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domenica 26 luglio 2015

Lager Europa


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Constatiamo con piacere che tanti maître à penser nostrani finalmente condividono il nostro pensiero.
L’euro è una gabbia. una prigione, l’Eurolager, mentre l’Europa non è ormai altro che il Quarto Reich Merkeliano.
Chiosa Aldo Cazzullo sul “Corriere della Sera”:
C’è poco da esultare per la vittoria della linea del rigore. Esiste ormai una questione tedesca. La Germania ha raggiunto con la pace l’obiettivo che aveva fallito scatenando due guerre mondiali: conquistare l’egemonia in Europa. (Aldo Cazzullo, “La Grecia e le illusioni del fronte antieuropeo”, corriere.it)
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Lager Europa
Mentre la genìa tedesca, fin dai tempi dei Cavalieri Teutonici, lavora per infliggerci il LAGER EUROPA, noi da lungo tempo affermiamo che l’euro e i trattati europei sono stati per il resto d’Europa e, in particolare per i P.E.S. (Paesi dell’Europa del Sud) armi ben più micidiali ed efficaci di Stukas e Panzer-Divisionen, ed ora, a settant’anni dalla clamorosa disfatta subita nella seconda guerra mondiale, i Teutonici possono finalmente festeggiare la realizzazione della Grande Germania, il cui progetto era iniziato dai tempi di Otto von Bismarck, pur avendo subendo i due rovesci del 1918 e del 1945.
I nostri politici, grossolani incompetenti o autentici Quisling, hanno commesso il grave errore di permettere la riunificazione tedesca. Con essa sono riaffiorati i rigurgiti nazisti e la politica neocoloniale da Superpotenza europea.
Con buona pace degli illusi finto-socialisti che si baloccano ciarlando di “Stati Uniti d’Europa”, mentre quella in cui vivono attualmente quattrocento milioni di Europei è solo la realtà del Lager Europa, agli ordini del Quarto Reich Merkeliano, in cui gli Eurocrati rivestono i panni delle SS Totenkopf e dei Kapò del “Vernichtungs lager Europa”
Dopo la “tragedia greca” di un pessimo e tremebondo Alexis Tsipras, anche Giorgio La Malfa parla di prigione Europa e di quella che potrebbe essere una “vittoria monca” dei Tedeschi:
Per ottenere questa vittoria, la Germania ha dovuto entrare in campo in prima persona, abolendo la mediazione delle istituzioni europee e sostanzialmente distruggendone la credibilità. Ha messo brutalmente da parte la Commissione europea che, pur se diretta da una personalità modesta come Juncker, capiva che non si poteva rinnegare totalmente l’idea che l’Unione europea nasce per afierìnare una qualche solidarietà fra i popoli europei. Ha dovuto richiamare bruscamente all’ordine i1 presidente della Banca centrale europea. Insomma ha rivelato che le istituzioni europee sono autonome solo se suonano lo spartito tedesco. Ma non si è resa conto che l’Europa non può diventare – e non diventerà – una prigione peri popoli che ne fanno parte.
Oltre 50 anni fa Thomas Mann ammoniva la gioventù tedesca a non sottovalutare i sospetti degli altri europei verso la Germania e spiegava che spettava alla Germania chiarire se essa volesse una Germania europea o un’Europa tedesca;
Ieri ha vinto l’Europa tedesca, ma ha perso la Germania Europea di Adenauer, di Schmidt e di Kohl. Alla lunga questo sarà quello che conta. (Giorgio La Malfa su Il Mattino del 15 luglio 2014: “Ma così l’Europa è una prigione”, giorgiolamalfa.it)
Ennesima conferma che viviamo nel Lager Europa o Eurolager viene dall’articolo L’euro, creato da gangster nazisti per devastare l’Europa di libreidee.org:
Il referendum greco ha dato adito ad accesi dibattiti che però dimostrano la generale ignoranza sulle regole del gioco: «I partecipanti si sono lacerati per sapere se i greci fossero o no responsabili del loro debito, stando sempre attenti nel contempo a non accusare mai di usura i loro creditori», scrive Thierry Meyssan. «Ma lo hanno fatto ignorando la storia dell’euro e le ragioni della sua creazione». La moneta unica? «Un progetto anglosassone della guerra fredda», per indebolire l’Europa e staccarla dalla Russia. Dal Trattato di Roma, 64 anni fa, le istanze amministrative successive del “progetto europeo” (Ceca, Cee, Ue) hanno speso somme enormi e senza equivalenti per finanziare la loro propaganda nei media. «Ogni giorno centinaia di articoli, di trasmissioni radio e televisive, sono pagati da Bruxelles per raccontare una falsa versione della storia e farci credere che l’attuale “progetto europeo” sia quello degli europei risalente al periodo fra le due guerre mondiali». Ma gli archivi mostrano che già nel 1946 Winston Churchill e Harry Truman decisero di dividere il continente europeo in due: da una parte i loro vassalli, dall’altra l’Urss con i suoi.
«Per assicurarsi che nessuno Stato si emancipasse dalla loro sovranità dominante, decisero di manipolare gli ideali dell’epoca», scrive Meyssan su “Megachip”. «Quel che allora veniva definito il “progetto europeo” non consisteva nel difendere presunti valori comuni, ma nel fondere lo sfruttamento delle materie prime e delle industrie della difesa di Francia e Germania per essere certi che questi paesi non potessero più farsi la guerra (teoria di Louis Loucheur e del conte Richard Coudenhove-Kalergi)». Il britannico Mi6 e la statunitense Cia, continua il giornalista, furono poi incaricati di organizzare il primo “Congresso dell’Europa” all’Aia nel maggio 1948, al quale parteciparono 750 personalità (tra cui François Mitterrand) provenienti da 16 paesi. «Si trattava, né più né meno, di rilanciare il “progetto di Europa federale” (redatto da Walter Hallstein – il futuro presidente della Commissione Europea – per il cancelliere Adolf Hitler) in base alla retorica di Coudenhove-Kalergi». L’Urss aveva reagito all’inizio della guerra fredda sostenendo i comunisti che avevano preso il potere, legalmente, a Praga? «Washington e Londra organizzarono allora il Trattato di Bruxelles, che prefigurava la creazione della Nato». […]
Tra i “padri” dell’euro, Meyssan segnala Joseph Rettinger, «ex fascista polacco divenuto un agente britannico». Su richiesta dell’Mi6, l’intelligence britannica, Rettinger «fondò la European League for Economic Cooperation e ne divenne il segretario generale. In questa veste, è il padre dell’euro. In seguito, ha animato il movimento europeo e ha creato il Club Bilderberg». Obiettivo dell’Elec, una volta create le istituzioni europee, era quello di «passare dalla moneta comune (la futura European Currency Unit – Ecu) a una moneta unica (l’euro), in modo che i paesi che aderivano all’Unione non potessero più lasciarla» […]
La crescita, nell’Unione Europea, è stata dell’1,2% nel 2014, il che va a classificarla al 173° posto nel mondo: uno dei peggiori risultati del pianeta (la media mondiale è del 2,2%). «È inevitabile constatare che appartenere all’Unione e utilizzare l’euro non sono garanzie di successo», osserva Meyssan con lugubre sarcasmo, di fronte alla catastrofe economica che sta travolgendo l’Eurozona. Ma attenzione, non si tratta di un fallimento per tutti: «Se le élite europee sostengono questo “progetto”, accade perché risulta loro profittevole. In effetti, nel creare un mercato unico e una moneta unica, gli “unionisti” hanno imbrogliato le carte. Ormai, le differenze non sono tra gli Stati membri, ma tra classi sociali che si sono rese uniformi su scala europea. Ecco perché i più ricchi difendono l’Unione, mentre i più poveri aspirano al ritorno degli Stati membri». L’Ue, aggiunge Meyssan, «non è stata creata per unire il continente europeo, ma per dividerlo, scartando definitivamente la Russia. Questo è ciò che Charles De Gaulle aveva denunciato mentre perorava un’Europa “da Brest a Vladivostok”».

L’euro è irreversibile
L’euro (la moneta fiat gestita dalla cabala massonica dei banksters internazionali) e laUE sono un cancro in metastasi programmato per realizzare la morte certa di decine di milioni di europei del ceto medio, in particolare nel Sud Europa e la trasformazione dei sopravvissuti inilotischiavi agli ordini dell’immonda e pervertita élite finanziaria mondiale.Di seguito un commento illuminante:
La crisi mette a rischio la sopravvivenza stessa di qualsiasi disegno di integrazione. L’economia europea è malata e rischia di infettare l’economia mondiale. Le proposte di mutualizzazione dei debiti (gli eurobond) e di creazione di un fondo federale consistente, tale da riequilibrare le crescenti asimmetrie territoriali e sociali, appaiono politicamente impraticabili a causa della ferma opposizione dei paesi del Nord Europa. In questo quadro di incertezza e di grave sofferenza sono possibili diversi scenari tra di loro non necessariamente incompatibili: la continuazione di una fase prolungata di stagnazione, o peggio di recessione e depressione; la (improbabile) ristrutturazione dei debiti dei paesi dell’Europa mediterranea; la rottura caotica dell’Eurozona con l’uscita forzata di uno o più paesi dall’euro e il crollo rovinoso del sistema europeo. (Manifesto/appello “Per una moneta fiscale gratuita. Come uscire dall’austerità senza spaccare l’euro” di Biagio Bossone, Marco Cattaneo, Luciano Gallino, Enrico Grazzini, Stefano Sylos Labini)
Un anno fa ilgiornale.it intervistava Alberto Bagnai sull’indispensabile uscita dal Lager Europa:
Nel Manifesto di solidarietà si parla di un’uscita controllata dall’unione monetaria. Non si tratta di utopia. Dietro al progetto per salvare un’Europa che i tecnocrati di Bruxelles stanno facendo capitolare in un abisso senza fondo c’è una tesi economica ben documentata, una sorta di exit strategy, per salvare l’Italia e tutti i Paesi dell’Eurozona dall’abbraccio mortale dell’euro. 
Questo manifesto è stato sottoscritto anche da Alberto Bagnai, professore associato di Politica economica all’Università “Gabriele D’Annunzio”, che nel libro Il tramonto dell’euro spiega chiaramente come e perché la fine della moneta unica salverebbe non solo il benessere del Vecchio Continente, ma anche la democrazia. “Se i Paesi del Nord non dovessero accettare di uscire dall’euro seguendo un iter concordato – spiega – l’Italia dovrà andarsene il prima possibile fuggendo da questa trappola”. […] Chi sapeva?“I padri fondatori, come Albertini, Spinelli, Prodi, Padoa Schioppa e Ciampi, sapevano benissimo – e lo hanno pure detto più volte – che una moneta unica sarebbe stata insostenibile per Paesi così diversi ma, creando delle crisi, avrebbe spinto i popoli a unirsi. Sicuramente quando dicevano, con grande lucidità queste cose, questi politici hanno sottovalutato il fatto che crisi economica significa anche morte ed esclusione sociale. Contro questo modello di uso della violenza economica per un fine politico si stanno ribellando i cittadini europei.” […] I pensatori euroscettici sono stati sempre tacciati di pazzia. Perché questa feroce campagna mediatica contro di voi?
“L’euro nasce da un processo che è stato voluto da quella politica corrotta che lo stesso euro avrebbe dovuto moralizzare. Così, da quando il partito comunista, dopo essersi schierato nel 1978 contro l’unificazione monetaria, si è accodato con tutta la vecchia politica (corrotta o non corrotta) al disegno europeista, il dibattito è stato ampiamente falsato. Per uno studioso come me, che si occupa di economia monetaria internazionale, la situazione è schizofrenica: ai convegni internazionali ascolto teorie che in televisione ancora oggi sarebbero considerate eretiche. La campagna diffamatoria contro chi critica l’euro è una conseguenza dell’incapacità della vecchia politica di ammettere i propri fallimenti.” […] 
Chi ci guadagna a tenere i Paesi dell’Eurozona ancorati alla moneta unica?

“Una valuta forte favorisce le imprese che delocalizzano, cioè portano produzione e lavoro all’estero. Se l’Italia ha una valuta forte diventa più facile acquistare, per esempio un impianto in Romania. Una volta prodotto il bene, però, non può essere venduto al romeno perché troppo costoso per le sue tasche. Pertanto va riportato in Italia. A quel punto la valuta forte avvantaggia ulteriormente l’imprenditore nella reimportazione del bene. Basta, quindi, andare a vedere chi ha fatto questo tipo di operazione. Due esempi noti, fra quelli intervenuti nel dibattito, sono Della Valle e Squinzi che hanno delocalizzato massicciamente. Non deve dunque stupire se in questo periodo la Confindustria, che è guidata da industriali che hanno delocalizzato all’estero, sia ferocemente avversa all’ipotesi di uscita dall’euro. Al contrario le piccole e medie imprese che hanno deciso di mantenere le linee produttive in Italia sono contrarie, ma non hanno una voce. La Confapi è stata di fatto radiata dal dibattito.”
E nel mondo accademico?
“Ci sono casi sorprendenti, come quello di Alberto Alesina che nel 1997 definiva l’euro “un rischio da non correre”, e oggi che il rischio si è materializzato chiede dalle colonne del Corriere della Sera qualsiasi sacrificio pur di difendere la moneta unica. Non so se si tratti di convenienza personale o più semplicemente di conformismo, una malattia professionale degli economisti. Poi, certo, gli squilibri che l’euro crea sono una miniera d’oro per istituzioni come il Fondo Monetario Internazionale, che su questi squilibri prosperano e acquistano potere politico, e naturalmente per quella parte del mondo accademico che ruota attorno ad esse.”
E per quanto riguarda il sistema delle banche?
“Naturalmente è avvantaggiato da tutto quello che facilita la possibilità per consumatori e imprese di indebitarsi. L’euro si inserisce, infatti, in un disegno di finanziarizzazione del capitalismo dove si tende a comprimere la retribuzione dei lavoratori, con un aumento della disuguaglianza. Nel momento in cui il lavoratore guadagna come prima ma è molto più produttivo di prima, sul mercato vengono immessi più prodotti che possono essere comprati. Se però i salari sono gli stessi di prima, bisogna indebitarsi per fare acquisti. Ed è in questo contesto che il sistema finanziario si arricchisce. Tutto quello che facilita la capacità di cittadini, cittadini e imprese di indebitarsi va ovviamente a favore di chi offre credito. E l’euro ha enormemente facilitato questo processo.” (Andrea Intini intervista Alberto Bagnai, “Chi guadagna con l’euro”)
Anche il bocconiano Luigi Zingales definisce l’euro una camicia di forza, il Lager Europa:
Zingales rende bene l’idea dell’euro come camicia di forza, come qualcosa che ci lega all’albero di una barca che pare stia per affondare.
James K. Galbraith, amico e consigliere di Yanis Varoufakis, interviene sul brutale diktat merkeliano nei confronti della Grecia, precisando che «non è un accordo. E’ un brutale colpo di stato ottenuto con metodi mafiosi. Lo stesso Tsipras ha ammesso che ha firmato solo perché si è trovato con un coltello alla gola» e commenta che l’unica alternativa che avesse il governo greco era «l’uscita dall’euro».
Infine lancia un angosciante monito a tutti gli Europei in risposta all’intervistatore Thomas Fazi,
Come rea­gi­rebbe l’esta­blish­ment euro­peo alla vit­to­ria di un par­tito come Syriza in un altro paese della peri­fe­ria?
Assi­ste­remmo alla stessa semi-automatica sequenza di eventi a cui abbiamo assi­stito in Gre­cia: per prima cosa le ban­che del Nord comin­ce­reb­bero a tagliare le linee di cre­dito alle ban­che del Sud. A quel punto dovrebbe inter­ve­nire la Bce con la liqui­dità di emer­genza. Que­sto spin­ge­rebbe la gente a por­tare i capi­tali fuori dal paese, e in poco tempo il governo si ritro­ve­rebbe a gestire una crisi ban­ca­ria. Va da sé che se que­sto avve­nisse in un paese come la Spa­gna o l’Italia, avrebbe riper­cus­sioni infi­ni­ta­mente più gravi di quello a cui abbiamo assi­stito in Grecia.
Qua­lun­que par­tito di sini­stra che aspiri a gover­nare un paese euro­peo deve essere pre­pa­rato a questo. (Galbraith: «Per Syriza Missione Impossibile». ilmanifesto.it)
Anche Beppe Grillo ha finalmente compreso che l’euro è la Waffen-SS, la forza armata creata per annichilire le democrazie e le vite di milioni di cittadini europei prigionieri nel Lager Europa:
In un post sul suo blog, il leader del M5S rompe gli indugi con un’analisi senza precedenti: dall’euro bisogna uscire di corsa, perché dentro la moneta unica europea non esiste possibilità di salvezza. Lo pensa anche Nigel Farage, il leader dell’Ukip, pronto a guidare la campagna referendaria del 2017 per spingere la Gran Bretagna fuori dall’Ue. Un altro referendum sarà indetto in Austria, sempre per chiedere l’uscita del paese dall’Unione Europea. Per non parlare della Francia, dove il Front National di Marine Le Pen minaccia l’uscita dall’Ue se a Parigi non sarà accordata l’uscita “morbida” dall’euro.
Non da oggi, un economista di sinistra come Emiliano Brancaccio accusa l’Italia: non è stata mai neppure ventilata la minaccia di uscire dal mercato comune europeo, argomento che sarebbe fortissimo per costringere Germania e Ue ad accettare una revisione radicale dei terrificanti trattati europei. Se “Syriza” in Grecia e “Podemos” in Spagna continuano a fantasticare sulla possibilità di vivere nel benessere pur restando nell’Eurozona, in tutti questi anni il Movimento 5 Stelle è rimasto in silenzio, limitandosi a proporre il “reddito di cittadinanza” contro il rigore sociale imposto da Bruxelles e poi un referendum consultivo sulla moneta unica. Ora, di colpo, Grillo cambia marcia. Il premier greco? «Rifiutare a priori l’Euroexit è stata la sua condanna a morte: convinto, come il Pd, che si potesse spezzare il connubio “euro & austerità”, Tsipras ha finito per 
consegnare il suo paese, vassallo, nelle mani della Germania. Pensare di opporsi all’euro solo dall’interno presentandosi senza un esplicito piano-B di uscita ha infatti finito per privare la Grecia di ogni potere negoziale al tavolo dell’euro-debito».
Aggiunge Grillo: solo Vendola, il Pd e i media ispirati da Scalfari e «dai nostalgici del manifesto di Ventotene», cioè il miraggio degli Stati Uniti d’Europa, «potevano credere ad un euro senza austerità». E oggi «sono costretti a continuare a far finta di crederci, pur di non dover ammettere l’opportunità di una uscita dopo sette anni di disastri economici». Lo stesso Grillo non brilla per tempismo: oggi, nel 2015, abbraccia le tesi sovraniste enunciate da Paolo Barnard a partire dal 2010. E lo fa dopo aver rifiutato – durante la nera stagione di Monti e Fornero – la consulenza di Warren Mosler e del team di ecomomisti della Modern Money Theory, gli stessi che permisero all’Argentina di liberarsi del cambio fisso col dollaro, che (esattamente come l’euro) condannava l’economia del paese. Ora, Grillo riconosce che «la conseguenza di questa catastrofe politica è davanti agli occhi di tutti». Ovvero: «Nazismo esplicito da parte di chi ha ridotto la periferia d’Europa a suo protettorato attraverso il debito, con ricorsi storici allarmanti». E poi: «Mutismo o esplicito supporto alla Germania da parte degli altri paesi europei vuoi per opportunismo (nord) o per subalternità (periferia)». E ancora: «Mercati finanziari che celebrano con nuovi massimi la fine della democrazia».
La Grecia è tristemente eloquente: «Esproprio del patrimonio nazionale attraverso l’ipoteca di 50 miliardi di euro sui beni greci finiti nel fondo voluto da “Adolf” Schaeuble per passare all’incasso dei suoi crediti di guerra». Nessuna sorpresa: era tutto «studiato, previsto, pianificato nei minimi dettagli», perché «la Germania è sistematica nella sua strategia: prima crea un nuovo precedente e poi lo utilizza nella battaglia successiva imponendo decisioni via via più invasive della democrazia grazie al ‘chi tace acconsente’». […]
Grillo raccomanda addirittura di «prepararsi alla nazionalizzazione delle banche», oltre che «al passaggio ad un’altra moneta». Lo ritiene «il modo per non perdere la prima battaglia che dovremo affrontare quando arriverà il momento di staccarci dal bocchettone della Bce». Ogni piano-B, aggiunge, dovrà quindi prevedere l’introduzione di una moneta parallela, che all’evenienza potrà essere adottata per avviare il processo di uscita in maniera soft. Ancora più insolita l’analisi geopolitica di Grillo, che chiede di «tenere un occhio a Francoforte e l’altro a Washington», accusando direttamente l’élite statunitense di voler tenere in vita l’euro fino all’approvazione europea del Ttip, il trattato con cui gli Usa ridurranno in schiavitù l’Europa, così come ha finora fatto la Germania con l’arma della moneta unica creata su misura per Berlino. «L’euro e’ ormai una guerra esplicita tra creditori e debitori», chiosa Grillo, ormai allineato – meglio tardi che mai – alla lucida e solitaria denuncia di Barnard, rimasto inascoltato per molti anni. […] «Faremmo dunque bene a prepararci, con un governo esplicitamente anti-euro, all’assalto finale del patrimonio degli italiani», conclude Grillo. Patrimonio di famiglie e aziende ormai «sempre più a rischio, se non ci riprendiamo la nostra sovranità monetaria». (“La svolta di Grillo: basta euro, moneta sovrana o morte”, libreidee.org)
Le trattative tra quelli che una parte definiva – giustamente – “criminali”, “terroristi” e “nazisti tecnocratici” (i creditori) mentre gli altri definivano la controparte “fannulloni”“lassisti”, “truffatori” e “inaffidabili” (i Greci) non potevano che naufragare anche per l’inerzia di un pavido Tispras che, dopo aver rimosso come negoziatore l’apparentemente invitto Spartano Yanis Varoufakis a seguito dei duri scontri dello stesso con il rigido e tardo epigono di Himmler del Quarto Reich tedesco, Wolfgang Schäuble, non ha mutato in alcun modo la sua strategia da coniglio perdente.
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Schaeuble tardo epigono di Himmler
Un flashback alla Quentin Tarantino:
Ricordiamo che Helmuth Kohl, di cui Schäuble è stato il portaborse per decenni, conoscendolo profondamente, lo riteneva troppo debole per gestire l’Euro e, spregiativamente, lo definiva “l’uomo sul carrello” (la sedia a rotelle, ndr). Kohl aveva capito che dietro l’irremovibilità assoluta di Schäuble si nascondeva un animo debole, insicuro e piccino.
Kohl fece di tutto affinché il suo portaborse non divenisse il suo successore, ma commise l’errore di trasmettere il suo scettro a una persona ancora più debole, ottusa e rigida di Schäuble, la Gerarchetta del Quarto Reich tedesco: Angela Merkel.
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Il Quarto Reich Tedesco
Torniamo alla nostra Storia.
Il grigio socialisteggiante Tispras decide di indire, per la verità svogliatamente, un referendum popolare in cui chiede al popolo greco se approva o meno le richieste dure dei “creditori” (la Troika).
A posteriori sembrerebbe con la speranza della vittoria dei “sì”. Invece vincono i “no”. #OXI.

Mentre il 5 luglio 2015 i Greci festeggiano in piazza Syntagma, si riunisce – in una cupa atmosfera – il Praesidium di Syriza
Varoufakis ha da tempo un piano:
[Ho trascorso] il mese scorso ad avvertire il gabinetto greco che la BCE avrebbe chiuso le banche della Grecia per imporre un accordo. Quando lo avessero fatto, [ero] pronto a fare tre cose: emettere pagherò denominati in euro; applicare un “haircut” sui bond greci emessi nel 2012, con una riduzione del debito della Grecia; e prendere il controllo della Banca di Grecia sottraendolo alla BCE.
Nessuna di queste mosse avrebbe costituito un Grexit, ma l’avrebbe minacciato. [Ero] sicuro che la Grecia non poteva essere espulsa dall’Eurogruppo; non vi è alcuna disposizione di legge per una tale decisione. Ma solo rendendo possibile il Grexit la Grecia avrebbe potuto ottenere un accordo migliore. E [pensavo] che il referendum offriva a Syriza il mandato di cui [avevamo] bisogno per compiere queste mosse audaci – o, almeno, per annunciarle.
Alexis Tsipras è cupo, terreo in volto. E’ evidentemente deluso dall’esito del referendum e non fa nulla per nasconderlo. Impone la sua autorità, tradendo vilmente il mandato popolare.
Con quattro voti contro due, il vertice boccia il piano di Varoufakis. Il pauroso Tsipras è deciso a non giocare duro contro quelli che ora non chiama più criminali e terroristi, ma definisce servilmente partners europei e si presenta senza atout in mano, forse convinto che il solo risultato referendario gli farà ottenere risultati migliori. Non sarà così. .
Yanis Varoufakis, coerentemente, si dimette.
All’Eurogruppo, a seguito degli ordini dell’uomo sul carrello, assetato di vendetta, le richieste diventano – se possibile – ancora più feroci, sfociando nella provocazione e nell’umiliazione più sfrenata.
Schäuble presenta addirittura una proposta in contrasto con tutti i trattati Europei, l’uscita temporanea della Grecia dall’Euro (Grexit) per cinque anni.

Tsipras, a differenza di Varoufakis non ha compreso che il Quarto Reich merkeliano sta usando i trattati Europei, l’euro, gli accordi governativi (Two Pack, Six Pack. etc.) come catene per vincolare gli altri Paesi. ma i Tedeschi, per antica consuetudine, li considerano esattamente come il loro avo Adolf Hitler considerava i trattati e i “patti di non aggressione”firmati con gli altri Stati:
Più disprezzabili e meno vincolanti di un rotolo di carta igienica.
Che la gran parte dei tedeschi abbia una tradizione di infingardaggine e pulsioni al tradimento è attestato fin dal vile complotto di Armin verso il generale romano Varo.
Da migliaia di anni essi brandiscono coltelli per colpire vigliaccamente alla schiena i loro alleati senza remore o sensi di colpa.
Francesco Guicciardini scriveva già nel XVI secolo:
Tre cose desidero vedere innanzi alla mia morte; ma dubito, ancora che io vivessi molto, non ne vedere alcuna; uno vivere di repubblica bene ordinato nella cittá nostra, Italia liberata da tutti e’ Barbari [i Tedeschi, ndr], e liberato el mondo dalla tirannide di questi scelerati preti.
A distanza di cinquecento anni siamo nella stessa condizione, tanto è vero che il continuo eccesso di surplus della bilancia commerciale tedesca è una palese violazione del Six Pack, ma i tecnocrati della CollaborazionistaCommissione UE non hanno mai attivato la prevista procedura di infrazione, mentre irrompono con rabbia draconiana contro i P.E.S. per sconfinamenti verso l’alto (anche infinitesimali) del rapporto deficit/PIL.
Torniamo a Varoufakis, l’apparente eroe della nostra Storia.
Ma è oro tutto quel che luccica?
Lasciamo la parola a Paolo Barnard, giornalista economico freelance controverso, ma sempre sincero e diretto nei suoi interventi:
Yanis [Varoufakis, ndr] lungo tutta questa tragedia si accompagna a Lazard sull’assunto sacro e intoccabile, vera unica Bibbia di tutta la storia, che di uscire dall’Eurozona, stracciare i Trattati economicidi della UE, e riprendersi la sovranità monetaria, è assolutamente escluso. Mentre era e rimane l’unica salvezza di quel Paese. Oggi Varoufakis in interviste cosiddette esclusive ci confessa che a un certo punto dei negoziati la sua sensazione fu “che era tutta una trappola già pronta”. Ma dai Yanis? Ehhh!!! Io il 25 febbraio 2015 scrissi questo articolo “MESI PRIMA DEL GENNAIO 2015, ERA GIA’ DECISO CHE LA GRECIA ERA FOTTUTA. TSIPRAS DORMIVA”. Leggetelo su paolobarnard.info. Draghi della BCE aveva già deciso nel 2014 che la Grecia era a priori tagliata fuori da qualsiasi aiuto da parte della portaerei nucleare dell’euro, la Banca Centrale Europea appunto, che ha un potere infinito di emissione e salvataggio su diversi piani e che poteva salvare la Grecia in un quarto d’ora. Era tutto già deciso un anno fa quasi, ma Yanis poverino se ne accorge nella primavera di quest’anno, lui, un ministro delle Finanze. Buffone bugiardo.
Ma qui arriviamo al fondo del pozzo nero delle menzogne e omissioni di Yanis Varoufakis.
Lui stesso, in un’intervista al NewStatesman, rivela che per un attimo appena dopo le elezioni “avevamo pensato all’uscita dalla moneta unica”, con un piccolo team di consiglieri greci. Ma prosegue Yanis: “Però non ero sicuro di farcela. Perché gestire il collasso della moneta unica richiede un grado di competenza immane, e non sono sicuro che noi qui in Grecia l’abbiamo… SENZA L’AIUTO DI ESPERTI STRANIERI”.
Era l’alba del 9 febbraio scorso, le 02,01 del mattino. Io scrivo a Varoufakis esattamente queste righe:
Yanis chiama Mosler adesso! Paolo Barnard
L’economista americano Warren Mosler è il maggior esperto al mondo di sovranità monetaria, di Banche Centrali, di gestione di crisi, e soprattutto è il massimo genio della ricostruzione economica Per l’Interesse Pubblico. Era pronto a partire per Atene il giorno dopo col suo Team di collaboratori come Pavlina Tcherneva, Stephanie Kelton, Mathew Forstater e altri accademici. Potevano letteralmente salvare la Grecia con la totale uscita dall’inferno dell’Eurozona.
Passano 14 minuti e ricevo da Varoufakis:
Hai un suo numero?
Chiamo Mosler, che cade dalle nuvole, controllo il numero e lo mando a Yanis Varoufakis.
Dopo 21 minuti Warren Mosler mi chiama dagli States. Si sono parlati al telefono, alle 2,30 del mattino europee, Warren ha 2 ore per mandare a Yanis un piano salva Grecia. Lo fa, e me lo manda in copia. E’ fantastico.
Io scendo nel bagno del pub e urlo, urlo e sbatto la testa contro le porte, e urlo ancora… Non ci posso credere, siamo a un millimetro dalla salvezza della Grecia e dalla fine del crimine contro l’umanità chiamato Eurozona. Se Varoufakis e Tsipras ingaggiano Warren Mosler & Team, vi garantisco, l’Europa di Junker, Lagarde, Merkel, e degli altri porci sarà asfaltata al muro, letteralmente da scrostare con una squadra di muratori.
Passano 48 ore. Alle prime ore dei due giorni successivi la stampa mondiale annuncia: Tsipras e Varoufakis hanno incaricato l’economista americano Jamie Galbraith come consulente nei negoziati con la Troika. Non una parola di Molser, che Yanis Varoufakis conosce benissimo e da cui è stato praticamente a lezione parecchi anni fa.
Scrivo a Warren. Ho un senso di disperazione che mi sta squartando, voi non capite, e glielo scrivo. Warren Mosler mi risponde: “Io pure”.
Jamie Galbraith era senza dubbio un noto economista, ma non sapeva praticamente nulla di ciò che occorreva alla Grecia per fuggire dall’Olocausto cui ora è sottoposta. Per chi non è ferrato dell’economia di Warren Mosler, vi dico appena una cosa: l’applicazione anche solo di una piccola dose delle sue ricette economiche, ripeto solo una piccola dose e per poco tempo, in Argentina, portarono quel Paese dal default del 2001 a una crescita del 7% (!!) in soli 3 anni, nonostante il totale isolamento internazionale e la guerra feroce delle banche USA.
Scrissi poi una mail oltre la disperazione a Yanis: “Associa Warren a Galbraith, è l’ultima speranza per i greci”.
No risposta. Il 15 di questo mese scrivo a Warren Mosler chiedendogli se almeno Varoufakis gli avesse poi scritto o detto due parole: “No, mai più sentito”, lapidario Mosler.
Ora a te signor Yanis Varoufakis, il bugiardo, falsario amico di Lazard Wall St. & soci, e colui che ha gettato al vento la salvezza di un intero popolo che solo un grande Team come quello di Warren Mosler poteva salvare. E’ ignobile che tu oggi persino sorrida, per la tua coscienza putrefatta, non per altro. Non certo per i creduloni (in Italia guidati dal fesso austero prof. Rinaldi) che in giro per il mondo ti hanno applaudito come il neo Lord Byron ellenico. Falsario ignobile, troppo vile per veramente ricacciare i Padroni stranieri dal tuo Paese.
La Grecia è morta ed è ora insalvabile. Le lacrime e gli strepiti non servono a nulla. (Paolo Barnard, “Yanis Varoufakis, la vergogna, il falsario”, paolobarnard.info)
Una conferma indiretta di quanto scritto da Barnard proviene da un autorevole studio, “Per una moneta fiscale gratuita”, eBook di MicroMega:
La proposta dei CCF [Certificati di Credito Fiscale, ndr] non nasce dal nulla. Tiene conto degli studi in materia del Levy Institute, uno dei più noti dipartimenti di economia degli Stati Uniti, e del gruppo di New Economic Perspectives, in specie i lavori di Warren Mosler e L. Randall Wray, che ha studiato l’introduzione in Argentina, ai tempi della crisi, di titoli per certi aspetti simili ai CCF. Tra i precursori dei CCF sono stati ampiamente esaminati i TAN (Tax Anticipation Notes ossia Titoli di anticipo tasse), usati per decenni negli Stati Uniti. Quando uno stato o anche un comune di laggiù vuole realizzare un determinato progetto – per dire, ristrutturare un ospedale o ampliare un parco pubblico – ma ha problemi di bilancio, emette una certa quantità di TAN con i quali paga in tutto o in parte le imprese che ci lavorano. A suo tempo, quando lo riterranno conveniente, queste ultime li useranno per saldare debiti fiscali. Una importante differenza dei TAN a confronto dei CCF è che i primi sono emessi in generale da un singolo ente per un valore limitato – in media alcune centinaia di milioni di dollari – mentre nel caso dei CCF si parla di centinaia di miliardi. Inoltre hanno come scopo un singolo progetto ben delimitato, laddove i CCF non hanno, per così dire, confini prestabiliti. Ciò nonostante, nel febbraio 2015 10 studiosi del Levy Institute hanno suggerito al ministro delle Finanze greco, Yanis Varoufakis, di emettere una buona dose di TAN per fronteggiare la carenza di liquidità che affligge il paese. Una firma di punta del «Financial Times», Wofgang Munchau, ha approvato l’idea. (Prefazione di Luciano Gallino)
Quindi lo Spartano Varoufakis mente spudoratamente, quando afferma nella sua intervista a NewStatesman qui tradotta:
Varoufakis non poteva garantire che un Grexit avrebbe funzionato. Dopo che Syriza aveva preso il potere a gennaio, una piccola squadra aveva, “in teoria, sulla carta,” riflettuto a come avrebbe potuto funzionare. Ma egli aveva detto: “Non sono sicuro che potremmo gestirlo, perché la gestione del crollo di una unione monetaria richiede un grande know-how, e non sono sicuro di averlo qui in Grecia, senza l’aiuto di stranieri.”Altri anni di austerità ci attendono, ma egli sa che Tsipras ha l’obbligo di “non lasciare che questo paese diventi uno Stato fallito”.
Non è vero.
Come abbiamo visto, il know-how per una Grexit ordinata e controllata era stato offerto a più riprese all’ex ministro delle Finanze dagli esperti legati alla Mosler Economy, gli unici economisti in grado di liberarci dal Lager Europa gestito dai kapò Merkeliani. Ma Varoufakis ha sempre preferito far finta di niente. Perché?
Nel prossimo articolo tenteremo di dare una risposta.
rotten
Il libro di Bernard Connolly
Dopo un Eurogruppo da farsa, dominato dal gerarca “sul carrello”, Schäuble, arriviamo ad un Eurosummit ancora più kafkiano che comprova che il Quarto reich tedesco orinasfacciatamente sopra ogni accordo e trattato europeo.
Dopo aver minacciato un’illegale Grexit, del tutto disordinata e senza moneta alternativa, i Merkeliani organizzano un Eurosummit in cui il presidente della Commissione europea, Juncker, viene escluso, dimostrando che l’attuale europa è solo un marcio e corrotto coacervo di criminali merkeliani e dei loro Gauleiter.

Un Eurosummit (quello del 12-13 luglio 2015) durato 17 ore, che il Guardian definisce un“Waterboarding mentale”, gestito dal Führer europeo Angela Merkel come una geometrica compagna militare, con la collaborazione dei quisling Hollande e Tusk, ai danni degli evanescenti Tsipras e Syriza, un generale e un’armata in rotta disastrosa.Il sinistroideTsipras accetta condizioni ancora più umilianti e distruttive di quelle che gli erano state vietate dal referendum democratico del 5 luglio 2015.
Nel frattempo, il nominato Renzi, quello che anni fa avrebbe dovuto battere i pugni sul tavolo a favore della crescita italiana, spiccava, come Juncker, per la sua assenza all’Eurosummitpostnazista conclusosi all’alba del 13 luglio.
I suoi continui ossequi – evidentemente – non sono serviti a guadagnargli maggior considerazione agli occhi della Merkel.
Il fatto che centinaia di migliaia di Italiani abbiano condiviso (ritenendola credibile) la notizia bufala che Renzi avrebbe ceduto alcune regioni alla Merkel, dimostra che il premier fiorentino ha raggiunto il nadir della sua popolarità, al pari delPartito Democratico, un partito ontologicamente EuroQuisling come Parti Socialiste e Sozialdemokratische Partei Deutschlands.
Renzi dovrebbe essere ormai avvezzo alla conventio ad excludendum. Ogniqualvolta c’è da prendere decisioni serie che concernono l’intera Europa, i Merkeliani dimenticano il suo numero di telefono.
E’ finito il credito telefonico, affermano sarcasticamente.
Già all’indomani della vittoria del “No” in Grecia,
Renzi si ritrova escluso dalle prime analisi del voto a livello europeo: domani Angela Merkel vola da François Hollande e il premier italiano si infuria, in attesa dell’Eurogruppo che si terrà martedì pomeriggio. Renzi così avrebbe chiamato Francia e Germania per sottolineare che non serve un formato a due, ma che ci vuole un coinvolgimento dei leader e delle istituzioni europee. (Renzi escluso dal vertice tra Merkel e Hollande, ilgiornale.it)
Le Cancellerie tedesca e francese non si sono neanche prese la briga di rispondergli.
http://www.isoladiavalon.eu/lager-europa/

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