Chissà se passerà alla Storia come “il golpe di Sanremo”. Già perché anche Sanremo ha avuto un ruolo nei fatti, gravissimi, avvenuti tra giovedì e sabato mattina alla Camera dei Deputati. Ruolo non attivo ma passivo. E verosimilmente non casuale nelle scelte di Renzi, il quale dimostra di aver imparato davvero bene le regole dello spin.
Quando vuoi far passare una legge o una decisione delicata e potenzialmente impopolare, i momenti propizi sono due: sull’onda di un’emozione collettiva molto forte (vedi le leggi liberticide passate in America dopo l’11 settembre) o mentre è in corso un evento capace di catalizzare l’attenzione delle masse, come la finale dei campionati mondiali di calcio, le Olimpiadi e, in Italia, naturalmente Sanremo. Quando una trasmissione ottiene il 50% dell’audience per più giorni, diventando l’argomento di cui tutti parlano – dai giornali fino ai social – qualunque altro fatto diventa secondario, persino un golpe istituzionale.
Quanto avvenuto nel Parlamento italiano è senza precedenti: se tutte le opposizioni si uniscono superando diffidenze ataviche – il Movimento 5 Stelle con Forza Italia! La Lega con Sel! – significa che è successo qualcosa di inaudita gravità; una minaccia diretta alle Istituzioni e alla democrazia.
Ma quanti italiani se ne sono resi davvero conto? Relativamente pochi. La massa ha percepito qualcosa, ma vagamente. Se questo fosse avvenuto una settimana prima o una settimana dopo, le conseguenze sull’opinione pubblica sarebbero state alquanto diverse.
Per fortuna non è ancora stata scritta la parola fine, ma, purtroppo, ancora una volta la stampa non ha aiutato i cittadini a capire. Come i lettori sanno, vivo e lavoro in Svizzera e non ho più tempo di seguire nei dettagli le alchimie della politica italiana. Quando sono giunte le prime notizie sulla rivolta delle opposizioni ho cercato di capire quale fosse il testo approdato in aula, dunque ho cercato di capire i contenuti, il merito della riforma ma sui siti era impossibile trovare rimandi esaustivi al riguardo: i link visibili nelle home page riguardavano fatti avvenuti nelle ultime 48 ore; in tv e in radio approfondimenti zero (si parlava di Sanremo…). La ragione è presto spiegata: i giornalisti che si occupano quotidianamente di politica a un certo punto pensano che tutti siano al corrente e smettono di ricordare i fondamentali; non si rendono conto che, invece, la maggior parte del pubblico ha al più una visione e una memoria parziale di quel che accade e gradirebbe, proprio nei momenti topici, che qualcuno spiegasse i punti fondamentali della riforma.
Insomma, la stampa paradossalmente non ha aiutato i cittadini a capire le ragioni dello scontro tra Renzi e le opposizioni.
Opposizioni che, perlatro, forse non hanno scelto la via giusta: come osserva Roberto Scafuri, oggi Renzi può contare su meno di 310 seggi, dunque sotto il quorum. E se le opposizioni fossero rimaste in aula e avessero votato in modo compatto la riforma sarebbe stata bocciata.
Così non è stato e a Renzi per ora è riuscito il “golpe di Sanremo”: tutto si è svolto tra l’apertura e la chiusura del Festival. Tempismo perfetto, che ha permesso al premier di uscirne con un danno di immagine tutto sommato contenuto.
Già, per ora. Adesso tocca a Mattarella: se vuole davvero essere il presidente degli italiani e il garante della Costituzione non può che bloccare la riforma, rimandandola in aula.
Altrimenti non resterà che il voto di marzo. Quando non ci sarà Sanremo a proteggere il premier più pericoloso della storia d’Italia dalla fine della Seconda Guerra mondiale.
di Marcello Foa
http://blog.ilgiornale.it/foa/2015/02/15/renzi-e-il-golpe-di-sanremo/
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