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lunedì 7 aprile 2014

La poetessa brasiliana, candidata al Premio Nobel per la sua poesia altamente lirica, si spende per dar voce alla sua amata Amazzonia


MILANO - La Poesia come arma per un vero riscatto civile. Un significativo colloquio con il Ministro della Cultura brasiliano Marta Suplicy, pubblicato sul domenicale del Sole 24 Ore del 30 marzo, offre lo spunto per approfondire temi di notevole rilevanza sociale. Lo abbiamo fatto con la poetessa Marcia Theophilo, candidata al Premio Nobel per la letteratura che vive a Roma. POESIA E’ ARTE - “Non esiste una divisione in caste o classi sociali per la poesia. Chiunque crei poesia, anche se fosse solo un bambino si esprimerebbe con il linguaggio dell’anima e produrrebbe un’opera d’arte col suo canto”. Questa affermazione della Theophilo sembra ricondurre direttamente al poeta Orazio che era figlio di un liberto, cioè di uno schiavo che aveva ottenuto in dono la libertà dal suo padrone. Orazio (Venosa, 65 a. C., Roma 8 a. C.) assurge, per la sua creazione poetica, dotta e raffinata, all’Olimpo della poesia. “Non c’è una distinzione tra paesaggio dell’uomo e mondo animale e vegetale, vi è un’unica anima che unisce la natura all’uomo, agli animali e alla vegetazione” continua la poetessa brasiliana. CANDIDATA AL NOBEL - Marcia Theophilo è candidata al Premio Nobel per la sua poesia altamente lirica che si spende per dar voce alla sua amata Amazzonia, una terra dai mille respiri che racchiude “il respiro del mondo”. La sua tenacia e la sua audacia nella lotta tesa alla salvaguardia del territorio naturale, della geografia della foresta, ma anche della geografia umana di un popolo e delle sue origini Indios sono da premio Nobel. Marcia Theophilo si fa voce anche della storia del suo popolo, da antropologa, da poetessa e da donna, matrice delle sue parole, delle sue assonanze, delle sue figure che danno anima ad un’infinità di mondi visibili ed invisibili, abitati e fitti, sempre risonanti. DIFESA DELLE ORIGINI - In prima linea per la salvaguardia delle sue origini Indios e di quegli alberi che lei è in grado di ascoltare, di rendere parlanti, palpitanti, “capaci di sorreggere con le loro chiome il firmamento”. Un firmamento che è naturale, primordiale, ma anche culturale, antropologico, storico. E’ nello spazio concavo della cultura che, per Lei è Indios primariamente, riecheggiano le sue voci e anime primordiali animali e vegetali, arboree ed acquatiche, mai ferme, mai zitte. TRIS DI DONNE - L’impegno sociale e civile della poetessa fa sì che la sua forza intersechi e si intrecci inevitabilmente con altre forze motrici del Brasile un vero tris di donne per questa straordinaria terra. Tre storie di donne, tre voci, tre cuori, tre anime, la loro energia possente fa vibrare il loro Paese. Dilma Rousseff, politica ed economista brasiliana di matrice socialista, partecipò alla lotta armata contro la dittatura militare e fu fatta prigioniera per motivi politici dal 1970 al 1972, oggi alla guida del Paese come Presidente. La stessa Marta Suplicy, ministro alla cultura nel governo Rousseff, ex sindaco della città di San Paolo, già ministro del turismo e senatrice fa aprire quarantadue scuole nelle favelas, lotta per il riconoscimento dei diritti degli omosessuali e combatte l’aggressione omofoba. Alla Suplicy ora il compito di organizzare le 360 scuole volute dalla Rousseff per la lotta all’analfabetismo imperante e all’ ignoranza che permette alla delinquenza di infiltrarsi nella società civile danneggiandola. RINNOVARE UN PAESE DAL DI DENTRO - Tre donne per confermare la grandezza di un intero Paese. Tre donne un'unica terra. Si intersecano e si intrecciano in un’unica realtà, un’unica trama per questi tre fili tenaci di ordito che tessono la storia presente di un popolo e disegnano sul rovescio della trama il loro futuro per vivificare la lingua, la cultura, la giustizia sociale e per innovare dal di dentro un Paese intero.
fonte Marianna Scibetta

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