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mercoledì 29 ottobre 2014

Stato-mafia, mistero Quirinale Napolitano: mai saputo di accordi. Le stragi? Sussulto di Cosa Nostra. Ma secondo i legali non avrebbe risposto a tutte le domande




Tre ore di interrogatorio per Giorgio Napolitano al Quirinale da parte dei giudici della Corte d’Assise di Palermo. Mistero sulle risposte fornite dal presidente della Repubblica. In un primo momento, secondo quanto riportato da alcune agenzie di stampa, il Capo dello Stato avrebbe preferito non rispondere ad alcune domande. Versione successivamente smentita. Nella nota ufficiale del Quirinale si legge: “Si è svolta stamattina nel Palazzo del Quirinale l’udienza del processo in corso davanti alla II Sezione della Corte d’Assise di Palermo nella quale il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che aveva dato la sua disponibilità a testimoniare, ha risposto alle domande senza opporre limiti di riservatezza connessi alle sue prerogative costituzionali né obiezioni riguardo alla stretta pertinenza ai capitoli di prova ammessi dalla Corte stessa. L’udienza è durata circa tre ore. La Presidenza della Repubblica auspica che la Cancelleria della Corte assicuri al più presto la trascrizione della registrazione per l’acquisizione agli atti del processo, affinché sia possibile dare tempestivamente notizia agli organi di informazione e all’opinione pubblica delle domande rivolte al teste e delle risposte rese dal Capo dello Stato con la massima trasparenza e serenità”.
Da quanto riferito dai legali che hanno presenziato l’audzione “il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha detto di non aver mai saputo della lettera inviata nel 1993 al suo predecessore Oscar Luigi Scalfaro dai familiari di alcuni detenuti, in forma anonima”. Di quella lettera, in cui si chiedeva la revoca del 41 bis per i mafiosi, Napolitano ha affermato di non aver avuto ne’ informazione ne’ tantomeno copia.


Secondo quanto riferito dall’avvocato del comune di Palermo, Giovanni Airò Farulla, il presidente della Repubblica all’epoca non aveva mai saputo di accordi tra apparati dello Stato e Cosa Nostra per fermare le stragi. Secondo l’avvocato di Totò Riina, Luca Cianferoni, “il presidente della Repubblica ha tenuto sostanzialmente a dire che lui era uno spettatore di questa vicenda”.
Un evento mediatico perché non era lecito attendersi una svolta dal processo sembra davvero difficile. L’udienza è iniziata alle 10 in punto. Le domande psote a Re Giorgio sono state definite ieri mattina dal Procuratore aggiunto Vittorio Teresi e dai pm Nino Di Matteo, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia. Quaranta le persone ammesse all’udienza nella sala del Bronzino: i giudici, due togati e i popolari, la cancelliera, cinque pm – presente anche il Procuratore capo Leonardo Agueci, che non ha posto – e gli avvocati delle sette parti civili e dei 10 imputati. Ingresso vietato alla stampa e anche di cellulari, tablet, pc e strumenti di registrazione per magistrati e e avvocati. Napolitano è stato ascoltato sui dubbi espressi da Loris D’Ambrosio, consigliere giuridico del Quirinale, al Capo dello Stato in una lettera, nel giugno del 2012, un mese prima di morire. In quel documento D’Ambrosio avanzava il timore di “essere stato considerato solo un ingenuo e inutile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi” tra il 1989 e il 1993, anni in cui l’ex consigliere era all’Alto commissariato per la lotta alla mafia e poi al ministero della Giustizia. Poi la Procura ha chiesto a Napolitano se era a conoscenza dell’allarme attentati allo stesso Napolitano e a Giovanni Spadolini lanciato dal Sismi il 29 luglio del 1993 subito dopo le stragi mafiose di Firenze e Milano.

Pubblicato da Redazione online il 28 ottobre 2014
fonte: http://www.lanotiziagiornale.it 
http://edoardo-medini.blogspot.it/2014/10/stato-mafia-mistero-quirinale.html?spref=fb

"Mia cara madre, le mie parole sono senza fine e le darò a qualcuno in modo che quando sarò impiccata senza la tua presenza e senza che io lo sappia, ti verranno consegnate. Ti lascio queste parole come eredità".

"Mia cara madre, le mie parole sono senza fine e le darò a qualcuno in modo che quando sarò impiccata senza la tua presenza e senza che io lo sappia, ti verranno consegnate. Ti lascio queste parole come eredità".
"Mia buona madre, cara Shole, più cara a me della mia stessa vita, non voglio marcire sottoterra. Non voglio che i miei occhi o il mio cuore giovane diventino polvere. Supplicali perché subito dopo la mia impiccagione, il mio cuore, i reni, gli occhi, le ossa e qualunque altra cosa possa essere trapiantata venga sottratta al mio corpo e donata a qualcuno che ne ha bisogno. Non voglio che sappiano il mio nome, che mi comprino un bouquet di fiori e nemmeno che preghino per me. Ti dico dal profondo del cuore che non voglio che ci sia una tomba dove tu andrai a piangere e soffrire. Non voglio che tu indossi abiti scuri per me. Fai del tuo meglio per dimenticare i miei giorni difficili. Lascia che il vento mi porti via".
Sono le ultime parole registrate in un messaggio vocale, il testamento di Reyhaneh Jabbari, 26 anni, impiccata in Iran dal regime degli ayatollah per avere ucciso l’uomo che voleva stuprarla. Il 1 aprile, una volta saputo della sua condanna a morte, aveva registrato per la madre un audio messaggio con le sue ultime volontà. Qui sotto il testo integrale della lettera pubblicato dal quotidiano l'Avvenire.
Cara Shole,
oggi ho appreso che è arrivato il mio turno di affrontare la Qisas (la legge del taglione del regime ndr). Mi sento ferita, perché non mi avevi detto che sono arrivata all’ultima pagina del libro della mia vita. Non pensi che dovrei saperlo? Non sai quanto mi vergogno per la tua tristezza. Perché non mi hai dato la possibilità di baciare la tua mano e quella di papà?
Il mondo mi ha permesso di vivere fino a 19 anni. Quella notte fatale avrei dovuto essere uccisa. Il mio corpo sarebbe stato gettato in un qualche angolo della città e, dopo qualche giorno, la polizia ti avrebbe portata all’obitorio per identificare il mio cadavere, e avresti appreso anche che ero stata stuprata. L’assassino non sarebbe mai stato trovato poiché noi non godiamo della loro ricchezza e del loro potere. E poi avresti continuato la tua vita nel dolore e nella vergogna, e un paio di anni dopo saresti morta per questa sofferenza, e sarebbe finita così.
Ma a causa di quel colpo maledetto la storia è cambiata. Il mio corpo non è stato gettato via, ma nella fossa della prigione di Evin e nelle sue celle di isolamento e ora in questo carcere-tomba di Shahr-e Ray. Ma non vacillare di fronte al destino e non ti lamentare. Sai bene che la morte non è la fine della vita.
Mi hai insegnato che veniamo al mondo per fare esperienza e per imparare una lezione, e che ogni nascita porta con sé una responsabilità. Ho imparato che a volte bisogna combattere. Mi ricordo quando mi dicesti che l’uomo che conduceva la vettura aveva protestato contro l’uomo che mi stava frustando, ma quest’ultimo ha colpito l’altro con la frusta sulla testa e sul volto, causandone alla fine la morte. Sei stata tu a insegnarmi che bisogna perseverare, anche fino alla morte, per i valori.
Ci hai insegnato andando a scuola ad essere delle signore di fronte alle liti e alle lamentele. Ti ricordi quanto hai influenzato il modo in cui ci comportiamo? La tua esperienza però è sbagliata. Quando l’incidente è avvenuto, le cose che avevo imparato non mi sono servite. Quando sono apparsa in corte, agli occhi della gente sembravo un’assassina a sangue freddo e una criminale senza scrupoli. Non ho versato lacrime, non ho supplicato nessuno. Non ho cercato di piangere fino a perdere la testa, perché confidavo nella legge.
Ma sono stata incriminata per indifferenza di fronte ad un crimine. Vedi, non ho ucciso mai nemmeno le zanzare e gettavo fuori gli scarafaggi prendendoli per le antenne. Ora sono colpevole di omicidio premeditato. Il mio trattamento degli animali è stato interpretato come un comportamento da ragazzo e il giudice non si è nemmeno preoccupato di considerate il fatto che, al tempo dell’incidente, avevo le unghie lunghe e laccate.
Quanto ero ottimista ad aspettarmi giustizia dai giudici! Il giudice non ha mai nemmeno menzionato che le mie mani non sono dure come quelle di un atleta o un pugile. E questo paese che tu mi hai insegnata ad amare non mi ha mai voluta, e nessuno mi ha appoggiata anche sotto i colpi dell’uomo che mi interrogava e piangevo e sentivo le parole più volgari. Quando ho rimosso da me stessa l’ultimo segno di bellezza, rasandomi i capelli, sono stata premiata con 11 giorni di isolamento.
Cara Shole, non piangere per quello che senti. Il primo giorno che nell’ufficio della polizia un agente anziano e non sposato mi ha colpita per via delle mie unghie, ho capito che la bellezza non è fatta per questi tempi. La bellezza dell’aspetto, la bellezza dei pensieri e dei desideri, la bella calligrafia, la bellezza degli occhi e di una visione, e persino la bellezza di una voce piacevole.
Mia cara madre, il mio modo di pensare è cambiato e tu non sei responsabile. Le mie parole sono senza fine e le darò a qualcuno in modo che quando sarò impiccata senza la tua presenza e senza che io lo sappia, ti verranno consegnate. Ti lascio queste parole come eredità.
Comunque, prima della mia morte, voglio qualcosa da te e ti chiedo di realizzare questa richiesta con tutte le tue forze e tutti i tuoi mezzi. Infatti, è la sola cosa che voglio dal mondo, da questo paese e da te. So che hai bisogno di tempo per questo. Per questo ti dirò questa parte del mio testamento per prima. Per favore non piangere e ascolta. Voglio che tu vada in tribunale e presenti la mia richiesta. Non posso scrivere questa lettera dall’interno della prigione con l’approvazione delle autorità, perciò ancora una volta dovrai soffrire per causa mia. È la sola cosa per cui, anche se tu dovessi supplicarli, non mi arrabbierei – anche se ti ho detto molte volte di non supplicarli per salvarmi dalla forca.
Mia buona madre, cara Shole, più cara a me della mia stessa vita, non voglio marcire sottoterra. Non voglio che i miei occhi o il mio cuore giovane diventino polvere. Supplicali perché subito dopo la mia impiccagione, il mio cuore, i reni, gli occhi, le ossa e qualunque altra cosa possa essere trapiantata venga sottratta al mio corpo e donata a qualcuno che ne ha bisogno. Non voglio che sappiano il mio nome, che mi comprino un bouquet di fiori e nemmeno che preghino per me. Ti dico dal profondo del cuore che non voglio che ci sia una tomba dove tu andrai a piangere e soffrire. Non voglio che tu indossi abiti scuri per me. Fai del tuo meglio per dimenticare i miei giorni difficili. Lascia che il vento mi porti via.
Il mondo non ci ama. Non voleva il mio destino. E adesso sto cedendo e sto abbracciando la morte. Perché nel tribunale di Dio incriminerò gli ispettori, l’ispettore Shamlou, il giudice, i giudici della Corte suprema che mi hanno colpita quando ero sveglia e non hanno smesso di abusare di me. Nel tribunale del creatore accuserò il dottor Farvandi, e Qassem Shabani e tutti coloro che per ignoranza o menzogna mi hanno tradita e hanno calpestato i miei diritti.
Cara Shole dal cuore d’oro, nell’altro mondo siamo io e te gli accusatori e loro sono gli imputati. Vediamo quel che vuole Dio. Io avrei voluto abbracciarti fino alla morte. Ti voglio bene.
Reyhaneh

Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine

Lentamente muore
chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle “i”
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle
che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno
di uno sbadiglio un sorriso.....
Martha Medeiros

fonte https://www.facebook.com/photo.php?fbid=777092072352982&set=p.777092072352982&type=1

Ufo grande come la Terra individuato dalla Nasa

Nel 2009 astronomi e autorità russe avevano individuato diversi Ufo di tale grandezza che orbitavano nel sistema solare.
Già nel 2009 astronomi e autorità russe avevano individuato diversi Ufo di tale grandezza orbitare nel sistema solare.

NEW YORK (WSI) - Una foto sta facendo il giro dei blog e dei social media: mostra un Ufo grande come il pianeta Terra. 

Scott Warring ha pubblicato l'immagine, scattata dalla Nasa, il 25 ottobre su UFO Sightings Daily.

Non è la prima volta che un oggetto volante non identificato viene visto orbitare intorno al sole. Sembra che nel 2009 astronomi e autorità russe abbiano individuato degli Ufo di tale grandezza nel sistema solare. 

La NASA non ha lasciato commenti sull'immagine poco nitida. Si potrebbe anche trattare di un errore della video camera o di una eruzione stellare.

Ma Warring è convinto che si tratti di un oggetto volante. "Guardate da vicino la superficie: non ci sono eruzioni o brillamenti. Il colore non cambia. A differenza del sole che ha diversi colori". 

"Gli scienziati russi hanno lanciato un allarme 5 anni fa dopo aver avvistato degli Ufo che orbitavano intorno al sole in grado di effettuare inversioni di rotta e cambi di velocità improvvisi. 

http://www.wallstreetitalia.com/article/1761878/ufo-grande-come-la-terra-individuato-dalla-nasa.aspx

martedì 28 ottobre 2014

Bisignani su Berlusconi, Grillo e rapporti con servizi segreti Usa

Esce il libro intervista al faccendiere lobbysta ex P2 e P4. "L'uomo che sussurrava ai potenti". Rilevazioni più scioccanti su M5S e leader PdL. Riferimenti a Papa, Agnelli, Kgb e mafia.
Luigi Bisignani è l'ex capo ufficio stampa di diversi ministeri della Prima Repubblica e oggi partner di una società di consulenza

Luigi Bisignani è l'ex capo ufficio stampa di diversi ministeri della Prima Repubblica e oggi partner di una società di consulenza
ROMA (WSI) - "I servizi segreti americani controllano la politica italiana". Questa una delle tanti rivelazioni diLuigi Bisignani, ex capo ufficio stampa per diversi ministeri della Prima Repubblica e oggi partner di una società di consulenza, coinvolto negli anni anche in alcune inchieste giudiziarie come la vicenda Enimont e l'affaire P4, dove in ambi i casi è stato condannato.

Nel libro edito da Chiarelettere che uscirà domani, "L'uomo che sussurrava ai potenti", sono molte i segreti che svela, incominciando proprio dalMovimento 5 Stelle.

Secondo Bisignani, i servizi segreti americani puntarono gli occhi su Beppe Grillo già dal 2008, con una informativa poi indirizzata al Dipartimento di Stato Usa e ad altri uffici governativi degli Stati Uniti nella quale si presenta il "resoconto di un pranzo tra Beppe Grillo e alcuni diplomatici americani. Un fatto anomalo per uno che in Italia rifiuta ogni contatto".

Il documento sarebbe poi stato firmato dall'ambasciatore Spogli in data 7 marzo 2008, "si intitola 'Nessuna speranza per l'Italia'. Un'ossessione per la corruzione. Una frase che sintetizza il 'Grillo pensiero'. Con ogni probabilità quel documento è finito sulla scrivania di Barack Obama".

E questo cosa avrebbe portato gli americani a pensare? "Molte idee di Grillo sono utopiche e irrealistiche. Ma a dispetto della sua visione politica incoerente, la sua prospettiva dà voce a una parte dell'opinione pubblica non rappresentata altrove".

Concludendo sul M5S, Bisignani, dichiara: "Sarà pure un caso ma l'unico studio scientifico di decine di pagine fatto finora sul Movimento 5 Stelle nel febbraio 2013 è stato commissionato al think tank inglese Demos. Il supporto è stato dato proprio dalla Open Society di George Soros".

I presunti traditori di Berlusconi e la corte a Renzi

Nella ricostruzione dei punti salienti del libro, Il Fatto Quotidiano si concentra sul periodo delle dimissioni di Berlusconi da premier e sui tentativi di tradimento dei "piccoli uomini" da lui creati.

"Più che di tradimento vero e proprio parlerei di piccoli uomini creati da Berlusconi dal nulla e improvvisamente convinti di essere diventati superuomini. Il primo che mi viene in mente èRenato Schifani, avvocato di provincia di Palermo, ex presidente del Senato. Con Angelino Alfano, altro siciliano, lavoravano alla costruzione di una nuova alleanza senza Berlusconi. Tra chi tramava poi c’erano in primis alcuni di An: Gasparri, La Russa, Mantovano e Augello. Certamente non Altero Matteoli che è rimasto sempre leale".

Tutti loro "si montavano a vicenda, senza capire che, quando è ferito, Berlusconi dà il meglio di sé".

Ma Berlusconi, secondo Bisignani, puntava su un altro cavallo: Matteo Renzi: "lo ha corteggiato in tutti i modi. Nei sondaggi riservati, Renzi volava, tanto che Berlusconi non si sarebbe mai ributtato nella mischia. Solo Bersani fece finta di non accorgersene, mobilitando tutto l’apparato del partito per batterlo alle primarie. E scavandosi così la fossa".

"Alfano? Pensava a costruirsi il monumento"

"Anche perché Alfano pensava soprattutto a costruire un monumento a se stesso. Se ne stava chiuso nel suo ufficio bunker in via dell’Umiltà, dove per chiunque era impossibile entrare. Passava più tempo con i giornalisti, su Facebook e Twitter, che con i parlamentari e con la base del partito e gli esponenti del mondo imprenditoriale, bancario e culturale che pure avevano desiderio di conoscerlo".

"Inoltre Alfano ha una vera mania per i giochini sul cellulare, cui non rinuncia nemmeno durante le riunioni. E poi ha la debolezza di consultare sempre l’oroscopo e di regolare le giornate in base a quel che c’è scritto…".

"Monsignor Fisichella lavorava a un dopo Berlusconi"

In molti, insomma, secondo Bisignani, lavoravano a un dopo Berlusconi. Tra questi monsignorRino Fisichella, a lungo rettore della Pontificia Università Lateranense e attualmente presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. "Con Alfano e il fidatissimo Maurizio Lupi lavorava sodo al dopo Berlusconi anche l’arcivescovo Rino Fisichella" sostiene Bisignani. "Alcuni incontri riservati con Casini e Lorenzo Cesa – ricorda – si svolsero proprio Oltretevere, in un ufficio nella disponibilità di Fisichella, il quale era molto amareggiato per non essere stato fatto cardinale da Joseph Ratzinger".

"Falcone, Andreotti pensava che c’entrasse il Kgb"

Poi un po’ di sguardi verso il passato. Prima tappa, le stragi del 1992. Giulio Andreotti, ha sempre avuto un convincimento e cioè che i motivi delle stragi di mafia in cui morirono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino "non si dovessero cercare a Palermo, ma fra Mosca e Roma". Il sette volte presidente del Consiglio, secondo Bisignani, era convinto che Falcone sarebbe stato eliminato "perché collaborava a una spinosa indagine della magistratura russa sui finanziamenti del Kgb al Partito comunista". Bisignani ricorda anche che Falcone avrebbe dovuto incontrare, due giorni dopo la strage, il procuratore penale di Mosca Valentin Stepankov: "Andreotti era certo che da lì bisognasse partire per capire meglio la strage, e su questo concordava anche Francesco Cossiga. Il quale era al corrente dell’iniziativa di Falcone". Secondo il faccendiere "la sinistra ha sempre taciuto ma ora "credo che dovrà fare i conti con Piero Grasso, per anni capo della procura antimafia, ora presidente del Senato". Dovrà fare i conti con lui "per la sua onestà intellettuale e perché, tra i primi atti, ha chiesto l’istituzione di una commissione d’inchiesta sulle stragi".

"Tangentopoli? Tutti, da Agnelli a De Benedetti, tentarono di bloccare i pm"

Poi la vicenda Tangentopoli: "I protagonisti sotto assedio" del capitalismo italiano, "tutti indistintamente, da Agnelli a De Benedetti, cercarono disperatamente di bloccare il pool dei giudici di Milano". La "fortezza" in cui si arroccò il capitalismo per respingere l’offensiva giudiziaria contro il sistema delle tangenti fu Mediobanca. "Fu lì – racconta Bisignani – che si tenne una riunione riservata presieduta da Enrico Cuccia, il custode di tutti i segreti. Vi presero parte, oltre all’avvocato Agnelli e a Cesare Romiti, Leopoldo Pirelli accompagnato da Marco Tronchetti Provera, Carlo De Benedetti, Giampiero Pesenti, Carlo Sama per il Gruppo Ferruzzi e ovviamente l’amministratore delegato dell’istituto, Vincenzo Maranghi".

Proprio Maranghi, dopo una perquisizione della polizia giudiziaria a Piazzetta Cuccia, organizzo nella notte "un pulmino che portò via tutte quelle carte dal contenuto inquietante" che non erano state scoperte. Agli investigatori era infatti sfuggita una parete mobile "celata dietro una libreria in una delle sale del piano nobile dell’istituto – dove si custodivano altri segreti". Secondo Bisignani, "tutta la storia di Mediobanca è fitta di episodi simili" a quello sul "pulmino" di Maranghi, come il caso dei fondi neri scoperti nella Spafid, la fiduciaria di Mediobanca che "custodiva la contabilità ufficiale e parallela dei grandi gruppi", fino alle "carte segrete su Gemina" rinvenute in "una botola" dalla Guardia di Finanza.

Tornando alla riunione "anti-pool" in Mediobanca "fu unanimemente decisa la totale chiusura a ogni possibile collaborazione con la Procura di Milano" nonché la "perentoria denuncia dei metodi che stavano destabilizzando il paese e la sua economia". Cuccia incaricò Romiti di "coordinare ogni iniziativa" e ordinò "a quegli imprenditori che avevano interessi nell’editoria" di supportare la linea "senza tentennamenti". Il fronte però si sfaldò presto un po’ perché i tg di Berlusconi, che "all’epoca non faceva parte del giro di Mediobanca", cavalcarono l’onda di Mani Pulite ma soprattutto perché le delle ammissioni di un dirigente Fiat "fecero cambiare radicalmente la strategia decisa" facendo scattare il "tana libera tutti".

Quando Cossiga mandò i carabinieri al Csm

Un altro retroscena riguarda Cossiga, il "presidente picconatore". Nel novembre del 1991 l’allora presidente della Repubblica fece intervenire i carabinieri davanti al Csm, rivela Bisignani. "Non fidandosi in quel momento – racconta Bisignani – nonostante fossero suoi amici, dei ministri della Difesa Virginio Rognoni e dell’Interno Vincenzo Scotti, chiamò personalmente al telefono il comandante della legione dei carabinieri di Roma, il colonnello Antonio Ragusa, perché si preparasse a fare irruzione al Csm in piazza Indipendenza". "In quella riunione – spiega Bisignani – il Csm doveva occuparsi dei rapporti tra i capi degli uffici giudiziari e i loro sostituti. Una materia che, secondo Cossiga, non era di sua pertinenza". Secondo il racconto di Bisignani, Ragusa mise in stato d’allerta la vicina caserma: "I carabinieri rimasero al loro posto. Ma Ragusa che era in contatto telefonico diretto con Cossiga, entrò da solo negli uffici di piazza Indipendenza e convinse il vicepresidente Giovanni Galloni a togliere dall’ordine del giorno l’argomento incriminato".

I rapporti tra i servizi segreti Usa e Beppe Grillo

I rapporti dei servizi segreti degli Stati Uniti con Beppe Grillo sono il tema di un capitolo del libro intervista a Bisignani. Oltre a raccontare una vicenda già conosciuta come il pranzo tra Beppe Grillo e alcuni agenti e diplomatici americani e il dispaccio dell’ex ambasciatore Ronald Spogli, aggiunge: "Avendo avuto anch’io il dispaccio in mano, c’è qualcosa che andrebbe approfondito" in quanto sono stati occultati "chirurgicamente quasi tutti i destinatari sensibili" tra cui oltre alla Casa Bianca, al Dipartimento di Stato e alla Cia "c’è da scommetterci ci fosse il Dipartimento dell’energia e la National Secuity Agency, che si occupa soprattutto di terrorismo informatico". "Agli americani – spiega Bisignani – è noto il rapporto strettissimo che Grillo ha con due loro vecchie conoscenze. Franco Maranzana, un geologo controcorrente di 78 anni, considerato il suo più grande suggeritore su tematiche energetiche e ambientali non politically correct, in contrasto così con la linea ecologica che viene attribuita al movimento. E soprattutto Umberto Rapetto, un ex colonnello della Guardia di finanza".

Secondo Bisignani l’incontro con Grillo dovrebbe essere avvenuto nel marzo del 2008 in quanto il rapporto dell’ambasciatore Spogli dal titolo "Nessuna speranza. Un’ossessione per la corruzione" reca la data del 7 marzo 2008. Con ogni probabilità, secondo Bisignani, quel documento è finito nelle mani del presidente Obama. Quindi fornisce le conclusioni del rapporto sulle idee di Grillo: "La sua miscela fatta di spumeggiante umorismo, supportata da dati statistici e ricerche, fa di lui un credibile interlocutore per capire dal di fuori il sistema politico italiano". Inoltre, racconta che dopo le elezioni del febbraio scorso una delegazione di grillini "capeggiata dai due capigruppo in parlamento, Vito Crimi e Roberta Lombardi, è andata a omaggiare l’ambasciatore David Thorne. Lo stesso che, parlando agli studenti, ha pubblicamente lodato il nuovo movimento come motore necessario per le riforme di cui ha bisogno l’Italia".

"Il Pdl voleva far cadere Monti subito, fu Letta ad arrabbiarsi e a scongiurare la crisi"

La crisi del governo Monti poteva arrivare molto prima e non a fine dicembre. "Dopo pochi mesi di governo – riferisce Bisignani – mezzo Pdl voleva far cadere Monti. Ma fu proprio Letta, con voce alterata, a convincere tutti che lo spread sarebbe schizzato alle stelle e che la colpa sarebbe ricaduta tutta sul Cavaliere che a quel governo aveva appena dato appoggio". Sul ruolo di Gianni Letta, Bisignani ricorda anche che quando Berlusconi e Fini fecero saltare l’accordo sulla Bicamerale, "fece sapere a D’Alema che il Cavaliere aveva commesso un errore". "Allo stesso modo – ricorda – nel febbraio del 1996 dissentì dal no di Berlusconi a un governo guidato da Antonio Maccanico, grand commis di Stato che avrebbe aperto le porte a una collaborazione tra Forza Italia e la sinistra. La bocciatura di Maccanico segnò la successiva vittoria elettorale dell’Ulivo di Romano Prodi".

"Scalfari ad ogni scoop mi regalava champagne"

Spazio anche ai ricordi personali nei rapporti con i personaggi più influenti della stampa italiana. Nel libro sono descritti i rapporti con i direttori dei giornali più importanti. Di Eugenio Scalfari ricorda di avergli offerto diverse notizie quando era capo ufficio stampa del ministero del Tesoro Gaetano Stammati. "Ogni volta che lo aiutavo a fare uno scoop – ricorda – mi mandava una bottiglia di champagne. Credo che fosse altrettanto con un’altra sua fonte, Luigi Zanda, portavoce di Francesco Cossiga, al Viminale e poi alla presidenza del consiglio, con il quale credo abbia conservato una forte amicizia". Sul direttore del Corriere Ferruccio De Bortoli invece dice: "Sempre compassato, dotato di una camaleontica capacità di infilarsi tra le pieghe del tuo discorso e di una grande dialettica, non sufficiente però a nascondere il fatto di non aver quasi mai un’opinione troppo discorde da quella dell’interlocutore: democristiano con i democristiani, giustizialista con i giustizialisti, statalista o liberista a seconda di chi ha davanti". Bisignani racconta inoltre di aver favorito i suoi rapporti con Geronzi ma non con D’Alema "visto che i due si detestavano cordialmente". "E durante il governo Berlusconi – ricorda – i motivi di contatto sono stati molteplici".

Papa Francesco e la riforma dello Ior

In un passaggio del libro Bisignani parla anche delle mosse future di papa Francesco per trasformare lo Ior: "Secondo alcune autorevoli indiscrezioni lo riformerà trasformandolo in una vera banca della solidarietà al servizio dell’evangelizzazione. Uno strumento di aiuto per le chiese povere e per le missioni sparse nel mondo. I centri missionari saranno uno dei punti fondamentali di papa Francesco, secondo la miglior tradizione dei gesuiti".

Secondo Bisignani, la riforma dello Ior avverrà attraverso la riclassificazione di tutti i conti e saranno "autorizzati solo quelli che fanno capo ufficialmente a congregazioni e ordini religiosi. Nessuno potrà più gestire fondi, depositi e titoli se non nell’esclusivo interesse di enti religiosi". Bisignani ha quindi spiegato che "la Curia conosce bene le sue intenzioni". "Non fu un caso – ha aggiunto – se nel conclave precedente, per scampare il pericolo della sua salita al soglio pontificio come voleva il suo grande elettore di allora, Carlo Maria Martini, gesuita come lui, gli fu preferito Ratzinger. Meglio conosciuto nei palazzi apostolici e quindi considerato più malleabile".

Cairo editore di La7? "Facilita future alleanze"

Telecom ha venduto La7 a Urbano Cairo, preferendolo al fondo Clessidra, perché "si dice nell’ambiente che si è scelto il contendente finanziariamente più debole così da facilitare una possibile futura alleanza con Diego Della Valle o con De Benedetti, a seconda di come butterà la politica". In particolare sull’interesse di De Benedetti per La7, Bisignani sostiene che l’Ingegnere sarebbe stato disponibile all’acquisto "però solo con un’adeguata dote, quella che poi ilconsiglio Telecom ha concesso proprio a Cairo e non a lui, secondo me facendolo irritare. Vedrà che alla fine rientrerà nella partita". Infine "ad accelerare la vendita de La7 – racconta – ha contribuito anche lo studio legale Erede con una lettera che nelle ore che precedettero il consiglio d’amministrazione decisivo". Del legale Bisignani ricorda che "ha assistito Cairo nell’operazione e ha ottimi rapporti con De Benedetti".

fonte http://www.wallstreetitalia.com/article/1577808/politica/bisignani-su-berlusconi-grillo-e-rapporti-con-servizi-segreti-usa.aspx

La Questura di Foggia contro la violenza sulle donne







Uccisi e squartati, in Ucraina un rene vale 200.000 dollari

Quattro anni fa il quotidiano inglese “The Guardian” pubblicò un dossier su una fitta rete di traffico d’organi in Ucraina. Sappiamo bene che, quando si sceglie un titolo di questo tipo per un articolo, lo si mette immediatamente nella categoria del “troppo esagerato per essere vero”: il nostro cuore si rifiuta di crederci. Dopodiché, si inizia a riflettere e a pensare che si tratti dell’ennesima campagna di demonizzazione. Tuttavia, quando abbiamo analizzato la proposta pervenutaci da uno dei nostri collaboratori, abbiamo dovuto ammettere che i fatti e gli argomenti presentati meritavano di essere presi in seria considerazione. Questo dossier proviene da Mark Chapman, l’uomo che tiene uno dei più seri blog sulla Russia. Purtroppo non possiamo dargli il giusto merito della notizia, così come farebbe una grande testata giornalistica, perché non siamo altro che un piccolo gruppo di volontari che fa questo lavoro nel proprio tempo libero. E a questo proposito: dove sono i grandimedia?
Guardate un po’ che succede: avete dei professionisti ben pagati nelle vostre redazioni, perché non incaricate uno di loro per fare un po’ di giornalismo d’inchiesta su questo argomento e provate ad andare un po’ a fondo della questione? Si tratta di una Est Ucraina, civili colpiti dalle truppe di Kievstoria che non finirebbe facilmente nel dimenticatoio. Alcuni cadaveri di soldati ucraini sono stati ritrovati con l’addome inciso e privi di alcuni organi. Si tratta degli “eroi dell’Ucraina”, di cui ci si riempie la bocca a Kiev e in tutta l’Ucraina occidentale (“Slava Ukraina, Geroyim Slava!”, ossia “Gloria all’Ucraina, gloria agli eroi!”), spogliati del loro cuore, dei loro reni e del loro fegato, destinati ad essere trapiantati nei corpi di chi si può permettere di pagarli. I profitti di un commercio di questo genere sono nell’ordine di dieci volte in più rispetto all’investimento, per esempio nel caso in cui l’acquirente di organi debba sborsare una certa somma a un donatore povero, costretto a vendere un rene per sbarcare il lunario.
Dato che la donazione generosa proviene da persone morte da poco, incapaci di esprimere le proprie volontà, si tratta in effetti di un ricco business! Si dice che siano state trovate fosse comuni nella regione, a quanto pare composte da civili trovati con le mani legate dietro la schiena, uccisi con una pallottola in testa, e sui corpi dei quali sono state rinvenute tracce di torture perpetrate prima che arrivasse il colpo di grazia. Alcuni di loro sono stati decapitati. Si dice anche che alcuni siano stati trovati con l’addome aperto, privi di alcuni organi. Credo comunque che, nel caso, bisognerebbe scavare a lungo per trovareUcraina, fossa comuneinformazioni su questo argomento. Già, perché il Dipartimento di StatoUsa, con una decisione scandalosa quanto prevedibile, ha affidato le indagini alle stesse autorità che, con tutta evidenza, stanno dietro a tutta questa storia: il governo ucraino.
Le denunce riguardo ai corpi dei soldati usati per alimentare il commercio clandestino di organi sono peraltro apparse fin dall’inizio del conflitto. “StopFake”, un sito specializzato nel discredito delle notizie che potrebbero mettere in cattiva luce il governo ucraino, e che non di rado costruisce false notizie o prestanomi prezzolati per demolirle e accrescere la propria credibilità, ha subito reagito a questa storia. Si da il caso però che l’ipotesi avanzata da “StopFake”, e cioè che tutta la vicenda sia una bufala, dal momento che gli organi dovrebbero essere prelevati subito dopo il decesso, messi a refrigerare in contenitori speciali e quindi portati fuori dalle zone di guerra, è stata messa in dubbio da Tony Cartalucci, giornalista di “New Eastern Outlook”. Tony, che tiene il popolare blog “Land Destroyer”, e le cui analisi sono di regola affidabili, a dispetto dell’accoglienza piuttosto fredda che solitamente gli viene riservata dai governi occidentali, riporta le testimonianze di alcuni impiegati di aeroporti internazionali, come quello di Boryspil. I testimoni riferiscono di aver visto piccoli aerei privati, equipaggiati con speciali refrigeratori usati solitamente per il trasporto di organi umani.
Sono inoltre stati notati alcuni veicoli attrezzati e moderne ambulanze, tutti presso gli ospedali militari ucraini. Ovviamente il fatto di trovare delle ambulanze in prossimità di un ospedale non è di per sé un fatto strano, tuttavia è ben noto che Kiev non riesce neanche a fornire uniformi degne o pasti adeguati ai suoi soldati. In questo contesto, l’andirivieni di dispendiosi mezzi attorno agli ospedali ha un che di sospetto. Specialmente se si considera la sordida storia di traffico di organi in Ucraina (vedi articolo del “Guardian”). Nel 2010 quattro chirurghi e quattro altre persone non precisate furono arrestate dal ministero degli interni ucraino per traffico di organi umani, in particolare reni presi da giovani donne in difficoltà economiche. Queste disperate avevano ricevuto circa 10.000 dollari per un rene in buone condizioni, trapiantato poi a un beneficiario che ne aveva Paura e disperazione tra i civili dell'Est Ucraina aggredita da Kievspesi almeno 200.000 per l’operazione. Un’ottima operazione, peraltro, ammesso che ve lo possiate permettere! L’inchiesta si era poi allargata a dodici altre persone che operavano all’interno di una rete diretta da un israeliano di origini ucraine.
Insieme ad altri validi ragionamenti, Cartalucci presenta un argomento convincente. I resoconti fatti dai social media riguardo a questo traffico illegale di organi sono di norma snobbati dai media occidentali, quali la “Bbc”, che li considerano eccessi “televisivi” o come il prodotto di fervide immaginazioni. Cartalucci dice che «si tratta degli stessi social network che abitualmente i media occidentali citano così frequentemente quando i bersagli sono i governi di Libia o Siria. Ora però che gli interessi occidentali sostengono un regime che cerca di consolidare il proprio potere contro dei combattenti armati, queste storie sono delle bufale e non sono degne di inchieste approfondite». Non c’è bisogno che vi dica che ha assolutamente ragione.
(“Rivelazioni inquietanti su una fitta rete di traffico d’organi in Ucraina”, post firmato da “Russia-Insider”, ospitato da “Mondialisation” il 20 ottobre 2014 e tradotto da “Come Don Chisciotte”).
http://www.libreidee.org/2014/10/uccisi-e-squartati-in-ucraina-un-rene-vale-200-000-dollari/

LA GRECIA E' UN LABORATORIO PER TESTARE UNA POLITICA SPAVENTOSA

Juventud
DI PHILIPPE MENUT E ALEX ANFRUNS
publico.es
Philippe Menut, ex-reporter di France 2 e France 3 diventato giornalista indipendente, ha realizzato un documentario. Si tratta di un grande affresco, allo stesso tempo umano ed economico, sulle cause e le conseguenze della crisi greca: il film da la parola a lavoratori dipendenti, militanti, economisti, medici, ministri, disoccupati, filosofi, e offre un punto di vista interno della crisi, testimoniando della resistenza e della solidarietà del popolo greco. La Grecia è un laboratorio. Il documentario apre il dibattito e lancia l’allarme sul futuro dell’eurozona in crisi, lasciata in mano al capitalismo finanziario.


Nel vostro film «La tempesta greca» [La tourmente grecque, in originale] vengono messe in luce una serie di manipolazioni mediatiche, che cercano di giustificare quella che è una vera e propria guerra economica e sociale contro la Grecia. Lei, da giornalista critico, come spiega questa inversione di ruoli, con le vere vittime – i cittadini greci – presentati come i responsabili della crisi?
Ho iniziato a girare il film proprio a partire da questa constatazione. Ero disgustato dal fatto che i Greci fossero spesso presentati, peraltro fin dall’inizio della crisi, come i responsabili di una situazione della quale sono vittime. Mi sono quindi trovato ad interrogarmi sulle ragioni stesse della crisi.
Queste dicerie, questi depistaggi, hanno sicuramente una funzione: mascherare la politica economica in corso, che mette in piedi una tremenda austerity nei confronti del popolo greco e dei servizi pubblici per realizzare un massiccio trasferimento di capitali pubblici verso la speculazione internazionale. Tra l’altro non si tratta solo di denaro pubblico greco, ma anche europeo. Sono stati stanziati 245 miliardi in un sedicente piano europeo di salvataggio del quale i Greci e l’economia reale greca non hanno praticamente visto alcun effetto. Il film lo dimostra: queste enormi somme vanno direttamente nelle tasche dei creditori del debito pubblico greco, che hanno prestato con tassi a volte maggiori del 20%... Tali prestiti hanno quindi la garanzia del contribuente europeo! Ed è tutto organizzato dalla Troika, sono loro i veri padroni del Paese: gli inviati della Commissione Europea, della BCE e del FMI (che più che altro esercita qui il ruolo di «esperto»).

Secondo lei, qual è la responsabilità dei media europei nel dare una visione distorta della realtà di questo Paese?
I media europei, in primo luogo quelli tedeschi, e soprattutto il Bild – primo quotidiano per tiratura in Europa – giocano un ruolo considerevole nel formare l’opinione pubblica. D’altro canto non è solo la realtà greca ad essere travisata, ma quella della crisi di tutta l’Europa.
Le grandi testate francesi, meno aggressive ma altrettanto efficaci, ci parlano di «riforme strutturali» (laddove dobbiamo tradurre con «austerity imposta alla popolazione»); di «rassicurare i mercati» (ovviamente finanziari, ma questo non lo dicono mai); di «ristabilire la fiducia» (idem come sopra, e neanche in questo caso dicono tutto). Lo scopo è sostenere il fatalismo nei confronti di un sistema economico neoliberale «che non avrà alternative», come diceva Margaret Thatcher.
La cosa più paradossale di questa ideologia dominante è che riesce a far credere che non ci sia ideologia dominante… Si spingono le persone a dire che «non fanno politica» mentre in questo modo non fanno altro che confermare che in realtà la stanno facendo eccome…
Mi rendo conto che, come tutti, anche io uso il termine «crisi» per praticità. In realtà questo termine è inappropriato. Questa crisi non è una catastrofe, non è una fatalità. È in realtà non è altro che un aumento deliberato e brutale delle disuguaglianze.

La chiusura della televisione pubblica greca nel 2013, e la decisione dei suoi dipendenti di dare via ad un programma di informazione indipendente, è un chiaro esempio della capacità di resistenza del popolo greco. Qual è la lezione da trarre da questa esperienza?
Ci sono momenti in cui il popolo è forte, creativo e audace nei confronti di un potere indebolito. La lotta della televisione pubblica (la ERT) ne è un esempio. Il film ne parla, ve la riassumo: l’11 giugno 2013 il governo, su richiesta della Troika, chiude l’emittente e licenzia i 2650 dipendenti. Immediatamente si verifica una grande mobilitazione in Grecia e una protesta generalizzata in tutto il mondo. Giornalisti e tecnici occupano l’edificio ma il governo greco, preso in contropiede, non se la sente di ordinare le cariche della MAT (la polizia antisommossa) contro il personale. Così l’occupazione dura 5 lunghi mesi, un vero periodo di autogestione, con le trasmissioni che riprendono e che vengono diffuse su internet. Con una totale indipendenza e un vero pluralismo, queste trasmissioni hanno peraltro avuto un grande successo. Il 7 novembre 2013, alla fine dei 5 mesi, il governo ha deciso – sempre su consiglio della Troika! – di far sgomberare il personale. Dopodiché gli ex-dipendenti ERT hanno lanciato una nuova radio-televisione, la ERT Open.

Quando si parla del debito della Grecia, sembra che la Germania abbia interesse a nascondere un importante episodio storico, riguardante il denaro che deve alla Grecia dopo la II Guerra Mondiale. Potrebbe spiegarci meglio questo importante capitolo che, nel film, è trattato attraverso la testimonianza di un ex-partigiano combattente?
Manolis Glésos, 92 anni, è un «monumento» in Grecia. È uno dei primi resistenti d’Europa, noto perché nel maggio del 1941 tolse la bandiera nazista dalla sommità dell’Acropoli. Una delle sue battaglie attuali è quella di chiedere alla Germania il pagamento dei danni di guerra e la restituzione di un prestito forzoso che i nazisti fecero alla Banca di Atene. Il totale del debito dovuto alla Grecia dalla Germania si aggira sui 162 miliardi di euro attuali… Vale a dire più della metà del debito che ora la Germania pretende dalla Grecia in maniera così intransigente.

Uno dei medici intervistati nel film, nel corso di una manifestazione, spiega che la chiusura di sette ospedali ad Atene significa che molto semplicemente sempre più persone finiranno a morire per strada. L’impatto delle misure di austerity in Grecia, in particolare nel settore sanitario, sembra apocalittico…
È sufficiente una sola cifra. Secondo una rivista scientifica inglese e secondo Médecins du Monde, la mortalità infantile è aumentata del 43% dall’inizio delle misure di austerity. In Grecia, ma anche nel resto d’Europa in crisi, la sanità rappresenta il principale bersaglio dei tagli. Perché non si taglia l’istruzione statale? Semplicemente perché non è possibile ridurre il numero totale degli allievi. Al contrario, è possibile intervenire sulla durata delle cure, si possono ridurre i rimborsi, ecc… Nel film, si vede un grande ospedale che resta aperto ma che, in mancanza di mezzi, si muove come al rallentatore, mezzo vuoto.

La sua panoramica sulla Grecia rischia di doversi allargare ben presto ad altri paesi…
All’epoca delle prime riprese non avevo previsto di parlare dell’importanza del capitalismo finanziario, e neanche dell’Unione Europea. Sono state le mie inchieste, i miei interlocutori a portarmici in maniera del tutto naturale. Il film apre un dibattito sull’Unione economica e monetaria.
Alcune interviste più «forti» spiegano la necessità di una rottura con l’euro, altre spiegano che bisogna essere pragmatici e che occorre in primo luogo opporsi alle misure di austerità e ad un debito illegittimo. Non voglio essere drastico, ma se si vuole porre la questione del cambiamento nelle politiche economiche e sociali, oltre che nella democrazia, bisognerà pure porre la questione dell’onnipotenza dell’attuale Europa. Il capitalismo finanziario si è reso padrone negli stessi organismi dell’UE, nei trattati, e l’influenza delle lobbies è grandissima.

Quale messaggio vorrebbe lanciare alle persone che guardano alla Grecia da lontano mentre subisce danni terribili presentati però come inevitabili? Al di là della solidarietà, in che modo gli europei possono essere coinvolti? E i popoli europei come potrebbero passare alla controffensiva?
Tutta la zona euro è coinvolta nella crisi greca. La Grecia è un laboratorio per testare su un piccolo paese (11 milioni di abitanti) una politica spaventosa in nome di un debito artificialmente gonfiato. Dall’inizio delle riforme, che si presume dovessero dare una risposta alla crisi, il debito ha fatto un balzo del 50% e la disoccupazione è passata dal 10 al 28%! E politiche di questo genere continuano.
Attenzione però che questa crisi del debito è la stessa in tutta Europa, una delle zone del mondo che più è in recessione. La Francia, che conosco meglio, ha un debito di 2000 miliardi di euro della stessa natura di quello greco. Sarebbe meno della metà, senza interessi eccessivi dovuti alle banche e senza i regali sul fronte fiscale. Solo il rimborso degli interessi è una delle prime voci di spesa dello Stato. I nostri cari «colleghi» delle grandi testate non ne parlano mai…
Il sogno europeo potrebbe veramente trasformarsi in un incubo. I Greci ci mostrano la strada della resistenza. Tante piccole resistenze isolate non saranno sufficienti. La vera questione è sapere se i popoli sapranno unirsi per un’altra Europa, più giusta e democratica, un’Europa dei cittadini.
Alex Anfruns
22.10.2014
Sito del film : http://lesfilmsdumouvement.wordpress.com
fonte www.comedonchisciotte.org

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MARTINO LAURENTI

La “sceneggiata” alla Leopolda per vendere un Renzi innovatore e contestatore dell’austerità europea.

La “sceneggiata” alla Leopolda per vendere un Renzi innovatore e contestatore dell’austerità europea. Tranquilli, cambia la confezione ma non il prodotto.
Luciano Lago - Con Domenica 26 Ottobre si sono finalmente chiuse le “sceneggiate” della politica italiana ed in particolare a Firenze, nella dismessa stazione della “Leopolda”, con la “convention” del PD, quello fedele al segretario Matteo Renzi ed a Roma, nella mitica Piazza San Giovanni, con la manifestazione della CGIL della Camusso a cui ha partecipato l’ala dissidente del PD, quella dei Cuperlo, dei Civati e di Fassina.

La manifestazione di San Giovanni non si discostava di molto dalle abituali manifestazioni sindacali della CGL con il loro contorno di convocati mediante pulman, trasporto e pasto gratuito offerto dal sindacato con passeggiata a Roma approfittando della bella giornata di sole della ottobrata romana. Una massa di persone che ha occupato la piazza e bivaccato per Roma offrendo lo spettacolo di un popolo “arrabbiato” che reclama i suoi diritti.

Gli slogans, i cartelli ed il folklore sono stati quelli tipici delle manifestazioni di questo sindacato che da sempre ha rappresentato una colonna portante del sistema politico italiano ed anche stavolta non si discosta dal recitare il ruolo di “quelli che non ci stanno” alle politiche di austerità e di tagli proclamate dal governo e che dicono di non voler accettare la nuova normativa sul lavoro, il “jobs act”, la creatura partorita dal fiorentino per attenersi alle disposizioni della Troika europea in materia di lavoro.

Naturalmente gli italiani, quelli con un pò di senso critico, ricordano bene le posizioni sempre acquiescenti e collaterali del sindacato rispetto alle politiche di soppressione di diritti e di subalternità alle direttive della grande finanza sui governi di centro sinistra ed in particolare molti si chiedono dove erano i sindacalisti della CGIL quando si varavano le leggi come quella della Fornero (governo Monti) o quella precedente sul lavoro (legge Treu ) che ha introdotto il primo precariato sotto il governo di centro sinistra (governo Dini). Ma queste domande scomode alla Camusso non vengono fatte dai giornalisti compiacenti, si preferisce attardarsi sulla stantia polemica con Renzi e l’art. 18.

L’unica variante per la CGIL è stata l’aver fatto affluire un maggior numero di lavoratori in età media (molti extracomunitari,la nuova massa di manodopera per il sindacato) lasciando a casa gli abituali pensionati iscritti al sindacato, nettamente in maggioranza, per evitare di apparire come un sindacato “vecchio” e fuori gioco rispetto alle nuove tematiche sul lavoro.

Lo spettacolo più ghiotto per giornalisti e fotografi è stato indubbiamente quello rappresentato dai “leopoldini” a Firenze, ovvero i partecipanti alla convention della Leopolda che di fatto si è articolata come una grande convention aziendale tipica di manager in carriera che fanno il punto della situazione (politica in questo caso), autocelebrando i propri successi, il raggiungimento del “budget”, gli obiettivi per il prossimo futuro e utilizzando la convention per motivare ed entusiasmare i propri iscritti.

Non poteva che essere questo, nel perfetto stile renziano, lo svolgimento della riunione che ha adottato esattamente i rituali e le procedure che sono abituali negli USA per i convegni del Partito Democratico ed in Gran Bretagna per i convegni del Labour Party. Non per nulla Renzi si è dichiarato un grande ammiratore dell'”abbronzato” presidente Obama e dell’altro noto criminale di guerra, Tony Blair, uno dei corresponsabili (assieme a George W. Bush) della guerra in Iraq e del milione di vittime irachene conseguente a tale conflitto.

Il “budget” e gli obiettivi che Renzi ha proclamato non sono null’altro che quelli che la grande finanza, sponsor e sostenitrice del fiorentino, ha assegnato a governo Renzi: riforme del lavoro per il mercato aperto ed omologato che deve essere attuato in Italia, adeguamento dell’Italia agli standard ed alle politiche neo liberiste, richieste da Washington da un lato e dalla Troika europea dall’altro. In particolare Renzi sarà quello che firmerà il nuovo trattato transatlantico in preparazione, il TTIP, quello che darà il colpo di grazia alle imprese nazionali ed al sistema economico ed agricolo italiano lasciando campo aperto alle grandi multinazionali che potranno imporre il proprio standard rispetto alle normative nazionali. In conseguenza di questo trattato si prevede una invasione di prodotti OGM nei prodotti alimentari, che saranno messi in libera circolazione, grazie al trattato, sugli scaffali dei supermercati in Italia a prezzi competitivi rispetto ai prodotti nazionali, si prevede l’arrivo di società americane che avranno campo libero nelle attività di fracking sul territorio, con enormi danni ambientali, scosse di terremoto provocate artificialmente (effetto del fracking), nonchè l’arrivo dei colossi bancari ed assicurativi che saranno i primi ad attivarsi per la prevista campagna di privatizzazioni, prossima tappa del governo Renzi.

Vedi: Così il TTIP ci avvelena il menù

Tutto questo appare sottinteso, nel contesto della Leopolda, di un ambiente di giovani politici rampanti che circondano Renzi, vestiti casual ed american style, con ragazze di bell’aspetto a svolgere il ruolo di “veline” ed altre a presentarsi come ministre, nel mezzo di un “minestrone” di proclami per la modernizzazione del paese (“il futuro è solo l’inizio”), per la “nuova frontiera del partito democratico”, per la lotta del “nuovo contro la vecchia politica” ed il ripudio di quest’ultima paragonata ad un vecchio gettone telefonico.

Alla Leopolda si è ascoltata l’ esaltazione del nuovo ” Jobs Act” come sistema di normativa sul lavoro “moderno ed adeguato” ai tempi. Basta con l’art. 18 e con l’intromissione dei giudici nei rapporti di lavoro fra lavoratori ed impresa, sottinteso affidare tutto al mercato, il supremo regolatore per tutti i sostenitori del neoliberismo come Renzi ed i suoi sodali. Non potevano mancare i finanzieri come Serra ed i consulenti di marketing che hanno attentamente consigliato Renzi a come svolgere la convention con attenzione ai gesti, all’abbigliamento di lui e delle ministre.

Si è ascoltato anche (e non poteva mancare) il richiamo all’Europa, intesa in una prospettiva nuova di sviluppo e di rinascita, in contrasto con le vecchie politiche di austerità, come se Renzi abbia recepito una certa rivalsa prevalente nell’opinione pubblica contro le politiche europee di austerità verso cui esiste ormai una certa ripulsa generale. Il fiorentino cavalca astutamente questa stanchezza verso le politiche europee, facendo credere di essere in polemica ed in opposizione nei confronti di Barroso, della Merkel e dei commissari europei. Un atteggiamento che sembra condiviso da buona parte dell’opinione pubblica ma che appare sostanzialmente per quello che è: una recita delle parti.

In effetti Renzi non ha neppure provato a contestare neanche uno dei parametri e dei vincoli europei imposti all’Italia: dal Fiscal Compact al MES ed i miliardi che l’Italia deve versare a Bruxelles per il fondo di stabilità, per non parlare delle imposizioni europee che danneggiano gravemente l’agricoltura italiana. Al contrario Renzi era arrivato ad affermare che l’Italia deve rispettare il “Fiscal Compact” per fare bella figura davanti all’Europa. In precedenza aveva parlato della necessità di fare “i compiti a casa” richiesti dall’Europa.

Adesso l’atteggiamento è cambiato: più comodo e produttivo farsi credere in polemica apparente con l’Europa. D’altra parte non è più possibile affermare (come facevano abitualmente Letta e Monti) “ce lo chiede l’Europa”, senza ricevere pernacchie e fischi.

Non si può dimenticare che Renzi è stato, nella sua qualità di presidente di turno della UE, quello che ha approvato prima di tutti le sanzioni contro la Russia ( imposte da Washington) che stanno producendo alcuni miliardi di danni al sistema delle imprese italiane e di conseguenza all’occupazione. Se il fiorentino avesse avuto una qualsiasi forma di autonomia dalle imposizioni europee, questa sarebbe stata la migliore occasione per dimostrarlo, come invece hanno fatto Orban (leader dell’Ungheria) ed il presidente della Repubblica Ceka, Milos Zeman.

Vedi: Ucraina: Orban contro le sanzioni alla Russia

Vedi: Per il presidente della Repubblica Ceca, sensa senso le sanzioni contro Mosca.

Non si capisce quindi in cosa sia la sua “difformità” rispetto alla Comissione Europea ed alle direttive di questa ma, si sa che il pubblico non entra molto nei dettagli, e Renzi lascia credere di essere un “contestatore” delle vecchie politiche dell’Unione Europea quando ne è invece un fedele esecutore.

La posizione di apparente contestazione, di quello che fa la faccia dura con Barroso, paga in termini di consenso con la sua base ed il fiorentino la cavalca benissimo. Un abile presentatore di “sceneggiate” come fin dall’inizio lo avevamo catalogato ed i fatti ci stanno dando ragione. Cambia la confezione ma non il prodotto.

http://www.controinformazione.info/la-sceneggiata-alla-leopolda-per-vendere-un-renzi-innovatore-e-contestatore-dellausterita-europea/

Foto: La “sceneggiata” alla Leopolda per vendere un Renzi innovatore e contestatore dell’austerità europea.

La “sceneggiata” alla Leopolda per vendere un Renzi innovatore e contestatore dell’austerità europea. Tranquilli, cambia la confezione ma non il prodotto.
Luciano Lago - Con Domenica 26 Ottobre si sono finalmente chiuse le “sceneggiate” della politica italiana ed in particolare a Firenze, nella dismessa stazione della “Leopolda”, con la “convention” del PD, quello fedele al segretario Matteo Renzi ed a Roma, nella mitica Piazza San Giovanni, con la manifestazione della CGIL della Camusso a cui ha partecipato l’ala dissidente del PD, quella dei Cuperlo, dei Civati e di Fassina.

La manifestazione di San Giovanni non si discostava di molto dalle abituali manifestazioni sindacali della CGL con il loro contorno di convocati mediante pulman, trasporto e pasto gratuito offerto dal sindacato con passeggiata a Roma approfittando della bella giornata di sole della ottobrata romana. Una massa di persone che ha occupato la piazza e bivaccato per Roma offrendo lo spettacolo di un popolo “arrabbiato” che reclama i suoi diritti.

Gli slogans, i cartelli ed il folklore sono stati quelli tipici delle manifestazioni di questo sindacato che da sempre ha rappresentato una colonna portante del sistema politico italiano ed anche stavolta non si discosta dal recitare il ruolo di “quelli che non ci stanno” alle politiche di austerità e di tagli proclamate dal governo e che dicono di non voler accettare la nuova normativa sul lavoro, il “jobs act”, la creatura partorita dal fiorentino per attenersi alle disposizioni della Troika europea in materia di lavoro.

Naturalmente gli italiani, quelli con un pò di senso critico, ricordano bene le posizioni sempre acquiescenti e collaterali del sindacato rispetto alle politiche di soppressione di diritti e di subalternità alle direttive della grande finanza sui governi di centro sinistra ed in particolare molti si chiedono dove erano i sindacalisti della CGIL quando si varavano le leggi come quella della Fornero (governo Monti) o quella precedente sul lavoro (legge Treu ) che ha introdotto il primo precariato sotto il governo di centro sinistra (governo Dini). Ma queste domande scomode alla Camusso non vengono fatte dai giornalisti compiacenti, si preferisce attardarsi sulla stantia polemica con Renzi e l’art. 18.

L’unica variante per la CGIL è stata l’aver fatto affluire un maggior numero di lavoratori in età media (molti extracomunitari,la nuova massa di manodopera per il sindacato) lasciando a casa gli abituali pensionati iscritti al sindacato, nettamente in maggioranza, per evitare di apparire come un sindacato “vecchio” e fuori gioco rispetto alle nuove tematiche sul lavoro.

Lo spettacolo più ghiotto per giornalisti e fotografi è stato indubbiamente quello rappresentato dai “leopoldini” a Firenze, ovvero i partecipanti alla convention della Leopolda che di fatto si è articolata come una grande convention aziendale tipica di manager in carriera che fanno il punto della situazione (politica in questo caso), autocelebrando i propri successi, il raggiungimento del “budget”, gli obiettivi per il prossimo futuro e utilizzando la convention per motivare ed entusiasmare i propri iscritti.

Non poteva che essere questo, nel perfetto stile renziano, lo svolgimento della riunione che ha adottato esattamente i rituali e le procedure che sono abituali negli USA per i convegni del Partito Democratico ed in Gran Bretagna per i convegni del Labour Party. Non per nulla Renzi si è dichiarato un grande ammiratore dell'”abbronzato” presidente Obama e dell’altro noto criminale di guerra, Tony Blair, uno dei corresponsabili (assieme a George W. Bush) della guerra in Iraq e del milione di vittime irachene conseguente a tale conflitto.

Il “budget” e gli obiettivi che Renzi ha proclamato non sono null’altro che quelli che la grande finanza, sponsor e sostenitrice del fiorentino, ha assegnato a governo Renzi: riforme del lavoro per il mercato aperto ed omologato che deve essere attuato in Italia, adeguamento dell’Italia agli standard ed alle politiche neo liberiste, richieste da Washington da un lato e dalla Troika europea dall’altro. In particolare Renzi sarà quello che firmerà il nuovo trattato transatlantico in preparazione, il TTIP, quello che darà il colpo di grazia alle imprese nazionali ed al sistema economico ed agricolo italiano lasciando campo aperto alle grandi multinazionali che potranno imporre il proprio standard rispetto alle normative nazionali. In conseguenza di questo trattato si prevede una invasione di prodotti OGM nei prodotti alimentari, che saranno messi in libera circolazione, grazie al trattato, sugli scaffali dei supermercati in Italia a prezzi competitivi rispetto ai prodotti nazionali, si prevede l’arrivo di società americane che avranno campo libero nelle attività di fracking sul territorio, con enormi danni ambientali, scosse di terremoto provocate artificialmente (effetto del fracking), nonchè l’arrivo dei colossi bancari ed assicurativi che saranno i primi ad attivarsi per la prevista campagna di privatizzazioni, prossima tappa del governo Renzi.

Vedi: Così il TTIP ci avvelena il menù

Tutto questo appare sottinteso, nel contesto della Leopolda, di un ambiente di giovani politici rampanti che circondano Renzi, vestiti casual ed american style, con ragazze di bell’aspetto a svolgere il ruolo di “veline” ed altre a presentarsi come ministre, nel mezzo di un “minestrone” di proclami per la modernizzazione del paese (“il futuro è solo l’inizio”), per la “nuova frontiera del partito democratico”, per la lotta del “nuovo contro la vecchia politica” ed il ripudio di quest’ultima paragonata ad un vecchio gettone telefonico.

Alla Leopolda si è ascoltata l’ esaltazione del nuovo ” Jobs Act” come sistema di normativa sul lavoro “moderno ed adeguato” ai tempi. Basta con l’art. 18 e con l’intromissione dei giudici nei rapporti di lavoro fra lavoratori ed impresa, sottinteso affidare tutto al mercato, il supremo regolatore per tutti i sostenitori del neoliberismo come Renzi ed i suoi sodali. Non potevano mancare i finanzieri come Serra ed i consulenti di marketing che hanno attentamente consigliato Renzi a come svolgere la convention con attenzione ai gesti, all’abbigliamento di lui e delle ministre.

Si è ascoltato anche (e non poteva mancare) il richiamo all’Europa, intesa in una prospettiva nuova di sviluppo e di rinascita, in contrasto con le vecchie politiche di austerità, come se Renzi abbia recepito una certa rivalsa prevalente nell’opinione pubblica contro le politiche europee di austerità verso cui esiste ormai una certa ripulsa generale. Il fiorentino cavalca astutamente questa stanchezza verso le politiche europee, facendo credere di essere in polemica ed in opposizione nei confronti di Barroso, della Merkel e dei commissari europei. Un atteggiamento che sembra condiviso da buona parte dell’opinione pubblica ma che appare sostanzialmente per quello che è: una recita delle parti.

In effetti Renzi non ha neppure provato a contestare neanche uno dei parametri e dei vincoli europei imposti all’Italia: dal Fiscal Compact al MES ed i miliardi che l’Italia deve versare a Bruxelles per il fondo di stabilità, per non parlare delle imposizioni europee che danneggiano gravemente l’agricoltura italiana. Al contrario Renzi era arrivato ad affermare che l’Italia deve rispettare il “Fiscal Compact” per fare bella figura davanti all’Europa. In precedenza aveva parlato della necessità di fare “i compiti a casa” richiesti dall’Europa.

Adesso l’atteggiamento è cambiato: più comodo e produttivo farsi credere in polemica apparente con l’Europa. D’altra parte non è più possibile affermare (come facevano abitualmente Letta e Monti) “ce lo chiede l’Europa”, senza ricevere pernacchie e fischi.

Non si può dimenticare che Renzi è stato, nella sua qualità di presidente di turno della UE, quello che ha approvato prima di tutti le sanzioni contro la Russia ( imposte da Washington) che stanno producendo alcuni miliardi di danni al sistema delle imprese italiane e di conseguenza all’occupazione. Se il fiorentino avesse avuto una qualsiasi forma di autonomia dalle imposizioni europee, questa sarebbe stata la migliore occasione per dimostrarlo, come invece hanno fatto Orban (leader dell’Ungheria) ed il presidente della Repubblica Ceka, Milos Zeman.

Vedi: Ucraina: Orban contro le sanzioni alla Russia

Vedi: Per il presidente della Repubblica Ceca, sensa senso le sanzioni contro Mosca.

Non si capisce quindi in cosa sia la sua “difformità” rispetto alla Comissione Europea ed alle direttive di questa ma, si sa che il pubblico non entra molto nei dettagli, e Renzi lascia credere di essere un “contestatore” delle vecchie politiche dell’Unione Europea quando ne è invece un fedele esecutore.

La posizione di apparente contestazione, di quello che fa la faccia dura con Barroso, paga in termini di consenso con la sua base ed il fiorentino la cavalca benissimo. Un abile presentatore di “sceneggiate” come fin dall’inizio lo avevamo catalogato ed i fatti ci stanno dando ragione. Cambia la confezione ma non il prodotto.

http://www.controinformazione.info/la-sceneggiata-alla-leopolda-per-vendere-un-renzi-innovatore-e-contestatore-dellausterita-europea/