di Alessandro Baccaglini
La maggior parte delle persone ignora del tutto la differenza tra quelli che sono due momenti distinti del processo evolutivo: una cosa è il Risveglio della macchina biologica e l’identificazione con l’Anima. Un’altra è l’Illuminazione, ovvero l’identificazione con il Sé.
Il processo di Risveglio della macchina biologica consiste nel cosiddetto “lavoro su di sé”: si tratta cioè, per mezzo di sforzi volontari, di disciplinare e rendere consapevoli i principali aspetti fisici, emotivi e mentali dell’apparato psicofisico. Attraverso la pratica incessante dell’Attenzione Divisa, si crea inoltre un “Testimone”, ossia una funzione psicologica della macchina biologica che è in grado di osservare (dapprima sul piano mentale) ogni altra attività della macchina stessa.
Il Testimone crea in questo modo una regione di “quiete” entro i continui movimenti psicofisici della personalità, e apre lo spazio all’autentica “Presenza”, che è la testimonianza silenziosa dell’Anima, del “Padrone di Casa”, che a tempo debito giungerà a manifestarsi. Il Risveglio avviene quando la personalità non viene più osservata e gestita dalla mente, che è parte della personalità stessa, ma dalla coscienza sovra-mentale dell’Anima.
Il lavoro di risveglio della personalità viene svolto fondamentalmente a tre livelli:
– indagine delle dinamiche psicofisiche (anche – e inizialmente preferibilmente – con l’ausilio di percorsi terapeutici e psicoterapeutici);
– autodisciplina, ovvero lo sforzo di crearsi una vita ordinata e produttiva, di gestire con efficacia i problemi pratici dell’esistenza, di cimentarsi anche in gesti e azioni che ci mettono a disagio o ci conducono fuori dalla nostra “zona di comfort”;
– presenza, ossia il protrarre quotidianamente, più a lungo possibile, uno stato di attenzione consapevole sui nostri stati psicofisici.
In questa fase, non deve stupire che si renda necessaria una notevole forza di volontà, e che gli sforzi mirati al risveglio paiano dapprima acuire il senso di separazione tra “ego” e “vita”. Qui vogliamo sfruttare e non evitare l’attrito derivante dall’identificazione; vogliamo, per molti versi, esasperare il “senso dell’Io”, sino a toccare ciò che è il fondamento stesso della nostra individualità, il vero Ego, ossia l’Anima.
L’Anima è, da un certo punto di vista, la vetta d’individualità più distante dalla presenza onnipervasiva e impersonale del Sé. È Dio fatto individuo, l’Assoluto realmente cosciente di sé in una forma separata. Nel contempo, nell’Anima il compiuto processo di individuazione sfocia paradossalmente nel ritorno all’esperienza della piena comunione con la Vita, con il Padre. Questa distinzione e insieme quest’intima comunione tra Assoluto e Anima è espressa dalle parole di Gesù: “Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio…” (Mt 11, 27).
Dopo aver realizzato pienamente chi siamo, compiendo la nostra identità di “Figli”, si rende possibile un ritorno consapevole alla “Casa del Padre”, ossia la Realizzazione del Sé (o Illuminazione). Qui Gesù stesso riprende un tono caro alle antiche Vie della non-dualità: ci invita allora a contemplare semplicemente la Bellezza del Regno di Dio che è già qui, divenendo consapevoli che noi siamo già e da sempre tra le braccia del Padre (Lc 17, 21); come fanno i gigli del campo o gli uccelli del cielo possiamo abbandonarci pienamente alla Vita, la quale provvede a tutto senza che si renda necessario alcuno sforzo (Mt 6, 25-34). C’è una sola cosa sensata da fare, se vogliamo realizzare il Sé: niente! Niente se non abbandonarci. Perché a ben vedere, qualunque differenza tra noi e il Padre è sempre stata fittizia: “…io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10, 30).
Il grande fraintendimento spirituale dei nostri tempi, risiede nel fatto che le Vie più antiche predicavano null’altro se non quest’ultimo stadio: la dissoluzione immediata di qualunque senso dell’individualità a favore di un ritorno alla coscienza indistinta del Sé. L’umanità, allora, era giovane e l’Anima individuale scarsamente sviluppata, se non quasi assente: per questo la soluzione più ragionevole era sprofondare nuovamente nell’Assoluto. Solo in seguito, quando il processo di incarnazione giunse e produrre e raffinare l’Anima umana, si rese disponibile questa possibilità inedita, portataci in dono dall’insegnamento del Cristo: divenire “Figli di Dio”, ascendere al Padre in piena autocoscienza, anziché “ridiscendere” tra le sue braccia.
Di qui gli allettamenti ma anche le amare frustrazioni per chi, nel XXI secolo, pretende di affidarsi esclusivamente a quelle antiche Vie orientali che, per quanto ricolme di meravigliosa saggezza, mancano letteralmente di tutto un tratto dell’itinerario evolutivo di cui oggi siamo chiamati a fare esperienza. Se non riesci a illuminarti, forse non è perché sbagli qualcosa, ma è perché la tua Anima non ti sta permettendo di “dimenticarti” di lei! E ciò è un bene molto grande.
A questo allude un breve aneddoto: “Due persone percorrono in salita il dorso di una montagna. A metà salita lo sforzo si fa estenuante per entrambi. Uno dei due ricordando quanto stava bene prima di incamminarsi su per la montagna si volta e torna indietro. Lasciando quasi andare le gambe, percorre con dolcezza la discesa; tornato in pianura si siede e, finalmente, riposa. L’altro invece guarda la vetta con occhi sognanti; raccogliendo tutte le forze rimaste, risale l’ultimo tratto del declivio. Giunto in cima si siede e, finalmente, riposa. Entrambi gli uomini ora godono dello stesso dolce riposo. L’unica differenza sta in questo: chi riposa sulla cima, ora vede ogni cosa dall’alto” …Chi ha orecchi per intendere, intenda.
Articolo di Alessandro Baccaglini