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mercoledì 22 marzo 2023

Il debito pubblico italiano scende a gennaio 2023, ma c’è un dato che fa scattare l’allarme.

 

 fonte:  https://www.investireoggi.it/economia/debito-pubblico-italiano-calo-gennaio-dato-allarme/

In discesa, a sorpresa, il debito pubblico italiano nel mese di gennaio. C'è un dato, però, che genera allarme sull'evoluzione reale.

Sorpresa sul fronte del debito pubblico italiano. Anche a gennaio risulta sceso a 2.756,5 miliardi di euro, giù di 6 miliardi rispetto al mese di dicembre. In rapporto al PIL, aveva chiuso il 2022 al 144,7%, meno del 145,7% atteso. Perché il dato di inizio 2023 si mostra sorprendente? In genere, lo stock tende a salire per tutta la prima parte dell’anno e a scendere nella seconda metà. Per capire come mai stia accadendo diversamente, dovremmo guardare a un altro dato. Le disponibilità liquide del Tesoro sono scese di altri 8,76 miliardi a 34,69 miliardi. Questo significa che la variazione sarebbe stata positiva di 2,8 miliardi in assenza di cambiamenti sul fronte della liquidità.

Crollata liquidità disponibile

Il Tesoro è solito indebitarsi sui mercati per importi superiori al fabbisogno mensile per tutti i primi mesi dell’anno. In questo modo, aumenta la liquidità per scopi precauzionali, che rilascia nei mesi in cui le condizioni di mercato tendono a peggiorare o quando le entrate sovrastano decisamente le spese.

In pratica, la discesa del debito pubblico a gennaio è stata perseguita intaccando ulteriormente le riserve di liquidità, che risultano scese ai minimi da diversi anni a questa parte. Considerate che, nel confronto con il gennaio 2022, sono di oltre 49 miliardi più basse.

Al netto delle variazioni di tali disponibilità liquide, il debito pubblico nei dodici mesi risulta aumentato di oltre 91 miliardi. Nel gennaio dello scorso anno, l’aumento tendenziale era stato superiore ai 111 miliardi, di circa 102,5 miliardi a parità di liquidità disponibile. Dunque, c’è al momento un rallentamento troppo timido nei ritmi di crescita. Ma, soprattutto, l’Italia sarà costretta a rimpinguare le proprie casse nei prossimi mesi, al fine di non ritrovarsi scoperta nel caso di deterioramento delle condizioni di mercato.

Probabile, infatti, che il Tesoro abbia optato per contenere le emissioni per via del forte balzo dei rendimenti a partire dalla seconda metà di gennaio.

Livello debito pubblico a fine 2023

A dicembre, poi, gli investitori stranieri sono tornati a vendere titoli di stato italiani, scendendo a meno di 729 miliardi (-8 miliardi) e ad una quota del 26,4% contro il 26,65% di novembre. E anche questo dato confermerebbe che il rialzo dei rendimenti sia stato perlopiù dovuto alla fuga dei capitali esteri. Quanto alla discesa di gennaio, non fateci l’abitudine. Secondo la Nota di Aggiornamento al DEF del novembre scorso, a fine 2023 il debito pubblico italiano sarà salito a quasi 2.884 miliardi. D’altra parte, per quest’anno il disavanzo è atteso nell’ordine del 4,5% del PIL, qualcosa come una novantina di miliardi.

Piccole variazioni rispetto alle previsioni ufficiali potranno avvenire in base all’andamento del PIL nominale e delle entrate fiscali. Rispetto a qualche mese fa, c’è aria di ottimismo circa la capacità di dribblare una recessione dell’economia. Anzi, gli organismi internazionali stimano un tasso di crescita per l’Italia non lontano dall’1%. E c’è la crisi dell’energia a pesare sulle casse dello stato. Il prezzo del gas è sceso ai minimi dall’estate del 2021. Di questo passo, il contrasto al caro bollette ci costerà meno di quanto preventivato. A sua volta, favorirà la ripresa dei consumi e delle attività produttive. Ma miliardo più o meno, il debito pubblico crescerà ancora drasticamente nel corso di quest’anno, sebbene continuerà verosimilmente a scendere in rapporto al PIL.

giuseppe.timpone@investireoggi.it 


 

domenica 19 marzo 2023

Chi tutto e chi niente: ovvero quando l’economia è l’anima della politica

 

Fonte:  https://comedonchisciotte.org/chi-tutto-e-chi-niente-ovvero-quando-leconomia-e-lanima-della-politica/

La Democrazia sarà mai esistita? Il suo recente – e ormai tramontato – esperimento all’italiana ha avuto una forma, secondo me, efficace: lo Stato investitore e, al contempo, regolatore del mercato. Questa interessante forma di organizzazione può essere visualizzata a mo’ di “carrozza”, in cui la società (la carrozza) viene governata e trainata verso il progresso da possenti cavalli (i mercati) grazie alla guida del cocchiere (il governo).

Tutti i supporti sociali, quali sanità pubblica, pensione, sussidio di disoccupazione o di invalidità, di cui oggi stiamo tristemente vedendo il degrado, sono tutti pietre miliari di quello che è il vero scopo della democrazia: il progresso sociale attraverso la ridistribuzione delle risorse.

Un progresso dal volto umano, altruista e pieno di cure con l’implacabile intento di aiutare un numero sempre maggiore di persone a raggiungere quella sicurezza economica e sociale essenziale per vivere dignitosamente. Cosa allora è successo negli ultimi decenni? Come mai la vita sembra muoversi verso una sempre maggiore incertezza e precarietà per una larga fetta della popolazione?

Per tornare alla metafora della carrozza: la società ha perso completamente i contatti con il cocchiere (governo), e quest’ultimo invece di governare e trainare, limitando l’impeto selvaggio dei cavalli (i mercati) si fa direzionare da essi, che, rimasti senza freni, la lanciano a tutta velocità verso il precipizio della povertà diffusa e sistematica.

Quello che sta succedendo non è nuovo, in realtà è un ritorno al passato, su scale che prima non si potevano neanche immaginare. Come già descrive Adam Smith nel 1776 nel suo la Ricchezza delle NazioniIn Inghilterra, i principali architetti politici sono coloro che posseggono la società, cioè imprenditori e mercanti che facendosi Padroni dell’Umanità fanno in modo che i propri interessi vengano rispettati”. Il padre dell’odierna economia, descrive una situazione in cui non esiste una vera divisione fra il settore politico e quello economico. Chi possiede i mezzi produttivi e di sostentamento della società, possiede la società stessa. Per secoli, l’illusoria separazione tra politica ed economia ha permesso a sistemi produttivi a stampo feudale di mantenersi e svilupparsi, con i suoi feudatari fin troppo spesso nascosti tra le stesse file governative a stampo democratico. Nonostante il feudalesimo sia stato apparentemente abolito nel XIX, esso persiste più prospero che mai nei nostri sistemi economici/produttivi. [1]

Per secoli, è stato possibile per i “pochi” proseguire indisturbati nell’accumulo delle risorse attraverso il ben noto processo della privatizzazione dello Stato e la libertà pressoché assoluta dei mercati. Tali processi hanno raggiunto dimensioni tali che i Padroni dell’Umanità, descritti da Smith, sono oggi i proprietari di multinazionali e di banche con profitti talmente alti da oscurare il prodotto interno lordo di intere nazioni; un potere tale che permette loro di sovraimporsi sull’autorità governativa della maggior parte degli stati sovrani di oggi. I cavalli si sono fatti cocchieri a tutti gli effetti. Sono loro a decidere che tipo di prodotti o servizi sono maggiormente distribuiti o in che tipo di ricerca scientifica o propaganda culturale valga la pena investire.

Questi cavalli-cocchieri sono anche coloro che silenziosamente erodono la coesione sociale che storicamente è stato l’unico mezzo per controbilanciare queste forme di tirannia. Con politiche sociali volte a incrementare le disuguaglianze, combinate con tecniche di ingegneria sociale volte a fomentare individualismo, razzismo, pregiudizi ed isolamento, la nostra identità collettiva si è persa, facendo perdere forza a tutte quelle unioni di lavoratori e società civili che avevano dato realmente forma al progresso sociale per tutti.

Riteniamo sia veramente giusto che tali multinazionali e banche, possano avere un tale potere? In fin dei conti esse sono delle istituzioni strutturalmente gerarchiche aventi vertici decisionali eletti in maniera non-democratica. Questo tipo di istituzioni, collezionano inoltre i frutti della collaborazione di migliaia di persone per distribuirli, di fatto, ai soli vertici. Come possiamo considerare legittime tali istituzioni?

Penso che il grande problema storico di cui siamo eredi e vittime sia l’incapacità di creare efficaci meccanismi sociali per limitare l’avarizia. Soprattutto negli ultimi secoli, l’ideologia liberale ha permesso di sdoganare e perfino legittimare professioni dedite allo sfruttamento degli altri (come quelle degli usurai e degli strozzini) fino ad arrivare ai giorni d’oggi dove gli investitori internazionali più spietati vengono talvolta idolatrati come guru dell’economia. Se ciò non fosse già abbastanza assurdo, l’opinione pubblica fomenta costantemente il sogno della realizzazione personale attraverso l’accumulo di ricchezza e di potere, portando persino le fasce più povere ad adottare gli ideali dei propri usurpatori e quindi a legittimarne le loro azioni ed autorità.

L’avarizia si è fatta strada nelle nostre società grazie alla mancanza di freni o limiti alla proprietà privata che il singolo può possedere. Dato che viviamo su un pianeta avente dimensioni finite con un numero limitato di risorse, la necessità di porre dei paletti alla proprietà privata degli individui viene da sé, appunto per evitare situazioni estreme in cui il diritto all’incetta privata di pochi non lasci più spazio per la proprietà privata di tutti gli altri.

Rispetto agli altri diritti, quello della proprietà privata è un diritto un po’ speciale in quanto la sua attuazione si ripercuote automaticamente sugli altri sia a livello temporale che spaziale. Nel concetto di proprietà privata senza limiti è intrinseco il detto “chi prima arriva, meglio alloggia” dando quindi il via libera a fenomeni di accumulazione di ricchezze che automaticamente danno luogo a concentrazioni di potere. Se la storia parlasse, essa starebbe continuando a ripeterci: non si può avere allo stesso tempo democrazia e concentrazione di potere nelle mani di pochi. E questo è vero soprattutto se si privatizzano sistemi di produzione su larga scala.

Quello che stiamo vivendo ora in Europa, con tutte le sue privatizzazioni delle imprese e dei servizi non si può dire indipendente dalla spinta dell’avarizia.

Se riflettiamo un attimo su ciò che implica il processo di privatizzazione è impossibile non riconoscerne la natura antidemocratica. La privatizzazione automaticamente toglie qualcosa dal bene comune per darlo nelle mani di pochi privati, i quali non sono tenuti a giustificarsi con nessuno per le proprie decisioni. Ciò che viene sotto il nome di “apertura al mercato”, è in verità un attacco a tutte le comunità locali e alla loro autonomia, quella stessa autonomia inserita tra i principi fondamentali della Costituzione Italiana e così fortemente connessa all’attuazione della sovranità popolare. [2]

Questo attacco sta diventando la norma, supportata persino a livello legislativo nell’art 8 della Legge annuale per il mercato e la concorrenza del 2021 [3].

Fin troppo spesso si usa la “scusa dell’efficienza” per giustificare questo processo di concentrazione delle risorse, anche se tale efficienza persiste solo su scala lucrativa e solo se ignori tutti i costi sociali o ambientali esternalizzati che assicurano alti profitti. È tristemente ironico che ormai si richieda la “responsabilità sociale delle imprese”, richiedendone quindi una tirannia più benevola, senza invece metterne in dubbio la legittimità a comandare su tutti.

La democrazia è una frode fintantoché i sistemi produttivi rimangono vincolati nelle mani di pochi privi di legittimazione democratica. [4]

Finchè rimarrà plutocrazia.

È ora di riconsiderare la tradizionale premessa sulla necessità di un cocchiere “esperto”, capace di guidare per noi la nostra società-carrozza.

E se divenissimo cocchieri noi stessi?

Di Lea Ghisalberti per ComeDonChisciotte.org

19.03.2023


NOTE

[1] Noam Chomsky on Economic Inequality, https://www.youtube.com/watch?v=lPBaVcHJtjk

[2] https://altreconomia.it/il-ddl-concorrenza-e-la-sorte-dei-servizi-pubblici-locali-due-visioni-del-mondo-si-scontrano/

[3] https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2022-08-05;118

[4] Noam Chomsky – Property Rights https://www.youtube.com/watch?v=v9OeYtubaek