martedì 23 giugno 2015

Goldman Sachs e Italia

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The Goldman Sachs Group, Inc. è una delle più grandi banche d’affari del mondo, che si occupa principalmente di investimenti bancari e azionari, di risparmio gestito e di altri servizi finanziari, prevalentemente con investitori istituzionali (multinazionali, governi e privati).
Fondata nel 1869 da Marcus Goldman, un tedesco di origini ebraiche immigrato negli Stati Uniti, la società acquisisce il nome Sachs quando nel 1896 a Marcus Goldman si unisce il genero Samuel Sachs e nello stesso anno viene quotata alla borsa di New York (…), ha sede legale al 200 di West Street, a Lower Manhattan, con filiali importanti anche nei principali centri finanziari mondiali (Londra, Francoforte, Tokyo, Hong Kong). È quotata al New York Stock Exchange.
Fornisce servizi di consulenza su piani di acquisizioni e fusioni fra aziende, su sottoscrizioni di titoli di debito, sulla gestione delle risorse finanziarie e sul prime brokerage, oltre che occuparsi di servizi di proprietary trading e private equity. È anche autorizzata al piazzamento di titoli di debito del Governo statunitense. (Wikipediavoce: “Goldman Sachs” wikipedia.it)
Apprendiamo dalla voce inglese di Wikipedia che il 4 dicembre 1928 l’azienda lanciò il fondo chiuso “Goldman Sachs Trading Corp.”, fallito a causa del crollo della borsa nel 1929, danneggiando l’immagine della società per diversi anni a venire.
«A seguito del grande crack del 1929 la banca rischia quasi il collasso per via della grande esposizione assunta sul finire degli anni ’20 sul mercato azionario, anche tramite fondi d’investimento venduti al pubblico, come il Goldman Sachs Trading Corporation, Shenandoah Corporation e Blue Ridge Corporation, dal funzionamento simile allo [[schema di Ponzi]] o [[marketing piramidale]]. La reputazione della Goldman Sachs ne soffre per diversi anni. Sul punto John Kenneth Galbraith scrisse: ‘l’autunno del 1929 fu forse la prima occasione in cui gli uomini riuscirono a truffare se stessi’.» (Wikipediavoce: “Goldman Sachs”, cit.)
Goldman Sachs, colei che comanda e domina questo clamoroso «Schema Ponzi» che ormai funziona da anni e che non potrà che essere solo marginalmente limitato in futuro, ma mai estirpato. Infatti, come ben sapete, il mondo ètecnicamente in default e il debito in scadenza non è esigibile, se non grazie al cash ottenuto dall’emissione di nuovo debito. Se questo non è «Schema Ponzi»
E dopo aver distrutto con la finanza strutturata il sistema economico, succhiandone il sangue e portando l’economia globale in una fase di crisi senza eguali nella storia, oggi ci ritroviamo con l’ennesima favolosa messa in scena.Goldman Sachs che ci fa la morale e ci dice esattamente cosa deve fare l’Europa per uscire dalla crisi. (Articolo,“EUROZONA: Le soluzioni per uscire dalla crisi”, intermarketandmore.finanza.com)
Un’altra crisi per l’azienda si verificò nel 1970 quando la Penn Central Transportation Company fallì, con 80 milioni di dollari di “commercial paper outstanding” (una sorta di pagherò cambiario delle imprese) la maggior parte dei quali erano stati emessi da Goldman Sachs.
Ma è con l’attuale crisi economica mondiale, esplosa nel 2008, che la trama diventa sempre più fitta.
Il 16 aprile 2010 Goldman Sachs è stata inaspettatamente incriminata per frode dalla SEC, l’ente governativo statunitense preposto alla vigilanza della Borsa valori.
Al centro dello scandalo vi sarebbe il titolo Abacus 2007-AC1, un complesso sistema, attraverso il quale la banca d’affari avrebbe di fatto truffato i propri clienti, tra i quali figurano anche grandi istituzioni finanziarie internazionali. L’apertura di questo procedimento giudiziario ha spinto al ribasso molti titoli bancari nelle borse europee e statunitensi. Il procedimento è stato formalizzato dalla SEC non con un voto unanime, come accaduto in passato per casi di tale portata, ma con un voto a maggioranza che ha visto i 3 membri della commissione di nomina democratica votare a favore, e i due membri di nomina repubblicana votare contro. (Wikipedia, voce: “Goldman Sachs”, cit.)
Due dettagliatissime indagini sulle cause del collasso finanziario condotte dalle competenti commissioni d’inchiesta americane hanno identificato la GS tra le principali “fucine” del rischio e dei default.
Il cosiddetto Rapporto Levin della Commissione Permanente per le Indagini del Senato Usa dedica più di 250 pagine all’analisi dei comportamenti della citata banca d’affari. Esso segnala ben 12 casi di conflitto di interesse. Il primo riguarda le posizioni al ribasso assunte all’insaputa di tutti contro i titoli da lei “impachettati” per differenti clienti.
Si trattava dei derivati Cdochiamati Hudson, Anderson e Timberwolf, legati ai mutui subprime e alle ipoteche immobiliari. Nel 2007 intascava da queste operazioni un profitto di ben 1,7 miliardi di dollari mentre invece i detentori dei titoli vedevano il loro valore crollare anche per l’effetto di questi giochi speculativi.
La Goldman Sachs non aveva rivelato l’inserimento in alcuni specifici Cdo offerti ai clienti anche di derivati Cds da lei controllati per 1,2 miliardi di dollari. Evidentemente l’intento era quello di trasferire ad altri i titoli a rischio [cd. titoli tossici]in suo possesso.Nel caso del Cdo sintetico Abacus, la GS permise ad un cliente, l’hedge fund Paulson & Co. Inc, di selezionare i sottostanti (asset) di un Cdo, ben sapendo che lo stesso cliente era impegnato in operazioni al ribasso sul titolo.Poi sollecitò gli investitori a comprare pur consapevole che essi avrebbero perso alla grande. Naturalmente la GS ottenne laute commissioni e l’hedge fund incassò 1 miliardo di dollari.La stessa banca, che era stata nominata e profumatamente pagata come “agente liquidatore” di alcuni titoli in caduta libera, ritardò deliberatamente le operazioni facendo perdere somme enormi ai loro detentori. […] Il ruolo della GS, insieme a quello degli altri primi attori di Wall Street, è al centro anche delle analisi della “Commissione nazionale Angelides” sulle cause della crisi economica e finanziaria negli Usa. Anche in questo rapporto 
vignettavengono esposte le speculazioni al ribasso “nascoste” fatte su titoli a rischio e di bassa qualità che la GS metteva sul mercato. La sua strategia fu ammessa da un alto dirigente che aveva invitato l’intera struttura della banca a un aggressivo collocamento di tali titoli tra gli investitori. “Vogliamo essere nella posizione di trarre vantaggio quando il mercato andrà in distress (cioè in fibrillazione e in perdita)”, così egli affermava.
Quando nel caso specifico del Cdo Abacus 2007-AC1 la Security Exchange Commission, la Consob americana, l’accusò di frode, la GS nel luglio scorso fu pronta a pagare senza battere ciglio 550 milioni di dollari di multa pur di chiudere il caso e sottrarsi all’attenzione della pubblica opinione.” (Mario Lettieri e Paolo Raimondi, “Parmalat e Goldman Sachs: un rapporto particolare”,www.dazebaonews.it)
In questo link si può scaricare (in formato .pdf) il citato Rapporto Levin della Commissione Permanente per le Indagini del Senato degli Stati Uniti, dal titolo: “WALL STREET AND THE FINANCIAL CRISIS: Anatomy of a Financial Collpase”.
Per capire come Goldman Sachs e le banche d’affari americane governano il mondo e gestiscono le leve della crisi mondiale, bisogna guardare il film “Inside Job” del regista americano Charles Ferguson. E’ un cine-documentario sulle origini della crisi economica che nel 2008 ha investito il mondo, provocado uno tsunami di licenziamenti e le tendopoli nei boschi americani per chi non ha più un lavoro e una casa. Il film lo hanno visto milioni di americani e probabilmente migliaia di indignados che stanno assediando in questi giorni Wall Strett. Cosa spiega il film? Una cosa molto semplice: la crisi economica è stata provocata da un’industria finanziaria fuori controllo e i responsabili sono i manager delle grandi banche d’affari. Goldman Sachs è in prima fila. (…) Quando nel 2001 George Bush diventò presidente degli Stati uniti l’industria finanziaria erano nelle mani di cinque banche d’investimento (Goldman Sachs, Morgan Stanley, Lheman Brothers, Merrill Lynch, Bear Sterns) due gruppi finanziari (Citigroup, Jp Morgan), tre compagnie di assicurazioni (Aig, Mbia, Ambac) e tre agenzie di rating (Moody’s, Standard & Poors, Fitch). Attraverso il processo di cartolarizzazione incrociavano mutui e prestiti e rivendevano il debito attraverso i Cdo (Collateralized Debt Obligation) che le agenzie di rating valutavano con triple A (mentre invece erano, in molti casi, titoli spazzatura). Tra i prestiti rischiosi c’erano i mutui subprime, che a migliaia furono compressi in Cdo con triple A emesse dalle agenzie di rating. Le banche d’investimento preferivano i mutui subprime perché apportavano un maggior tasso di interesse, quindi guadagni alti.(…) Nel 2007 il giornalista Allan Sloan pubblicò un articolo su Fortune Magazine e denunciò il rischio di un crollo finananziario causato dalle banche d’investimento. In quel periodo una enorme quantità di Cdo senza valore furono acquistati dal Sistema di pensionamento dei pubblici impiegati del Mississipi, che forniva servizi a oltre 80 mila pensionati: l’organizzazione perse oltre 1 milione di dollari e denunciarono la Goldman Sachs. La banca d’affari vendeva tonnellate di Cdo, ma alzò il livello di rischio: cominciò a scomettere contro quei titoli finanziari, spacciandoli ai clienti come investimenti di alta qualità.
Sempre nel 2007 la Goldman Sachs comprò 22 miliardi dollari di Credit default swap dalla Aig
. Era una somma così elevata che la Goldman Sachs realizzò che la Aig poteva finire in bancarotta (cosa che poi ha rischiato davvero nel 2008, chiedendo l’aito della Federal Reserve). Quindi spese 100 milioni di dollari per assicurarsi contro un fallimento della Aig. Poi iniziò a vendere speciali Cdo che, più soldi i clienti perdevano, più Goldman Sachs ne guadagnava.
Nell’aprile del 2010 i dirigenti della Goldman Sachs furono costretti a testimoniare al Congresso americano: Daniel Sparks, ex capo reparto mutui della Goldman (2006-2008) dovette riferire su alcune email in cui definiva certe transazioni “affari di merda”. Fabrice Tourre, direttore esecutivo prodotti strutturati della Goldman Sachs vendeva azioni che definiva “cacca”. Llyod Blankfein, presidente di Goldman, e David Viniar, vicepresidente esecutivo, sotto le pressanti domande del senatore Carl Levin, furono costretti ad ammettere che sapevano di vendere spazzatura.

A settembre 2008 la Lehman aveva finito i soldi e l’industria finanziaria stava affondando. La Aig doveva 13 miliardi di dollari ai proprietari di Credit default swap e tra questi c’era la Goldman Sachs. Il governo americano decise di assumereva il controllo di Aig e chiese al Congresso lo stanziamento di 700 miliardi di dollari per salvare le banche di investimento: 61 miliardi andarono alla Goldman Sachs. Paulson, Bernenke e Geithner (diventato nel frattempi segretario al Tesoro con Obama) costrinsero la Aig a pagare il prezzo intero, invece di negoziare prezzi più bassi. Paulson e Geithenr costrinsero la Aig a privarsi del diritto di denunciare la Goldman Sachs per frode. Ma nel 2010 la Sec ha incriminato la Goldman Sachs per frode, per aver venduto i titoli Abacus 2007 Ac1 con il chiaro intento di truffare importanti clienti.” (Enzo di Frenna, “Goldman Sachs e il default mondiale nel 2012” , www.enzodifrennablog.it)
Una preziosa aggiunta da “il manifesto” su Goldman Sachs, «gli uomini Goldman Sachs hanno una caratteristica: vengono prestati alle istituzioni. Spesso hanno lavorato come advisor: consigliano alla banca come fare affari con i beni pubblici privatizzati.
«padroni dell’universo». Un soprannome modesto per gli uomini di punta di Goldman Sachs (GS). Una banca d’affari con 142 anni di vita, più volte sull’orlo del baratro, da sempre creatrice di conflitti di interesse terrificanti, da far impallidire – per dimensione e pervasività – quelli berlusconiani.
Famosa per “prestare” i propri uomini alle istituzioni, quasi dei civil servants con il pessimo difetto di passare spesso dalla banca privata aigs.png posti di governo. Come peraltro i membri della Trilaterale o del Bilderberg Group. Mario Monti è uomo accorto: è presente in tutti e tre. Per GS ha fatto finora l’international advisor, come anche Gianni Letta, dal 2007, nonostante il ruolo di governo. Cos’è un advisor? Beh, è un consigliere; una persona in grado di indicare a una banca internazionale i migliori affari in circolazione. Specie quando uno Stato deve privatizzate le società pubbliche. Sta nella buca del suggeritore, ma può diventare premier… E GS ha comunicato ai mercati in tal caso lo spread per i Btp italiani calerebbe a 350 punti in un lampo.
È la banca che ha inventato (subito copiata dalle altre) i prodotti derivati, quei 600mila miliardi di dollari virtuali che stanno strangolando il mondo. Che ha aiutato i conservatori greci a nascondere lo stato reale dei conti pubblici davanti alla Ue. Che ha mandato l’amministratore delegato Henry Paulson, nel 2006, a fare il ministro del tesoro di Bush figlio. Dopo il crack di Lehmann Brothers inventò il piano Tarp: 700 miliardi di dollari statali per salvare le banche private anche a costo di far esplodere il debito pubblico Usa. GS riuscì in quel caso a intascare buona parte dei 180 miliardi destinati al salvataggio di Aig, gruppo assicurativo.» (Francesco Piccioni, “GS la banca d’Affari -vivaio dei padroni dell’universo”ilmanifesto.it)
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Goldman Sachs governa l’Europa? Posta in questo modo, la domanda può far sorridere. Ma la stampa francese s’interroga sull’influenza esercitata dalla banca d’affari statunitense: Mario Draghi ne è stato vice-presidente per l’Europa dal 2002 al 2005, Mario Monti consigliere internazionale dal 2005, mentre Lucas Papademos, nuovo premier greco, era governatore della banca centrale del suo paese quando Goldman Sachs truccò i conti del paese. A sottolineare i rapporti tra l’istituto americano e diversi leader europei è Marc Roche, corrispondente di Le Monde a Londra e soprattutto autore di un libro di rilevo : ‘La Banca. Come Goldman Sachs dirige il mondo’, premiato nel 2010 con il Premio del libro di economia.
(…) La nuova generazione di industriali rispetta meno il vecchio establishement e chiede trasparenza. Ma proprio questa manca a Goldman Sachs, scrive ancora Roche : ‘La banca ama piazzare i suoi uomini senza lasciar mai cadere la maschera. Per questo i suoi uomini ligi nascondono questa filiazione quando danno un’intervista o conducono una missione ufficiale (come fu il caso di Monti, che si è visto affidare nel 2010 uno studio sul mercato unico europeo dal presidente della Commissione)’. (Giampiero Martinotti, “Le mani di Goldman Sachs sulla crisi europea”, www.repubblica.it)
La ‘cupola’ di Goldman Sachs domina il mondo? Se lo domandano in molti in Europa e non solo. In un articolo sul ‘Fatto Quotidiano’ Roberta Zunini ci ricorda un po’ la storia comune delle tre personalità nella banca d’affari.
Scrive Zunini: ‘Governatori dal capo cinto d’alloro finti inviati a redimere le corrotte province dell’Impero, sull’orlo della bancarotta, piuttosto che massoni tanto spietati quanto fedeli della «loggia americana Goldman Sachs». Il neo establishment europeo, forte dell’ingresso di Mario Draghi, Mario Monti e Lucas Papademos alla testa rispettivamente della Banca centrale europea, del governo italiano e di quello greco, lascia perplessa la stampa internazionale’.
‘Mario Draghi – ricorda – fu addirittura vicepresidente della Goldman Sachs International per l’Europa tra il 2002 e il 2005, con il compito ufficiale di occuparsi delle imprese dei paesi sovrani, ma corso in aiuto alla Grecia “camuffando i suoi conti grazie a prodotti finanziari swap’. Monti, dal 2005 a ieri consigliere internazionale di Goldman, sarebbe stato a lungo un ‘apritore di porte’ con il compito di entrare nel cuore del potere europeo per difendere gli interessi di GS. Dal catalogo Goldman, il neo premier aveva la missione di consigliare i vertici della banca su non meglio specificati ‘affari europei e i grandi dossier della politica mondiale’. Papademos, già governatore della Banca centrale greca tra il ‘94 e il 2002, avrebbe invece giocato un ruolo importante con l’aiuto della Goldman nel nascondere i rovinosi conti pubblici ellenici. Ma la banca d’affari, al contrario degli istituti suoi concorrenti, non cerca di fare pressione sui deputati, sui ministri, insomma sugli esponenti delle compagini politiche europee, bensì cerca di mettere direttamente i suoi consiglieri o gli ex esponenti del suo vertice a capo delle Banche centrali o delle commissioni europee. Mario Monti è stato infatti a lungo commissario europeo’.” (Articolo, “La massoneria di Goldman Sachs”, blogpost.blitzquotidiano.it)
La Goldman SachsUna banca d’affari che in Europa ha «tessuto una rete d’influenza unica sedimentata nel corso dei lustri grazie a una fitta trama sia pubblica, sia sotterranea».
A dirlo non sono i soliti quattro gatti appassionati di trame e complotti internazionali, ma quelli di Le Monde. La bibbia dei “gauche
caviar” d’Oltralpe parte da Mario Monti e Mario Draghi per accusare la banca d’affari statunitense di gestire un occulto direttorio europeo capace di manovrare, in base ai propri interessi, gli uomini chiamati prima a generare e poi governare la crisi dell’euro.
La caccia di Le Monde ai Goldman’s Boy parte proprio da Mario Monti. Come ricorda il quotidiano francese il nostro premier in pectore ha collezionato non solo l’incarico di consigliere internazionale della Goldman Sachs, conferitogli nel 2005, ma anche le cariche, non proprio ininfluenti, di presidente della Commissione Trilaterale e di socio del Bilderberg Group.
Ma l’appartenenza alla Trilaterale e al Bilderberg sembrano dei requisiti irrinunciabili per tutti i Messia delle disastrate nazioni europee. (…)
Ben peggiori sono però, ricorda Le Monde, i sospetti che circondano Mario Draghi l’attuale governatore dellacontroiniziato_massone_DraghirBce, titolare tra il 2002 e il 2005 della carica di vice presidente della Goldman Sachs International. In quel fatale 2005 la Goldman Sachs rifila alla Grecia gli strumenti finanziari indispensabili per nascondere i debiti e metter piede nell’euro. A
render possibile il raggiro targato Goldman Sachs contribuisce non poco Lucas Papadémos, il premier greco, membro come Mario Monti della Commissione Trilaterale, chiamato oggi – al pari del “Supermario” nostrano – a salvare la patria in pericolo.
Una patria accompagnata da lui stesso sull’orlo del precipizio quando, da governatore della Banca Centrale di Atene, affida a Petros Christodoulos, un ex gestore di titoli della Goldman, lo scellerato maquillage dei conti ellenici.
Non a caso Lloyd Craig Blankfein, presidente dal 2006 della Goldman Sachs e grande finanziatore delle campagne elettorali di Obama, spiega così il suo mestiere di banchiere. «Io faccio il lavoro di Dio».” (Gian Micalessin, “Ecco perché l’Europa è nelle mani di Goldman Sachs”, www.il giornale.it)
Per maggior precisione ecco l’articolo di Voxeurop.eu che rimanda, appunto, al pezzo di Le Monde:
La parentesi di Mario Draghi come “piazzista” di trucchi di bilancio per Goldman Sachs tra il 2002 e il 2005 è la “grande zona d’ombra” nella reputazione del nuovo presidente della Bce, scrive Le Monde. I francesi, si sa, non hanno mai digerito del tutto l’insediamento di un italiano al posto di Jean-Claude Trichet, e ora che la Grecia fa davvero tremare l’Europa il legame con il peccato originale di Atene pesa ancora di più. Ecco la ricostruzione del quotidiano parigino:«Nel 1999 viene decisa la creazione della moneta unica, ma la Grecia non può aderire immediatamente. Atene è infatti lontana anni luce dai criteri rigorosissimi enunciati nel trattato di Maastricht. Per entrare nel club non può fare altro che nascondere il suo deficit.
Nel 2000 Goldman Sachs International, la filiale britannica della banca d’affari americana, vende al governo socialista di Costas Simitis uno “swap” in valuta che permette alla Grecia di proteggersi dagli effetti di cambio, trasformando in euro il debito inizialmente emesso in dollari. Lo stratagemma consente ad Atene di iscrivere il ‘nuovo’ debito in euro ed escluderlo dal bilancio facendolo momentaneamente sparire. E così Goldman Sachs intasca la sua sostanziosa commissione e alimenta una volta di più la sua reputazione di ottimo amministratore del debito sovrano.
Proprio in quel periodo, tra il 1999 e il 2000, il nome di Mario Draghi è associato strettamente a quello di Goldman Sachs. All’epoca Draghi è “vicepresidente per la Europe-Goldman Sachs International, aziende e debito pubblico”. Il titolo lascia presumere che il nuovo presidente della Bce abbia contribuito all’affare tra la banca e Atene.
Poco dopo Draghi firma un articolo insieme al Nobel per l’economia Robert C. Merton, nel quale giustifica il ricorso alle pertiche (legali) di dissimulazione del credito “per stabilizzare il reddito delle imposte ed evitare l’accumulo improvviso del debito.
Inoltre, come ricordava il New York Times il 30 ottobre citando un ex banchiere della Goldman Sachs (anonimo), Draghi viene incaricato dalla banche di vendere in tutta Europa questo tipo di prodotto finanziario ‘swap’ in grado di nascondere una parte del debito sovrano.
Il legame tra Draghi e Goldman Sachs risale all’epoca delle privatizzazioni italiane, all’inizio degli anni novanta, quando il nuovo presidente della Bce dirigeva il Tesoro. Goldman Sachs fa la parte del leone e supera diverse altre banche straniere, ottenendo il mandato per la cessione del gigante degli idrocarburi Eni, nel 1993.» (Il piazzista di Goldman Sachs, voxeurop.eu)
barky_dees.jpgRicordiamo che “Wall Street’s top investment bank[Goldman Sachs] was a generous contributor to Obama’s presidential campaign.” e che, come vedremo in seguito, il presidente di Goldman Sachs, l’ebreo Lloyd Blankfein, ha visitato la Casa Bianca innumerevoli volte.
Le porte girevoli… «Diverse polemiche suscita, in generale e in particolare riguardo a Goldman Sachs, il fenomeno conosciuto come revolving doors (in inglese: “porte girevoli”), per cui determinate persone passano da responsabilità pubbliche a ruoli di vario genere all’interno della banca d’affari e viceversa, configurando un potenziale conflitto di interessi.
I casi più controversi riguardano il ruolo di diversi dirigenti nel contesto della crisi economica del 2008-2010, come ad esempio Henry Paulson: Segretario del Tesoro degli Stati Unitidalla metà del 2006 al gennaio 2009, ha lavorato in Goldman Sachs a partire dagli anni settanta fino a diventarne direttore operativo (1994-1999) e amministratore delegato (1999-2006). Il lobbista della Goldman Sachs Mark Patterson è stato poi posto alla testa dello staff del Segretario del Tesoro Timothy Geithner, nonostante il presidente Barack Obama, nella sua campagna presidenziale, avesse promesso che l’influenza dei lobbisti nella sua amministrazione sarebbe stata fortemente ridimensionata. Nel febbraio 2011, il Washington Examinerriporta che Goldman Sachs nel 2008 ha intensamente finanziato la campagna presidenziale di Obama del 2008 e che il suo chairman Lloyd Blankfein ha visitato la Casa Bianca almeno dieci volte.Altri dirigenti di Goldman Sachs che hanno ricoperto ruoli pubblici negli USA:
  • Robert Rubin, Segretario al Tesoro degli Stati Uniti d’America dal 1995 al 1999, socio dal 1966 al 1992 della banca e co-presidente della stessa dal 1990 al 1992
  • Robert Zoellick, Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti d’America dal 2001 al 2005 e presidente dellaBanca Mondiale dal 2007, è stato managing director di Goldman Sachs dal 2006 al 2007
  • Joshua Bolten, capo di gabinetto della Casa Bianca di George W. Bush dal 2006 al 2009 è stato direttore esecutivo di Goldman Sachs International a Londra dal 1994 al 1999
Il dibattito sulle “porte girevoli” di Goldman Sachs si è riaperto in Europa in occasione delle crisi di governo nazionali di fine 2011, in particolare in Grecia e Italia. Alcuni hanno accusato la società di esercitare influenze poco trasparenti su economia e politica. Altri hanno spiegato come sia comprensibile che persone che hanno ricoperto ruoli pubblici vengano assunte a diverso titolo da Goldman Sachs per la loro competenza o per il loro networking, non vedendo in questo nulla di strano (o al limite un fenomeno “non particolarmente commendevole”), e criticando come infondate le teorie tendenti alcospirazionismo.
Alcune persone notorie che hanno avuto rapporti a vario titolo con Goldman Sachs e che hanno assunto incarichi di rilievo in Europa sono:
  • Mario Draghi, Governatore della Banca d’Italia dal 2006 al 2011 e della Banca centrale europea dal 2011, è stato vice-presidente di Goldman Sachs per l’Europa dal 2002 al 2005
  • Gianni Letta, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri nei governi guidati da Silvio Berlusconi
  • Mario Monti, Commissario europeo dal 1994 al 2004 e Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana dal 2011, è stato consulente di Goldman Sachs
  • Lucas Papademos, primo ministro della Grecia dal 2011.
  • Mark Carney, governatore della Bank of Canada dal 2008 e presidente del Financial Stability Board dal 2001, ha lavorato per tredici anni alla Goldman Sachs
  • Romano Prodi, presidente dell’IRI dal 1982 al 1989 e dal 1993 al 1994, Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana dal 1996 al 1998 e dal 2006 al 2008 e presidente della Commissione Europea dal 1999 al 2004, è stato consulente della banca d’affari dal 1990 al 1993 e dopo il 1997
  • Massimo Tononi, sottosegretario all’Economia del secondo governo Prodi dal 2006 al 2008 e presidente di Borsa Italiana dal 2011, è stato partner e advisory director della Banca d’Affari.» (Wikipediavoce: “Goldman Sachs”, cit.)
Lo slogan ufficiale di Goldman Sachs è «Our Client’s Interests Always Come First», ma il motto vero è: «Chi entra in Goldman Sachs ne farà parte per sempre».
Ripetiamo ciò che ha scritto “il manifesto” (cit.): «Gli uomini Goldman Sachs hanno una caratteristica: vengono prestati alle istituzioni».
Tale processo osmotico, per cui uomini Goldman Sachs passano rapidamente da incarichi istituzionali alle poltrone in GS e viceversa non sembra suscitare alcuna preoccupazione nei media nostrani, mentre negli USA desta enorme attenzione, tenendo presente che il termine “revolving doors” (le porte girevole degli alberghi) è usato con tale accezione solo in relazione a Goldman Sachs. Una riprova è questo articolo di CBS News, intitolato appunto “Goldman Sachs’ Revolving Doors”, con un lunghissimo elenco di uomini GS “prestati” alle istituzioni. Essendo stato scritto nel 2010, non compaionoDraghi, Papademus e Monti.
Interessante questo articolo, del 2007, cioè prima che esplodesse la crisi dei subprime:
Passiamo ad alcune indagini ‘bollenti’, a delle possibili ‘piste’. Una su tutte. 19 febbraio 2007. I militari della Guardia di Finanza perquisiscono gli uffici milanesi della maxi banca d’affari Goldman Sachs, sempre più alla ribalta delle cronache economico-finanziarie sul fronte ‘salvataggi’ e ‘privatizzazioni’. Fra le varie carte sequestrate, spuntano due documenti: un misterioso file ‘M Tononi / memo – Prodi 02.doc'; e una lettera inviata nel 1993 dalla sede Goldman Sachs di Francoforte alla Siemens, a proposito di ‘un buon affare’ sull’Italtel. A rivelare la circostanza – nel fragoroso silenzio di quasi tutti i media nostrani – è un giornalista del Daily Telgraph, Ambrose Evans Pritchard, il quale punta i riflettori su un’inchiesta della procura di Bolzano, gemella di svariate altre indagini in mezza Europa e che hanno portato, mesi fa, alle clamorose dimissioni del numero uno di Siemens, Heinrich Von Pierer, fidato consigliere economico del cancelliere Angela Merkel (una sorta di Angelo Rovati in salsa tedesca). Giovane assistente di Romani Prodi durante le presidenze Iri, Massimo Tononi (l’M Tononi del file) è oggi sottosegretario all’economia, in prima fila nella redazione del contestatissimo piano Rovati per il riassetto Telecom, nel pedigree la poltrona di super manager di Goldman Sachs nello strategico settore ‘fusioni e acquisizioni imprese’.
I magistrati di Bolzano indagano per concussione, corruzione e riciclaggio sulla vendita nel ’94 di uno dei gioielli di casa Iri nel settore delle telecomunicazioni, Italtel, passato alla tedesca Siemens che batté la concorrenza della francese Alcatel. A favorire l’operazione (con un advisor del calibro di Goldman Sachs), una montagna da ben 400 milioni di euro, fra tangenti e fondi neri, a cominciare dai lo miliardi di vecchie lire transitati dai conti correnti di Siemens a quelli dell’ex vertice di Italtel Giuseppe Parrella, originario di Benevento e trapiantato a Bolzano, finito in galera. Fra l’altro, su un conto corrente di Innsbruck intestato a Siemens Ag, tra il ’94 e il ’99 sarebbero stati movimentati 140 milioni di marchi, 80 milioni degli attuali euro (senza contare le triangolazioni con altre banche e paesi, via Londra e via Tokio in particolare). Nella massa ‘nera’ spuntano anche i lo milioni di marchi bonificati a luglio ’97 dai conti Siemens di Innsbruck verso quelli di Goldman Sachs: all’appello, però, manca una qualsiasi fattura o pezza d’appoggio, visto che Goldman era l’advisor… (…)
Quasi 150 anni di vita e di affari nel carniere (venne fondata nel 1869 a Manhattan da due immigrati tedeschi, Marcus Goldman e Samuel Sachs), la super banca d’affari oggi leader a livello internazionale nell’ultimo quindicennio s’è specializzata nella compravendita di attività economiche strategiche (nel mirino, sul fronte italiano, le “svendite” del patrimonio parastatale). Due freschi esempi: per 3,7 milioni di euro ha rilevato il 51 per cento del pacchetto azionario di Karstadt, numero uno del ricco settore immobiliare tedesco. Poi ha messo a segno un colpo da novanta nel mercato inglese, rilevando per 4 milioni di euro la Associated British Ports. Nel Belpaese ha sempre coltivato l’hobby dei mattoni, conducendo in porto, soprattutto dall’inizio del 2000, una serie di operazioni: dall’Eni in vena di dismissioni compra per 3000 miliardi di vecchie lire un’area da 300 mila metri quadrati a San Donato Milanese: partner nel business il suo stesso fondo, Whitehall. E’ con Morgan Stanley, invece, che rastrella immobili dalla crema delle assicurazioni, Bas e Toro, quindi Unim; per poi fare shopping tra quelli targati Fondazione Cariplo.
L’aperitivo giusto per passare quindi al settore industriale, dove Goldman punta subito in alto: ovvero ad alcune prestigiose sigle del nostro gotha imprenditoriale, come Pirelli Cavi di Marco Tronchetti Provera e Management & Capitali, il fondo creato da Carlo De Benedetti (e nel quale stava per fare il suo ingresso addirittura il cavalier Silvio Berlusconi, operazione poi rinviata a ‘tempi migliori’. Un curriculum che s’ingrossa mese dopo mese, anno dopo anno, business dopo business.Fra le chicche, il ruolo di ‘advisor’ nelle compravendite di Antonveneta e BNL, passate rispettivamente sotto il controllo della olandese Abn Ambro e della francese Paribas, dopo le note vicissitudini. A quell’epoca, il numero uno di Goldman Sachs in Italia era Mario Draghi, entrato in pompa magna nello staff di vertice del colosso (addirittura vicepresidente del gruppo) appena lasciata la poltrona di direttore generale del Tesoro (e responsabile delle privatizzazioni…): portata a termine la “mission”, Draghi potrà tranquillamente fare il suo ingresso trionfale al vertice di Bankitalia, dopo la bufera che aveva travolto l’ex governatore Antonio Fazio. (…)
Stesso copione sul palcoscenico – opportunamente “coperto” – di Bilderberg, la supercupola internazionale degli affari in vita dal 1954 e che ai suoi summit annuali vede riunirsi il gotha della finanza internazionale, con accorsato codazzo di industriali, politici, giornalisti (pochi e con le consegne del silenzio mediatico). il meeting di quest’anno si è svolto dal 31 maggio al 3 giugno al Klassic Hotel di Silviri, a una quarantina di chilometri da Istambul. Tre anni fa era stata la volta di Stresa, nella incantevole cornice del lago Maggiore, ancor prima a Sintra, in Portogallo (in quella occasione il governo di quel paese venne lautamente finanziato dal gruppo allo scopo di allestire «un servizio militare compreso di elicotteri per garantire la privacy e la sicurezza dei partecipanti»).
Al centro dei lavori, quest’anno, il grande business dell’energia e, soprattutto, riflettori puntati su petrolio e riserve di gas. Ma anche su grosse aree geografiche. In testa, ovviamente, il problema-Iraq: come dividerlo in tre o quattro nazioni. A ruota l’Iran: i tempi dell’invasione e chi vi prenderà parte. Sullo sfondo, l’altro grande nemico, la Cina , il cui fantasma può sicuramente giustificare l’aumento delle spese militari Usa e non solo. Sul versante interno, la nuova organizzazione degli States, a cavallo di “North American union” “American Union” e “Pacific Rim Union”. Ancora: la creazione – come cuneo per contrastare gli interessi sovietici – del “Free Great Kurdistan”, il Grande Kurdistan Libero, capace di inglobare pezzi di Iran, Iraq e Turchia. Insomma, ti rivolto il mondo come un calzino alla faccia di tutti i parlamenti e tutte le democrazie.
Ecco cosa scrive un regista dissidente turco, Timucin Leflef, che da anni vive in Irlanda: «Se al summit partecipano gente come Kissinger, Wolfowitz e Rumsfeld e altri guerrafondai del loro calibro, è naturale che venga affrontato il tema di una nuova guerra, che porta profitti per l’industria bellica. Sarà [dopo Iraq, Afghanistan e Libia, N.d.A.]l’Iran il prossimo scenario? E forseahma_dees.jpg finirà per essere proprio la Turchia una pedina essenziale nello scacchiere? Se Kissinger nel suo ultimo libro “Anni nucleari e politica estera” teorizza il fatto che oggi non vi può essere conflitto senza l’uso di armi atomiche, vuol dire che anche il nostro paese ne sarà coinvolto?». (…)
Sottolineano alcuni giornalisti investigativi della Bbc: «Si tratta di una delle associazioni più controverse dei nostri tempi, da alcuni accusata di decidere i destini del mondo a porte chiuse. Nessuna parola di quanto viene detto nel corso degli incontri è mai trapelata». E poi il reporter di un quotidiano di Bristol, Tony Gosling: «Secondo alcune indiscrezioni che ho raccolto, il primo luogo nel quale si è parlato di invasione dell’Iraq da parte degli Usa, ben prima che ciò accadesse, è stato nel meeting 2002 dei Bilderberg». Secondo lo studioso di ordini e associazioni paramassoniche Giorgio Bongiovanni, «Bilderberg rappresenta uno dei più potenti gruppi di facciata degli Illuminati, costituito per contribuire alla creazione di un Nuovo Ordine Mondiale e di un Governo Mondiale entro il 2012. Sembra che le decisioni più importanti a livello politico, sociale, economico-finanziario per il mondo occidentale vengano in qualche modo ratificate dai Bilderberg». (…)
Ecco alcuni nomi delle nostre delegazioni. Della pattuglia presente a Stresa facevano parte Rodolfo De Benedetti, Franco Bernabè, Mario Draghi, Gabriele Galateri, Mario MontiTommaso Padoa SchioppaCorrado PasseraPaolo Scaroni, Domenico Siniscalco, Giulio Tremonti, Marco Tronchetti Provera. «Guarda caso – commenta qualcuno in Borsa – c’erano tutti gli ultimi ministri dell’Economia, sia del Polo che dell’Unione». Nel corso degli anni precedenti, folto anche il parterre politico, con alcuni esponenti della prima repubblica (Gianni De Michelis, Giorgio La Malfa , Claudio Martelli, Virginio Rognoni), Romano Prodi ed Emma Bonino, in qualità di presidente e di commissario Ue, Walter Veltroni, al tempo direttore dell’Unità. Super qualificato il team economico-finanziario: Giovanni e Umberto Agnelli più Paolo Fresco per la Fiat ; Renato Ruggiero (trascorsi Fiat, poi ministro per il Commercio Estero e una rapida parentesi alla Farnesina nel governo Berlusconi); Innocenzo Cipolletta, direttore generale di Confindustria, Rainer Masera, al timone di Imi San Paolo,Alessandro Profumo, oggi vertice del colosso nato dalla fusione di Unicredit e Capitalia.
Ma vediamo i pezzi da novanta che si sono radunati al sole di Istanbul. Josè Barroso, presidente della Commissione europea, Carl Bildt, ex premier svedese, Henri de Castries, presidente di Axa, George David, al vertice di Coca Cola, John Elkan, vice presidente Fiat, Timothy Geithner, numero uno della Federal Reserve Bank di New York, Jaap Hoop de Scheffer, segretario generale Nato, Vernon Jordan, direttore generale di Lazard Freres, Henry Kissinger, presidente della Kissinger Associates, Bernard Kouchner ministro degli esteri francese, Ed Kronenburg, direttore del quartier generale Nato, William Luti, del National Security Council statunitense, Frank McKerma, ambasciatore Usa e membro del gruppo Carlyle, Mario Monti, presidente della Bocconi, Craig Mundie della Microsoft Corporation, Tommaso Padoa Schioppa, ministro dell’economia, Richard Perle, dell’American Enterprise Institute far Public Policy Research, David Rockefeller(non ha bisogno – anche per gli organizzatori – di qualifiche), Matias Inciarte, vice presidente del Grupo Santander bank, Dennis Ross, responsabile del Washington Institute far Near East Policy (la politica del vicino Est), Otto Schily, ex ministro tedesco degli Affari interni, Jurgen Scrempp, ex presidente della tedesca Daimler Chrysler, Peter Suterland, presidente di Goldman Sachs International, Jean Claude Trichet, della Banca Centrale Europea, James Wolfensohn, inviato speciale (del governo USA) per il “disimpegno di Gaza” (Gaza Disengagement).(Andrea Cinquegrani, “La sera andavamo alla Goldman…” , lavocedellacampania.it, disinformazione.it)
 
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Il 10 febbraio 2012 il premier nominato e mai votato dagli Italiani, Mario Monti. è stato ricevuto con tutti gli onori dal Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama,
E chi se lo immaginava! Allegria gente, esultate italiani: la stampa ‘ammerigana’ ha incoronato Mario Monti come l’uomo più importante d’Europa.
Eh sì, stiamo facendo passi da gigante. Leggete il Corriere della Sera che riprende il Time: addirittura Obama dice che l’Italia ha fatto ‘passi impressionanti’.
Orsù, stampatevi sul volto un bel sorrisone e gonfiate il petto, che abbiamo l’approvazione degli Stati Uniti d’America; mica ho detto il Burundi o il Kirghizistan!
Del resto si sa, aldilà dell’Atlantico ci tengono moltissimo alla presentabilità dei governanti. E vuoi mettere quanto è presentabile un membro della Trilateral, del Bilderberg ed ex Goldman Sachs? Per non parlare della simpatia irrefrenabile che nutrono, di qua e di là per il mondo, verso i governanti dei Paesi amici non-eletti dai loro cittadini!
Finalmente la persona giusta, al posto giusto, nel momento giusto per la bella Cenerentola europea. Meno male, perchè questa brutta crisi economica rischiava di farci fare la bua, mannaggia bubbà.
Obama adesso è sollevato, perchè abbiamo capito come ci dobbiamo comportare. E d’ora in poi non faremo più i cattivi. Staremo attenti a non fare più debiti ed a scherzare con le banche…noi. Prenderemo esempio da loro, gli ammerigani, che invece stanno attenti a non scherzare con le banche, la finanza ed i bilanci pubblici.
Negli Usa mica è mai successo che il debito pubblico ha doppiato il Pil annuo…?
Mica hanno avuto problemi con le banche…?
Quando mai s’è vista una banca Usa andare in default?
O addirittura, avete mai visto la più grande compagnia assicurativa di quella nazione venire salvata con i soldi pubblici?
Per non parlare del Tesoro che semi-nazionalizza il credito per qualche decina di mesi.
E chi si azzarderebbe solo a pensare che la loro Banca Centrale possa trovarsi a dover regalare denaro (fresco fresco di stampa) allo 0.25% per non far implodere il sistema del credito bancario?
La Lehman Brothers, la Aig, Fannie Mae, Freddy Mac, Enron, Bernie Madoff non potrebbero mai fare disastri negli States: potrebbero fallire solo nella medievale Italia.
E solo l’Italia, con la sua dissennatezza, può mettere in moto il collasso dell’economia di mercato mondiale…
Basta con questo retaggio mesozoico del sistema sanitario statale, dell’istruzione pubblica, delle partecipazioni statali, dei beni archeologici pubblici, dei prodotti alimentari non ogm, dei cittadini che ‘risparmiano’ e delle carte di credito revolving che non decollano… Ci manca solo l’anello al naso e la clava nelle mani.
No, no; se Dio vuole, grazie a statisti del calibro di Napolitano e Monti ce la faremo a cambiar rotta. Ed il professore varesino ha già rassicurato tutti gli americani: ‘Spero di cambiare il modo di vivere degli italiani!’
Non è facile, ma è sulla buona strada: niente posto fisso, niente casa, niente pensione, niente Carabinieri, ma tanto low profile ed understatment anglosassone per i futuri italiani; e qualche decina di costosissimi F-35 che ci svolazzano sulle teste. (Peppe Meola, “Se lo dicono gli Americani..(meno male che Monti c’è)”, www.rischiocalcolato.it)
Non sono solo i siti specializzati in economia a porre in risalto la “questione morale” legata a Goldman Sachs. Anche l’autorevolissimo periodico “Rolling Stone” stampato in milioni di copie in tutto il mondo e letto da decine di milioni di lettori anche nelle sue edizioni on line svela il modus operandi di Goldman Sachs:
È una delle più grandi e affermate banche d’affari del mondo, ma secondo Matt Taibbi, il giornalista che ha svelato gli arcani dietro ai peggiori intrallazzi politici Usa per conto di RS, sarebbe la prima a speculare sull’attuale crisi economica
Una bella faccia tosta. È questa l’arma segreta di Lloyd Blankfein, l’amministratore delegato di Goldman Sachs che lo scorso gennaio ha chiamato tutti i suoi dipendenti per rassicurarli sull’incasso dei corposi bonus di fine anno, nonostante la loro banca d’affari sia direttamente coinvolta nella crisi che ha travolto i mercati finanziari di tutto il mondo. È vero che Goldman Sachs aveva già messo da parte qualcosa come 16,2 miliardi di dollari per garantire ai suoi uomini stipendi ed extra in linea con quelli intascati durante l’era della bolla (intorno ai 498.246 dollari a testa), ma l’aria che si respirava non era certo delle migliori. Considerati il Paese al verde, quasi 15 milioni di americani senza lavoro e la tassa su Wall Street proposta da Obama dopo la batosta elettorale in Massachusetts, c’era effettivamente il rischio che Blankfein decidesse di tagliare drasticamente i fondi per il tradizionale festone a base di cedolini scintillanti. 
Tranquilli – ha praticamente detto il Ceo di Goldman Sachs ai suoi: anche quest’anno siamo andati alla grande e abbiamo fatto una fraccata di soldi, quindi tutti quelli che pretendono dei tagli ai nostri bonus possono anche andarsene a fare in culo. E certo non sono stati gli unici a proseguire dritti per la loro strada: altre sei banche hanno accantonato 140 miliardi di dollari da ridistribuire tra i dirigenti, poco meno rispetto ai 164 miliardi del 2007, quando il patatrac finanziario era ancora di là da venire. Va detto che Blankfein si è sacrificato, decidendo di tenere per sé solo 9 milioni di dollari. A tal proposito, qualcuno ha fatto notare che quello dell’amministratore delegato di Goldman Sachs non è stato proprio uno slancio di generosità, dato che tutti quei dollari arrivano dalle tasche dei contribuenti. Ma il sentimento più diffuso in America è la rassegnazione perché, in fondo, l’anima di questo Paese è menefreghista: i ricchi fanno sempre un sacco di soldi, che differenza c’è tra 20 milioni e 10 milioni? Nessuna, fa lo stesso.
Comunque, l’unico motivo per cui c’è questa apatia è che gli americani faticano a capire come facciano i tipi di Wall Street a guadagnare tutto questo denaro, e facciamo molta attenzione all’utilizzo del verbo ‘guadagnare’. Tutti infatti dovrebbero chiedersi da dove diavolo arrivino i soldi, quei 13,4 miliardi di profitti dello scorso anno più i 16,2 miliardi di ‘tredicesime’.Se l’economia è in stato comatoso e tutti i centri industriali tra New York e Los Angeles sembrano città fantasma, com’è possibile che a Wall Street le cose vadano così bene? Blankfein dice che la performance di Goldman Sachs è stata fantastica, ma meno di un anno e mezzo fa erano a un passo dalla bancarotta: come fanno questi stronzi non solo a stare ancora in piedi, ma a guadagnare esattamente come nel periodo della bolla? Le risposte sono fondamentalmente due: fregano i contribuenti e fregano i loro clienti.
Le banche come Goldman Sachs non hanno imparato niente dal crac finanziario che ha investito il mondo intero, anzi: continuano a speculare riproponendo le stesse mosse che ci hanno spinti verso la crisi, solo che questa volta lo fanno con il pieno supporto del governo stelle e strisce. È per questo motivo che a noi non preoccupa tanto il conto in banca di Lloyd Blankfein in sé, ma il clima truffaldino che si è creato dopo il bailout voluto dadees_fed2.jpg Obama per salvare banche e mercati: Goldman Sachs, infatti, fa numeri che non sfigurerebbero in film come La stangata e Il genio della truffa e la beneficenza a scapito dei bonus messa in bella mostra da alcune banche è solo un modo come un altro per distrarre l’opinione pubblica. Comprendere appieno il funzionamento di questi meccanismi (talvolta davvero sorprendenti) significa capire la differenza tra il guadagno e, appunto, la truffa bella e buona: i profitti delle banche non sono affatto un indice di ripresa dell’economia, ma rappresentano danni del tutto simili a quelli provocati da un furto o un incidente automobilistico. È facile arrivarci, ma un conto è sapere che tua moglie ti fa le corna, un altro conto è vederla mentre si rotola nel letto con l’idraulico.
La prima truffa messa a segno da Goldman Sachs è riconducibile a quella che il settore delle assicurazioni auto chiama swoop and squat: un veicolo tampona un secondo veicolo per colpa di un terzo che è d’accordo con l’autista della macchina tamponata (che incassa i soldi dell’assicurazione). Nel caso di Goldman Sachs e del colosso assicurativo AIG a pagare è stato il Governo. Questo perché la banca di Blankfein e la banca francese Société Générale hanno contribuito direttamente al fallimento di AIG (di cui erano creditori) colpendo così il mercato dei mutui su cui Goldman Sachs aveva scommesso contro. Innanzitutto, prima ancora di ricevere gli aiuti di Stato, Goldman Sachs aveva beneficiato del bailout di AIG – mettendo ulteriormente alle strette una società già sul baratro, costretta a pagare 5,9 miliardi alla banca di Blankfein e 5,5 miliardi a Société Générale che deteneva titoli sottoscritti proprio da Goldman Sachs (ed ecco qui i due protagonisti della truffa swoop and squat). Se ci fosse stata una normale procedura di bancarotta tutto ciò non sarebbe stato possibile.
E ora la Securities and Exchange Commission (l’equivalente della nostra Consob, ndt) sta indagando proprio sul ruolo di Goldman Sachs nel collasso di AIG: la prima, mettendo sotto pressione la seconda sul mercato dei mutui, gettava benzina sul fuoco, indebolendo un’istituzione chiave per l’equilibrio di quel mercato su cui la stessa Goldman Sachs accumulava profitti speculandoci contro. L’approccio, alla fine, è lo stesso di Henry Hill e Tommy DeVito, Quei bravi ragazzi del gangster movie di Scorsese che truffano il night Bamboo Lounge e insegnano: ‘Alla fine, quando non resta più niente, quando non hai più fido in banca, distruggi il locale. Basta un fiammifero’.
Film che guardi, frode che impari: La stangata, per esempio, spiega bene come un gruppo di truffatori possa facilmente trasformare un magazzino qualsiasi in una finta agenzia di scommesse dove spennare il pollo di turno che, convinto di poter vincere, entra e viene invece ripulito come si deve. Quello che entra e rimane in mutande, in questo caso, è il contribuente. Meno di una settimana dopo il salvataggio di AIG, infatti, la Federal Reserve ha dato a Goldman Sachs e Morgan Stanley la possibilità di passare dallo status di banche di investimento a quello di tradizionali società bancarie, ottenendo in questo modo prestiti a un tasso di interesse prossimo allo zero percento. “Non avevano alternativa – fa notare Nomi Prins, economista ed ex dirigente di Goldman Sachs: erano a un passo dall’insolvenza, la Fed era la loro unica ancora di salvezza”.
Gli aiuti da 10 miliardi che Goldman Sachs ha ricevuto grazie al Troubled Asset Relief Program, il piano approvato da Obama per aiutare le banche in crisi, sono una sciocchezza se paragonati agli aiuti di cui può beneficiare ora in veste di comune banca commerciale. E così Goldman Sachs e Morgan Stanley non solo non hanno fatto la fine di Lehman Brothers, morta e sepolta dagli asset tossici, ma possono permettersi di prelevare soldi dalla Fed come se fosse un bancomat: chiedono dollari in prestito allo zero percento e li restituiscono comprando buoni del tesoro al tre o al quattro percento. Praticamente hanno la licenza di stampare banconote, ecco un’altra spiegazione dei profitti mostruosi dello scorso anno.
A tutti i tossici, prima o poi, viene rifilato un pacco: comprano quella che credono essere cocaina e poi si ritrovano con una bella dose di borotalco. Ed è la stessa cosa che succedeva in autostrada anni fa: ti offrivano una telecamera, te la facevano vedere, la compravi e quando arrivavi a casa scoprivi di aver aperto il portafoglio per acquistare un bel mattone. A partire dal settembre del 2008, la banca centrale americana ha incassato mattoni e pacchi, concedendo molto più facilmente prestiti: se prima di allora era necessario fornire come garanzie titoli provvisti di classificazione AAA, da quel momento in poi le banche hanno potuto offrire alla Fed qualsiasi cosa, compresi i loro titoli spazzatura. Inoltre, un anno fa il Financial Accounting Standards Board – ossia l’autorità che stabilisce i criteri con i quali vanno redatti i bilanci societari – ha deciso che le imprese americane possono contabilizzare i loro titoli tossici ancora in portafoglio non all’attuale prezzo di mercato, ma a un valore discrezionale, riferito per lo più al prezzo che tali titoli avevano al momento dell’acquisto. Ai profitti sulla carta, quindi, vanno sottratti milioni o miliardi di perdite. Il mercato non è cocainomane, è drogato di borotalco.
In ogni caso, i ragazzi di Wall Street sono riusciti a superare perfino il leggendario Victor Lustig, uno dei truffatori più famosi del mondo noto per aver inventato la Rumanian Box, la macchina stampa soldi: inserivi in una bocca un foglio bianco e da un’altra bocca uscivano banconote. Il vecchio Lustig, tra gli anni Venti e gli anni Trenta, vendeva l’aggeggio a prezzi stratosferici e poi se la filava a gambe levate. Ma le banche hanno superato il maestro: hanno fatto talmente poco con la quantità spropositata di denaro presa in prestito dal Governo che hanno costretto lo Stato a stampare altri verdoni appositamente per loro.
Oltre ai 700 miliardi in contanti del Tarp, i prestiti sconsiderati della Fed e le perdite camuffate da profitti, c’è anche il Temporary Liquidity Guarantee Program, un ulteriore programma di aiuto federale, che ha permesso a Goldman Sanchs di incassare altri 29 miliardi di dollari, J.P. Morgan Chase 38 miliardi e Bank of America 44.L’idea era quella di rimpolpare i conti delle banche affinché queste ricominciassero a prestare denaro così da far girare l’economia e creare posti di lavoro. Ma non è andata subito così perché le facce toste come Lloyd Blankfein hanno deciso di adeguarsi all’andazzo del settore privato e mettere da parte i soldi, i soldi dei cittadini americani, fino a quando il governo non avrebbe elargito altro denaro. Così, nel marzo del 2009 la Fed ha scelto la strada del quantitative easing ossia l’allentamento quantitativo: ha stampato 1,3 trilioni di dollari, come una vera Rumanian Box. Se la Fed, con questi soldi, ha comprato obbligazioni basate sui mutui, le banche hanno comprato buoni del tesoro, quindi riprestando soldi allo Stato con gli interessi. Quando questa politica monetaria giungerà al capolinea, i prestiti torneranno a diminuire tanto che la Mortgage Bankers Associations prevede per quest’anno un crollo del mercato dei mutui del 40%. (…)
Non è vero, com’è stato detto, che Goldman Sachs e Morgan Stanley – passate dallo status di banche di investimento a quello di banche commerciali – sono ora costrette a rispettare regole più rigorose, dando quindi più garanzie al mercato. Questa, infatti, è solo l’ultima fase del processo di concentrazione di denaro e potere iniziato nel 1999 con l’abolizione del Glass-Steagall Act, una legge degli anni Trenta che impediva la fusione tra compagnie assicurative, banche di investimento e banche commerciali. A questo punto, purtroppo, Wall Street e il Governo si scambiano informazioni delicatissime proprio come i tossici si scambiano l’ago per bucarsi.
Torniamo al film La stangata: ricordate lo scherzetto del telegramma intercettato per conoscere il risultato di una corsa prima degli altri scommettitori? Ecco, a Wall Street può succedere qualcosa del genere. Immaginatevi al lavoro per una, /b banca di investimento: ricevete una telefonata da parte di un cliente che vi chiede di acquistare un milione di dollari di future sul petrolio. Una volta piazzato l’ordine, il prezzo di quei future salirà. Ma se un vostro collega seduto un paio di scrivanie più in là sente quello che state per fare, potrebbe fare la fortuna della banca scommettendo prima del vostro cliente: la transazione sarebbe immediata e garantirebbe profitti da capogiro. La persona che vi ha chiamati perderebbe un sacco di soldi dato che finirebbe per pagare i future molto di più, considerato che la vostra stessa società ha contribuito al rialzo del prezzo. Attenzione: Goldman Sachs avverte i propri clienti sull’eventualità di ‘disguidi’ simili.
Ma le tecnologie galoppano e telefono e telegrammi sono ormai preistoria. L’ultimo baluardo della finanza on line si chiama infatti flash trading e, anche se a settembre dell’anno scorso la Sec ha votato per vietarlo, sei mesi dopo è ancora vivo e vegeto: banche come Goldman Sachs hanno infatti a disposizione programmi informatici che permettono di conoscere gli ordini degli investitori prima che vadano in porto, così da poter concludere l’affare a proprio favore in anticipo, in un nano-secondo. Ma sul fronte del trading via Internet, la stessa Goldman Sachs ha avuto qualche problema quando un suo
ex dipendente, il russo Sergey Aleynikov, ha rubato i codici segreti del sistema informatico. Dopo l’arresto di Aleynikov, il procuratore generale Joseph Facciponti ha spiegato che un software del genere può favorire la manipolazione dei mercati finanziari. Sei mesi dopo tale spiegazione, scopriamo che il 76% dei profitti di Goldman Sachs proviene proprio da questo tipo di trading per conto proprio o dei clienti, una percentuale ben superiore a quella di tutte le altre banche. Ma perché se Goldman Sachs scommette contro gli investimenti che vende ai propri clienti, questi investitori continuano a presentarsi a Wall Street? Davanti a una commissione governativa lo scorso gennaio, Blankfein ha dato una risposta da cabarettista: ‘I veri investitori corrono questi rischi’. In altre parole: i nostri clienti hanno le spalle larghe, se sono talmente fessi da accettare certe offerte goldman-sachs-cartoondel cazzo, fatti loro! 
È difficile che un truffatore prenda di mira la stessa vittima due volte di fila, per farlo deve essere particolarmente bravo o particolarmente sfacciato; tuttavia, una classica scusa per fregare due volte la stessa persona è convincerla a recuperare i soldi persi la prima volta, che è poi quello che sta succedendo dall’anno scorso. È importante ricordare che alla base della bolla immobiliare c’era uno schema di Ponzi, ossia un sistema illegale che per garantire alti tassi di rendita necessita sempre di nuovi investitori: il mercato dei mutui subprime, apparentemente florido, dipendeva esclusivamente dal flusso continuo di investimenti in titoli garantiti da prestiti ipotecari. Nel 2008 il giocattolo si è rotto, ma alla fine del 2009 è successo l’inimmaginabile: la bolla si è rigonfiata. La politica di bailout voluta dal Governo, votata per uscire dalla crisi, sta avendo come risultato l’esatto contrario dato che il denaro viene utilizzato nuovamente per investimenti spericolati da parte dei ragazzi di Wall Street.
Naturalmente, gran parte della colpa è proprio del Governo. Tagliando i tassi di interessi a zero e pompando denaro, la Fed ha fatto lo stesso identico errore fatto da Alan Greenspan non una, bensì due volte, prima della bolla tecnologica all’inizio degli anni Novanta e prima di quella immobiliare nei primi 2000. Con i tassi bassissimi garantiti da investimenti tradizionali come i certificati di deposito e i conti di risparmio, i cittadini decisero di dirigersi altrove per far fruttare il proprio denaro. E ora ci ritroviamo nella medesima situazione, se non peggiore.
Le banche di Wall Street non hanno la minima intenzione di utilizzare i soldi dello Stato per supportare l’economia del Paese perché a loro non interessano affatto i mutui delle persone normali, ma le azioni delle grandi società, le monete estere, il debito degli altri stati, i future sul petrolio e tutto ciò che può essere acquistato e rivenduto in quantità industriale. Ed è così che si torna al punto di partenza. Un trader che ha chiesto di rimanere anonimo ha raccontato di come la sua società avesse deciso di vendere – cioè scommettere contro – tutti i titoli tossici tornati prepotentemente di moda: gli analisti erano infatti dell’avviso che questi non fossero un buon investimento. Hanno perso soldi, un mese dopo l’altro, fino a quando il trader in questione non ha deciso di intraprendere tutt’altra strada cominciando a comprare: “Ho detto “fanculo”, è ora di fare un po’ di soldi” racconta: “Sapevo che non valevano niente, ma so anche che posso salire sul carro dei vincitori e scendere prima che vada a sbattere!”.
Non si punta sul valore reale degli affari, ma sui sentimenti diffusi e sul comportamento degli investitori. E non c’è da stupirsi che questo comportamento sia pilotato proprio dalle banche di Wall Street che, quindi, gonfia consapevolmente le bolle economiche. Un rapporto pubblicato da Goldman Sachs all’inizio di quest’anno lo conferma: consigliano di investire in titoli tossici solo perché tutti li stanno acquistando, esattamente come nel 1999 e nel 2006. Ecco la grande ‘performance’ di cui parla Lloyd Blankfein:printing_dees.jpg prendere un sacco di soldi dal Governo, aspettare che lo stesso Governo stampi altri soldi per salvare l’economia, acquistare altri titoli tossici da rivendere a prezzo maggiorato al solito Governo e gonfiare la bolla fino allo scoppio che travolge tutti quanti noi. I miliardi di bonus intascati sono più che meritati, no?
I geni della truffa la chiamano ‘sindrome del vero credente': le vittime delle frodi non vogliono accettare l’idea di essere state fregate. Ci ritroviamo proprio in questa condizione, non riconosciamo infatti quello che è l’unico problema di Wall Street: sarà pur vero, infatti, che non ci sono leggi adeguate e che chi dovrebbe stipulare i regolamenti e farli applicare è un incapace, ma il guaio sono gli artisti del crimine che guidano la nostra economia. Non c’è senso civico, non c’è etica e senza valori le cose non andranno mai per il verso giusto: scippare le vecchiette è sì un reato, ma rimane pur sempre un gioco da ragazzi. Per evitare crimini simili non dobbiamo contare solo sui poliziotti, ma anche – e soprattutto – sulla decisione dei singoli individui di non compiere atti del genere. Il regalo ricevuto dalle banche è stato più psicologico che materiale dato che il bailout ha avuto per loro un solo significato: siete troppo grandi, troppo importanti per crollare.
Invece di portare le banche verso il fallimento e perseguire i responsabili di questo enorme schema di Ponzi, li abbiamo riempiti di denaro e garanzie di ogni sorta: gli aiuti pubblici hanno rimpolpato i loro conti e il loro spirito e i profitti dell’ultimo anno dimostrano che stiamo andando incontro a un altro disastro. È chiaro: non hanno capito nulla loro e non abbiamo ancora capito nulla neanche noi che non abbiamo fatto niente per cambiare le leggi che regolano la vita e gli affari a Wall Street. Dare soldi a queste banche è come tornare dallo stesso truffatore per recuperare il denaro perso in precedenza. Potrà mai funzionare? No perché lui ci rifilerà lo stesso identico pacco della scorsa volta.” (Matt Taibbi, “Goldman Sachs: la grande macchina-da-bolle-di-sapone-americana” , www.rollingstonemagazine.it)
Quiqui e qui ci sono i link per alcuni articoli in lingua originale di Matt Taibi su Goldman Sachs. Questo è il link del blog di Matt Taibi su RollingStone.
E’ da rimarcare che Goldman Sachs, a quanto ci risulta fino ad oggi, non ha mai querelato nessuno di tali giornalisti e nessuna di tali, autorevolissime, testate.
Arriva la conferma di quanto testè riportato, direttamente dal profondo di Goldman Sachs. Uno dei massimi dirigenti di Goldman Sachs, Greg Smith, vuota il sacco:
[Goldman Sachs è] una banca che non conosce l’etica, «un clima lavorativo tossico e distruttivo», clienti trattati come «muppets», pupazzi. Sono parole che bruciano quelle usate ieri da Greg Smith, dirigente di Goldman Sachs, nel giorno delle sue dimissioni. Da dodici anni in forza al colosso bancario americano nella sede di Londra, il manager ha scelto come cassa di risonanza per il suo sfogo le pagine del New York Times, dove ha pubblicato un caustico commento. «L’interesse dei clienti è sempre più marginale nelle azioni della società, che pensa solo a fare soldi», scrive, prendendo Wall Street in contropiede. (…)
Proprio ai due dirigenti erano indirizzate le parole più dure dell’editoriale di Smith, che non perdona ai vertici dell’azienda di avere accantonato lo spirito con cui Goldman è stata fondata 143 anni fa, uno spirito centrato «sul lavoro di squadra, l’integrità, l’umiltà e il bene dei clienti». I libri di storia, scrive Smith, parleranno di come Lloyd Blankfein e Gary Cohn hanno perso di vista la vera cultura della società, trascinandola verso «una perdita del tessuto morale» che potrebbe portare la banca alla rovina. (…)
La banca non è nuova agli attacchi, qualche volta al limite dell’insulto (iconica in questo senso la descrizione che ne fece il mensile Rolling Stone, parlando dell’istituto come di «una grande piovra-vampiro»). E Goldman non è nuova neppure agli scandali, come quello dell’aprile 2010 quando la Securities and Exchange Commission, la Consob americana, accusò la banca di frode su complessi strumenti di debito: la banca fu costretta a pagare 550 milioni di dollari e l’allora dirigente Fabrice Tourre finì sulla gogna politica e mediatica per aver scritto di essere «l’unico in grado di comprendere le mostruosità» che aveva creato.
Su Twitter, Facebook e sui blog è partita una girandola di reazioni e le accuse incendiarie di Smith sono destinate a riaprire il dibattito sulle pratiche di Wall Street e, in particolare, su Goldman. La banca, ancora da più parti considerata un esempio degli eccessi di Wall Street, ha fatto di tutto per allontanare da sé le ombre, apparentemente senza successo. «È cambiata la mentalità della banca nel modo di investire e questo riflette un cambiamento del mercato negli ultimi quindici o vent’anni», ha commentato l’ex presidente della Banca Centrale americana Paul Volcker. E in alcuni casi Goldman ci ha messo del suo: nel 2009 Blankfein aveva detto in un’intervista al Times di Londra che la società era «chiamata a fare il volere di Dio». Arroganza si disse allora, proprio come ha scritto ieri Smith. (Stefania Arcuri e Mario Platero, “Goldman Sotto attacco negli Usa sull’etica”, www.ilsole24ore.com)
E’ per motivi come questi che Alessandro Sallusti, il Direttore de “Il Giornale”, definisce Goldman Sachs un “covo di criminali, di criminali veri che hanno innescato la crisi”
E ancora,
All’indomani del caso Madoff, e in piena crisi finanziaria, Paul Krugman, scrivendo sul New York Times e dando voce al sentire comune di molti investitori, poneva la domanda paradossale: «Che cosa differenzia ciò che ha fatto Wall Street dall’affare Madoff?» Beh – diceva Krugman – «Madoff ha semplicemente saltato alcuni passaggi appropriandosi direttamente dei soldi dei suoi clienti piuttosto che incassare salate commissioni mentre si esponevano gli investitori a rischi che non erano in grado di capire».
Una congettura-provocazione basata su indizi e su pezzi di evidenze indirette. Ora questa tesi riceve un supporto dalle dichiarazioni, apparse sul New York Times, di Greg Smith, direttore esecutivo a capo della sezione di Goldman Sachs sui derivati in azioni per l’Europa, il Middle East e l’Africa. Smith, che ha scelto di lasciare l’azienda accusandola di perpetuare una politica che antepone il profitto dell’impresa agli interessi dei clienti [“Profit over people”, N.d.A.] – approfittando cioè di ogni situazione di conflitto di interesse per fare soldi – può essere definito, a tutti gli effetti, il primo ‘pentito’ della grande finanza. Come tutti i pentiti le sue parole vanno pesate e le motivazioni circostanziate, ma alle sue dichiarazioni bisogna prestare attenzione. Primo: perché è un insider di rango, e quindi informato del modo in cui si conducono gli affari nei segmenti di mercato in cui lui ha operato.
Secondo: perché le cose che dice, se confermate, rivelano atteggiamenti assai diffusi nel mondo degli intermediari nel trattare il concetto di clienti, vale a dire immaginarli come altrettanti «polli da spennare». A detta di Greg Smith, li chiamavano ‘mappet’, pupazzi: l’idea di fondo era che si poteva fare dei clienti ciò che si fosse voluto, usando le maggiori informazioni per vendere qualunque prodotto fosse conveniente per l’azienda anziché per il cliente.
La ragione di questo scadimento secondo Smith va ricercata in un calo della tensione morale all’interno dell’azienda e, di riflesso, nel mondo della finanza, in uno scadimento della leadership aziendale che ha compromesso una antica cultura basata sul principio per cui Goldman Sachs è famosa, «Our clients’ interest always come first» – gli interessi dei nostri clìenti vengono sempre per primi. (…)
Se c’è da dubitare di un ‘pentito’, forse si può prestare più credito a un rinomato ricercatore, uno dei padri fondatori della moderna finanza d’impresa – Michael Jensen, professore ad Harvard – che negli ultimi anni ha dedicato tutta la sua attenzione a mettere in risalto il pericoloso scadimento negli standard etici prevalenti nel mondo del business e della finanza. Per Jensen siamo di fronte, innanzitutto, a una carenza di integrità intesa come la non disponibilità a negoziare sui principi e i valori a qualunque costo. Il punto che emerge da queste indicazioni e da non sottovalutare è che il sistema di valori su cui l’impalcatura finanziaria, almeno in parte, si regge è deteriorato e il suo deterioramento ha provocato un vero e proprio ‘scivolamento’ del mercato. A tal punto che lo sfruttamento dei conflitti di interesse a spese dell’investitore, particolarmente quello meno accorto, è ormai diventato una forma di equilibrio, una situazione da cui sembra che nessun operatore abbia interesse a muoversi. […] (Luigi Guisi, “Il pentito di Wall Street”, ilsole24ore.com)
 http://www.isoladiavalon.eu/goldman-sachs-e-italia/

3 commenti:

  1. !!! NON IGNORARE, PRENDERE IL TEMPO DI LEGERE QUESTA TESTIMONIANZA!!!
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