L’America di oggi è uno Stato di polizia, pochi ne dubitano, ma, nonostante questo, la maggior parte delle persone dà per scontato che le elezioni siano oneste e servano a qualcosa. Questa opinione non è suffragata dall’evidenza, ma non è neppure un modo di pensare ragionevole basato sui fatti, (visto che abbiamo a che fare con) una polizia militarizzata, un diritto al voto sempre più evanescente, la corruzione alla luce del sole da parte delle corporations e una sorveglianza totale. E’ probabile che queste elezioni siano una farsa, una commedia teatrale, messa in piedi da quei poteri di governo che controllano decine di agenzie di intelligence, un Congresso corrotto, tribunali estremisti e l’esercito della polizia militarizzata che occupa l’America. Andiamo a dare un’occhiata.
E se Donald Trump, un uomo senza nessuna speranza di vittoria, fosse stato “indotto” a candidarsi alla presidenza a causa di Bernie Sanders, un vero riformatore che avrebbe smantellato tutta quella burocrazia da Stato di polizia che oggi domina l’America? E se Trump, assolutamente fuori gioco nei veri sondaggi, ineleggibile ed odiato nel “mondo reale”, servisse come valvola di sfogo per gli elettori più insoddisfatti, che potrebbero anteporre Sanders alla Clinton?
Questo è proprio quello che Trump ha fatto. Che ne sia conscio o no, e Trump non è fra i più “svegli” di tutto il gregge, è possibile che il crimine organizzato (non solo possibile ma addirittura abbastanza probabile) abbia spinto questo idiota dall’ego mostruoso ad una campagna presidenziale destinata al fallimento, proprio per vedere Hillary Clinton alla Casa Bianca.
Se leggete certa stampa, gli Americani fanno quadrato dietro Donald Trump e alle sue promesse di circondare l’America con un muro alto 30 metri, bombardare l’Iran e ridurre i salari all’osso. In verità, qualcuno ci crede sul serio, ma è altrettanto vero che quest’uomo è indietro di oltre 20 punti rispetto sia alla Clinton che a Sanders, e che sta vincendo la nomination repubblicana per una sola ragione.
Perché sta correndo contro Ted Cruz, l’estremista nato all’estero, che, secondo l’ex portavoce della Casa Bianca Bohener, è l’incarnazione stessa di Lucifero.
Questa settimana, lo speranzoso candidato presidenziale americano Donald Trump ha illustrato al mondo il suo nuovo credo in politica estera. Il gruppo, accuratamente selezionato, dei suoi consulenti, invariabilmente fanatici filo-israeliani, ha coniato la frase “l’America per prima”, riferendosi forse al movimento pro-nazista guidato da Charles Lindbergh negli anni che precedettero l’entrata in guerra dell’America nella Seconda Guerra Mondiale.
Ovviamente non sono mai andati a scuola, o, se ci sono andati, non hanno mai studiato troppo.
Trump ha promesso di sconfiggere l’ISIS, ma ha anche giurato di distruggere l’Iran per impedirgli di avere l’atomica. Naturalmente non ci sono prove che l’Iran abbia in programma armi nucleari, un fatto questo sostenuto da tempo sia dalla IAEA (L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) che dalle valutazioni di intelligence della CIA.
Trump, o chi lo manipola, si è semplicemente inventato tutto. Dove però il giudizio diventa pericoloso è nell’incapacità di Trump di tenere in considerazione le recenti affermazioni degli Iraniani, secondo cui sarebbero stati proprio loro ad impedire la caduta di Baghdad e di Damasco, affermazioni facilmente verificabili. Trump crede di poter andare a distruggere l’Iran e poi combattere l’ISIS in tutto il mondo, rioccupare l’Iraq e, naturalmente, il risultato sarà quello di far alleare l’ISIS e l’attuale governo sciita iracheno con l’Iran, la Siria, la Russia e la Cina, tutti insieme contro gli Stati Uniti, in una vera guerra guerreggiata che l’Europa è pronta a vedere proprio da bordo campo.
La politica di Trump, come’è stato sottolineato in pratica da quasi tutti gli analisti, indipendentemente dalle loro tendenze politiche, porterebbe ad un altro decennio disastroso di terribili rivolte e disastrose occupazioni. I veri esperti concordano tutti che, lungi dal “rendere l’America nuovamente grande”, questo bizzarro polpettone di isolazionismo ed interventismo, strombazzato con frasi ad effetto e fesserie varie, finirebbe con il portare a termine quel processo iniziatosi dopo le disgraziate elezioni del 2000, il declino degli Stati Uniti verso una dittatura da operetta, da Terzo Mondo. L’America diventerebbe finalmente quella Repubblica delle Banane prevista ormai da molti.
Ma stiamo precorrendo i tempi, proprio come Trump.
Ciò che è pericoloso, non è tanto quel che Trump dice, che cambia di giorno in giorno, o che i leaders europei e gli alleati dell’America (non necessariamente le stesse persone) trovino allarmanti le sue incongruenze e le sue buffonate. Dopo tutto, George W. Bush era molto peggio, è stato in carica per due legislature, anche se, molto probabilmente, non era stato eletto legalmente, e il mondo è sopravvissuto lo stesso, o, almeno alla fine, è riuscito a farcela.
Ed eccoci qui, otto anni dopo. Il mercato azionario americano è vicino ai massimi di sempre, l’occupazione è a livelli record, le gravidanze giovanili sono crollate, la criminalità è al minimo e il tracollo dell’economia, dovuto all’implosione economica mondiale del 2007-8, è ormai solo un lontano incubo, anche se la maggior parte delle famiglie del ceto medio americano non si riprenderà mai dagli effetti della politica di Bush.
Quello che rimane è anche l’imponente apparato burocratico, da Stato di polizia, lasciato intatto da Obama, una cosa di cui sarà chiamato a rispondere in futuro. Le cose stanno andando “troppo bene”, e gli Americani sono pronti per un altro “pompa e sgonfia” [per il lettore italiano, si veda qui, NdT], magari da farsi in risposta ad una bella dose di terrorismo false-flag. A questo ballo abbiamo già ballato, non è vero?
Guardiamo la realtà, non la “realtà di Internet”, ma come stanno le cose. La maggior parte degli Americani, o almeno la “maggior parte”, che si attesta attualmente al 46%, non solo odia Donald Trump, ma ha paura di lui. Trump ha attirato i bianchi delusi, ma anche l’elettorato con un “deficit di attenzione”, una combinazione di persone mentalmente instabili (e probabilmente penserete che in America ce ne siano sempre di più), ignoranti e pigre.
Vedete, la politica interna di Trump è folle. E’ un novello George W. Bush, tutto deregulation, colmo d’amore e di fiducia nella saggezza dei ricchi e dei potenti. E’ pronto ad attaccarsi a tutte le dicerie e le teorie della cospirazione, fintanto che favoriscono il parassitismo delle corporations, i grandi inquinatori e tengono bassi i salari e i diritti dei lavoratori.
Trump è l’antitesi di Bernie Sanders; sono assolutamente e totalmente l’uno il contrario dell’altro. Sanders, odiato da molti “trumpiani” perché “socialista ebreo” (quasi brutto come essere “negro”) è il vero problema. Sanders è l’unico candidato che potrebbe pensare alle riforme, terminare lo Stato di polizia, porre fine al ricatto del crimine organizzato sul Congresso ed eliminare “Citizens United” [vedi qui, NdT].
Tutto ruota attorno a Citizens United. Basti dire che negli Stati Uniti con i soldi si può fare qualsiasi cosa, tutti sono in vendita e, come ha scritto lo storico Charles Beard nel suo volume “Interpretazione economica della Costituzione” (Columbia University Press, 1935), per colpa dei padri della Costituzione, uomini che non erano i Padri Fondatori, ma piuttosto dei “controrivoluzionari” fedeli ai banchieri londinesi, il governo americano è andato all’asta già da molto tempo.
Quando nel 2005, la Corte Suprema, nel caso Citizens United contro Federal Elections Commission, aveva concesso ad ogni fonte “corporativa”, con 5 voti a favore e 4 contrari in un verdetto di importanza cruciale, la possibilità totale ed incondizionata di dare mazzette, senza guardare alla provenienza del denaro, non importa se dai narcotici o dal traffico di esseri umani, la Costituzione degli Stati Uniti era andata in fallimento, così come predetto da Beard.
Sanders e Clinton hanno giurato di smantellare Citzens United, che invece Trump e Cruz, forse a causa dei loro legami con il crimine organizzato, sostengono. Se si pensa che il boss dei casinò di Las Vegas Sheldon Adelson (che rappresenta il “crimine organizzato”) è anche uno dei principali finanziatori del Partito Repubblicano, allora le attuali elezioni appaiono nella loro vera luce.
Anche senza tener conto della revisione dei distretti elettorali e degli attacchi al diritto di voto, il “salto del voto” via software ha dimostrato di essere sempre più la forza principale della politica americana, provato ma mai denunciato, provato ma sempre impunito, come capita spesso negli stati di polizia.
Quello che sappiamo è questo: Sanders avrebbe detto basta ai 30 miliardi di dollari che l’America elargisce tutti gli anni ad Israele. Cerchiamo di essere onesti, non ad Israele, ma agli ebrei in Israele; non per fondare una nazione ma per perpetuare una dittatura militare, che ha diseredato ed imprigionato la maggioranza palestinese, nonostante 150 tentativi del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di porre rimedio a quella che, secondo tutti gli esperti di legislazione internazionale, è una storia di crimini di guerra che si trascina da quasi 70 anni.
Ancora più evidente è la violenta opposizione di Israele all’elezione sia di Sanders che di Hillary Clinton, anche se Sanders e la Clinton godono del sostegno praticamente universale della comunità ebraica americana. Come si spiega ciò?
Quello che sembra è che abbiamo un’elezione basata non su partiti o proposte politiche, ma piuttosto sulla “teoria del caos” e dal desiderio di un gruppo, invisibile ma potente, di orchestrare gli eventi. Se Trump è stato messo in lizza per far eleggere la Clinton al posto di Sanders, perché? Chi ne trae vantaggio?
Nel 2000, indipendentemente a quale teoria sui fatti dell’ 11/9 uno possa credere, il risultato è stato quello di creare in America uno stato dove la vigilanza è totale e dove l’odio per gli abusi governativi dilaga e cresce sempre più.
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Articolo di Gordon Duff pubblicato su New Eastern Outlook il 3 maggio 2016
Tradotto in italiano da Mario per Sakeritalia.it