"Quest’organismo deve ammettere la Russia al proprio interno, o in alternativa sparire per un nuovo ente di sicurezza veramente europeo"
In vista del nuovo incontro mercoledì 11 febbraio a Minsk con Putin e Poroshenko da parte dell'Occidente, Jacques Sapir nel suo ultimo articolo scrive come "siamo tornati ai peggiori momenti della Guerra Fredda". L’emergenza umanitaria nel Donbas e la situazione disperata delle truppe di Kiev impongono l'inizio di un negoziato, ma le possibilità che si concluda positivamente sono minime, data la reticenza di Poroshenko a fare concessioni sostanziali.
Riprendendo le corrette dichiarazioni di François Hollande - l’unica alternativa sarebbe la guerra, o più precisamente la prosecuzione di questa guerra civile che Kiev camuffa con l’espressione di «Operazione antiterrorismo» - Sapir prosegue sostenendo come il summit sulla sicurezza tenutosi il 7 febbraio a Monaco ha palesato l’atmosfera da Guerra Fredda con accuse insensate e attacchi deliberati alla Russia per non trovare un accordo. Il patetico «show» del Presidente ucraino Poroshenko, che sventolava dei «passaporti» russi, ha fatto il resto.
Nella immensa crisi umanitaria in corso nell'Ucraina orientale è necessario arrivare ad un cessate il fuoco, che, tuttavia, secondo Sapir, potrà essere stabile solo con una mediazione dei caschi blu gestiti da Paesi Brics (in particolare Sud Africa e India). Per Sapir, infine, sarà necessario dopo la crisi in corso un ripensamento dell'Alleanza atlantica, la NATO, che non ha voluto né ha saputo adattarsi alla nuova configurazione geostrategica all’indomani della dissoluzione dell'Unione Sovietica. "Quest’organizzazione, nata nel 1949, aveva all’origine tre obiettivi: garantire i paesi membri da un’aggressione sovietica; garantire quegli stessi paesi da un possibile rigurgito del militarismo tedesco; e garantire la presenza statunitense in Europa. Con tutta evidenza questi tre obiettivi sono ormai venuti meno. Quest’organismo deve dunque evolversi e ammettere la Russia al proprio interno, o in alternativa sparire ed essere rimpiazzato da un nuovo organismo di sicurezza, questa volta realmente europeo", ha dichiarato.
Riprendendo le corrette dichiarazioni di François Hollande - l’unica alternativa sarebbe la guerra, o più precisamente la prosecuzione di questa guerra civile che Kiev camuffa con l’espressione di «Operazione antiterrorismo» - Sapir prosegue sostenendo come il summit sulla sicurezza tenutosi il 7 febbraio a Monaco ha palesato l’atmosfera da Guerra Fredda con accuse insensate e attacchi deliberati alla Russia per non trovare un accordo. Il patetico «show» del Presidente ucraino Poroshenko, che sventolava dei «passaporti» russi, ha fatto il resto.
Nella immensa crisi umanitaria in corso nell'Ucraina orientale è necessario arrivare ad un cessate il fuoco, che, tuttavia, secondo Sapir, potrà essere stabile solo con una mediazione dei caschi blu gestiti da Paesi Brics (in particolare Sud Africa e India). Per Sapir, infine, sarà necessario dopo la crisi in corso un ripensamento dell'Alleanza atlantica, la NATO, che non ha voluto né ha saputo adattarsi alla nuova configurazione geostrategica all’indomani della dissoluzione dell'Unione Sovietica. "Quest’organizzazione, nata nel 1949, aveva all’origine tre obiettivi: garantire i paesi membri da un’aggressione sovietica; garantire quegli stessi paesi da un possibile rigurgito del militarismo tedesco; e garantire la presenza statunitense in Europa. Con tutta evidenza questi tre obiettivi sono ormai venuti meno. Quest’organismo deve dunque evolversi e ammettere la Russia al proprio interno, o in alternativa sparire ed essere rimpiazzato da un nuovo organismo di sicurezza, questa volta realmente europeo", ha dichiarato.
Dalla traduzione di Martino Laurenti su Comedonchisciotte:
Per ora tuttavia gli animi sono focalizzati sul negoziato in corso. Bisogna capirne gli ostacoli, che siano di natura immediata o di lungo periodo. I primi hanno a che fare con le condizioni di un cessate il fuoco, che l’emergenza attuale impone. L’idea di tornare agli accordi di Minsk, se comprensibile da un punto di vista strettamente diplomatico, è però assurda se applicata sul campo. Quegli accordi non sono mai stati applicati e mai potevano esserlo. Sul campo le posizioni di forza dei ribelli e dell’esercito di Kiev erano troppo intrecciate perché potesse realizzarsi un vero cessate il fuoco. Le dichiarazioni del Presidente Poroshenko non nascondevano affatto la sua volontà di cancellare al tavolo del negoziato la disfatta militare subita. Non poteva che andare così.
Oggi però, con l’eliminazione progressiva delle sacche controllate dall’esercito di Kiev, un cessate il fuoco sull’attuale linea del fronte è ben più logica. Bisogna dire questa triste verità. Sarà forse necessaria un’altra disfatta militare delle forze di Kiev per rendere possibile un cessate il fuoco. È un’analisi che facevo già da diversi giorni.
Oggi Kiev non può nascondere la realtà dei fatti: non ci sarà una soluzione militare al conflitto, aspetto che la Cancelliera Angela Merkel ha ricordato a Monaco. È dunque urgente che i negoziati si aprano fra Kiev e gli insorti, e che questi negoziati siano garantiti dall’Unione Europea come dalla Russia e dagli Stati Uniti. A questo proposito, pretendere di coinvolgere la Russia e non gli insorti non ha alcun senso. Sarebbe come farsi beffe dell’indipendenza conquistata dalle popolazioni di Donetsk e Lugansk. Non è difficile capire che Putin non potrà esercitare una pressione troppo forte su di esse, pena la disapprovazione di una larga maggioranza della società russa che sostiene gli insorti.
Le condizioni per un cessate il fuoco
Un cessate il fuoco è valido solo nella misura in cui è rispettato, e in particolare se finiscono i mortali bombardamenti sui civili di cui si sono rese colpevoli le forze di Kiev. Bisogna qui ribadire che il comportamento sul campo tenuto da alcune forze di Kiev è da crimine di guerra. I bombardamenti sui civili sono stati troppo sistematici perché si possa parlare di errore nel tiro. Ricordiamoci che per gli attacchi sulla popolazione civile le forze di Kiev utilizzano bombe e obici al fosforo, bombe a frammentazione. Sono anche stati usati missili tattici di tipo «OTR-21 Totchka-U». Questo spiega perché è urgente che si giunga ad un cessate il fuoco che sia realmente rispettato.
Un cessate il fuoco è valido solo nella misura in cui è rispettato, e in particolare se finiscono i mortali bombardamenti sui civili di cui si sono rese colpevoli le forze di Kiev. Bisogna qui ribadire che il comportamento sul campo tenuto da alcune forze di Kiev è da crimine di guerra. I bombardamenti sui civili sono stati troppo sistematici perché si possa parlare di errore nel tiro. Ricordiamoci che per gli attacchi sulla popolazione civile le forze di Kiev utilizzano bombe e obici al fosforo, bombe a frammentazione. Sono anche stati usati missili tattici di tipo «OTR-21 Totchka-U». Questo spiega perché è urgente che si giunga ad un cessate il fuoco che sia realmente rispettato.
Perché ciò accada, c’è assoluto bisogno di una forza di interposizione. Tale forza sarà incaricata di verificare che non si siano armamenti pesanti, da un lato e dall’altro del fronte, a una distanza di diverse decine di kilometri dalla linea del cessate il fuoco. Ovviamente tale forza non può essere composta né dall’esercito di Kiev né da nessuno dei paesi NATO, perché quest’organizzazione è ormai parte integrante del conflitto, né dalla Russia.
Saranno sei mesi che lo dico e che lo scrivo, solo una forza dei Caschi Blu ONU può avere l’autorità per imporre un cessate il fuoco. Bisognerà a un certo punto riconoscerlo. Possiamo immaginare quale sarà la composizione di questa forza, senza dubbio paesi dei BRICS ma con buone relazioni con gli USA. Questo limita la scelta a due paesi: l’India e la Repubblica Sudafricana. Bisogna quindi far pressione sugli Stati Uniti e sul governo di Kiev perché accettino una soluzione simile. Oggi solo l’organizzazione delle Nazioni Unite ha la legittimità per imporre una soluzione che metta fine al conflitto armato. Più si farà in fretta a riconoscerlo, meglio sarà per tutti. È anche una lezione che possiamo trarre da quest’ultimo decennio. Ogni volta che gli Stati Uniti hanno aggirato l’ONU si sono verificati dei disastri. Anche qui bisogna ricordarsi delle parole usate nel 2007 dal Presidente Putin a Monaco:
“Qual è stato il risultato [di un’azione al di fuori del quadro dell’ONU]? Le azioni unilaterali, spesso illegittime, non hanno mai risolto nessun problema. Anzi, hanno portato a nuove tragedie umane e a nuovi focolai di tensione. Giudicate voi stessi: le guerre, i conflitti locali e regionali non sono affatto diminuiti (…). Siamo testimoni di una violazione sempre più grande dei principi fondamentali del diritto internazionale. Quel che è peggio, è che alcune norme, o addirittura quasi tutto il sistema giuridico di un solo Stato, e prima di tutto, beninteso, degli Stati Uniti, ha sfondato le proprie frontiere nazionali in ogni campo: nell’economia, nella politica, nella sfera umanitaria, ed è stato imposto ad altri Stati. A chi può convenire tutto ciò?”.
Saranno sei mesi che lo dico e che lo scrivo, solo una forza dei Caschi Blu ONU può avere l’autorità per imporre un cessate il fuoco. Bisognerà a un certo punto riconoscerlo. Possiamo immaginare quale sarà la composizione di questa forza, senza dubbio paesi dei BRICS ma con buone relazioni con gli USA. Questo limita la scelta a due paesi: l’India e la Repubblica Sudafricana. Bisogna quindi far pressione sugli Stati Uniti e sul governo di Kiev perché accettino una soluzione simile. Oggi solo l’organizzazione delle Nazioni Unite ha la legittimità per imporre una soluzione che metta fine al conflitto armato. Più si farà in fretta a riconoscerlo, meglio sarà per tutti. È anche una lezione che possiamo trarre da quest’ultimo decennio. Ogni volta che gli Stati Uniti hanno aggirato l’ONU si sono verificati dei disastri. Anche qui bisogna ricordarsi delle parole usate nel 2007 dal Presidente Putin a Monaco:
“Qual è stato il risultato [di un’azione al di fuori del quadro dell’ONU]? Le azioni unilaterali, spesso illegittime, non hanno mai risolto nessun problema. Anzi, hanno portato a nuove tragedie umane e a nuovi focolai di tensione. Giudicate voi stessi: le guerre, i conflitti locali e regionali non sono affatto diminuiti (…). Siamo testimoni di una violazione sempre più grande dei principi fondamentali del diritto internazionale. Quel che è peggio, è che alcune norme, o addirittura quasi tutto il sistema giuridico di un solo Stato, e prima di tutto, beninteso, degli Stati Uniti, ha sfondato le proprie frontiere nazionali in ogni campo: nell’economia, nella politica, nella sfera umanitaria, ed è stato imposto ad altri Stati. A chi può convenire tutto ciò?”.
Quali soluzioni politiche?
Bisognerà infine – ma solo alla fine – toccare la spinosa questione dell’uscita politica da questa crisi. La soluzione di un federalismo «semplice», che era possibile nel marzo-aprile 2014, è oggi defunta. La violenza delle forze di Kiev e le migliaia di morti di Donetsk e Lugansk l’hanno resa impossibile. Bisogna meditare su questo aspetto: ciò che era possibile all’inizio del conflitto, senza l’uso sproporzionato della violenza di cui si sono rese colpevoli le forze di Kiev, ora non lo è più. Si può pensare allora ad una soluzione simile a quella adottata in Iraq per le regioni kurde: una repubblica autonoma all’interno del quadro dell’Ucraina. Questa soluzione, benché non corrisponda ai desiderata dei dirigenti di Donetsk e Lugansk, è senza dubbio meglio di un’«indipendenza» senza il riconoscimento internazionale.
Bisognerà infine – ma solo alla fine – toccare la spinosa questione dell’uscita politica da questa crisi. La soluzione di un federalismo «semplice», che era possibile nel marzo-aprile 2014, è oggi defunta. La violenza delle forze di Kiev e le migliaia di morti di Donetsk e Lugansk l’hanno resa impossibile. Bisogna meditare su questo aspetto: ciò che era possibile all’inizio del conflitto, senza l’uso sproporzionato della violenza di cui si sono rese colpevoli le forze di Kiev, ora non lo è più. Si può pensare allora ad una soluzione simile a quella adottata in Iraq per le regioni kurde: una repubblica autonoma all’interno del quadro dell’Ucraina. Questa soluzione, benché non corrisponda ai desiderata dei dirigenti di Donetsk e Lugansk, è senza dubbio meglio di un’«indipendenza» senza il riconoscimento internazionale.
Ma bisogna anche pensare allo statuto della stessa Ucraina. Qui c’è una contraddizione fra il principio della sovranità, che nessuno vuol rimettere in discussione, e la realtà geopolitica. Si capisce bene che un’Ucraina militarmente ostile alla Russia sarebbe una minaccia diretta per quest’ultima. Ma l’Ucraina non può funzionare economicamente senza la Russia. Ed è qui che si trova la soluzione. L’Ucraina deve accettare volontariamente uno statuto di neutralità, che si tratti di alleanze militari (come la NATO) o di relazioni economiche (nel caso dell’UE come nel caso dell’Unione Eurasiatica). Tale decisione dev’essere accompagnata da una dichiarazione della Russia con la quale si rinnova il contratto di forniture di gas e petrolio, così come da una dichiarazione degli USA con la quale si impegnano a non concludere alcun tipo di alleanza militare con l’Ucraina. È dunque essenziale coinvolgere gli USA nell’accordo. È chiaro che la Russia non si accontenterà di un impegno preso solo dalla Germania e dalla Francia di non ammettere l’Ucraina nella NATO. Un simile impegno potrebbe essere aggirato con un accordo bilaterale fra Ucraina e Stati Uniti.
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