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martedì 6 febbraio 2018

Bibi “caccia” Soros da Israele

LAPRESSE_20180129172252_25571591-e1517902922437-1189x636Si tratta per lo più di sudanesi ed eritrei provenienti da paesi in guerra il che comporterebbe il loro riconoscimento di rifugiati. Ma le autorità di Tel Aviv sono chiare in questo: sono“migranti economici” e non profughi tanto che solo ad 11 di loro è stato riconosciuto lo status per la protezione internazionale.
Dal 2005 sono stati circa 60mila gli immigrati entrati illegalmente in Israele dal confine egiziano; flusso che si è interrotto da quando nel 2012 Tel Aviv ha costruito un muro di protezione lungo 150 miglia.
Il piano del governo prevede un indennizzo di 3.500 $ ad ogni immigrato irregolare con l’obbligo di andarsene entro due mesi in uno dei paesi africani con cui è stato raggiunto un accordo (Ruanda o Uganda); in caso di rifiuto scatterà la reclusione per clandestinità.
Il Ministro degli Interni, Aryeh Deri, ha specificato che il primo obbligo del Governo è verso i propri concittadini e che, pur “nella compassione necessaria il piccolo Stato d’Israele non può contenere un numero così alto di immigrati illegali”.
Il governo israeliano ha specificato che il provvedimento non toccherà i nuclei familiari; e che nessun bambino figlio di immigrati (dei 5.000 nati in Israele in questi anni) né donna, saranno espulsi, ma solo maschi di età adulta entrati da soli.
Nonostante questo la sinistra liberal israeliana e le Organizzazioni per i diritti civili sono scese sul piede di guerra; ritengono che il respingimento degli immigrati violi le Convenzioni sui diritti umani e quelle sulla protezione dei rifugiati. E anche l’Agenzia per i Rifugiati delle Nazioni Unite ha invitato Israele a riconsiderare la decisione.
36 sopravvissuti ai campi di concentramento hanno pubblicato una lettera aperta al Primo Ministro Netanyahu chiedendogli di rispettare il diritto di asilo dei rifugiati in memoria di quello che fu fatto agli ebrei in Europa; e persino Meir Lau, il Presidente dello Yad Vashem (l’Ente Nazionale per la Memoria della Shoah) è intervenuto sottolineando la necessità di risolvere la questione con “compassione, empatia e pietà”.
Associazioni dei diritti umani si sono organizzate per invitare le famiglie israeliane ad ospitare i migranti, anche a condizione di nasconderli; 6mila famiglie avrebbero già risposto all’appello.Il tutto, secondo il Governo israeliano, sotto l’abile regia di George Soros.

Netanyahu: c’è Soros dietro le proteste

Netanyahu ha dichiarato che questa campagna “è assurda e infondata” perché i veri migranti e le loro famiglie rimarranno in Israele; “noi non abbiamo l’obbligo di far rimanere qui immigrati illegali che non sono rifugiati” ha poi aggiunto.
In una riunione riservata con i Ministri del Likud, Netanyahu ha accusato direttamente George Soros e la sua Open Society di alimentare le proteste.
In effetti, New Israel Fund, l’organizzazione che funge da centro organizzativo delle iniziative di questi giorni è finanziata con centinaia di migliaia di dollari proprio dall’Open Society.
Da tempo il governo di Tel Aviv denuncia le azioni di destabilizzazione di Soros, le sue attività di finanziamento a gruppi filo palestinesi e organizzazioni israeliane anti-sioniste che nell’ultimo decennio hanno ricevuto quasi 10 milioni di dollari con l’obiettivo esplicito (come si legge nei documenti dell’Open Society) di “combattere l’occupazione israeliana e promuovere politiche anti-discriminatorie a favore dei palestinesi”.  Non solo ma in Israele in molti ritengono che il fenomeno immigratorio che sta sconvolgendo l’Occidente sia alimentato proprio dai disegni di disarticolazione degli Stati nazionali operati dall’élite globalista di cui Soros è il braccio armato.
Insomma, per Israele, Soros è una minaccia alla sovranità nazionale, esattamente come lo è per la Russia di Putin e per l’Ungheria di Orbàn.
https://ununiverso.it/2018/02/06/bibi-caccia-soros-da-israele/

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