Fonte: https://comedonchisciotte.org/chi-tutto-e-chi-niente-ovvero-quando-leconomia-e-lanima-della-politica/
La Democrazia sarà mai esistita? Il suo
recente – e ormai tramontato – esperimento all’italiana ha avuto una
forma, secondo me, efficace: lo Stato investitore e, al contempo,
regolatore del mercato. Questa interessante forma di organizzazione può
essere visualizzata a mo’ di “carrozza”, in cui la società (la carrozza)
viene governata e trainata verso il progresso da possenti cavalli (i
mercati) grazie alla guida del cocchiere (il governo).
Tutti
i supporti sociali, quali sanità pubblica, pensione, sussidio di
disoccupazione o di invalidità, di cui oggi stiamo tristemente vedendo
il degrado, sono tutti pietre miliari di quello che è il vero scopo
della democrazia: il progresso sociale attraverso la ridistribuzione
delle risorse.
Un progresso
dal volto umano, altruista e pieno di cure con l’implacabile intento di
aiutare un numero sempre maggiore di persone a raggiungere quella
sicurezza economica e sociale essenziale per vivere dignitosamente. Cosa
allora è successo negli ultimi decenni? Come mai la vita sembra
muoversi verso una sempre maggiore incertezza e precarietà per una larga
fetta della popolazione?
Per
tornare alla metafora della carrozza: la società ha perso completamente
i contatti con il cocchiere (governo), e quest’ultimo invece di
governare e trainare, limitando l’impeto selvaggio dei cavalli (i
mercati) si fa direzionare da essi, che, rimasti senza freni, la
lanciano a tutta velocità verso il precipizio della povertà diffusa e
sistematica.
Quello che sta
succedendo non è nuovo, in realtà è un ritorno al passato, su scale che
prima non si potevano neanche immaginare. Come già descrive Adam Smith
nel 1776 nel suo la Ricchezza delle Nazioni “In Inghilterra, i
principali architetti politici sono coloro che posseggono la società,
cioè imprenditori e mercanti che facendosi Padroni dell’Umanità fanno in
modo che i propri interessi vengano rispettati”. Il padre
dell’odierna economia, descrive una situazione in cui non esiste una
vera divisione fra il settore politico e quello economico. Chi possiede i
mezzi produttivi e di sostentamento della società, possiede la società
stessa. Per secoli, l’illusoria separazione tra politica ed economia ha
permesso a sistemi produttivi a stampo feudale di mantenersi e
svilupparsi, con i suoi feudatari fin troppo spesso nascosti tra le
stesse file governative a stampo democratico. Nonostante il feudalesimo
sia stato apparentemente abolito nel XIX, esso persiste più prospero che
mai nei nostri sistemi economici/produttivi. [1]
Per
secoli, è stato possibile per i “pochi” proseguire indisturbati
nell’accumulo delle risorse attraverso il ben noto processo della
privatizzazione dello Stato e la libertà pressoché assoluta dei mercati.
Tali processi hanno raggiunto dimensioni tali che i Padroni
dell’Umanità, descritti da Smith, sono oggi i proprietari di
multinazionali e di banche con profitti talmente alti da oscurare il
prodotto interno lordo di intere nazioni; un potere tale che permette
loro di sovraimporsi sull’autorità governativa della maggior parte degli
stati sovrani di oggi. I cavalli si sono fatti cocchieri a tutti gli
effetti. Sono loro a decidere che tipo di prodotti o servizi sono
maggiormente distribuiti o in che tipo di ricerca scientifica o
propaganda culturale valga la pena investire.
Questi
cavalli-cocchieri sono anche coloro che silenziosamente erodono la
coesione sociale che storicamente è stato l’unico mezzo per
controbilanciare queste forme di tirannia. Con politiche sociali volte a
incrementare le disuguaglianze, combinate con tecniche di ingegneria
sociale volte a fomentare individualismo, razzismo, pregiudizi ed
isolamento, la nostra identità collettiva si è persa, facendo perdere
forza a tutte quelle unioni di lavoratori e società civili che avevano
dato realmente forma al progresso sociale per tutti.
Riteniamo
sia veramente giusto che tali multinazionali e banche, possano avere un
tale potere? In fin dei conti esse sono delle istituzioni
strutturalmente gerarchiche aventi vertici decisionali eletti in maniera
non-democratica. Questo tipo di istituzioni, collezionano inoltre i
frutti della collaborazione di migliaia di persone per distribuirli, di
fatto, ai soli vertici. Come possiamo considerare legittime tali
istituzioni?
Penso che il
grande problema storico di cui siamo eredi e vittime sia l’incapacità di
creare efficaci meccanismi sociali per limitare l’avarizia. Soprattutto
negli ultimi secoli, l’ideologia liberale ha permesso di sdoganare e
perfino legittimare professioni dedite allo sfruttamento degli altri
(come quelle degli usurai e degli strozzini) fino ad arrivare ai giorni
d’oggi dove gli investitori internazionali più spietati vengono talvolta
idolatrati come guru dell’economia. Se ciò non fosse già abbastanza
assurdo, l’opinione pubblica fomenta costantemente il sogno della
realizzazione personale attraverso l’accumulo di ricchezza e di potere,
portando persino le fasce più povere ad adottare gli ideali dei propri
usurpatori e quindi a legittimarne le loro azioni ed autorità.
L’avarizia
si è fatta strada nelle nostre società grazie alla mancanza di freni o
limiti alla proprietà privata che il singolo può possedere. Dato che
viviamo su un pianeta avente dimensioni finite con un numero limitato di
risorse, la necessità di porre dei paletti alla proprietà privata degli
individui viene da sé, appunto per evitare situazioni estreme in cui il
diritto all’incetta privata di pochi non lasci più spazio per la
proprietà privata di tutti gli altri.
Rispetto
agli altri diritti, quello della proprietà privata è un diritto un po’
speciale in quanto la sua attuazione si ripercuote automaticamente sugli
altri sia a livello temporale che spaziale. Nel concetto di proprietà
privata senza limiti è intrinseco il detto “chi prima arriva, meglio
alloggia” dando quindi il via libera a fenomeni di accumulazione di
ricchezze che automaticamente danno luogo a concentrazioni di potere. Se
la storia parlasse, essa starebbe continuando a ripeterci: non si può
avere allo stesso tempo democrazia e concentrazione di potere nelle mani
di pochi. E questo è vero soprattutto se si privatizzano sistemi di
produzione su larga scala.
Quello
che stiamo vivendo ora in Europa, con tutte le sue privatizzazioni
delle imprese e dei servizi non si può dire indipendente dalla spinta
dell’avarizia.
Se
riflettiamo un attimo su ciò che implica il processo di privatizzazione è
impossibile non riconoscerne la natura antidemocratica. La
privatizzazione automaticamente toglie qualcosa dal bene comune per
darlo nelle mani di pochi privati, i quali non sono tenuti a
giustificarsi con nessuno per le proprie decisioni. Ciò che viene sotto
il nome di “apertura al mercato”, è in verità un attacco a tutte le
comunità locali e alla loro autonomia, quella stessa autonomia inserita
tra i principi fondamentali della Costituzione Italiana e così
fortemente connessa all’attuazione della sovranità popolare. [2]
Questo attacco sta diventando la norma, supportata persino a livello legislativo nell’art 8 della Legge annuale per il mercato e la concorrenza del 2021 [3].
Fin
troppo spesso si usa la “scusa dell’efficienza” per giustificare questo
processo di concentrazione delle risorse, anche se tale efficienza
persiste solo su scala lucrativa e solo se ignori tutti i costi sociali o
ambientali esternalizzati che assicurano alti profitti. È tristemente
ironico che ormai si richieda la “responsabilità sociale delle imprese”,
richiedendone quindi una tirannia più benevola, senza invece metterne
in dubbio la legittimità a comandare su tutti.
La
democrazia è una frode fintantoché i sistemi produttivi rimangono
vincolati nelle mani di pochi privi di legittimazione democratica. [4]
Finchè rimarrà plutocrazia.
È ora di riconsiderare la tradizionale premessa sulla necessità di un cocchiere “esperto”, capace di guidare per noi la nostra società-carrozza.
E se divenissimo cocchieri noi stessi?
Di Lea Ghisalberti per ComeDonChisciotte.org
19.03.2023
NOTE
[1] Noam Chomsky on Economic Inequality, https://www.youtube.com/watch?v=lPBaVcHJtjk
[2] https://altreconomia.it/il-ddl-concorrenza-e-la-sorte-dei-servizi-pubblici-locali-due-visioni-del-mondo-si-scontrano/
[3] https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2022-08-05;118
[4] Noam Chomsky – Property Rights https://www.youtube.com/watch?v=v9OeYtubaek