martedì 23 giugno 2015

Olocausto 2.0, altro che populismo

troika29
Dietro all’isteria contro i “populismi” paventata da politici traditori e disinformazione mercenaria, si nasconde semplicemente il terrore che
i Popoli europei, tiranneggiati da una burocrazia europea di massoni deviati e da politici nazionali corrotti e traditori, comincino a svegliarsi e prendano coscienza dell’enorme pericolo che Essi corrono.
Il pericolo di estinguersi.

E’ un nuovo Olocausto.troika

Olocausto 2.0

L’ombra demoniaca che aleggia come un avvoltoio su decine di milioni di abitanti dei Paesi dell’Europa del Sud (PES) sta ora strappando a brani la carne viva dei Greci.
Yanis Varoufakis, il nuovo ministro delle Finanze, dà sostanza a questa ombra immonda, rendendedola visibile. 
Prima ancora della sua nomina a ministro, Varoufakis commentò sul suo blog:
«Volete sapere cosa penserò quando varcherò per la prima volta l’ingresso del ministero? Alla troika? Allo spread? Sbagliato. Nel mio cuore — scrive Varoufakis — ci sarà il ricordo dell’interprete che ho incontrato nei giorni scorsi. Prima di congedarsi è scoppiata in lacrime: “Facevo l’insegnante di lingue ma sono rimasta senza lavoro. Ora vivo per strada, me la cavo con lavoretti saltuari, mi hanno tolto il figlio che vedo una volta al mese. Non le chiedo di fare qualcosa per me. Per me è finita. Ma fate quel che potete per chi riesce a stare ancora in piedi” (articolo di laRepubblica.it)
Ecco quello che rischiano i popoli ancora non macellati totalmente, in primis gli Italiani.
Che milioni di loro diventino presto dead men walking: senza un lavoro, senza una casa – pignorata da banche rapaci o da una tartassazione feroce, senza assistenza sanitaria, senza più un futuro. Finiti. Come l’interprete di Varoufakis
Quanto tempo può durare un cittadino senza reddito e senza sanità che vive per strada all’addiaccio? Poco, molto poco. 
Ogni giorno, d’inverno, vengono raccolti, in tutte le maggiori città mondiali, innumerevoli clochard defunti per ipotermia e inedia. 
Uomini e donne che il Totalitarismo Capitalista, ha condannato prima alla morte civile, privandoli del lavoro e della casa, poi alla morte fisica.
Un incubo che sembrava limitato ai Paesi Africani e che ora aleggia anche su di noi.
Questo è ciò che intendo per Eurolager: una destrutturazione selvaggia di Stati e di legislazioni sociali per avvantaggiare poche migliaia di “locuste”, parassiti che, per incrementare ulteriormente immensi patrimoni, non esitano a togliere pane e vita a decine di milioni di esseri umani.
Gli sciami di cavallette e locuste delle Multinazionali e delle Merchant Bank, supportate dai fautori del libero mercato, dell’ordoliberismo, della Società Aperta, dell’austerità espansiva, stanno già depredando le risorse di un intero continente, l’Africa. 
Ora si addensono sull’Europa, come un cancro in metastasi.
Non so perché continuiamo a chiamarlo capitalismo. È come se ci trovassimo di fronte a una sorta di fallimento o di blocco della funzione poetica del pensiero critico. Anche i suoi adepti non hanno problemi a non chiamarlo più capitalismo. I suoi critici, invece, sembrano essersi ridotti ad aggiungere degli aggettivi: postfordista, neoliberale, oppure il quanto mai ottimista e seducente “tardo” capitalismo. Un termine agrodolce, dal momento che il capitalismo sembra destinato a seppellirci tutti. Mi sono svegliato da un sogno con in testa l’idea che avrebbe più senso chiamare il capitalismo “tanaticismo” – da Thanatos, figlio di Nyx (notte) e Erbos (oscurità), gemello di Hypnos (sonno), come Omero ed Esiodo sembrano più o meno concordare. Ho provato con “tanatismo” su Twitter, e Jennifer Mills mi ha risposto: «Sì, ma penso che siamo di fronte a qualcosa di più entusiasticamente suicida. Tanaticismo?».
Questa parola mi sembra pertinente. Tanaticismo, come fanati[ci]smo: una gioiosa ed entusiasta voglia di morire. L’assonanza con “thatcherismo” è di aiuto. Tanaticismo: un ordine sociale che subordina la produzione di valori d’uso ai valori di scambio, a tal punto che la produzione di valori di scambio minaccia di estinguere le condizioni di esistenza dei valori d’uso. Come definizione approssimativa potrebbe funzionare. Bill McKibben ha suggerito che gli esperti di clima dovrebbero andare in sciopero. Il Comitato Intergovernativo sul Cambiamento Climatico ha fatto recentemente uscire il suo report per il 2013. Il documento più o meno ricalca quello del 2012, ma con maggiori prove, maggiori dettagli e con peggiori previsioni. Tuttavia non sembra accadere nulla che possa fermare il tanaticismo. Perché fare uscire un altro report? Non è la scienza che ha fallito, ma la scienza politica. O forse l’economia politica.
Nella stessa settimana, Bp ha fatto presente la sua intenzione di dare fondo alle riserve di carbone di cui detiene i diritti. Gran parte del valore di questa azienda, dopotutto, consiste nel valore di quei diritti. Non estrarre, succhiare o fratturare il carbone per ottenere benzina sarebbe un suicidio per l’azienda. Tuttavia trasformare il carbone in benzina per poi bruciarla, rilasciando il carbone nell’aria, mette seriamente a rischio il clima. Ma questo non conta nulla nella produzione di valori di scambio. Il valore di scambio srotola la sua logica intrinseca sino alla fine: l’estinzione di massa. La coda (il capitale) fa scodinzolare il cane (la Terra). Forse non è un caso che la privatizzazione dello spazio fa capolino all’orizzonte come opportunità di investimento proprio in questo momento in cui la Terra è un cane sotto il controllo del capitale.
I nostri governanti stanno coscientemente contribuendo all’esaurimento della Terra. È per questo che stanno sognando di costruire degli hotel nello spazio. Non vogliono essere toccati dall’esaurimento della Terra e vogliamo continuare a sviluppare grandi progetti. In questo quadro è ovvio che agenzie come la Nsa spiino chiunque. I governanti sono coscienti di essere i nemici dell’intera specie a cui apparteniamo. Sono i traditori della nostra specie. Per questo vivono nel panico e nella paranoia. Immaginano che siamo tutti là fuori pronti a catturarli. Quindi lo Stato diventa un agente di sorveglianza collettiva e una forza armata in difesa della proprietà. Il ruolo dello Stato non è più quello di amministrare il biopotere. Lo Stato è sempre meno interessato al benessere delle popolazioni. La vita è una minaccia per il capitale ed è trattata come tale.
Il ruolo dello Stato non è di amministrare il biopotere ma di amministrare il tanatopotere. Chi sono i primi a cui va negato il sostegno alla vita? Quali popolazioni dovrebbero marcire e scomparire per prime? Innanzitutto quelle che non possono essere usate come forza lavoro o come consumatori, e che hanno smesso di essere fisicamente e mentalmente adatte per servire nell’esercito. Molte di quelle popolazioni non hanno più il diritto di voto. A breve perderanno il diritto ad avere i buoni pasto e altre forme di supporto biopolitico. Solo chi vorrà e saprà difendersi dalla morte avrà il diritto alla vita. Questo per quanto riguarda il mondo sovra-sviluppato. Mentre nel resto del mondo centinaia di milioni di persone vivono attualmente in condizioni di pericolo dovute all’innalzamento del livello dei mari, alla desertificazione e ad altre gravi fratture metaboliche fra società e ambiente. Tutti lo sappiamo: quelle popolazioni sono trattate come dispensabili.
Tutti sappiamo che le cose non possono continuare ad andare avanti così come sono. È semplicemente ovvio. A nessuno, però, piace pensarlo. Tutti amiamo le nostre distrazioni. Tutti ci facciamo adescare dal fascino del clic. Ma davvero: lo sappiamo tutti. E tuttavia c’è chi trae vantaggi dal mettersi a servizio della morte. Ogni accenno di scusa in favore del tanaticismo viene riempito da cascate di elogi. Da tempo non possiamo più contare sulla figura dell’intellettuale pubblico; siamo però pieni di pubblici idioti. Chiunque abbia una storia da raccontare o un’idea su come “cambiare le cose” può avere un po’ di attenzione mediatica, nella misura in cui riesce a distogliere l’attenzione dal tanaticismo – o meglio, a giustificarlo. Perfino il migliore dei pubblici idioti di quest’epoca, alla fine, si rivela per ciò che è, ossia un venditore di auto usate. Non è certo un gran periodo per le arti retoriche.
È chiaro che l’università, per come la conosciamo, sparirà. Le scienze naturali, le scienze sociali e le discipline umanistiche, ciascuna nei propri modi, lottavano per accrescere i nostri saperi. Ma è molto difficile, a prescindere dalla disciplina, evitare di approdare alla conclusione che il regime oggi vigente sia il tanaticismo. Tutto ciò che le discipline tradizionali possono fare è focalizzarsi su qualche piccolo problema assai circoscritto, su qualche dettaglio, al fine di evitare il quadro generale. E questo non è più sufficiente. Tuttavia, quelle forme di produzione di conoscenza che si concentrano su questioni minori o sussidiarie sono ancora pericolose. Esse stanno iniziando a scoprire ovunque tracce di tanaticismo all’opera. Di conseguenza, l’università deve essere distrutta. Al suo posto, un’apoteosi di ogni forma di non-conoscenza. (McKenzie Wark, “Nascita del Tanaticismo”, da “Lavoro culturale” del 23 aprile 2014).

L’Olocausto del XXI secolo.
Ci definiscono “mangiatori inutili” (useless eaters) che consumano le scarse risorse naturali e pertanto dobbiamo essere liquidati!(cfr. John Coleman, “The Conspirators’ Hierarchy: The Committee of 300″, citato nell’articolo “il Comitato dei 300″ di iconicon.it)
Usano organismi multinazionali infarciti di massoni ultra-oligarcici e paramassoni (FMI – BCE – UE, la Troika) e l’euro come cavallo di Troia per scardinare costituzioni democratiche e welfare consolidati da decenni, al fine di depredare anche i pochi beni di salariati e pensionati.
Occorre che tutti ci rendiamo conto che il Totalitarismo Neoliberista è ancora più feroce e genocida del Nazismo e del Comunismo. Se i Fascismi hanno mietuto, tramite la II Guerra Mondiale, più di 70 milioni di esseri umani e il Comunismo più di cento, il Neoliberismo porterà a morte miliardi di esseri umani e tra questi ci saremo anche noi, i nostri figli, la nostra civiltà millenaria.
Il ricatto del massone neofeudale Schäuble nei confronti della Grecia di Syriza rientra in questo piano di sterminio di massa, attuato a colpi di ricette economiche eversive e destabilizzanti:
L’eccentrico matematico Yanis Varoufakis che in tasca ha un passaporto australiano ed è il ministro greco dell’economia e delle finanze del Paese più indebitato del mondo sa che la sua è una missione disperata, quella cioè di convincere i partner dell’Unione Europea e i mastini della Bce a scucire i fondi di cui la stremata Grecia ha immensamente bisogno. Di fronte al no della Banca Europea e all’ipocrita solidarietà dei leader europei che gli esternano simpatia ma non allungano i quattrini, soprattutto dinanzi all’intransigenza della Germania – giustificata, certo, dalla sconsiderata ed allegragestione dei governi greci che hanno dissipato risorse e aiuti colossali – ha dapprima usato toni soft per commentare gli incontri coi suoi interlocutori, “noi siamo disposti a trattare, siamo una chance per l’Europa, noi abbiamo un grande sostegno nel popolo greco, usateci per iniziare un nuovo capitolo della storia dell’Ue”. Però i suoi messaggi sono rimastiinascoltati, al che l’indomito ministro ha ammesso che non c’è stato accordo e che non sono state trovate soluzioni, e ha orgogliosamente rivendicato il diritto di “lavorare i problemi da partner” e non da vigilati speciali.Non l’avesse mai detto. Wolfgang Schaeuble, il ministro tedesco delle Finanze, ha subito precisato di non essere d’accordo con Varoufakis su tutti i punti discussi, anche se c’è stato un dialogo “intenso e fruttuoso”. Balle. Perché Schaeuble ha sintetizzato l’incontro berlinese con una sorta di diktat: “La Grecia deve ritornare ad affrontare i problemi con le tre istituzioni con le quali ha avviato il programma di risanamento, ossia la Bce, la commissione Ue e il Fondo Monetario Internazionale“. Proprio la Trojka(coi suoi ukase) che la sinistra radicale Syriza e il premier Tsipras hanno identificato come i nemici della resurrezione greca. Così, lo scamiciato Varoufakis – il suo look anticonvenzionale non è affatto casuale, è una sorta di abito che fa il monaco, un messaggio chiarissimo: saremo arruffati e sgarrupati ma dobbiamo ribaltare certe regole mortali dell’austerity e di un discutibile fondamentalismo economico – ha preso coraggio e ha aperto il suo portafoglio, vuoto di Euro ma zeppo di Storia. Già, la memoria di un passato purtroppo ancora recente che ai tedeschi spesso risulta ingombrante, fastidiosa, insopportabile: “Credo che di tutti i Paesi europei la Germania possa capire questa semplice notizia: quando si scoraggia troppo a lungo una nazione orgogliosa, e la si espone a trattative e preoccupazioni di una crisi del debito deflattiva, senza luce alla fine del tunnel, questa nazione prima o poi fermenta”. Non successe alla Germania sconfitta ed umiliata del 1918, che vide germogliare il nazismo all’ombra della precariaRepubblica di Weimar?
Insomma, non accettiamo lezioni da chi si è comportato, in passato, assai peggio di noi. E poi, la colpa del disastro di chi è? Con astuzia degna di un Ulisse delle finanze, Varoufakis ha ricordato, indirettamente, che anche qualcun altro ha pasturato nell’Egeo del debito greco, un far west della speculazione, dell’evasione fiscale e dell’esportazione di capitali (vi ricordate quattro anni fa i parlamentari che avevano trasferito i loro risparmi in Svizzera?) che ha fatto comodo a tanti, di quest’Europa che oggi fa la moralista: “Certo, ci sono stati errori da parte della Grecia per la mancanza di progressi nelle riforme, ma non è questa la ragione per la quale l’eurozona è a rischio deflazione. E’ una crisi di sistema. Dobbiamo risolverla, pensando da europei, ricominciando ad usare strumenti politici”. Per non ricadere nella trappola. In fondo, la Grecia è come quei “canarini delle miniere” che venivano ingabbiati e usati come sistema d’allarme, la loro morte segnalava infatti la presenza letale del grisù: “Erano la parte più debole che moriva per prima, ma non era responsabile dei gas velenosi”. Fuori di metafora, la Grecia è la prima tessera del domino a cadere, però non è responsabile dell’effetto domino.
Varoufakis è molto intelligente, e tocca corde profonde, non solo in Grecia. Piace, il suo modo di comportarsi ed interloquire, a chi non tollera più l’oppressivo autoritarismo economico e finanziario tedesco. Una Germania che ha fatto pagare la riunificazione con la Ddr comunista, dopo il crollo delMuro di Berlino, anche a tutta l’Europa. Le banche tedesche si sono arricchite andando all’assalto deiBalcani e quindi anche della Grecia, con la complicità (interessata) dei suoi dirigenti politici. Una Germania che non si è opposta all’impresa olimpica di Atene 2004, esageratamente costose rispetto al potenziale economico greco, perché, come francesi, italiani, americani e inglesi, ci si guadagnava, eccome. Se la Grecia si è indebitata, è anche perché il suo ingresso nell’Euro è stato eccessivamente ottimista.Eurostat, nel 2001, l’organismo di controllo europeo, aveva denunciato la falsificazione dei conti pubblici greci, con la complicità di Goldman Sachs, permettendo ad Atene di avere l’illusione che potessero corrispondere ai criteri di Maastricht. […]
C’è chi teme che il populismo del partito Syriza conduca alla catastrofe, che le scelte diciamo così “keynesiane” mascherino conseguenze tanto disastrose quanto prevedibili di una politica impotente ed incapace di gestire e risolvere la crisi: le bugie e le promesse che non si possono mantenere producono sempre effetti drammatici, nazionalismo e derive autoritarie. Tutto quello che Vladimir Putin si aspetta. Da Grande Spettatore Interessato, neozar di una Russia nazionalista, conservatrice che vuole soprattutto antioccidentale. Mosca vede nella crisi greca – che è poi una crisi profondamente politica – lo spiraglio per introdursi nello scenario europeo da cui è stato emarginato, dividere l’Unione e affettare l’Euro. (articolo, Grecia, missione impossibile Varoufakis: rievoca Weimar per farsi ascoltare, ilfattoquotidiano.it)
Ovviamente, il Partito Renzista ed Hollande, che sono stati tra i primi a farsi prendere dalla frenesia del bandwagon effect pro-Syriza, sono immediatamente scesi dal carro del vincitore non appena si sono resi conto che Tsipras, differentemente da loro, ha la ferma intenzione di mantenere le promesse elettorali fatte al martoriato popolo greco.
Intanto Atene, dopo che Roma e Parigi si sono sostanzialmente fatte da parte cedendo la leadership nelle trattative ad Angela Merkel, manda una frecciata rivolta al governo Renzi. «Funzionari italiani mi hanno detto che non possono dire la verità. Anche l’Italia è a rischio bancarotta ma teme ritorsioni da parte della Germania», dice il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis dopo il tour europeo che l’ha portato anche a Roma. Parole pesanti che rompono decisamente con lo stile ‘felpato’ che di solito domina gli scambi fra i ministri europei, e che ben testimoniano la delusione di Atene per la mancanza di solidarietà da parte dei paesi, Italia e Francia in testa, che in effetti dello stop all’Austerity avevano fatto la propria bandiera. Secca anche la replica del ministro dell’Economia italiano, Pier Carlo Padoan: «il nostro debito è sostenibile». La visita di Varoufakis a Roma, Londra, Parigi, Berlino non ha portato alleanze nel braccio di ferro con l’Eurozona. La cancelliera ha esplicitamente detto che Atene è isolata e che Italia e Francia sono con Berlino. E il ministro greco, in un’intervista a Presa Diretta tira in ballo il debito, al top nella classifica europea, che accomuna Grecia e Italia. Un’uscita che serve ad aprire un varco nella presunta compattezza europea sulla posizione della Germania di fronte al «New Deal» chiesto da Atene, che vorrebbe abbuonare parte del proprio debito, la fine delle missioni di monitoraggio della troika e, soprattutto, un prestito ponte che le consenta di non sottoscrivere un nuovo programma con il trio Ue-Bce-Fmi. Atene vorrebbe far uscire allo scoperto in particolare i socialisti europei, che si sono intestati lo stop all’austerity ma di fatto – o almeno così dice la Merkel – sono con lei nella trattativa con la Grecia.
I nodi potrebbero venire al pettine all’Eurogruppo convocato d’urgenza per l’11 febbraio, alla vigilia del Consiglio dei capi di stato e di governo a Bruxelles, con la Bce che ha dato praticamente un ultimatum tagliando i prestiti diretti alle banche elleniche. Ma il tema della Grecia, con le agenzie di rating che agitano lo spettro di un default, fa breccia già al vertice turco dei ministri finanziari e governatori di domani e martedì. Anche se l’ex presidente della Fed Alan Greenspan dice che la Grecia dovrebbe uscire dall’euro («è solo questione di tempo»), il rischio ‘Grexit’, con la sua carica d’instabilità che mette in forse i progressi europei ottenuti con il quantitative easing di Draghi, non piace per niente a Washington. Il segretario del tesoro Usa Jack Lew, a Istanbul, potrebbe vestire i panni del genitore che riprende i ‘bambini’ europei chiedendo loro una maggiore cooperazione sulla Grecia. (articolo, Tsipras: «Rispetterò il programma elettorale», popoffquotidiano.it)
La leggendaria ferocia tedesca, il Drang Nach Osten, la conquista del lebensraum, il concetto egemonico della Grande Germania hanno ripreso quota.
Il saggio F.D. Roosevelt aveva avvallato in pieno il Piano Morgenthau per impedire che l’aggressività dei barbari criminali tedeschi tornasse in vita. Il Piano prevedeva che:
«Questo programma per l’eliminazione delle industrie belliche nel Ruhr e nella Saar convertirà la Germania in un paese a vocazione soprattutto agricola e pastorale.» […]
Nella Germania occupata, il Piano Morgenthau si basava sulla direttiva di occupazione degli Stati Uniti d’America (JCS 1067) e sui piani alleati di disarmo industriale, pensati per ridurre la forza economica tedesca e per distruggere la possibilità della Germania di intraprendere la guerra, tramite una completa o parziale de-industrializzazione e l’imposizione di limitazioni sull’utilizzo della rimanente capacità produttiva. Al 1950, dopo il completamento virtuale dei piani di “livellazione industriale”, per allora molto ridimensionati, erano state rimosse le apparecchiature da 706 impianti manufatturieri nell’ovest e la capacità di produzione dell’acciaio era stata ridotta di 6.700.000 tonnellate. […]
Il memorandum originale, scritto nel periodo fra il gennaio e l’inizio di settembre 1944, sottoscritto dal Morghentau ed intitolato Suggested Post-Surrender Program for Germany (Programma post-resa suggerito per la Germania), è conservato nella Biblioteca e Museo presidenziali Franklin D. Roosevelt. Testo ed immagine in fac-simile sono consultabili on-line.
Nella proposta originale questo programma doveva essere attuato in tre aspetti principali:
  • la Germania doveva essere divisa in due stati indipendenti;
  • i principali centri industriali ed estrattivi tedeschi, comprese le zone della Saar, della Ruhr e della Slesia Superiore dovevano essere internazionalizzati o annessi dalle nazioni vicine;
  • tutta l’industria pesante doveva essere smantellata oppure distrutta. […]
Lo standard di vita tedesco doveva essere ridotto al livello di quello presente al picco della Grande depressione (1932).
Il primo piano sul “livello dell’industria”, firmato nel 1946, stabiliva che l’industria pesante tedesca fosse ridotta al 50% di quello che aveva nel 1938, chiudendo 1.500 stabilimenti. (wikipedia, voce “Piano Morgenthau”)
Purtroppo massoni tra i più eversivi della Storia Umana impedirono di neutralizzare il demone teutonico e, contemporaneamente, svuotarono progressivamente le democrazie nazionali europee di ogni contenuto.
Si chiamavano Walter Lippmann, Edward Bernays, intellettuali americani; Robert Schuman, Jean Monnet, Francois Perroux, politici ed economisti francesi. Negli anni compresi fra il 1920 e il 1945 essi, indipendentemente gli uni dagli altri, partorirono le idee per il ribaltamento di 250 anni di Storia.
Ripeto: si doveva annientare il Tridente, esso era il pericolo assoluto per le moderne oligarchie assolutiste, cioè annientare Stati, leggi e cittadini. Questi ultimi erano la massa pachidermica che sedeva nel mezzo del percorso di riscatto, e alla sua neutralizzazione pensarono Lippmann e Bernays.
Considerati nel loro tempo come intellettuali ‘progressisti’, le cui idee arrivarono contigue persino all’amministrazione Kennedy, essi sapevano bene che i tempi delle baionette e della Cayenna erano finiti, ahimè, e altro bisognava inventarsi per riportare il popolo alla sua ‘giusta’ posizione ai margini.
Lippmann si espresse senza mezzi termini nel definire chi siamo noi cittadini: “meddlesome outsiders” ci definì, ovvero degli outsider rompicoglioni. Mica nulla di meno: noi persone e famiglie eravamo ai suoi occhi un’appendice fastidiosa fra i ‘cosiddetti’ del Potere. Già nel 1914 questo uomo aveva lasciato scritto nelle pagine del suo Drift and Mastery come il crescente potere del popolo minacciasse l’ordine capitalistico. Fra l’altro, sarà proprio in occasione di una conferenza europea nel 1938 in cui Lippman era ospite d’onore che il termine neoliberismo fu coniato per definire il gran riscatto dei liberisti economici messi in ombra dal Tridente fin dagli albori del XX secolo.
In Europa, Schuman e Monnet ricalcavano alla perfezione quei concetti quando sostenevano che il sistema futuro avrebbe dovuto essere una gerarchia di ordini con supremazia assoluta delle elites sulla “massa ignorante”. Ma furono le idee dei due americani a fare il grosso del lavoro. Essi s’inventarono l’arma letale, quella che in pochi anni avrebbe realmente disabilitato la partecipazione democratica dei cittadini, intontendoli, drogandoli, eliminandoli dalla scena. Eccovi sfornate l’Esistenza Commerciale e la Cultura della Visibilità massmediatica, che erano le due ammiraglie dell’industria della fabbricazione del consenso per cui i due statunitensi sono passati alla Storia. Come si vedrà più avanti, questi concetti furono poi ripresi e rilanciati con assoluto vigore da altri uomini, per approdare a ciò che chiunque di noi oggi ha davanti a sé: masse inerti di cittadini che a milioni e milioni agiscono come robot la cui unica aspirazione è acquistare oggetti e adorare i ricchi e i famosi, anche quando le loro condizioni di vita obiettive sono ormai al limite della schiavitù, incapaci di un guizzo di attivismo persino quando sono minacciati dalla malattia terminale o dalla distruzione delle sopravvivenza della specie. Dell’Esistenza Commerciale e della Cultura della Visibilità massmediatica sottolineo solo alcuni cardini, mettendo però in rilievo il micidiale coordinamento con cui agiscono: la prima porta gli individui a impiegare una fetta sempre crescente del loro tempo per acquisire mezzi per acquisire beni che gli acquisiscano autostima. Il motivo per cui vi è questo opprimente bisogno di confermare l’autostima sta nella seconda, che fin dalla più tenera età insegna ai cittadini che per Essere si deve essere Visibili, cioè contare, cioè essere ‘qualcuno’. I Visibili possono, ottengono, sono amati da molti e rispettati, hanno personalità riconosciute, sono vincenti, gli è permesso tanto. I non visibili non sono, proprio non esistono, non contano, non hanno potere, di amore ne vedono pochissimo, sono indistinguibili, sono la ripugnante massa, essi pagano sempre tutto, non gli sono concesse scappatoie. E chi si sente la massa non si piace, poiché viene perennemente sospinto al paragone coi Visibili dal martellamento massmediatico. Questo gli distrugge l’autostima. Ma senza autostima un essere umano non respira, soffoca, farà di tutto per ottenerla, si sente cioè una nullità. Ed ecco che di nuovo torna in gioco l’Esistenza Commerciale, che sussurrerà all’orecchio degli invisibili che se si vestiranno in un certo modo, che con quell’auto, che frequentando quel locale o acquisendo oggetti a ripetizione, ma ancor più se riusciranno a far parlare di sé, essi si avvicineranno ai Vip, ai Visibili, e la loro autostima sarà risollevata dalla polvere della massa. Non è necessario qui elencare i conseguenti comportamenti di milioni di esseri umani, che si perderanno nello sfoggio di un certo paio di occhiali o nella corsa al denaro, persino nell’uso della violenza demenziale (uomini) e nell’umiliazione del proprio genere (le donne) pur di apparire o di esser citati una volta nella vita in Tv. Prede cioè senza speranza della trappola sopra descritta. Si aggiunga poi che, nello sforzo economico per accedere alle simulazioni di visibilità, gli individui s’impegneranno in ogni sorta di trappola finanziaria che in un circolo vizioso li incatenerà al sistema che li vuole annientare.
In questo processo le persone smarriscono ogni indipendenza di pensiero e di comportamento terrorizzate di perdere quel fittizio treno dell’autostima, ma soprattutto la loro energia mentale e di vita sarà quasi o spesso interamente assorbita, cioè annullata, da quello sforzo. La fine dei cittadini partecipativi. Oggi infatti, l’Italia che con mezzi di comunicazione rudimentali e governata da un monoblocco di potere ecclesiastico metastatizzato ovunque riuscì a ribaltare il proprio destino con divorzio e aborto, cioè l’Italia che partecipava, è un sogno talmente remoto che non è raro trovare giovani nati anni dopo che stentano a crederci. Oggi, nell’era dell’apatia istupidita di lavoratori e sindacati a fronte della precarizzazione del lavoro – attenzione: hanno precarizzato una condizione essenziale alla sopravvivenza dell’essere umano, esattamente come se ci avessero precarizzato i globuli bianchi, hanno cioè “reso plausibile l’inimmaginabile” – il fermento delle classi lavoratrici che permisero a Giacomo Brodolini e Gino Giugni di emanare in Italia il più avanzato Statuto dei Lavoratori di tutto l’Occidente (02/05/1970) sembra una fantasia. Oggi, a fronte dell’erosione degli stipendi reali in tutte le nazioni del G8 (negli USA ristagnano dal 1973 ininterrottamente) con picchi di povertà in crescita fino a oltre l’11% della popolazione, ben 12.000 miliardi di dollari sono stati regalati a una cricca di criminali bancari che ci ha appena rovinati (sono 800 finanziarie italiane messe assieme); ciò è accaduto senza che un singolo scontro fra cittadini e polizia avvenisse a Roma, New York o Berlino. Questo siamo noi ora, noi “meddlesome outsiders”. In altre parole, il piano Lippmann e Berneys ha trionfato: siamo ai margini, inebetiti, ci hanno eliminati. Non so se i lettori si rendono conto della gravità di questo.
Mancavano le altre due punte del Tridente, gli Stati e le leggi. Qui fu il piano di Robert Schuman e Jean Monnet a portare un tocco assai più micidiale al progetto delle elites internazionali. Specificamente, i due economisti francesi curavano gli interessi di un conglomerato industriale franco-germanico (che si badi bene è ancora oggi il padrone di fatto dell’Europa, colui che ne guida i destini), il quale mirava a dominare le industrie europee imponendo il proprio volere in Italia, Portogallo, Spagna, nei Paesi scandinavi e nel Benelux. Costoro sognavano negli anni precedenti la seconda guerra mondiale una struttura continentale dove grandi masse di lavoratori sottopagati, fluttuanti in vari Stati i cui governi lasciavano briglia sciolta al business senza troppo interferire, garantissero costi di produzione bassi rendendo quel blocco economico una potenza mondiale delle esportazioni. Naturalmente, al fine di rendere in stato di quasi schivitù quei lavoratori occorreva mettere in pratica una serie di misure economiche atte a mantenere bassa l’inflazione (cioè impedire agli Stati sovrani di spendere a deficit a favore del popolo, nda), a soffocare i consumi dei cittadini e creare quindi deflazione (cioè pochi spendono e i prodotti rimangono invenduti sui mercati, nda), e a tenere tutti in un perenne stato d’incertezza economica attraverso finzioni e falsi allarmi. Infine, la cosa più importante era di arrivare a esautorare i governi stessi, renderli più piccoli e ricattabili. Ma per fare cose di questa posta, particolarmente nel pieno dell’epoca del trionfo delle democrazie partecipative, si rendeva necessario un piano epocale di una intelligenza al limite del diabolico. Lo ottennero. Esso porterà il nome di Unione Europea e Unione Monetaria Europea, Il Fantasma del Debito Pubblico, le Istituzioni Sovranazionali, e Il Tribunale Internazionale degli Speculatori e Investitori. Non per nulla fu proprio dal cosiddetto ‘piano Schuman’ che nascerà nel 1951 la prima forma larvale di unione europea, cioè la CECA (Comunità europea del carbone e dell’acciaio). Ma andiamo con ordine.
Avete un’idea di quando furono pensati l’euro e la Banca Centrale Europea (BCE)? Sapete con quale finalità esatta? Sappiamo che il trattato fondamentale della moderna Unione Europea è quello di Maastricht del 1993. Esso mise le basi anche per la futura moneta unica. Possiamo allora immaginare che furono gli anni ’80 a partorire l’euro e la BCE? No. Euro e BCE furono il parto della pianificazione del quinto uomo, l’economista francese Francois Perroux nel 1943. La motivazione? Quella che ci hanno venduto solo pochi anni fa politici e giornalisti è stata l’ovvia menzogna della creazione di una moneta forte come sfida all’egemonia del dollaro. Nella realtà lo scopo era diametralmente opposto: Perroux, e altri che vedremo fra poco, volevano togliere agli Stati il potere di gestire la propria moneta sovrana come condizione essenziale per distruggerli, perché senza la capacità di emettere moneta “lo Stato perde interamente la sua ragion d’essere”. […] Se poi a questa frode drammatica, del tutto avveratasi l’1 gennaio 2002 nei 16 Stati più ricchi d’Europa, si aggiunge anche l’idea dei pianificatori di creare corpi sovranazionali col potere di imporre leggi, regole e ricatti di ogni sorta e tipo agli Stati e ai loro parlamenti e/o sistemi giudiziari, col potere persino di scavalcare le Costituzioni degli Stati – divenuta realtà con l’Unione Europa, Trattato di Lisbona, Organizzazione Mondiale del Commercio – allora diviene chiaro come essi furono in grado di portare a compimento un disegno egemonico che appariva grottescamente impossibile anche solo 40 anni fa. Appare chiaro come riuscirono a distruggere le rimanenti due punte del Tridente, cioè gli Stati e le leggi. (Paolo Barnard, Il più grande crimine, Edizioni Andromeda)
kissinger-e-rockefellerDobbiamo precisare che il vero nemico della Massoneria aristocratica e neofeudale (ad es. la “Three Eyes” dei cabalisti Rockefeller-Kissinger-Brzezinski) è uno solo: il ceto mediomondiale e la Massoneria cabalista deviata lavora affinché centinaia e centinaia di milioni di umani muoiano anzi tempo. Di inedia e malattie.
Appoggia, tale eversiva massoneria, lo spietato Quarto Reich Merkeliano e i suoi Quisling che agiscono per deindustrializzare i Paesi dell’Europa del Sud al fine di provocare una decrescita continua della domanda interna e quindi del PIL.
Come scrive M.C. Klein su FTAlphaville citando Michael Pettis,
“Sono piuttosto esistante a introdurre un concetto che può assomigliare alla lotta di classe, ma se si distinguono coloro che hanno beneficiato di più delle politiche europee prima della crisi da quelli che ne hanno beneficiato di meno, e che sono chiamati a pagare la maggior parte dei costi dell’aggiustamento, piuttosto che parlare di un conflitto tra tedeschi e spagnoli, potrebbe essere molto più preciso proporre la tesi di un conflitto tra il grande business e l’élite finanziaria da una parte (insieme con i funzionari UE) ed i lavoratori e i risparmiatori della classe media dall’altra.Questo, in altri termini, è un conflitto tra gruppi economici  e non un conflitto tra nazioni, anche se è sempre più difficile evitare che si trasformi in un conflitto nazionale.” (traduzione di vocidall’estero.it)
Il vituperato nazionalista Vladimir Putin, nemico giurato dell’élite massonico-speculativa, rappresenta l’ultima speranza per impedire che le continue richieste di cessioni di sovranità nazionale si trasformino in un letale epitaffio per milioni e milioni di Europei.
E’ questo il motivo per cui gli USA, la UE, la Nato e “Open Society” dello speculatore ebreo George Soros hanno finanziato e supportato il colpo di stato neonazista di Svoboda e Pravyi Sektor in Ucraina.
Per ostacolare le ingerenze russe nei Paesi europei fagocitati dai Merkeliani e dalla Cabala Massonica Mondiale.
Un articolo censurato da Wikipedia del ricercatore Boris Borisov, dimostrava che la Grande Depressione in USA avrebbe provocato —direttamente — almeno sette milioni di vittime. Le ricette economiche che hanno permesso tale disastro, conosciute come Hooveromics, sono state integralmente ricopiate nella Montinomics applicata dal 2011 in poi in Italia.
Mario Monti si vantava davanti alla telecamere della CNN di aver distrutto la domanda interna italiana. E Soros, da parte sua, si autoincensa — sempre alla CNN — per il  ruolo avuto nel golpe neonazista ucraino che ha destituito il Presidente eletto democraticamente Viktor Yanukovich:
«Ho creato una fondazione in Ucraina prima che l’Ucraina ottenesse l’indipendenza dalla Russia (1991). La fondazione sta lavorando da allora… E ha giocato un ruolo importante negli eventi di oggi». George Soros non ha usato giri di parole per spiegare il suo coinvolgimento nel colpo di Stato ucraino. E lo ha fatto ai microfoni della CNN.
Ungherese di nascita, naturalizzato statunitense, a partire dal 1970 Soros ha accumulato una fortuna pari a venti miliardi di euro speculando sui titoli azionari e sulle monete sovrane. È stato lui nel 1992 a innescare le speculazioni sulla lira, che portarono la nostra moneta a dover uscire dal Sistema monetario europeo.
Negli anni Ottanta Soros ha finanziato i movimenti dissidenti in Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria e altri Paesi del Blocco di Varsavia, dando un apporto sostanziale alla caduta del Muro di Berlino e alla fine dell’Unione Sovietica.
A partire dal 2000 Soros, attraverso la sua fondazione Open Society, ha assunto un ruolo di primo piano nella complessa struttura messa in piedi dal Dipartimento di Stato Usa per alimentare rivoluzioni in tutto il mondo (ventiquattro in quattordici anni). (“Soros: Gli eventi ucraini sono anche merito mio”, popoffquotidiano.it)
ukraineNon solo. Anche l’apparentemente inspiegabile crollo del prezzo del greggio ha alle spalle semprela cabala mondiale e la Ur-Lodge “Three Eyes”,dei cabalisti Rockefeller-Kissinger, che telecomanda a suo piacimento il CFR e il Dipartimento di Stato USA:
E’ ormai stato acclarato da più parti che il crollo del prezzo del petrolio si innesta all’interno della contrapposizione geopolitica in atto tra Russia e Stati Uniti, questi ultimi supportati dai loro stretti alleati sauditi. Secondo autorevoli osservatori, infatti, tale repentino collasso rientrerebbe in una strategia elaborata nel corso dell’incontro tenutosi in una località segreta sulle coste del Mar Rosso tra John Kerry e il Re saudita Abdullah e finalizzata a colpire l’economia russa, che si basa fortemente sulle esportazioni di petrolio e di gas.Non è infatti peregrino ipotizzare che l’intento finale di tale strategia, unita al peso delle sanzioni, consista nella creazione di una pesante crisi economica dello Stato russo, tale da compromettere seriamente il ruolo stesso del suo establishment. Peraltro, alcuni analisti, e fra questi F. William Engdahl, ritengono che tale politica provocherà certamente delle conseguenze anche sulla produzione statunitense che verrà, anch’essa, colpita duramente da questo gioco al ribasso. Engdahl, in particolare, sostiene che la strategia arabo-statunitense danneggerà le compagnie che hanno investito nello Shale Oil dal momento che, laddove il prezzo si stabilizzasse sotto la soglia degli 80 dollari al barile, l’attività di  perforazione non sarebbe più conveniente.
In altri termini, secondo questa tesi, la nuova situazione prodotta dall’attuale ribasso dei prezzi starebbe offrendo all’Arabia Saudita la ghiotta opportunità di riassumere il controllo globale del mercato del petrolio permettendo, più in particolare, al vecchio establishment saudita di regolare i conti con la nuova guardia che è andata ad investire in USA nello Shale Oil. Lo Stato saudita, infatti, detenendo ormai il coltello dalla parte del manico, sta ricavando notevoli vantaggi dallo sfruttamento di greggio e sta cercando di far abbassare ulteriormente i prezzi, incentivando al contempo una produzione stabile per poter spremere la quota di mercato degli USA, la cui produzione di petrolio è recentemente aumentata. Da questa valutazione andrebbe dedotta la scelta, adottata dai sauditi in ambito OPEC nella riunione del 27 novembre 2014, di non tagliare la produzione. (Filippo Romeo, Il calo del Petrolio mette a serio rischio la stabilità venezuelana, geopolitica-rivista-org)
Anche in caso di uscita della Grecia dall’Euro, la moneta dell’alchimia massonica, a pagare sarebbe sempre e solo il ceto medio europeo, in particolare gli Italiani:
Se il neopresidente Alexis Tsipras decidesse di sfilarsi dall’Euro, secondo Barclays: “sarebbe un’uscita brusca e traumatica” E per l’Italia la botta sarebbe devastante: “La storia insegna – scrive la banca nella sua relazione – che pochi governi sono sopravvissuti in casi del genere. Le più colpite sarebbero le classi medie italiane, senza soldi all’estero nè speciali proprietà”. La banca brittanica sostiene invece che Atene dovrebbe solo osservare: “la fuga precipitosa dei correntisti, prima che venga fissato il nuovo cambio con la dracma”. Le banche greche collasserebbero e sarebbe: “quasi inevitabile la loro statalizzazione”. Se questa strada si concretizzasse, per l’Italia si aprirebbe una stagione di tagli radicali, gli stessi imposti alla Grecia prima di Tsipras, insomma i prossimi saremmo noi. (Il rapporto della banca Barclays: “Alla Grecia conviene uscire dalla zona Euro”, liberoquotidiano.it)
 http://www.isoladiavalon.eu/olocausto-2-0/

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