LE REAZIONI ALL’EDITORIALE DEL DIRETTORE DE BORTOLI CHE DENUNCIA L’ARROGANZA DEL PREMIER E LA DEBOLEZZA DEI MINISTRI… ARRIVA IN SOCCORSO MARCHIONNE, AZIONISTA DI RCS
Perché il direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli attacca così frontalmente il premier Matteo Renzi?
Perché evoca la troika, i segreti del patto del Nazareno e, a questo proposito, sente lo “stantio odore della massoneria”?
Spiegazione giornalistica: ieri il Corriere ha cambiato formato e grafica, ci voleva un editoriale del direttore e De Bortoli è riuscito a scriverne uno che ha reso imperdibile la lettura del giornale.
Ma il Corriere è anche il giornale dei poteri (un tempo) forti, quello che la loggia P2 comprò con i soldi del banco Ambrosiano di Roberto Calvi e nel cui azionariato tormentato tuttora si scontrano gli ultimi frequentatori dei salotti della finanza, Diego Della Valle contro Giovanni Bazoli di Intesa e la Fiat di Sergio Marchionne e John Elkann.
E se il Corriere sfiducia il governo – a cui non ha mai riconosciuto grandi meriti – nei palazzi romani si passa la giornata a cercare il mandante o almeno un’interpretazione.
De Bortoli parla di “muscolarità che tradisce debolezza”e di una squadra di ministri “di una debolezza disarmante” (tranne Pier Carlo Padoan all’Economia), uomini e donne scelti in base alla fedeltà invece che alla competenza.
Osservazioni molto condivise in quei settori di impresa e finanza che hanno accolto con entusiasmo Renzi ma ora non vedono alcun miracolo.
Basta leggere il Sole 24 Ore di Confindustria o gli editoriali di Wolfgang Munchau sul Financial Times.
Soltanto Sergio Marchionne, che si prepara ad accogliere Renzi alla Chrysler a Detroit e invoca la riforma dell’articolo 18, rimane decisamente renziano: “L’editoriale del Corriere? Normalmente non lo leggo”.
Parole che evocano quelle che usò Silvio Berlusconi nel 2008 quando suggerì a Giulio Anselmi della Stampa e a Paolo Mieli del Corriere di “cambiare mestiere”.
I due direttori furono cacciati.
De Bortoli non corre lo stesso rischio perché è già stato licenziato, se ne andrà in primavera come da accordi con l’azienda, dopo ripetuti scontri con l’amministratore delegato Pietro Scott Jovane.
Per lunghi mesi, quindi, De Bortoli sarà al comando ma libero – più del solito – di dire quello che vuole.
E allora avanti con le suggestioni, a metà tra fantapolitica e analisi.
Renzi aveva attaccato in Parlamento, con toni intimidatori, proprio il Corriere, reo di aver dato notizia dell’indagine per corruzione internazionale su Claudio Descalzi, il manager scelto dal governo per la guida dell’Eni.
E il premier, il 16 settembre, alla Camera attacca: “Non permettiamo a un avviso di garanzia citofonato sui giornali o a uno scoop di cambiare la politica industriale nazionale”.
E allora, zac, De Bortoli risponde alle minacce con l’editoriale “Il nemico allo specchio”.
Il sito Dagospia riferisce anche che il premier avrebbe protestato perché da via Solferino avevano mandato un inviato nell’albergo delle vacanze presidenziali a Forte dei Marmi.
Ma queste sono minuzie che non appassionano chi preferisce vedere disegni più vasti dietro l’attacco del Corriere.
Tipo: Mario Draghi ha ormai deciso di lasciare la Bce l’anno prossimo per andare al Quirinale, dove Renzi non lo vuole perché si troverebbe commissariato, De Bortoli supporta Draghi e asseconda quei poteri che sarebbero rassicurati dal vedere il banchiere centrale al vertice della politica italiana (peccato che non è affatto detto che Draghi voglia e possa andarsene da Francoforte senza destabilizzare i mercati mondiali).
Infine l’ipotesi più ardita: il direttore del Corriere pensa alla politica, ma non come sindaco di Milano (ipotesi di cui si discute da anni), bensì come portabandiera di uno schieramento alternativo al Pd renziano.
I salotti non hanno più un loro uomo, visto che l’ambizioso Corrado Passera convince poco.
Fantapolitica a parte, resta quel riferimento sorprendente alla massoneria.
Forse De Bortoli ha indiscrezioni su indagini fiorentine?
Siti e personaggi dalla discutibile attendibilità sostengono che ci siano legami tra Tiziano Renzi, il papà, Denis Verdini (Forza Italia) e logge toscane.
Illazioni mai dimostrate.
Dall’America Renzi commenta solo così: “Auguri al Corriere per la nuova grafica”.
In privato si limita a dire: “Se c’è una cosa che è lontana da me e da mio padre è la massoneria”.
Vedremo se De Bortoli e i suoi cronisti produrranno elementi per smentirlo.
Perché evoca la troika, i segreti del patto del Nazareno e, a questo proposito, sente lo “stantio odore della massoneria”?
Spiegazione giornalistica: ieri il Corriere ha cambiato formato e grafica, ci voleva un editoriale del direttore e De Bortoli è riuscito a scriverne uno che ha reso imperdibile la lettura del giornale.
Ma il Corriere è anche il giornale dei poteri (un tempo) forti, quello che la loggia P2 comprò con i soldi del banco Ambrosiano di Roberto Calvi e nel cui azionariato tormentato tuttora si scontrano gli ultimi frequentatori dei salotti della finanza, Diego Della Valle contro Giovanni Bazoli di Intesa e la Fiat di Sergio Marchionne e John Elkann.
E se il Corriere sfiducia il governo – a cui non ha mai riconosciuto grandi meriti – nei palazzi romani si passa la giornata a cercare il mandante o almeno un’interpretazione.
De Bortoli parla di “muscolarità che tradisce debolezza”e di una squadra di ministri “di una debolezza disarmante” (tranne Pier Carlo Padoan all’Economia), uomini e donne scelti in base alla fedeltà invece che alla competenza.
Osservazioni molto condivise in quei settori di impresa e finanza che hanno accolto con entusiasmo Renzi ma ora non vedono alcun miracolo.
Basta leggere il Sole 24 Ore di Confindustria o gli editoriali di Wolfgang Munchau sul Financial Times.
Soltanto Sergio Marchionne, che si prepara ad accogliere Renzi alla Chrysler a Detroit e invoca la riforma dell’articolo 18, rimane decisamente renziano: “L’editoriale del Corriere? Normalmente non lo leggo”.
Parole che evocano quelle che usò Silvio Berlusconi nel 2008 quando suggerì a Giulio Anselmi della Stampa e a Paolo Mieli del Corriere di “cambiare mestiere”.
I due direttori furono cacciati.
De Bortoli non corre lo stesso rischio perché è già stato licenziato, se ne andrà in primavera come da accordi con l’azienda, dopo ripetuti scontri con l’amministratore delegato Pietro Scott Jovane.
Per lunghi mesi, quindi, De Bortoli sarà al comando ma libero – più del solito – di dire quello che vuole.
E allora avanti con le suggestioni, a metà tra fantapolitica e analisi.
Renzi aveva attaccato in Parlamento, con toni intimidatori, proprio il Corriere, reo di aver dato notizia dell’indagine per corruzione internazionale su Claudio Descalzi, il manager scelto dal governo per la guida dell’Eni.
E il premier, il 16 settembre, alla Camera attacca: “Non permettiamo a un avviso di garanzia citofonato sui giornali o a uno scoop di cambiare la politica industriale nazionale”.
E allora, zac, De Bortoli risponde alle minacce con l’editoriale “Il nemico allo specchio”.
Il sito Dagospia riferisce anche che il premier avrebbe protestato perché da via Solferino avevano mandato un inviato nell’albergo delle vacanze presidenziali a Forte dei Marmi.
Ma queste sono minuzie che non appassionano chi preferisce vedere disegni più vasti dietro l’attacco del Corriere.
Tipo: Mario Draghi ha ormai deciso di lasciare la Bce l’anno prossimo per andare al Quirinale, dove Renzi non lo vuole perché si troverebbe commissariato, De Bortoli supporta Draghi e asseconda quei poteri che sarebbero rassicurati dal vedere il banchiere centrale al vertice della politica italiana (peccato che non è affatto detto che Draghi voglia e possa andarsene da Francoforte senza destabilizzare i mercati mondiali).
Infine l’ipotesi più ardita: il direttore del Corriere pensa alla politica, ma non come sindaco di Milano (ipotesi di cui si discute da anni), bensì come portabandiera di uno schieramento alternativo al Pd renziano.
I salotti non hanno più un loro uomo, visto che l’ambizioso Corrado Passera convince poco.
Fantapolitica a parte, resta quel riferimento sorprendente alla massoneria.
Forse De Bortoli ha indiscrezioni su indagini fiorentine?
Siti e personaggi dalla discutibile attendibilità sostengono che ci siano legami tra Tiziano Renzi, il papà, Denis Verdini (Forza Italia) e logge toscane.
Illazioni mai dimostrate.
Dall’America Renzi commenta solo così: “Auguri al Corriere per la nuova grafica”.
In privato si limita a dire: “Se c’è una cosa che è lontana da me e da mio padre è la massoneria”.
Vedremo se De Bortoli e i suoi cronisti produrranno elementi per smentirlo.
Stefano Feltri
(da “Il Fatto Quotidiano“)
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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