni e paure, finché non avremo imparato la lezione. Quando avremo compreso, la relazione finirà. Non c’è un tempo, e nemmeno un modo: semplicemente, finché non comprendiamo, quel cammino non finisce. E se forziamo gli eventi, cercando di staccarci da quella persona prima di aver imparato la lezione, presto o tardi ci ritroveremo in una situazione analoga, con la stessa persona o con un’altra, alle prese con sentimenti ancora più forti e incontrollabili. Di solito, quella determinata persona ha qualcosa da insegnarci su noi stessi. Il problema è nostro, e l’altro è solo uno strumento per portarlo alla luce della nostra coscienza. Spesso, entrambe le persone coinvolte nel legame karmico hanno bisogno di comprendere qualcosa di sé.
C’è chi sostiene che l’incontro tra anime gemelle possa avvenire solo quando entrambi sono pronti, liberi di viversi pienamente, senza riserve. Altri studiosi pensano invece che ci si può incontrare anche quando si è già impegnati in un altro legame, che sicuramente è di tipo karmico. L’anima gemella compare proprio perché è giunto il tempo di sciogliere il legame karmico e di procedere lungo il cammino dell’evoluzione. E non è nemmeno scontato che due anime gemelle, dopo essersi incontrate, stiano insieme per sempre: poiché esiste il libero arbitrio, può accadere che una delle due o entrambe non abbiano il coraggio di rompere legami preesistenti o di cambiare abitudini di vita, e stiano lontane. Il tempo e la distanza non riusciranno comunque a separarle davvero, e continueranno a cercarsi, anche quando si costringeranno a evitarsi per non farsi del male. Il destino può regalarci questo incontro, ma siamo comunque sempre noi a scegliere se imparare la lezione e accogliere il dono.
Su una cosa comunque non ci sono dubbi: l’anima gemella la riconosci perché, dopo averla incontrata, la tua vita non può più essere la stessa. Ma anche un incontro karmico ti sconvolge la vita. Come abbiamo visto, distinguerli è però molto semplice: se una persona ci fa stare bene, ci rende migliori, ci rispetta, ci stima, ci ama incondizionatamente, accende in noi tutte le luci, facendo vibrare anche il corpo in un modo che rimarrà unico per sempre, allora è la nostra metà, quella che ci fa sentire completi, al posto giusto. Se c’è mancanza di rispetto, di stima, se la passione latita, se ci si sente limitati nell’esprimere se stessi, non è la persona giusta. E se ci si ostina a tenere in piedi un legame così, si rinuncia a crescere, e si genera altro karma negativo, che prima o poi saremo chiamati a bilanciare.
Come può l’astrologia karmica aiutarci a capire il tipo di connessione che esiste tra due persone? Il confronto dei temi natali dice molto al riguardo, ma va sottolineato subito che non può in nessun caso rispondere alla domanda: “durerà per sempre?”, perché l’ultima parola spetta come sempre al libero arbitrio di entrambi i soggetti coinvolti.
La compatibilità tra due persone si vede analizzando gli aspetti tra i pianeti personali (aspetti Sole-Luna, aspetti con Venere, ecc), ma la connessione karmica è rappresentata dai contatti tra i pianeti personali (Sole, Luna, Mercurio, Venere, Marte) dell’uno e i pianeti karmici, o esterni, dell’altro (Saturno, Plutone, Urano, Nettuno e Chirone). Giove ha un ruolo a sé e funge da moderatore delle influenze karmiche negative.
Uno dei primi pianeti da osservare è Saturno:  molto significativi sono gli aspetti (congiunzione, quadratura  e opposizione in particolare) tra Saturno e i pianeti personali, in quanto indicativi di un legame molto difficile da spezzare, anche se disfunzionale o infelice. La persona Saturno è la più debole nella relazione, e pur tuttavia si comporta in modo dominante, limitando in qualche modo l’altro e condizionando il destino della coppia. L’altro, dal canto suo, ha la possibilità (che si esprime in modo diverso a seconda del pianeta coinvolto nell’aspetto) di “spingere” il compagno verso una crescita interiore necessaria quanto inevitabile. Per questo, in una sinastria, i contatti con Saturno sono fondamentali e si presentano sempre quando la relazione è importante e duratura.
Anche gli aspetti tra Lilith e i pianeti personali dicono molto sul tipo di relazione nelle vite passate e sul percorso da affrontare insieme nel presente.
Un contatto tra il Nodo Lunare Sud e i pianeti personali dirà poi se le anime si sono già incontrate, e i pianeti coinvolti e il tipo di aspetto chiariranno meglio il legame preesistente e le problematiche lasciate in sospeso.
Significativi anche i contatti tra i pianeti esterni di una persona con i pianeti personali e gli angoli del cielo, in particolare l’asse Ascendente-Discendente, dell’altra. Ad esempio, una congiunzione Plutone-Marte indica legami ossessivi, patologici, derivanti da attaccamenti di origine karmica. Contatti tra Nettuno e Venere possono rappresentare invece un amore romantico e idealizzato .
Altri punti sensibili del tema natale sono la Parte di Matrimonio e il Vertex (e il suo opposto,  l’AntiVertex), punti fittizi che possono fornire, soprattutto nelle sinastrie, indicazioni utili sul significato di una relazione, e su come ognuno degli individui coinvolti può evolvere attraverso di essa.
Questi sono solo alcuni dei temi rilevanti da considerare nell’interpretazione karmica di una sinastria. Mi sono dilungata decisamente troppo, eppure mi sembra di non avere detto niente! Ma ritorneremo su questo argomento e approfondiremo nei prossimi articoli molte di queste tematiche. Quello che mi sembra importante sottolineare è che, comunque, ogni incontro avviene per offrirci uno specchio dove vedere riflesse le nostre dinamiche interiori disfunzionali e avere così l’opportunità di risolverle e superarle.
Seppure l’argomento di per sé è piuttosto complesso e controverso, a me personalmente aiuta molto comprendere che dietro la sofferenza e le difficoltà, c’è la spinta del destino, che l’anima ha scelto per farci diventare esseri migliori. Mi è sempre più chiaro che tutto ha un senso e che, pur nelle diversità di ogni tema natale o delle varie sinastrie possibili, lasciare andare la rabbia e il risentimento, e coltivare l’amore e il perdono, è la lezione suprema che l’Universo ci chiede sempre di imparare, e se si percorre questa strada, nonostante il dolore e la fatica, non si sbaglia mai. Non c’è quindi da sorprendersi che il cammino sia lungo e tortuoso, e servano tante e tante vite per arrivare alla mèta!
Roberta Turci
http://camminanelsole.com/

SIRIA: RIBELLI ARMATI DAL PENTAGONO SI SCONTRANO CON QUELLI DELLA CIA

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In un paese a pezzi è angosciante vedere che le grandi democrazie del pianeta non trovano di meglio che continuare armare soggetti indefiniti, incontrollabili, che agiscono in territorio siriano come al Far West.
di Patrizio Ricci  (pubblicato su LPL News 24)
Avveniva in territorio libico nel dopo Gheddafi:  1700 bande armate dettavano legge in quella che era stata la ‘Grande Giamahria’.  Sembra che quel progetto sia piaciuto e sia stato riproposto in Siria: Europa, Stati Uniti, Arabia Saudita, Qatar, Turchia, Giordania, tutti hanno i propri uomini sul terreno, ognuno supporta la ‘propria’ milizia per ‘alimentare la fornace della guerra’ e così poter esercitare la propria influenza a guerra conclusa.
L’inchiesta del Chicago Tribune  pubblicata oggi, ci fornisce un quadro esatto del modus operandi  del governo degli Stati Uniti (che è quello che indirizza tutta la la-la-fg-pentagon-rebels-syria02-jpg-20160326politica estera dell’occidente) in Siria: il Pentagono e la Cia da ottobre dell’anno scorso, dopo una pausa di circa due mesi, addestrano nuovamente due diverse formazioni armate di ‘ribelli’.
Orbene,  visto che dopo ripetuti tentativi, è accaduto sempre che le reclute U.S.-backed   sono transitate in blocco con i jahadisti, il nuovo tentativo messo in atto da la misura della lucidità e della leggerezza con cui il governo americano mette in atto le proprie azioni.
Le due nuove formazioni armate sono le seguenti:
1)  ‘Fursan al Haq’, o ‘Cavalieri di Giustizia’: si tratta di una milizia messa su e addestrata in Turchia dalla CIA.
Si addestra nella base turca di ‘Musterek Operasyon Merkezi’  da cui ”fornisce aiuto diretto ai gruppi ribelli in Siria, fornendo loro missili TOW anticarro da Arabia scorte di armi arabi”. Riveve regolarmente la paga della Cia ed il supporto di USA, Qatar e Turchia. Nel dicembre 2014 c’è stata una breve interruzione di questa collaborazione a seguito inversioni di campo di battaglia nelle mani di al Nusra (affiliati ad al Qaeda). Il suo compito è combattere contro l’Esercito siriano.
2)  ‘Forze Democratiche siriane‘ o ‘SDF’: si tratta di un’ alleanza di arabo, assiri, armena, curda, e milizie turkmeni ma è completamente dominata per circa l’80% dal suo elemento curdo, il quale è una milizia potente e ben organizzata nota come unità di difesa popolare, YPG. E’ addestrata è supportata dal Pentagono. Il suo compito è combattere contro ISIS ed al Nusra.
cia-1-400x321Dice il  Chicago Tribune : ” mentre le azioni del Pentagono fanno parte di uno sforzo palese degli Stati Uniti e dei suoi alleati contro lo Stato islamico, il sostegno della CIA delle milizie è parte di uno sforzo segreto separato degli Stati Uniti volto a mantenere la pressione sul governo di Assad nella speranza di sollecitare il  leader siriano al tavolo dei negoziati”.
L’epilogo non si discosta dai precedenti fallimenti:  ”da due mesi – dice il Chicago Tribune – hanno iniziato a combattere tra di loro nella pianura tra la città assediata di Aleppo e il confine con la Turchia, mettendo in evidenza quanto poco controllo degli Stati Uniti funzionari dell’intelligence e progettisti militari hanno sui gruppi che hanno finanziato e addestrato nell’ amara guerra civile 5 anni”. I combattimenti sono avvenuti nei pressi della città di Marea, situata a 20 miglia a nord di Aleppo”.
Da metà febbraio le due fazioni combattono tra di loro. Il governo degli Stati Uniti ed i leader dei ribelli, hanno confermato che il motivo del contendere, è un territorio contestato nella periferia nord di Aleppo. Sempre il Chicago Tribune riferisce che gli scontri successivamente sono avvenuti anche nei pressi della città di Azaz (vicino al confine con la Turchia, punto di passaggio per i rifornimenti ai ribelli che transitano attraverso la Turchia) e nel quartiere di Aleppo ‘Sceicco Maqsud’.
Il  Repubblicano Adam Schiff,  membro del Comitato Servizi Segreti della Camera, che ha descritto gli scontri tra i gruppi supportati dagli  Stati Uniti  come ct-islamic-state-20160325un fenomeno abbastanza nuovo“.  (NdR: Naturalmente questa dichiarazione confligge con la realtà:  finora la Casa Bianca ha speso 500 milioni di dollari per addestrare 5.400 ribelli moderati, ma di questi solo 60 sono rimasti alle dipendenze degli Stati Uniti).
Ad ottobre il segretario della Difesa statunitense Ashton Carter , ha detto che gli Stati Uniti hanno sospeso  il programma di addestramento dei ribelli siriani ma che i rapporti con i ribelli siriani anti-Assad e gli Stati Uniti non sono cessati perchè il presidente Obama ha autorizzato nuovamente il  programma di addestramento.
Jeffrey White, ex funzionario della CIA riferisce al Chicago Tribune che le autorità statunitensi riescono a controllare i militanti solo finché sono in Turchia “una volta che attraversano il confine con la Siria, si perde una notevole quantità di controllo o la capacità di controllare le loro azioni”.
La nuova iniziativa del Pentagono fornisce un’idea esaustiva della aleatorietà e della pericolosità di queste forze:”alla fine dell’anno scorso ha schierato circa 50 uomini delle forze speciali nelle aree tenute dai curdi nel nord est della Siria” allo scopo di ”garantire che i gruppi ribelli supportati dagli USA non stanno combattendo l’un l’altro”.  Ma ciò non è bastato perché le ”schermaglie sono diventati di routine”.
Zahran_AlloushIl report del  Chicago Tribune  è esplosivo, si  delineano responsabilità gravissime; non meraviglia in questo magma di forze che agiscono senza alcuna legittimità internazionale  si possa essere insinuato il terrorismo fin nel cuore dell’ Europa.
Se questo ‘grande lavorio‘ messo in atto da parte della più grande superpotenza sembra ha avuto finora un risultato è quello di un negoziato di pace già fallito: è di ieri la notizia che il capo negoziatore “Mohammad Alloush” rappresentante politico del gruppo estremista  “Jaysh al-Islam” e capo negoziatore della delegazione dell’opposizione siriana presso l’ Alto Comitato di negoziazione a Ginevra che rappresenta i ribelli ha già lanciato alle milizie alleate un messaggio inequivocabile  ” vi invito a unirci e accendere le linee del fronte, che è l’unica lingua che possono comprendere”. Perchè infatti, quanto i mercanti di armi sono così generosi, gli avventurieri dovrebbero protendere per la difficile opera di ritorno alla normalità?
Ripensiamo alle parole del Papa alla Via Crucis, quando ricorda i potenti e i venditori di armi «che alimentano la fornace delle guerre con il sangue innocente dei fratelli e danno da mangiare ai propri figli pane insanguinato».
fonte http://www.vietatoparlare.it/siria-ribelli-armati-dal-pentagono-si-scontrano-con-quelli-della-cia/

avaaz, change org, amnesty international... l'altra faccia delle ong che raccolgono firme per varie petizioni



Taci, Obama ti ascolta....

Continuo a ricevere richieste di firme per varie petizioni suggerite da amici (e nemici), dette petizioni imbastite da avaaz e change org, sono a volte persino in contrapposizione fra loro. Si chiede talvolta una cosa ed anche il suo contrario in un'altra petizione. Il che fa pensare che lo scopo non sia quello di ottenete risultati a favore di una buona causa, ma semplicemente quello di raggruppare e raccogliere nominativi a fini reconditi... Le persone che cadono in questa trappola di rivolgersi a tali organizzazioni, fantomatiche umaniste ed ecologiste, in realtà collaborano allo spiamento del sistema comunicativo. 

Va a finire tutto in mano ad Obama... che la sera si diverte a leggere i nomi dei gonzi che hanno firmato. Le persone volenterose vengono così fregate, illudendosi di stare dalla parte del bene. Ultimamente anche a Caterina vari suoi amici e conoscenti hanno inoltrato petizioni a non finire.. ed allora mi sono deciso -su sua specifica richiesta- di recuperare e sottomettervi gli articoli scritti sul tema spinoso (vedi in calce)...


Qualcuno, durante discussioni pro e contro fatte su internet, mi hanno obiettato che attraverso le petizioni di queste ONG si raggiunge un gran numero di adesioni e che quindi sono utili... Ma io ho sempre risposto che in questa leggerezza estrema non si ottengono risultati tangibili, perché chi detiene le firme può farne l'uso che crede. Tant'è vero che se si è finiti nella mailing list di queste ONG si ricevono richieste su qualsiasi altra petizione, sia pur con una certa selezione tematica, chi ad esempio ha firmato pro foche riceve la petizione anche pro canguri e chi ha firmato contro Berlusconi riceve  la petizione contro un altro politico affine. 

Il mio consiglio è sempre quello di scrivere personalmente all'ente interessato esprimendo il proprio parere sul tema che ci sta a cuore. Per le istituzioni ci sono dei siti con la voce “contatti con il pubblico” in cui è possibile inviare commenti e richieste segnalando le proprie generalità precise e complete.. e questa è cosa buona e responsabilizzante ed inoltre le lettere vengono comunque protocollate e segnalate agli interessati (o almeno ai segretari dei personaggi interpellati). Anche per petizioni di carattere diverso da quello politico è possibile scrivere direttamente alle aziende, ad esempio si può scrivere alla monsanto, alla Barilla, alle fabbriche di armi, al vaticano, etc. e quelle lettere personali -secondo me- hanno più peso e forza delle migliaia di firme raccolte da avaaz e change org (ma pure da amnesty international, green peace, etc) che non si sa che fine fanno o se vengono realmente sottoposte agli enti interessati e con quali risultati....

Paolo D'Arpini


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Integrazione di Caterina Regazzi: 

A volte si legge: "grande risultato della petizione tal dei tali, abbiamo inviato le "firme" (?) al tale o al tal altro, abbiamo fatto sentire la nostra voce...". ma non mi pare di aver mai letto su un giornale di una qualche decisione presa dagli organi del potere costituito a seguito del risultato di una di queste petizioni. C'è da dire che anche se uno risponde ad una di queste richieste di"firme" non vengono richiesti né dati anagrafici, né estremi di un documento di identità, come si fa invece nelle petizioni "classiche" con tanto di tavolo per la strada e persone volenterose, queste si, che stanno lì a sbattersi a chiedere di firmare. Quindi mi chiedo: ma che valore potrebbero avere queste "firme" raccolte per posta elettronica, quando io di indirizzi mail posso averne un numero infinito? Mi farebbe piacere avere una risposta a questi semplici quesiti da qualcuno delle organizzazioni nominate.

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Ecco i link di vari articoli sul tema:




fonte http://altracalcata-altromondo.blogspot.it/2013/10/avaaz-change-org-amnesty-international.html

Avaaz e la petizione deviata - Veri scopi della ONG più infida al mondo

Dare sapore all'assenza - Performance di Fulgor Silvi


Avaaz: cosa e chi si cela dietro questa cortina di fumo e questa "petizionite" acuta.

Su Avaaz avevo già sentito, ma non ricordo la data della messa in onda, da Radio Popolare, trasmissione "Alaska" le voci che corrono sul suo essere una organizzazione che, approfittando della buona fede dei militanti ecopacifisti occidentali ed asiatici, con la scusa di dover inoltrare petizioni sui temi più vari, in realtà schederebbe e invierebbe i dati alla Cia e organismi di intelligence simili ai fini di una schedatura di massa dei militanti stessi.

Già una buona pratica sarebbe quella di essere critici e diffidenti verso le petizioni in genere, forma di non lotta anzi di delega sic et simpliciter di qualsiasi lotta ad una firmetta che non costa nulla e ci salva la coscienza, coscienza ipocrita, ben nascosta e poco incline all'impegno diretto, in prima persona.

Già questo, solamente questo, sarebbe abbastanza per diffidare e tenersi alla larga da organizzazioni come Avaaz che , di fatto, sono raccoglitrici di una mole di informazioni enorme dato il suo agiresu scala planetaria e sui temi più vari: dalla scomparsa delle api alla questione climatica, dalla crisi mediorientale alla deforestazione dell'Amazzonia.
Ed invece Avaaz non è solamente questo, c'è ben di peggio, molto peggio.

Ricevo da Dominique Guillet, sono iscritto alla newsletter dell'associazione Kokopelli , passata agli onori della cronaca per esser stata condannata dalla Corte di giustizia europea sulla questione, vedi  su "A" di novembre il mio "I semi della discordia" sulla faccenda , cruciale, del divieto o meno di commercializzare sementi non inscritte nel catalogo ufficiale, bene, Kokopelli ha diffidato Avaaz dal raccogliere firme, le ennesime, anche in merito a questo.

Primo perché queste petizioni non chiedevano nè dicevano né il vero né il giusto causando, a detta di Kokopelli stessa, disorientamento e smarrimento tra socie simpatizzanti, inoltre, Kokopelli è contraria a petizioni che, cito testualmente Dominique in un suo editoriale, "servono a grattarsi il posteriore" nell'originale,  più cruda è l' espressione.

Kokopelli ha però fatto di più, ha pubblicato una serie di dati un vero e proprio dossier con nomi, dati e date, connessioni tra dirigenti di Avaaz quali Tom Perriello, già deputato Usa al Congresso, consulente o dirigente presso organizzazioni come National Council of Churches of Christ,  Catholics United e tutta una pletora di organizzazioni religiose nordamericane. 

Si apprende che Tom Perriello nel maggio 2009 ha votato per il proseguimento della guerra in Afghanistan, c'è ancora Ricken Patel che è anche nella dirigenza della Rockefeller Foundation, della Bill Gates Foundation. Apprendiamo che Avaaz ha ricevuto centinaia di migliaia di dollari da George Soros, noto filantropo, si fa per dire.

Leggiamo anche, in questo dossier, dei bilanci milionari di Avaaz che annovera un centinaio di dipendenti in quel di San Francisco, ha potuto permettersi di pagare a Ricken Patel la bazzecola di 183.264 dollari all'anno, a Milena Berry e a suo marito la cifra di 245.182 dollari nel 2009 e di 294.000 dollari nel 2010.

Eppure, Avaaz chiede contributi ai suoi sostenitori, accampando scuse come attacchi informatici al suo sistema riesce a rastrellare agli ignari e poveri allocchi "petizionisti" altre centinaia di migliaia di dollari.

Ciò che preoccupa maggiormente di Avaaz e di associazioni e organismi simili come MoveOn  è la loro intrinsecità, la loro perversa essere diretta emanazione econnessione con banche, gruppi finanziari e politici che sono, proprio essi, la causa diretta di conflitti planetari, del disseto ambientale rovinoso in atto.

Avaaz ha ricevuto sostegno finanziario ed è stata fondata da imprenditori e finanzieri internazionali inseriti in tutti i posti chiave dell'economia e della politica, dall'Australiano David Madden allo stesso succitato Soros, si tratta di personaggi, istituzioni, fondazioni che interagendo tra loro, costituiscono l'ossatura del capitale internazionale. 

Ovvero, pur invitandovi a leggere l'intero dossier sul blog "Liberterre" possiamo concludere che Avaaz rappresenta il potere che "contesta se stesso" ovvero, con un termine caro al movimento del '77, "sussume" ogni possibile velleità rivoluzionaria, antiglobalizzatrice, diversa o in qualsivoglia modalità, alternativa al sistema vigente. 

Occorre svegliarsi, se i militanti No Tav, per dirne una, si fossero limitati a firmare petizioni, magari proprio tramite la famigerata Avaaz, si sarebbero ritrovati con due Tav e tutti schedati, consegnati mani e piedi a chi di dovere.

Liberiamoci dalla petizionite, riprendiamo le nostre e comuni lotte sul territorio e pensiamoci tre volte prima di fornire i nostri dati a chicchessia ed in nome di chissà chi.

Teodoro Margarita 
fonte http://retedellereti.blogspot.it/2012/11/avaaz-e-la-petizione-deviata-veri-scopi.html

domenica 27 marzo 2016

IL FUTURO DELL'EUROPA


I musulmani di Norvegia chiedono uno stato islamico separato
I musulmani in Norvegia ora chiedono uno stato separato, anche in Grecia accadrà presto!

I musulmani che vivono in Norvegia ora chiedono uno stato islamico separato e minacciano azioni terroristiche se le loro richieste non saranno soddisfatte. La Norvegia ha già completato la fase 3 dell’ islamizzazione. 


Quanto segue spiega le tre fasi.

Fase 1: quando i musulmani costituiscono 1-3% della popolazione. Il loro comportamento nella società è tranquillo e non invadente.

Fase 2: Quando i musulmani costituiscono 4-20% della popolazione, cominciano le richieste politiche, come la costruzione di moschee, minareti, il divieto di cerimonie cristiane ed eventi e celebrazioni di feste musulmane come il Ramadan.

Fase 3: Quando i musulmani costituiscono oltre il 20% della popolazione inizia una guerra santa (jihad). Le Aree musulmane della città (ghetti) diventano inaccessibili ai non musulmani. Comincia la piena attuazione delle leggi della Sharia ghetto insieme agli attacchi terroristici per la secessione e la creazione di uno stato islamico.

Purtroppo la Norvegia è già in fase 3. L’organizzazione terroristica Ansar al-Sunna minaccia che, se la capitale di Oslo non sarà riconosciuta dallo Stato norvegese come città musulmana di una nazione musulmana, sarà dichiarata una guerra santa, con tutto ciò che questo comporta. L’annuncio dell’ organizzazione terroristica:

“Noi non vogliamo essere parte della società norvegese. Non vogliamo lasciare la Norvegia perché siamo nati e cresciuti qui. La terra di Allah ci appartiene.” jewsnews.co.il
Pubblicato da Thank Oriana
http://altrarealta.blogspot.it/

Toh, il capo di Al-Jazeera è un jihadista reduce dalla Siria

E’ uno jihadista salafita, reduce dalla guerra terroristica in Siria, il nuovo Ceo di “Al-Jazeera”, potente network del Qatar che fa da punto di riferimento per i media occidentali nella narrazione dei disastri a catena in Medio Oriente. Lo rivela un articolo di “Tunisie Secret”, tradotto da “Aurora” e ripreso da “Coscienze in Rete”. «Chi è dunque Yasir Abu Hilala, Ceo di al-Jazeera, di cui i tunisini ignoravano anche il nome prima che due suoi dipendenti, Fatima Tariqi e Qadija Bengana pubblicassero su Facebook degli status offensivi nei suoi riguardi? Ciò che ci ha spinto a scavare nel passato sepolto di Yasir Abu Hilala è la lettera dell’egiziana Huwayda Taha, che per 19 anni ha prodotto documentari ad al-Jazeera». Il nuovo amministratore delegato della rete? Un fratello musulmano dal passato di jihadista salafita. Di origine giordana, Yasir Abu Hilala iniziò la carriera islamico-giornalistica all’inizio degli anni ‘90 per alcuni giornali giordani, tra cui “al-Ribat”, organo ufficiale dei Fratelli Musulmani ad Amman.
Yasir Abu Hilala, racconta il giornale tunisino, fu reclutato da “Al-Jazeera” nel 1999 e grazie ai suoi stretti rapporti con i fratelli musulmani Wadah Qanfar e Thamur Ben Hamad. Direttore dell’ufficio della capitale giordana, nel luglio 2014 fu nominato Yasir Abu Hilalaamministratore delegato in sostituzione di Wadah Qanfar, «smascherato da un cablo di Wikileaks del 20 ottobre 2005 che ne dimostrava i legami con la Cia». La carriera da fondamentalista di Yasir Abu Hilala iniziò molto presto nella gioventù dei Fratelli Musulmani di Giordania, continua “Tunisie Secret”. Lo ammisse lui stesso nel luglio 2012, sostenendo che fosse «assolutamente necessario» ribellarsi e «imporre lo Stato islamico». Nel gennaio 2013, Yasir Abu Hilala riconobbe le relazioni con i jihadisti salafiti siriani e con il capo del gruppo terroristico “Jabhat al-Nusra”, protagonista della guerra in Siria. Il giornalista siriano Nizar Nayuf lo ha definito «terrorista e criminale», accusandolo di esser stato «tra i primi, nella primavera del 2011, a trasportare nella regione di Daraa, nel sud della Siria, armi e dispositivi di comunicazione satellitare: lo fece con l’aiuto dell’intelligence giordana e dei Fratelli Musulmani giordani».
Molto prima della promozione a capo di “Al-Jazeera”, prosegue il giornale tunisino, Yasir Abu Hilala si distinse per i numerosi Abu Hilala oggiarticoli e interviste ai terroristi islamici più pericolosi al mondo. Il 25 aprile 2006, “Al-Jazeera” pubblicò un video di propaganda su Abu Musab al-Zarqawi, diretto e narrato dallo stesso “giornalista”. Proprio nella “primavera araba”, nel luglio 2011, Yasir Abu Hilala «volle incendiare la Giordania riprendendo il vecchio sogno di distruggere il “regime pre-islamico: ma, a differenza dei tunisini nel 2011, i giordani non ci cascarono e gliele suonarono». Abu Hilala è «così vicino al salafismo jihadista» che, appena un anno dopo la nomina al vertice del network televisivo, lanciò un sondaggio ampiamente manipolato, il 26 maggio 2015 chiedendo agli spettatori: “Sostenete le vittorie dello Stato Islamico in Medio Oriente?” Gli intervistati risposero “sì” in modo schiacciante, 81%. Immediata la protesta di Huwayda Taha, ex produttrice di “Al-Jazeera”, intervistata da Samira Handaui: «Mi rattrista che questo luogo sia divenuto filo-Isis. I finanziatori di al-Jazeera erano più intelligenti quando facevano del loro meglio per nascondere il loro vero volto».
http://www.libreidee.org/2016/03/toh-il-capo-di-al-jazeera-e-un-jihadista-reduce-dalla-siria/

Bruxelles, al centro della strategia del terrore


di Giulietto Chiesa.

Il nuovo massacro di Bruxelles, con azioni terroristiche tanto ben coordinate quanto sanguinose, cioè con bombe ad alto potenziale non con kamikaze suicidi, ha tutta l'aria di una "prosecuzione" di un piano.

Di chi? Contro chi è diretto? Il sancta santorum che guida questa sarabanda non lo conosce nessuno, e dunque tutte le ipotesi sono ugualmente inattendibili. 
Quelle che subito vaneggiano di "risposta" di Daesh alla cattura dell'ultimo sopravvissuto del 13/11 a Parigi sono però palesemente ridicole. Un piccolo pregiudicato da tempo sotto controllo dei servizi segreti, ex tenutario di un centro di spaccio di droga e di prostitute come la bettola intitolata "La Beguine" nel quartiere di Molenbeek, che riesce a passare  indenne attraverso quattro controlli di polizia (francese) prima di rifugiarsi nello stesso quartiere in cui ha sempre vissuto, restandoci per quattro mesi, non poteva essere il "cervello" di niente. Questi attentati erano predisposti da tempo, da qualche centrale di provocazioni in grande stile.

Contro chi? Queste bombe sono la prosecuzione di quelle di Parigi del 2015: Charlie Hebdo e il Bataclan. Di Ankara, contro i turisti tedeschi. Sono la prosecuzione della messinscena di Colonia. Sono lo strascico del fiume di profughi.
Andiamo con ordine: sono contro di noi. Contro "i popoli d'Europa". Per ridurre le loro libertà residue e le loro capacità di risposta ai soprusi dei poteri. Infatti il primo risultato, scontato, sarà la sospensione di tutte le garanzie democratiche. È già in corso in Francia, ora sarà la volta del Belgio. Poi, dopo qualche altro attentato, magari in Italia, se per caso non volesse entrare in guerra in Libia, allora sarà la volta del nostro Paese.

Noi italiani siamo gli ultimi a poter essere ingannati, poiché abbiamo già vissuto la stessa cosa con la strategia della tensione. Questo ci dice che non dobbiamo cadere nella trappola di guardare il dito invece della Luna. Se ci dicono che è Daesh, diffidiamo. Probabilmente è "anche" Daesh. Ma Daesh è lo strumento, e la mano (in parte), ma non la mente.
Sono bombe contro "l'Europa dei popoli", per renderla uno straccio subalterno al potere dell'Impero, per trascinarla in guerra tutta intera, terrorizzata, per mettere la museruola a tutti, anche ai recalcitranti. L'avviso è per tutti non solo per Bruxelles.
Chi è la mente non lo possiamo sapere. Ma una cosa che sappiamo è che i servizi segreti europei, tutti, chi più chi meno, sono filiali inquinate e di altri servizi segreti. Più probabilmente di settori, pezzi, frammenti incontrollabili di servizi segreti altrui. Ricordiamo il bellissimo e profetico film di Sydney Pollack, "I tre giorni del Condor".
Per questo non scoprono niente. E non scopriranno niente: perché non sono in condizioni di indagare. Per questo dobbiamo riprendere in mano la nostra sovranità, e cambiarli. Cambiando chi ci governa, e che sgoverna l'Europa, con altro personale, meno vile e più lungimirante. Altrimenti ci faranno arrostire, prima di renderci schiavi.
fonte http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=125571&typeb=0&bruxelles-al-centro-della-strategia-del-terrore

Giulietto Chiesa

L’UNIONE JIHADISTA EUROPEA

Bruxelles-attentati
DI PEPE ESCOBAR
sputniknews.com
Ci sono voluti 4 mesi per catturare Salah Abdeslam – uno dei presunti membri del commando degli attentati del 13 novembre a Parigi – a Bruxelles, dopo una sparatoria. Non è mai fuggito in Siria, non si è mai mosso dal suo domicilio conosciuto a Molenbeek.
Ci sono voluti solo quattro giorni per avere un nuovo colpo di scena – un attacco jihadista coordinato all’aeroporto di Bruxelles e alla stazione della metro situata a soli 500 metri dal quartier generale dell’UE a Bruxelles.


In uno scenario di ritorsione, era ampiamente prevedibile. Il Ministro degli Esteri belga Didier Reynders aveva addirittura avvertito durante il weekend che degli attacchi erano imminenti. Più preoccupante è la notizia trapelata che i servizi segreti belgi – così come le altre agenzie di intel occidentali – fossero in possesso di informazioni “precise” circa il rischio di un attacco all’aeroporto e di un probabile attacco alla metro.
Più significativamente e prima dell’arresto di Abdeslam, nientemeno che il Sultano neo-Ottomano Erdogan, leader di un “alleato chiave della NATO”, avesse visto la scritta sul muro “Non c’è ragione per cui la bomba esplosa ad Ankara non possa esplodere a Bruxelles o in qualsiasi altra città europea”. Erdogan stava, ovviamente, facendo un pessimo e falso collegamento tra Curdi e jihadisti salafiti, ma è sembrato che abbia diffuso un mix tra una profezia e una minaccia.
Schengen, un morto che cammina
L’Europa è ancora una volta sprofondata nella solita vecchia e distorta litania. Due fratelli jihadisti suicidi. Un esperto di esplosivi di Daesh – che potrebbe aver fabbricato anche i giubbotti esplosivi usati a Parigi, carichi di Triacetone Triperossido (TATP). Un attentatore evaso che ha lasciato un testamento sul proprio computer portatile. Un misterioso fucile trovato accanto ad uno dei jihadisti che si è fatto esplodere. Non sono stati trovati passaporti – almeno per ora, solo un’incriminante bandiera di Daesh.
Un’inondazione di polizia ha intasato le vie delle capitali europee per “alleggerire la tensione pubblica” e “agire da deterrente” – come se questa dimostrazione di forza potesse far qualcosa di diverso dall’aumentare la paura.
Il Dipartimento di Stato USA – fedele al suo personale record di inettitudine – ha fatto la sparata, sostenendo che Daesh è “sotto pressione”. I diplomatici statunitensi potrebbero addirittura aver fatto un colpo di telefono all’ “alleato della NATO” Erdogan, per il quale il finto “Califfato” può essere almeno usato come risorsa già dispiegata ed utilizzabile all’occorrenza sulla scacchiera mediorientale.
Schiere di politici dell’UE hanno sfoderato le loro migliori lacrime di coccodrillo nei loro completi di Zegna lamentando un “attacco all’Europa democratica” – un attacco, per la cronaca, perpetrato da cittadini europei nati e cresciuti in Europa, diventati jihadisti nella guerra per procura in Siria, la quale è ampiamente supportata da svariati paesi membri dell’UE.
Il livello di attenzione per l’ultimo spettacolino dell’UE – il tremendo battibecco circa l’ “obiettivo sicurezza” per la Fortezza Europea – ha sfondato il soffitto. In molte capitali europee, gli altoparlanti hanno avidamente “celebrato”, all’unisono, la demonizzazione dei rifugiati e la lapidazione del multiculturalismo.
Schengen, che già era in modalità “morto vivente”, è stato colpito con un colpo di fucile a canne mozze e ora è bell’e morto.
La fine del Trattato di Schengen potrebbe costare all’UE circa 100 miliardi di dollari. La xenofobia e l’islamofobia, dal canto loro – che sono comprese nel prezzo del biglietto – non se la sono mai passata così bene.
Le fonti dell'Europol giurano che almeno 5.000 jihadisti sono entrati in Europa camuffati da rifugiati. Nessuno fa domande: se sono stati identificati, perchè non sono stati arrestati? Almeno 400 di loro potrebbero essere pronti a scatenare la loro furia sull’Europa.
La portavoce del Ministro degli Esteri russo Maria Zakharova, schivando un calderone di disinformazione, ha per lo meno ricordato a tutti il triste risultato di una politica US a doppio standard, che distingue tra i “buoni” (“ribelli moderati”) e i “cattivi” terroristi.
L’aeroporto di Bruxelles è casualmente a solo un paio di Km dal quartier generale della NATO – la cui missione è mantenere la sicurezza in Europa mentre in effetti, si comporta come Robocop dall’Africa all’Asia Centrale. I jihadisti, invece, hanno puntato ad un aeroporto potenzialmente controllato ai massimi livelli di sicurezza e ad una stazione della metro a breve distanza dal Barlaymont, il quartier generale della Commissione Europea. Avrebbero potuto pianificare anche l’attacco a due centrali nucleari a Doel e Tihange.
Il fatto che Daesh stia facendo saltare in aria cittadini dell’UE e di altre nazionalità sotto il naso della NATO dovrebbe farci storcere il naso. Specialmente dato che siamo a conoscenza del fatto che per la NATO e tutti i suoi Stranamore, Breedlove e Breedhate, il “nemico” non è il jihadismo di stampo salafita, ma la “cattivissima” Russia.
Cosa ne dite di un R2P per l’Europa?
È sempre illuminante osservare come i centri di pensiero statunitensi leggano la situazione. Dopo Parigi si erano sprecati gli elogi quando la Francia si era autodichiarata “in stato di guerra”, aveva “accresciuto la propria attività militare” in Medio Oriente e aveva fatto passare un Patriot Act francese che resterà in vigore molto a lungo.
Ora, i pensatori eccezionali sono demoralizzati perchè l’UE non ha un esercito (in realtà ce l’ha: la NATO) e quindi “non può reagire” a quello che è stato definito “l’11 settembre belga”. Ovviamente la NATO può “reagire”, può marciare contro Daesh in “Siraq”, invocando con diritto R2P (“responsabilità di proteggere”, in questo caso milioni di cittadini europei). Questa però non è, e non è mai stata, una priorità.
Dare tutta la colpa al Belgio, in quanto stato fallito, è molto semplice: è una parte del puzzle, ma non il cuore del problema.
Aspettiamoci che i “leader” dell’UE convochino subito un summit per decidere il da farsi, qualsiasi cosa, riguardo Daesh. Magari offrire – o ridursi ad accettare – un accordo, come quello (illegale secondo il diritto internazionale) di recente siglato con l’ “alleato della NATO” Erdogan, che mercifica i rifugiati e calpesta miriadi di barriere legali e logistiche.
Proprio al momento opportuno, con i corpi dei morti non ancora sepolti, il Primo Ministro turco Ahmet Davutoglu menziona nuovamente la fly zone – e dove se no – in Siria, sostenendo che la sicurezza dell’Europa comincia con la Turchia.
Anche la crisi europea dei rifugiati è cominciata con la Turchia: è stata Ankara a cacciarli in massa dai campi di accoglienza fin dall’inizio. È legittimo chiedersi se Ankara avrà la faccia tosta di inondare l’UE di rifugiati senza il benestare di Washington; la logica sarebbe di “spingere a forza” la Turchia nell’UE – una condizione di Erdogan è che le procedure di ingresso vengano accelerate – in modo da aumentarne la posizione anti-russa.
L’UE potrebbe sempre offrire a Daesh un accordo “voi non bombardate noi qui in Europa e noi non bombardiamo voi là in Siria”. Purtroppo questo accordo (informale) è già stato siglato, per mezzo della coalizione NATO-GCC, capitanata dagli USA.
Non aspettatevi che i politici europei uniscano i puntini per capire che la guerra sotto copertura dell’Europa in Siria – sostenuta specialmente da schiere di “ribelli moderati” armati da Francia e Gran Bretagna – sta generando dei contraccolpi. Aspettiamoci piuttosto un aumento della “sicurezza” degli aeroporti contro le temibili bottiglie di Perrier.
È ormai più che chiaro che c’è stata una “deliberata decisione” a Washington di lasciar marcire e prosperare Daesh – il quale è nato a Camp Bacca, una prigione statunitense in Iraq. L’aeroporto di Bruxelles era stato posto al livello di sicurezza massimo. Una cellula jihadista salafita è riuscita ad eludere una caccia all’uomo a Bruxelles per quattro mesi.
Una mossa Operazione Gladio – portata avanti da CIA/NATO, come ai vecchi tempi – resta una solida ipotesi per il futuro. L’Operazione Gladio aveva creato un principio da pugno di ferro nell’occidente, per cui l’uccisione di innocenti per una nobile causa fosse lecito.
Impedire una più stretta collaborazione politico/economica tra Russia ed Europa resta un obiettivo primario degli Eccezionali e porta con sé una sottotrama: i media occidentali continueranno a lamentarsi che tutti quei terribili “musulmani” stanno calpestando i “nostri valori” – mentre in Russia, ovviamente, quando il terrorismo colpisce, è tutta colpa di Putin e del suo pugno di ferro nel Nord del Caucaso.
Ma in un ambiente da Gladio del 21° secolo, attacchi false flag tesi ad una sovversione della democrazia attraverso una strategia della tensione, servono per uno scopo differente: controllare e manipolare l’opinione pubblica europea – attraverso la paura, il terrorismo e agenti provocatori (Daesh si cala benissimo in questo ruolo) – con l’ultimo ed orwelliano obiettivo di mantenere l’Europa soggiogata ai bisogni geopolitici degli Eccezionali.

Pepe Escobar è autore di Globalistan: How the Globalized World is Dissolving into Liquid War (Nimble Books, 2007), Red Zone Blues: a snapshot of Baghdad during the surge (Nimble Books, 2007), e Obama does Globalistan (Nimble Books, 2009). Può essere contattato a pepeasia@yahoo.com.
Fonte: http://sputniknews.com/
Link: http://sputniknews.com/columnists/20160324/1036911634/jihadists-europe-cells-brussels.html
24.03.2016
fonte comedonchisciotte.org 'autore della traduzione FA RANCO