Dopo aver incentivato per tutto il 2016 grandi siti e star
dei social a usare i video, il numero uno di Facebook è pronto a fare della sua
azienda un broadcaster. Con un solo obiettivo: trovare nuovi ricavi da
pubblicità. E il pubblico del pallone è quello che fa per lui
di Alessandro Oliva
In una puntata dei Simpson, Bart diventa una star del web
grazie al fumetto “Angry Dad” che narra le gesta incazzose di Homer. La società
che lo contatta per trasformare i disegni in brevi cartoni si chiama
Megliodellatv.com: la dirige un giovane ragazzotto rampante, che paga Bart e
Lisa con rotoli di azioni della compagnia, destinata a fallire di lì a poco.
L’obiettivo della puntata, come spesso accade nelle intenzioni degli autori dei
Simpson, è quello di rappresentare un lato fallimentare della società americana:
in questo caso, tocca alle new economy e alla bolla di internet, destinata a
scoppiare e dissolversi. Poi sono arrivati i social network e il web si è
ritagliato un nuovo spazio nel mondo. Uno spazio letteralmente fagocitato da un
social in particolare, creato da un ragazzo che amava aggirarsi per Harvard in
felpa e ciabatte anche d’inverno, almeno stando al film che ne narra la storia.
Non c’è cosa che non dipenda dai business plan di Menlo Park
e dagli umori di Mark Zuckerberg, che si fondono in quell’algoritmo di Facebook
che decide i destini, per esempio, di noi operatori dell’editoria. Ad esempio:
volete ottenere più click dalle vostre notizie postate su Facebook? Ok, per un
po’ ve ne faccio arrivare, poi cambio l’algoritmo e vi faccio pagare per rimanere
visibili. E se hai impostato tutta la tua strategia, sono cavoli tuoi e
guadagni miei. D’altronde Facebook è un gigante da 1,8 miliardi di iscritti,
con il 66% di utenti attivi ogni giorno da intercettare con la pubblicità:
secondo i dati analizzati dal New York Times in relazione al primo trimestre
del 2016, ad esempio, ogni persona iscritta a Facebook ha generato 11,86
dollari di pubblicità per l’azienda. Il trend di crescita dei ricavi è stato
positivo per tutto lo scorso anno: nell’ultimo trimestre, per dire, i profitti
sono raddoppiati arrivando a 3,57 miliardi di dollari e portando le entrate a
8,81 miliardi, con impennata del 53% delle entrate pubblicitarie soprattutto da
mobile, dove Menlo Park oggi è praticamente leader incontrastato.
Ma chi fa affari sa bene che non bisogna mai sedersi. E che
i ricavi vanno diversificati, anche all’interno di una singola voce. Se la
pubblicità oggi ha fatto di Facebook un gigante, questo non significa che non
ci siano nuovi modo per raggranellare soldi attraverso nuove modalità di
inserimento di spot nella piattaforma social. Come? Sfruttando il nuovo trend
dei video, incoraggiato non a caso da Zuckerberg, e puntando sulla tv. Già.
Perché mentre negli ultimi mesi ci siamo convinti che Facebook stesse diventando
de facto un editore, cristallizzando il dibattito sulla questione delle fake
news, delle pagine dispensatrici di bufale, addirittura della colpa da
attribuire a Facebook della nostra incapacità di distinguere il vero dal falso,
Facebook stesso lavorava per diventare un broadcaster. Inseguendo la tendenza
del momento: la diffusione di contenuti video e in streaming.
Dunque Facebook vuole diventare davvero “Meglio della tv”,
come in quella puntata dei Simpson. E vuole farlo perché a Zuckerberg qualcosa
non quadrava: l’introduzione del live sul social ha permesso ai pirati del web
di mandare in onda le partite di calcio in streaming – e appunto live - quando
invece per vederle dovresti in teoria vederle a pagamento in tv. Come ha
spiegato di recente ad esempio il Corriere della Sera, “per godersi (a sbafo)
Real-Napoli lo scorso 15 febbraio bastava collegarsi con un profilo FB Fùtbol
Honduras che ritrasmetteva le immagini ufficiali della tv spagnola marchiandole
a bordo schermo col beffardo hashtag #lamafiadelfutbol”. E basta poco anche per
postare velocemente anche solo le immagini di un gol: basta riprendere il
replay con lo smartphone e postarlo sui social direttamente o creando una gif
tramite un sito come Giphy et voilà.
La chiusura di siti storici come Rojadirecta non ha fermato
la pirateria online, che si è trasferita da website dedicati direttamente alle
pagine fb, che la piattaforma di volta in volta chiude, ma subito ne vengono
riaperte altre. Il problema è serio, per Zuckeberg: i video illegali in streaming
rischiano di togliergli pubblicità, quindi ricavi.
Bene, ma non benissimo: la chiusura di siti storici come
Rojadirecta non ha fermato la pirateria online, che si è trasferita da website
dedicati direttamente alle pagine fb, che la piattaforma di volta in volta
chiude, ma subito ne vengono riaperte altre. Il problema è serio, per
Zuckeberg: i video illegali in streaming rischiano di togliergli pubblicità,
quindi ricavi. E se al capo di Facebook - cioè di quello che decide buona parte
di quel che succede sul web per quella cosa delll’algoritmo che vede e provvede
e decide – tocchi il portafoglio, preparati alla controffensiva, di quelle
pesanti.
Dopo aver pagato le testate per usare i video su Facebook
(il solo Buzzfeed si è intascato 3 milioni di dollari per il disturbo), oggi
Zuckeberg ha deciso di passare direttamente all’incasso. Trasformando Facebook
in una vera e propria tv. E puntando sul fenomeno che oggi punta di più sulla
propria dimensione globale: il gioco del calcio. Non deve essere un caso che,
tra le aziende che hanno ricevuto finanziamenti da Menlo Park per usare i video
su Facebook ci siano state il Barcellona e il Real Madrid, con rispettivamente
1 milione di euro e 900mila euro di incentivi nel 2016. Due club tra i più
seguiti al mondo, allo stadio, in tv e sui social. Il Barcellona alla fine del
2016 contava 95,5 milioni di like sulla pagina ufficiale, mentre il Real Madrid
ne contava sempre a fine anno 94,1 milioni. Una grande platea alla quale
vendere pubblicità. E grazie alla quale passare già all’incasso. Dopo aver
pagato, Facebook ha chiuso un accordo con la Liga, la massima serie spagnola,
per trasmettere in streaming sulla propria pagina ufficiale alcune gare di
campionato. L’accordo è arrivato dopo l’esperimento della Copa del Rey: le
semifinali del trofeo nazionale spagnolo sono state mandate in onda su
Facebook. Com’è andata? I match di andata e ritorno tra Barcellona e Atletico
Madrid hanno totalizzato circa 3 milioni di views, alle quali vanno aggiunte le
oltre 200mila reactions.
Qui si spiega il vantaggio per Facebook, ma anche per le
leghe che decidono di puntarvi. Da una parte c’è la piattaforma, che può
tranquillamente continuare a monetizzare dalla pubblicità. In questo senso si
muoverà anche la nuova app Facebook Tv, che darà all’utente la possibilità di
crearsi un proprio palinsesto: e mentre noi scegliamo cosa vedere, l’algoritmo
valuterà i nostri gusti e su quelli ci proporrà una pubblicità tailor made,
cioè su misura per noi. Provate a immagine cosa vuol dire applicare tutto
questo al calcio e alle aziende interessate. Le sole Nike e Adidas, che vestono
le big d’Europa, potrebbero aumentare in maniera decisiva la propria
visibilità, nel tentativo di trovare nuove vie per ripagarsi gli investimenti:
il "baffo" e le tre strisce spendono 150 milioni a testa l’anno per
vestire in esclusiva rispettivamente Barcellona e Nike.
Ed è proprio l’audience potenziale offerta da Facebook il
filo che lega tutte le parti. Perché se da un lato del tavolo ci sono il social
che tutto comanda, le aziende e i club, dall’altro ci sarà un campionato che
può trovare una nuova via per valorizzare il proprio brand, andando oltre i
confini già imposti dai grandi broadcaster oggi presenti. Il caso della Liga
spagnola lo spiega bene In questo momento il business del pallone europeo è
“bullizzato” dallo strapotere dei ricchi diritti tv inglesi, che oscurano tutti
il resto: grazie agli ingressi da broadcasting, tra i club con il più alto
fatturato al mondo ci sono anche club storicamente poco vincenti come lo Stoke
City o il Southampton. Nel tentativo di conquistarsi uno spazio importante, la
Liga ha quindi deciso di puntare su Facebook, potendo trasmettere le partita di
Copa del Rey in tutti quei Paesi nei quali nessun broadcaster tv ne ha
acquisito i diritti. Tra questi, oltre all’Italia, ci sono anche qui nuovi
mercati come Cina o India.
Visibilità e pubblicità: ecco la nuova ricetta di Facebook
versione tv. L’audience sarà pronta ad accogliere la sfida? I numeri e
comportamenti degli utenti sembrano dire di sì. Perché il concetto della televisione
portata sul social intercetta una tendenza in voga da tempo e la fa sua in
toto. Se fino ad oggi abbiamo considerato i social come luogo solo di commento
live dell’evento visto in tv – e i device con i quali commentiamo sono i
cosiddetti second screen – ora siamo pronti a considerare evento e commento
social come una cosa sola. Già nel 2015 la Nielsen ha rilevato come il 49%
degli intervistati nel mondo abbia dichiarato di preferire un evento in video
se questo ha la possibilità di essere commentato sui social, che il 69%
preferisca programmi live e che anche se lo schermo grande resta il preferito,
il 59% guarda regolarmente video su mobile.
La sfida è lanciata. La tv che abbiamo conosciuto fino ad
oggi, la cara vecchia tv, come reagirà?
fonte http://www.linkiesta.it/it/article/2017/03/04/facebook-diventa-tv-e-zuckerberg-passa-allincasso-con-il-calcio/33441/
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