Cisterne invisibili, migliaia di muli, zero oleodotti. Com’è che l’ISIS smercia ogni giorno un mare di petrolio e l’Occidente non lo vede? Quando le news sono equine.
- di Matzu Yagi e Gengis Kant -
Gli esperti dicono che l’Emirato Islamico dell’Isis è finanziariamente autonomo anche perché guadagna circa 2 milioni di dollari al giorno dalla vendita del petrolio estratto nei territori che occupa, in luoghi dove fino a poco tempo fa prosperavano colossi come la francese Total e l’anglo-olandese Shell. Ma due milioni di dollari corrispondono a più di 20.000 barili al giorno e il barile contiene circa 160 litri. Cioè l’Isis consegna a qualcuno 2800 tonnellate di petrolio, tutti i giorni.
E come fa?
Non lo vedono dai satelliti chi si viene a prendere 2800 tonnellate di roba, quotidianamente? E da dove viene questo qualcuno? Anche questo non si nota, visto che ad occhio dovrebbero essere circa 130 camion cisterna?
Cioè i satelliti non vedono colonne di 130 autocisterne chetutti i giorni fanno avanti ed indietro dai territori dell’Isis? Era dai tempi del film Duel di Steven Spielberg che non si vedeva un’autocisterna così demoniaca, e ora ce ne sono addirittura centotrenta e nessuno le nota, nessuno le bombarda?
Siete già sbalorditi? La raccontano ancora più grossa. Molto di più. Queste cifre potreste moltiplicarle addirittura per tre, perché il prezzo del petrolio di contrabbando sarebbe addirittura meno di un terzo rispetto alle quotazioni ufficiali: per fare 2 milioni al giorno dovete moltiplicare i barili, che potrebbero arrivare addirittura a 100mila al giorno, superando le 10mila tonnellate, cioè quanto la produzione giornaliera di un paese esportatore come il Sudan.
E gli onniscienti satelliti non vedono neanche in quale porto attracchino le navi che vanno a contrabbandare tutta quella roba? Chi è il direttore della logistica, il mago Silvan? Sim sala bin… (alias Bandar bin Sultan bin Abdulaziz Al Saud).
Certo, il Wall Street Journal dice che il traffico avviene su zattere che seguono la corrente del fiume Oronte, nonché su contenitori caricati sul dorso di muli e asini furbissimi che evitano i doganieri turchi perché percorrono mulattiere poco battute. Uno sconfinato formicaio equino capace di coprire lunghe distanze. Quanti muli ci vogliono per trasportare migliaia di tonnellate? La Saipem e tutti i costruttori di oleodotti hanno dunque sbagliato tutto. Perché sprecare tanta siderurgia per costruire complicate pipelines su tragitti di migliaia di chilometri? Bastava avere fieno sufficiente, equini pazienti (anche nelle redazioni), e avremmo distribuito tutti gli idrocarburi del mondo.
Ecco, è davvero il caso di metter su una coalizione di 40 paesi per andare a scoprire questo fitto e irrisolvibile mistero che sfida ogni legge dell’ottica e della fisica.
Fonte: megachip.globalist.it
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