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mercoledì 24 giugno 2015

Le possibilità di uno Stato membro di uscire dall'euro

lo Stato membro che volesse uscire dall’Euro avrebbe tre possibilità: 1) violare i Trattati; 2) chiedere una revisione dei Trattati (e ottenere lo status di Stato con deroga); 3) recedere dall’Unione.

1) Il Governo italiano ha sottoscritto i Trattati europei: il TUE, il TFUE, il Fiscal Compact e il Trattato MES. Il Parlamento ha dato esecuzione a tali Trattati con legge. Le relative leggi di esecuzione non potrebbero essere abrogate con referendum, ma potrebbero – del tutto ipoteticamente – essere abrogate con legge del Parlamento. Se questo accadesse, ciò non farebbe venire meno la responsabilità dello Stato italiano dinanzi all’Unione per aver violato gli obblighi. E l’Unione europea potrebbe senz’altro reagire a tale violazione.

2) La revisione dei Trattati sarebbe sempre possibile. Solo che, nonostante l’art. 48 TUE sia ora modificato, la procedura di revisione ordinaria (che è ipotesi diversa da quella semplificata) continua a richiedere il consenso di tutti gli Stati membri, posto che “le modifiche entrano in vigore dopo essere state ratificate da tutti gli Stati membri” (art. 48, § 4, TUE). Questo renderebbe non impossibile, ma difficilmente praticabile l’uscita dell’Italia dall’UEM.

3) Per poter recedere dall’UEM occorre recedere dall’Unione. E questo – per quanto il discorso continui ad essere del tutto ipotetico – sarebbe giuridicamente sempre possibile, visto che tale evenienza è disciplinata dall’art. 50 TUE, dove, tra l’altro, si prevede che, in ogni tempo, lo Stato che sia uscito dall’Unione europea possa chiedere di esservi riammesso, secondo la procedura indicata all’art. 49 TUE. È in quella sede che l’Italia potrebbe allora “contrattare” le condizioni della sua riammissione all’Unione e porre in discussione la sua partecipazione alla zona Euro.

*Enzo Di Salvatore docente di Diritto costituzionale all’Università di Teramo.

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