L’Europa che crede ancora in sé stessa da oggi ha un nuovo, seppur piccolo, simbolo: la Vallonia. Questo piccolo Stato federale all’interno dell’altrettanto piccolo Belgio, ha rappresentato infatti per qualche tempo l’ultimo spiraglio della flebile speranza per vedere un’Europa non incatenata dal giogo del libero scambio. Perché è successo questo? Ebbene, come in molti Stati federali, il Belgio applica una normativa per la quale il singolo Stato federale ha il diritto e la facoltà di approvare e ratificare o meno l’accordo che vincolerà l’intero Belgio. È così che il Belgio, in qualità di appartenente all’Unione Europea, non ha potuto approvare la versione dell’Accordo che dovrà essere ratificato in questi giorni tra Consiglio Europeo e Canada. Un accordo molto complesso che, in sostanza, eliminerà del 99% i dazi doganali tra Canada ed Unione Europea, di fatto liberalizzando il mercato delle imprese tra queste due aree del mondo. Ai tanti pregi decantati dalla politica europea, che ritiene di aver trovato in questo accordo la soluzione ai tanti problemi che affliggono il mercato occidentale, si sono aggiunti però i sacrosanti dubbi dei piccoli imprenditori del Vecchio Continente, terrorizzati dal massiccio arrivo di imprese canadesi (dunque americane) che, sicuramente abituate ad una cultura del mercato completamente diversa, potrebbero nel giro di poco tempo fagocitare la già martoriata classe imprenditoriale di piccolo taglio di tutta Europa. La Vallonia, con il suo Parlamento, si è fatta carico di questi dubbi ed aveva deciso di rifiutare i approvare il trattato, rendendo quindi impossibile per il Belgio approvare l’accordo e, di conseguenza, per l’intera Europa. Un vero e proprio schiaffo a tutti, che riportava coi piedi per terra chi già stava volando con la mente a uno scenario di mercato unico a forza motrice americana.
Purtroppo alla fine si è piegata, la piccola Vallonia, ma l’epopea è stata di quelle che difficilmente possono essere catalogate nella semplice protesta. E va detto che, seppur non potendo fermare l’impatto devastante di una alleanza tra mondo economico americano ed europeo, il suo piccolo l’ha fatto. Cosa può esserci infatti di più epico nello scontro tra Davide e Golia riportato nella geopolitica economica del Terzo Millennio? Perché di questo si è trattato: di un piccolo (e fino ad oggi insignificante) Staterello federale belga che mette a repentaglio un patto tra Europa e Canada (leggasi Stati Uniti d’America) sostenuto dalle più grandi multinazionali, banche d’affari e fondi di investimento di tutto il mondo occidentale. Da una parte l’Unione Europa e l’America del Nord, dall’altra parte la Vallonia. Purtroppo non è bastata neanche la coraggiosa regione ad affondare il Trattato (per certi versi erede del TTIP), Ma il segnale è stato lanciato e la sfida verso il Trattato resta ancora aperta. A questo punto però i dubbi sorgono a noi: se la Vallonia, una regione di pochissimi milioni di abitanti, è riuscita tramite un voto del suo Parlamento (non certo composto tutto da euroscettici) a fermare il CETA ed a chiedere chiarimenti e garanzie, perché non l’hanno fatto gli altri Governi d’Europa? Perché è davvero curioso che nessuno abbia posto dei paletti mentre a pensare al bene comune ci si è dovuto mettere uno Stato che neanche è indipendente e che anzi, lotta proprio per la sua autonomia. Se è bastata la regione di Namour a mettere a repentaglio un trattato di dimensioni enormi e dagli enormi risvolti economici, cosa avrebbe potuto fare l’Europa se si fosse davvero interrogata sui pericoli di questo Trattato? Certamente oggi i popoli europei gliene sarebbero stati grati, e, probabilmente, guarderebbero con meno sospetto ad un accordo dietro cui è evidente il grande appoggio dato da multinazionali che non vedranno in faccia nessuno quando si tratterà di colpire la piccola imprenditoria europea. Questa storia ci insegna che è vero: uno scoglio non può arginare il mare. Ma la Vallonia, in questi giorni, ha dato una lezione di orgoglio a tutti. Ed è giusto renderle l’onore delle armi.
fonte http://www.lintellettualedissidente.it/esteri-3/davide-contro-golia/
Il TTIP esce dalla porta e rientra dal portone