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mercoledì 8 maggio 2019

Il Perdono non si fa: accade



di Michela Ruffino

Il Perdono è un avvenimento molto importante per il nostro ben-essere: consentendo la pace col passato e con noi stessi, ci libera dalla catena di eventi ripetitivi necessari per operare in noi quella crescita che noi stessi auspichiamo.


Spesso ciò che non perdoniamo di noi stessi e degli altri, ci viene riproposto attraverso esperienze simili, nel solo intento di integrare finalmente ciò che stiamo rifiutando, e, come dicono alcuni, apprendere la lezione che la nostra Anima si era prefissata.
Il Perdono però non può essere fatto a tavolino, o, quanto meno, decidere di perdonare non bastaUna decisione razionale non ha potere alchemico su qualcosa che ha a che fare con il mondo dello Spirito. Quella parte di mente vigile (solo il 5% della nostra attività mentale) può, tuttavia, essere utilizzata per predisporre la nostra macchina psico-fisica, di cui siamo equipaggiati in questo viaggio, per accogliere il Perdono.
Alcune prese di coscienza facilitano la trasmutazione di “materie pesanti” come le credenze, i ricordi e le emozioni, fra le quali rabbia, senso di colpa, paura, desiderio di vendetta, vergogna, giudizio, etc. Prima fra tutte è la consapevolezza del “gioco che stavamo giocando” al tempo in cui una rottura/offesa/ferita è avvenuta. In soldoni, scoprire lo schema comportamentale di stimolo-reazione che è partito in automatico insieme all’altra persona, o nella situazione. Appreso da bambini, questo schema viene ripetuto per enne volte, trovando ogni volta attori e palcoscenici disponibili per mettere il tutto in atto. Non lo facciamo scientemente, perciò evitiamo i sensi di colpa per qualcosa che non ha coscienza propria. Accorgersi di tali schemi toglie il primo velo dai nostri occhi.
Andando più in profondità, l’individuo può cogliere cosa di sé stava mostrando l’altro o la situazione. Per effetto della “Legge della Risonanza”, secondo la quale il simile attrae il simile, l’esterno stava al tempo specchiando una convinzione su noi stessi o sulla vita, una paura, una emozione ricorrente, un permesso che non ci volevamo dare, un giudizio, etc. La persona, o la situazione, era in servizio, inconsapevole, per noi, incarnando un aspetto celato alla nostra osservazione.
Prese le dovute cautele pratiche rispetto a situazioni dannose per la nostra salute e benessere, iniziamo così a comprendere che siamo Uno con tutto ciò che ci circonda. Si dissolve l’idea claustrofobica di una realtà fatta di vittime e carnefici, di buoni e cattivi, per dare spazio alla visione del fuori come estensione di noi, un insieme di frammenti da integrare.
La comprensione, come sopra, ci aiuta a trasmutare il giudizio che nutriamo verso l’altro, verso la Vita, e soprattutto verso noi stessi, i nostri peggiori giudici e carnefici. E una volta svanito il giudizio, non ci sarebbe più nulla da perdonare. Tuttavia, qualcosa talvolta resta, sotterranea, perché non è la mente razionale che può operare il Perdono. La mente ordinaria è una “cosa”, è uno strumento: uno dei suoi compiti è proteggere il corpo fisico; avete idea quale rischio significhi per la mente perdonare? “Potrebbe succedere qualcosa di brutto”, pensa.
“Diveniamo vulnerabili e potremmo ferirci di nuovo”. Quindi si impegna, magari a parole ci prova, e poi cede al rimuginare, o si ritrova nelle stesse situazioni di sempre, dove specchi su specchi si accumulano sullo stesso tema. Dice di sì, “io voglio perdonare, io ho perdonato”, e quando le fai ricordare un attimo quella ferita vengono giù lacrime e lacrime, o esce fuori rabbia e rabbia.
È qui che va lasciata andare l’identificazione con il “ricercatore spirituale”, con quella persona che fa esercizi su esercizi, cerimonie, lettere, candele, pellegrinaggi. C’è “Qualcosa” prima della nostra mente e del nostro corpo, c’è “Qualcosa” con noi, in noi, prima ancora del nostro nome e cognome, del nostro primo respiro fuori dalla pancia di nostra madre. Lo chiamano Dio, Vita, Universo, Sé Superiore, Loro… è Tutto, ed è Tutto non ad esclusione di noi. E’ questo Qualcosa che fa accadere il vero Perdono come una Grazia interiore.
Non dobbiamo mai forzare il Perdono, perché fa fico, perché è olistico-spirituale, perché le brave persone perdonano, o chissà per quale altra idea. Un Perdono razionale, o spinto dall’emotività del momento, non dura, ve ne siete accorti?
Un passaggio fondamentale è l’Accettazione. A tutto tondo. Di ciò che è stato. Di ciò che è oggi. Persino accettare di provare ancora rabbia e giudizio verso una situazione passata è un passaggio alchemico, che unito all’Intenzione autentica da affidare alla Vita, agevola il Perdono.
Una volta compreso il messaggio custodito per noi nella ferita, passo importante per espandere la nostra coscienza e preparare il nostro apparato psico-fisico, dobbiamo semplicemente essere aperti a perdonare. Solo sentire che un’apertura è sorta spontanea e lasciare che il Perdono accada da sé, o meglio, permettere che proceda dal Sé. Stare, sentire un’Intenzione pura, senza fare nulla, e lasciare che la Vita se ne occupi, senza sforzo. Affidarsi, affidando.
Articolo di Michela Ruffino

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