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sabato 7 novembre 2015

L’assassinio di Osho. Ecco perché la CIA decise di assassinarlo


Di Paolo Franceschetti – paolofranceschetti.blogspot.it
Osho fu assassinato dalla CIA mediante avvelenamento da tallio e morì il 19 gennaio 1990, all’età di 60 anni. Che fu assassinato non lo dice un complottista come me; lo dice lui stesso, lo dicono i suoi allievi, e la storia del suo assassinio è narrata nel libro “Operazione Socrate”, che spiegano anche le ragioni per cui venne avvelenato.
Ritengo però che le cose non siano andate esattamente come le raccontano i suoi allievi, e qui spiegherò il perché.
Negli anni della mia adolescenza e successivamente, fino alla laurea, non avevo molta simpatia per Osho. I media infatti lo presentavano come un guru spirituale che viaggiava in Rolls Royce, e i cui seguaci facevano orge e fumavano haschisch.
Mi infastidiva poi la quantità di libri in circolazione che portavano il suo nome. Sono usciti infatti circa 400 titoli a suo nome, che trattano tutti i temi della vita; la religione, la vita, la morte, l’amore, il denaro, la depressione, la felicità, la politica, l’etica.
I suoi seguaci poi mi parevano un po’ sciroccati. Qualche anno fa ne conobbi uno ad un corso di meditazione; gli chiesi come mai, se era stato assassinato, i suoi seguaci non organizzavano manifestazioni, non scrivevano libri, aprivano siti e denunciavano il problema.
Mi rispose: “E perché mai dovremmo denunciare la sua morte? Osho non è mica morto. Se ne è andato il suo corpo ma lui è più vivo che mai”.
Un’altra volta mi imbattei in un Sannyasin seguace di Osho ad un corso di Shiatsu. Mi disse: “Osho non è stato assassinato. Chi crede di averlo ucciso si sbaglia e non ha capito niente della vita. Osho se ne è andato quando la sua anima ha deciso. Ha solo scelto di andarsene in quel modo”.
Dopo aver ascoltato queste risposte rimanevo con la sensazione che i seguaci delle idee di Osho fossero un po’ sciroccati e dicevo tra me “ecco perché nessuno si occupa della sua morte; questi qui dicono addirittura che non è morto, o che ha scelto lui di morire”.
Anzi, dopo aver parlato con loro mi convincevo che la storia del suo assassinio doveva essere una balla, prima di tutto perché nessuno dovrebbe aver interesse a uccidere il leader di un branco di sciroccati; e in secondo luogo perché questa storia della CIA mi pareva una stupidaggine; “quando non si sa a chi dare la colpa, si tira sempre fuori la CIA o gli extraterrestri”, pensavo.Qualche anno fa presi in mano un libro di Osho, “La via delle nuvole bianche”, e rimasi colpito dalla bellezza e della profondità del libro. Poi ne lessi altri e via via mi convincevo che il suo pensiero era di una profondità fuori dal comune, che mal si attagliava all’immagine di orge e Rolls Royce che i media ne avevano tramandato.
D’altronde la data della sua morte era quanto meno sospetta, perché è difficile, ai nostri giorni, morire a sessanta anni per cause naturali, specie se stiamo parlando di un uomo che viveva seguendo una dieta sana e principi anche spirituali sani.
Decisi quindi di approfondire.
La morte di Osho.
Osho aveva lavorato, e poi fondato una comunità spirituale, in India. Nel 1981 si trasferisce in America e fonda una comunità nell’Oregon, ad Antelope. Raineeshpuram.
Venne arrestato il 28 ottobre del 1985 a Charlotte nella Carolina del nord e fu tenuto in stato di arresto per dodici giorni.
Motivo dell’arresto: immigrazione clandestina. In poche parole, per quello che, in Oregon, è un semplice illecito amministrativo, Osho fu tenuto, illegalmente, dodici giorni in prigione e gli fu comminata una pena di dieci anni di galera (con la sospensione condizionale) in aggiunta all’espulsione dagli USA.
Più nel dettaglio, venne accusato perché alcuni cittadini americani che frequentavano la comunità di Osho aveva contratto matrimoni di convenienza con degli stranieri, per far acquisire loro la cittadinanza americana.
L’accusa poi era sicuramente falsa, perché Osho era il leader di una comunità che contava oltre 7000 persone; difficile immaginare che fosse direttamente colpevole di questi reati.
Ma, quand’anche fosse stato responsabile, Osho viene sottoposto ad una serie di procedimenti illegali, e tenuto in stato di arresto per molti giorni in più rispetto a quella che sarebbe stata la normale procedura.
I suoi avvocati non vennero avvisati dell’arresto.
Venne trasferito in dodici giorni in prigioni diverse, senza motivo e senza una regolare procedura.
Fu registrato in una prigione con il falso nome (per quale motivo?) di David Washington.
Fu tradotto in un carcere di Contea e non nel carcere federale, dove per giunta rimase 4 notti anziché una, come previsto in genere per i prigionieri in transito.
Leggendo la sua biografia, e il libro che alcuni suoi discepoli hanno scritto sulla sua morte, saltano agli occhi poi alcune cose.
Anzitutto la testimonianza di un detenuto in carcere per omicidio, Jonh Wayne Hearu, che al processo dichiarò di essere stato avvicinato per gettare una bomba sulla comunità di Osho.
L’insabbiamento di alcune testimonianze di agenti federali che dichiararono che stavano indagando sugli autori di una minacciata bomba nel carcere in cui era stato tradotto Osho; pare che le telefonate partirono da centri istituzionali, ma l’inchiesta su questa vicenda venne insabbiata e il funzionario che stava indagando venne trasferito.
Il giorno dell’arresto erano pronti centinaia di militari che avevano circondato la comunità di Osho in assetto da guerra e con elicotteri da combattimento; ma Osho fu avvertito della cosa e quel giorno si fece trovare a casa di una sua seguace, dove si consegnò pacificamente.
Per giunta da giorni gli avvocati di Osho chiedevano notizie circa l’eventuale possibile arresto di Osho il quale, nell’eventualità, voleva consegnarsi spontanemente; le autorità americane rassicuravano i legali dicendo che non dovevano temere nulla, ma l’arresto fu effettuato a sorpresa e con la preparazione di un vero esercito. Questo perchè, a mio parere, avevano preparato una strage che fu sventata dall’allontanamento di Osho dalla comunità.
Un altro fatto inspiegabile di quei giorni è che Osho disse di essere stato in carcere per undici giorni, quando invece i giorni erano dodici. In altre parole, per un giorno Osho perse la memoria. Non fu mai chiarito il perché e come.
La cosa più incredibile, comunque, è che a seguito di queste vicende ad Osho fu riscontrato un avvelenamento da tallio che lo portò alla morte in pochi anni.A questo punto, se un seguace di Osho, non essendo un complottista, si limita a riferire i fatti domandandosi il perché, per me è abbastanza chiaro il susseguirsi degli avvenimenti.
Lo spiegamento di forze militari in assetto da combattimento si spiega perché probabilmente, per il governo la cosa migliore sarebbe stato provocare un incidente per poter uccidere Osho direttamente il giorno dell’arresto. I giornali e le TV, che già negli anni precedenti avevano creato problemi alla comunità dipingendoli come satanisti, orgiastici, ecc., avrebbero fatto il resto e la vicenda sarebbe stata liquidata come un atto di ribellione da parte di fanatici fondamentalisti, repressa con le armi dall’eroico esercito americano.
Nei giorni successivi all’arresto Osho fu trattenuto in carcere più del dovuto perché doveva prepararsi l’avvelenamento da tallio; l’avvelenamento avvenne probabilmente spargendo la sostanza nel letto dove Osho dormì; lui infatti era solito dormire su un fianco, e la parte del corpo che risultà agli esami maggiormente contaminata fu proprio quella dove Osho aveva dormito.
In merito all’assassinio di Osho fu preparata anche una dichiarazione a firma di vari senatori, giornalisti e personaggi pubblici, tra cui Strik Lievers, Luigi Manconi, Marco Taradash, Michele Serra, Giorgio Gaber, Lidia Ravera, Giovanna Melandri, Gabriele La Porta, e altri, in cui dichiarano:
“Il quadro dei fatti descritto nel libro è impressionante e gravissimi sono gli interrogativi che ne escono, formulati esplicitamente dagli autori.
Va detto con chiarezza: se coloro cui spetta non vorranno o non sapranno dare risposte persuasive, saranno essi a legittimare come fondata la denuncia dei discepoli di Osho.
Da parte nostra riteniamo ci siano elementi più che sufficienti per richiedere lapertura di uninchiesta sul piano internazionale.
Ed è nostra intenzione non lasciare nulla di intentato perché si faccia luce su questa pagina oscura, per sapere se, ancora una volta nella storia, il diverso sia stato prima demonizzato e poi eliminato nellindifferenza generale.
Questo comitato di sostegno nasce perché il caso Osho Rajneesh non sia dimenticato e diventi invece coscienza internazionale.
Perché fu ucciso.La spiegazione data dai suoi allievi, che Osho fu ucciso dai fondamentalisti Cristiani, che vedono Satana in tutto ciò che non è cristiano, non mi convince per varie ragioni.
C’è infatti un particolare, non piccolo, ma anzi di assoluta importanza, che sfugge ai seguaci di Osho.
Bush padre, come il figlio, e come Reagan (presidente al tempo dell’arresto di Osho) NON sono cristiani nel senso “cristiano” del termine. Il cristiano vero, in teoria, dovrebbe essere tollerante e amorevole verso tutti, e non dovrebbe per nessun motivo uccidere. Loro sono cristiani nel senso “rosacrociano”; fanno parte cioè di quel ramo dei Rosacroce deviato, l’Ordine della Rosa Rossa e della Croce d’Oro, che parlano di Dio e di Cristo intendendo questi termini in senso esattamente opposto al senso cristiano. Non a caso in nome di Dio scatenano guerre uccidendo milioni di persone, e Bush spesso ha ripetuto infatti che “Dio è con lui”. Perché il Dio in nome del quale scatenano la guerra è il loro Dio, Horus, non il Dio dei Cristiani.
Bush quindi non è un cristiano, e, anzi, da un certo punto di vista Osho è più cristiano di molti “cattolici”, in quanto seguiva alla lettera i principi di amore e tolleranza che sono scritti nei 4 vangeli.
Anzi, dal punto di vista dei Rosacroce, il movimento di Osho contribuisce col suo sincretismo ad abbattere la forza dell’ideologia cattolica, e quindi in questo senso è funzionale agli interessi della religione di Bush.
Il problema quindi non può essere religioso.
Leggendo gli scritti di Osho mi sono convinto che la ragione dell’omicidio è di tipo spirituale. Infatti, la comprensione e l’interiorizzazione dei principi su cui si basa la filosofia di Osho è idonea a scardinare proprio quei capisaldi su cui la massoneria rosacrociana basa la sua forza: ovvero il concetto della morte, e il concetto del denaro.
Osho con i suoi scritti incita a non temere la morte ed a viverla come uno stato di passaggio, in cui addirittura si vivrà meglio che nel corpo fisico.
E, nonostante girasse in Rolls Royce, non era attaccato al denaro.
Da giovane insegnava all’università ma rifiutò una promozione perché, lui disse, non voleva regalare ancora più soldi allo stato con le tasse.
Dopo qualche tempo lasciò il lavoro perché non si ritrovava in quel mondo lavorativo.
E non si preoccupò mai del denaro, perché sosteneva che nell’universo arriva sempre esattamente ciò di cui hai bisogno, nel momento giusto.
Le Rolls Royce arrivarono perché la sua comunità attirava anche gente ricca, e ciascuno metteva in comune ciò che aveva; a Rajneeshpuram ciascuno metteva in comune ciò che aveva e che poteva. Gli avvocati gestivano gratis i problemi della comunità; i muratori costruivano, i medici curavano, i docenti di varie displine insegnavano e, ovviamente, chi aveva soldi, donava soldi.
Osho spiegava che la civiltà occidentale viveva una strana schizofrenia nel rapporto con il denaro; da una parte alcuni lo eleggono ad oggetto di culto; dall’altra, quando si incita a vivere una vita spirituale, si tende a disprezzarlo o farne senza. In realtà il denaro e il lusso sono un mezzo come un altro, che possono esserci o meno, ma che non devono intaccare la serenità interiore che invece si acquista con altri mezzi.Apparentemente contraddittorio poi anche il suo rapporto con la vita; se da un lato insegnava ad amarla e a viverla in pieno, dall’altro non ne era attaccato.
Esemplare, in questo il racconto della sua morte effettuato dai suoi seguaci: nella notte lui si sentì male per l’ennesima volta, sfinito dagli anni del dopo carcere e dai dolori.
– Chiamiamo Amrito? – chiesero i suoi seguaci. Amrito era il medico personale di Osho.
– No, rispose lui. E’ il momento che me ne vada. Inutile forzare ancora le cose. Oramai soffro troppo in questo corpo.
Insomma, Osho faceva paura perché il sistema massonico in cui viviamo si basa su due fondamenti:
la paura della morte.
la paura della perdita economica.Senza queste paure il sistema massonico, che vive di minacce dirette o indirette (se ti opponi perderai il lavoro; perderai la vita; perderai l’onore perché ti infagheremo) non potrebbe resistere.
Senza la paura della morte (tua e dei tuoi cari) svanisce anche il ricatto familiare che si riassume nella frase: non ti opporre al sistema se tieni alla tua famiglia.
Aggiungiamo anche che la comunità di Osho, vivendo secondo un sistema di valori e abitudini differente da quello su cui basano le comunità occidentali (ciascuno metteva in comune ciò che aveva) sarebbe perfetta per contrastare gli effetti della crisi economica in cui stiamo per piombare a capofitto.
La crisi economica infatti si basa essenzialmente sulla perdita della disponibilità del denaro, inteso come posta contabile.
Ma se imparassimo a vivere incentivando forme di scambio tipiche dell’antico baratto (io ti do ciò che ho, abilità manuali, conoscenze intellettuali, il mio lavoro di falegname, avvocato, medico, elettricista, esperto di Pc, ecc., in cambio tu mi dai ciò che hai, prodotti dell’orto, materie prime, il tuo terreno, la tua casa, ecc…) gli effetti della crisi economica potrebbero in parte essere attenuate se non addirittura azzerate (si pensi a piccoli paesi di montagna o di campagna, in cui il mettere in comune fin da subito le proprie capacità e i propri beni potrebbe essere una soluzione immediatamente praticabile).
Anche dal punto di vista religioso, Osho poteva far paura, ma per un altro motivo. Egli non ha fondato una sua religione, né si ispirava ad una religione particolare. Nei suoi libri e nei suoi discorsi utilizzava il Vangelo quando parlava a persone cattoliche, i Sutra buddisti quando parlava a buddisti, i Veda indiani quando parlava a induisti, e attingeva da fonti ebraiche, sufi, e chassidiche. Scrisse anche “Le lacrime della Rosa mistica”, tra i tanti libri.
Si possono leggere i suoi scritti, quindi, pur restando buddisti, cristiani, o ebrei.
Ma dava una lettura dei testi sacri più moderna e al passo coi tempi, il che poteva far paura a coloro che ancora ragionano con schemi che risalgono a migliaia di anni fa, e che usano la religione come uno strumento per tenere sotto controllo le menti degli adepti.Osho, in altre parole, fu ucciso per lo stesso motivo per cui furono uccisi altri leader spirituali famosi, come Ghandi e Martin Luther King. Più in generale, fu ucciso per la stessa ragione per cui vengono uccisi tutti quelli che si ribellano al sistema denunciandolo fin nelle fondamenta, dai cantanti, agli scrittori, ai registi, ai magistrati, ai giornalisti.
La diffusione delle idee di Osho poteva contribuire a scardinare il sistema.
Ma su un punto aveva ragione Osho. Il suo pensiero, per quanto abbia potuto fare il sistema in cui viviamo, non è andato perduto. Lo testimoniano la continua ristampa e le nuove edizioni dei suoi libri, che si diffondono costantemente sempre di più.
Per certi versi Osho è più vivo che mai.
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“Si dovrebbe accogliere la morte con gioia… è uno dei più grandi eventi della vita. Nella vita, esistono solo tre grandi eventi: la nascita, l’amore e la morte. La nascita, per tutti voi, è già accaduta: non potete farci più nulla. L’amore è una cosa del tutto eccezionale… accade solo a pochissime persone, e non lo si può prevedere affatto.
Ma la morte, accade a tutti quanti: non la si può evitare. È la sola certezza che abbiamo; quindi, accettala, gioiscine, celebrala, godila nella sua pienezza.
La morte è semplice svanire nella fonte. La morte è andare nel regno di ciò che non è manifesto: è addormentarsi in Dio.
Di nuovo tornerai a fiorire. Di nuovo rivedrai il sole e la luna, e di nuovo e ancora… fino a quando non diventi un Buddha, fino a quando non riuscirai a morire in piena coscienza; fino a quando non sarai in grado di rilassarti in Dio consciamente, con consapevolezza.
Solo allora, non esiste ritorno: quella è una morte assoluta, è la morte suprema.”“Se mi hai amato, per te, io vivrò per sempre. Vivrò nel tuo amore. Se mi hai amato, il mio corpo scomparirà, ma per te, io non potrò mai morire. Anche quando me ne sarò andato, so che tu mi verrai a cercare. Certo, ho fiducia che tu verrai a cercarmi in ogni pietra e in ogni fiore e in ogni sguardo e in tutte le stelle. Posso prometterti una cosa: se mi verrai a cercare, mi troverai… in ogni stella e in ogni sguardo… perché se hai veramente amato un Maestro, con lui sei entrato nel Regno dell’Eterno. Non è una relazione nel tempo, dimora nell’assoluta atemporalità.
Non ci sarà morte alcuna. Ιl mio corpo scomparirà, il tuo corpo scomparirà, ma questo non farà una gran differenza. Se la scomparsa del corpo creasse una pur minima differenza, dimostrerebbe soltanto che tra noi non è accaduto l’amore.”
Di Paolo Franceschetti

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