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mercoledì 18 novembre 2015

Il fallimento dell’Ucraina, le manovre disperate di Kiev e le azioni dietro le quinte del FMI


ewrt45-324x160L’Ucraina si sta avvicinando inesorabilmente a dichiarare bancarotta sul suo debito pubblico, ammontante a 70 miliardi di dollari, di cui 40 sono di debito estero. Quest’ultimo è diviso quasi a metà fra creditori privati e creditori ufficiali, cioè stati stranieri e istituzioni finanziarie internazionali.
A dire il vero, il fallimento c’è già stato in Ucraina, perché il 23 settembre Kiev non ha pagato i 500 milioni di dollari della rata sul debito in Eurobond. Gli esperti finanziari, forzando un po’, usano la locuzione “fallimento tecnico” per indicare una situazione di questo genere. La ragione di ciò è che si tratta di una insolvenza verso i detentori privati, cioè non ufficiali, del debito in Eurobond. Questi detentori privati, secondo certe fonti, sarebbero i fondi Aurelius e Elliott, diventati famosi come avvoltoi finanziari.
All’inizio di ottobre sono finiti i dieci giorni concessi al debitore dalle norme internazionali per cambiare idea e pagare le sue obbligazioni. Kiev non ha cambiato la sua idea, per cui, il 5 ottobre, la International Swaps and Derivatives Association (ISDA) ha emesso il suo verdetto: “fallimento tecnico”, ma presto la parola “tecnico” sarà rimossa.
I fondi Aurelius e Elliott esigeranno i loro soldi e Kiev non può evadere le loro richieste. Seguendo le regole, i creditori cominceranno a “cannibalizzare” il debitore non appena siano trascorsi tre mesi dalla dichiarazione di fallimento. Riportiamo il commento di Mikhail Delyagin:
“…dopo l’annuncio del fallimento tecnico, Aurelius e Elliott, esattamente 90 giorni dopo (periodo in cui la Ucraina può ancora iniziare a ripagare il suo debito), cominceranno a fare a pezzi le proprietà del Paese che ancora le appartengono, come il porto di Odessa, e se ne approprieranno. All’interno dei 90 giorni, nessuna sanzione o causa legale può essere applicata all’Ucraina, ma dopo questo periodo tutti i creditori hanno il diritto di ricorrere a qualsiasi metodo consentito per recuperare il debito.”
In altre parole, l’Ucraina sarà “spianata” all’inizio di gennaio del 2016.
E in dicembre, ci sarà da restituire i tre miliardi di dollari per liquidare il prestito fatto dalla Federazione Russa. A Kiev non ci sono soldi. Un eventuale mancato pagamento farà scattare la bancarotta dichiarata. Nel tempo che rimane a questo importantissimo momento, Kiev cerca febbrilmente un modo per risolvere il problema.
Di un possibile tentativo di soluzione ho già scritto. A Lima si è tenuto recentemente il summit annuale del FMI e della Banca Mondiale in cui c’è stato, fra gli altri eventi, un incontro dei ministri delle finanze di Russia ed Ucraina. Natalia Yaresko ha offerto ad Anton Siluanov di unirsi all’accordo di ristrutturare il debito dell’Ucraina, quello raggiunto, si dice, alla fine di agosto, cioè l’ha implorato di non farle pagare i tre miliardi di dollari. Ciò, come ci si può attendere, è stato rifiutato. La posizione di Mosca è stata espressa fermamente:
“Il debito dell’Ucraina verso la Russia è ufficiale. E non può essere considerato un debito commerciale, su cui i negoziati condotti dall’Ucraina sono in corso. Esso è un obbligo di un governo verso un’altro governo ed è stato fornito a condizioni di mercato, ad un costo due volte inferiore a quello sostenuto dall’Ucraina nel periodo a cui il debito si riferisce.”
Non si può neanche parlare della cosiddetta ristrutturazione del debito dell’Ucraina perché è altamente discutibile. Nei negoziati sul tema dei possessori dei titoli di debito ha partecipato l’Ucraina, la quale rappresenta circa solo la metà del debito commerciale. È molto poco, dovrebbe essere intorno al 90%, preferibilmente il 100%. Dal mio punto di vista, questo è un bluff.
Dopo il fiasco a Lima della signora Jaresko, Arseniy Yatsenyuk si è unito al coro e, il 15 ottobre, ha stupito tutti con la seguente affermazione:
“La maggioranza dei creditori dell’Ucraina, che rappresentano più del 75% dei voti nel comitato dei creditori, hanno deciso di rinunciare a 3 miliardi di dollari del debito ucraino e di procedere alla ristrutturazione di altri 8,5 miliardi di dollari”.
Così il Primo Ministro ha commentato i risultati del negoziato con i creditori che si era svolto il 14 ottobre. Allo stesso tempo, Yatsenyuk ha detto che il prossimo incontro negoziale si sarebbe tenuto il 29 ottobre a Londra, ed ha invitato con urgenza la Federazione Russa ad unirsi all’incontro e a trovarsi d’accordo con le condizioni della “ristrutturazione” del debito ucraino.
Qui ci sono molte questioni. Per prima, se i negoziati sulla ristrutturazione sono stati completati alla fine di agosto, perché il ministero delle finanze ha tenuto dei colloqui il 14 ottobre? E poi, se i colloqui del 14 ottobre sono finiti bene, perché c’è la necessità di ritrovarsi dopo due settimane? Infine, riguardo i negoziati del 14 ottobre, il sito del Ministero delle Finanze dell’Ucraina non fa chiarezza. E questo ci fa vedere che Yatsenyuk ha mentito ancora una volta. Questa non è solo la mia opinione. In una intervista con RIA “Novosti”, il presidente del Centro di Analisi Ucraino, Alexander Okhrimenko, ha detto:
“Non c’è accordo. Ad oggi, l’assemblea non si è tenuta perché non si è raggiunto il quorum. Dovevano presentarsi almeno il 75% dei possessori dei titoli di debito, ma molti non si sono presentati. Adesso, avremo bisogno di riunirli tutti il 29 di ottobre e si spera che ciò sia possibile. Poi inizierà il processo di scambio degli Eurobond  con le nuove obbligazioni. Sul sito web del Ministero delle Finanze è riportato letteralmente che il 29 ottobre, a Londra, verrà ripetuta la riunione dei possessori dei titoli in scadenza a dicembre 2015, perché durante la riunione del 14 ottobre non si è raggiunto il quorum. Perché si riuniscono ancora il 29 ottobre? Molto probabilmente perché nella riunione del 14 ottobre nessuno ha votato a favore. Io non capisco il perché si continui a parlare dei possessori dei titoli in scadenza a dicembre 2015. Capisco che ad oggi non c’è stato nessun voto. Quindi, il 29 ottobre aspetteremo una nuova votazione”.
Io credo che alla fine di ottobre, a Londra, non ci sarà il quorum. Ed i rappresentanti russi non avranno là niente da fare.
Yatsenyuk non può capire nulla di tutto ciò, così sta spingendo freneticamente “iniziative non convenzionali” che possano mitigare la piena catastrofe del fallimento di dicembre 2015. Una di queste iniziative è l’affermazione del Primo Ministro che Kiev ha intenzione presentare alla Corte Europea dei Diritti Umani una richiesta di risarcimento alla Russia, per l’ammontare di un miliardo di hryvnia, dovuta all’annessione della Crimea. Inoltre, si aspetta che la corte imponga a Mosca delle ricompense per i danni causati a Donetsk e Lugansk. Yatsenyuk ha menzionato i reclami dell’Ucraina verso Gazprom: “In via separata, ci sono due importanti cause legali contro Gazprom riguardo il contratto di acquisto e vendita del gas ed il suo transito”. Yatsenyuk ha finito con una nota minacciosa: “Kiev è pronta ad iniziare una guerra legale contro Mosca”.
È difficile capire l’intento complessivo di tali affermazioni. Se siano necessarie a mettere sotto pressione psicologica Mosca per costringerla all’accordo sulla ristrutturazione dei 3 miliardi di dollari di Eurobond. Se vogliano imporre a Mosca lo schema della “reciproca compensazione” dei contro-reclami e spostare così tutto il peso del debito sulla Russia (visto che essi sono molte volte superiori al debito degli Eurobond). O, semplicemente, si voglia esacerbare le relazioni russo-ucraine e, mediante questo aggravamento, persuadere l’Occidente a sborsare la successiva porzione di soldi. Kiev ha un chiaro piano? Apparentemente no, là si opera in base al “chi brucerà per primo”. E riguardo alle richieste, Yatsenyuk, come al solito, stava bluffando. Secondo gli esperti, le richieste non cadono sotto la giurisdizione della corte europea. Se, per ragioni politiche, le richieste fossero ammesse, la loro revisione impiegherebbe un periodo molto lungo. Durante questo periodo, ci sarebbe non soltanto la bancarotta dichiarata dell’Ucraina ma anche anche la spartizione totale delle proprietà del Paese da parte dei creditori stranieri. Le richieste caricaturali di Yatsenyuk sono state immediatamente respinte da Peskov, il segretario stampa del presidente russo:
“La Crimea è un territorio della Russia. Il Donbas è un territorio dell’Ucraina. E da dove salta fuori quel trilione? Non è chiaro… Per quanto riguarda il debito pubblico dell’Ucraina,  esso è nella disponibilità della Russia e niente è cambiato”.
Io sono dell’opinione che Mosca possa chiedere il rimborso del debito dell’Ucraina senza dover aspettare il 20 dicembre 2015, cioè la data del rimborso finale del prestito. Sotto le condizioni del prestito, Mosca ha il diritto di chiedere il rimborso da parte di Kiev dell’intero ammontare del debito fin dal marzo di quest’anno, quando, a causa del collasso della hryvnia, il livello del debito sovrano è salito oltre il 70% del PIL. E noi non possiamo aspettare ancora, perché già nei primi giorni di gennaio 2016, gli avvoltoi finanziari scenderanno nell’arena e la storia del debito di Ucraina entrerà in una fase critica.
L’altro giorno, il Presidente Vladimir Putin ha invitato il Fondo Monetario Internazionale a dar un prestito di 3 miliardi di dollari a Kiev, in modo che con quei soldi l’Ucraina possa ripagare a dicembre il suo debito verso la Russia. Questo è uno schema semplice ed efficace per evitare il collasso finanziario della Ucraina. Sono passati cinque giorni e il FMI è rimasto completamente in silenzio sulla proposta.
Secondo alcune fonti, il FMI è sotto una forte pressione dietro le quinte da parte di Washington, per ridisegnare urgentemente le regole internazionali a favore di Kiev. Si sta parlando di uguagliare ad un credito commerciale il prestito della Federazione Russa alla Ucraina avvenuto mediante acquisto di Eurobond nel dicembre 2013. Washington, attraverso il FMI, cerca di aiutare Kiev ad imporre a Mosca la ristrutturazione del debito. È da notare che nei mesi scorsi, quando Kiev propose a Mosca di partecipare alla ristrutturazione del debito sugli Eurobond, il FMI è rimasto zitto, sebbene avesse dovuto spiegare a Kiev che il debito dell’Ucraina verso la Federazione Russa è ufficiale e non soggetto a ristrutturazione.
Nell’affare ucraino, il FMI agisce come un obbediente strumento nelle mani di Washington. Non mi sorprenderebbe affatto se, essendo ad oggi il più grande creditore ufficiale dell’Ucraina, il Fondo, sotto la direzione di Washington, annunciasse domani di essere pronto a partecipare alla ristrutturazione del debito ucraino, nonostante che nei 70 anni della sua esistenza il FMI non l’abbia mai fatto.
La situazione debitoria della Ucraina è una manifestazione dell’agonia della sua economia, ma non è solo questo. È significativo che la data di scadenza del debito dell’Ucraina verso la Russia, nella terza settimana del dicembre 2015, cada esattamente nel compleanno della nascita del FMI, avvenuta nel dicembre 1945. Perciò la situazione debitoria dell’Ucraina riflette l’agonia del FMI, e non escludo che dopo il suo compleanno il Fondo possa improvvisamente morire.
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Articolo di Valentin Katasonov apparso su MiaNews il 20 ottobre 2015

Traduzione in italiano di Fabio_San per SakerItalia.it

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