“Siamo riusciti ad identificare decine di migliaia di jihadisti abbattuti dalle nostre truppe” , dice in un’intervista a Sputnik il dottor Hussein Nofal, presidente in Siria del comitato supremo di medicina legale: “Erano cittadini di Francia, Turchia, Irak, Arabia Saudita, Libano ed altri paesi arabi”. Le autorità siriane hanno preso contatto coi paesi d’origine, ma questi rifiutano di collaborare con Damasco per confermare le identità dei morti, e ancor meno rimpatriare i corpi di quelli di cui l’istituto di medicina legale ha accertato. “A parte questo, siamo in presenza ditrentamila cadaveri non identificati”.
E’ un articolo breve e strano, questo che provo a tradurre. Dove si apprende che il governo di Damasco, del mostruoso dittatore Assad, mantiene procedure di civiltà dopo cinque anni di una guerra che gli è stata intentata senza limiti, né esclusione di colpi bassi, da mondo occidentale, per definizione civile. Per quanti possibile, di ogni nemico ucciso si prova a dare una identità; si contattano i paesi (nemici), li si informa, si chiedono conferme legali; ovviamente questi non rispondono.
Notizie su “ufficiali francesi” uccisi o catturati dall’armata siriana mentre guidavano i jihadisti sono emerse, per esempio nel 2012 e nel 2015
Nel maggio 2014, l’ambasciatore siriano all’Onu, Al Jafaari, accusò formalmente al palazzo di vetro che “«ex» militari francesi sono stati uccisi mentre, alla testa di gente «di Al Qaeda», assaltavano il villaggio cristiano di Sadniye”. I cadaveri trovati dalle truppe di Assad portavano una bandiera francese tatuata sulla spalla: particolare che depone meno per una manifestazione di islamismo che di patriottismo da Legione Straniera.
Non ci furono particolari smentite: l’accusa provenendo da un regime incivile, quel faro della civiltà europea che chiamiamo Parigi non si prese la pena di rispondere. Del resto Hollande non ha mai fatto mistero di voler invadere la Siria, nonché di armare gruppi jihadisti, e il suo ministro degli esteri Fabius lodò Al Qaeda (Al Nusra) perché “sul terreno fanno un buon lavoro” (un bon boulot).
Ora, dopo cinque anni di inaudita barbarie bellica, di guerra sferrata dall’Occidente senza dirlo, con infinita doppiezza e sotterfugi e falsità (si ricordino le accuse di uso dei gas tossici, falsissime), a Damasco c’è ancora un ente di medicina legale che tiene conto dei morti, e negli altri paesi non si vuol sapere niente di quei morti mandati ad ammazzare. Morti imbarazzanti perché – se ce ‘è ancora bisogno – dimostrano che la Siria ha sofferto una aggressione esterna, non una guerra civile dove una “opposizione democratica” sarebbe stata obbligata a prendere le armi contro una orribile dittatura. Un giorno bisognerà farsi delle domande sulle decine di migliaia di giovani siriani maschi in età militare che han preferito scappare, hanno abitato per anni nei campi profughi turchi e da qualche mese vengono in Europa: giovani che non stanno evidentemente con Assad e non hanno voluto arruolarsi, ma nemmeno hanno voluto far parte della ‘opposizione democratica’ , ossia finire nella brace dei wahabiti tagliagole.
Ma c’è un’altra cosa impressionante che viene fuori dalle troppo scarne parole del dottor Nofal, il capo dei medici legali. Egli parla di “decine di migliaia” di jihadisti identificati come stranieri, più 30 mila corpi di jihadisti non identificati. Quindi i jihadisti morti negli scontri sono stati, diciamo, 40-50 mila? E’ un numero enorme da cui se ne vorrebbe estrapolare un altro: quanti sono allora i jjihadisti vivi che combattono oggi? Difficile indovinare la percentuale di morti rispetto ai combattenti totali; essa sarà alta, dato il carattere particolarmente barbaro della guerra siriana, e dei combattimenti in ambienti urbani in macerie, particolarmente sanguinosi.
Mettiamo che i forse cinquantamila cadaveri costituiscano il 30-40 per cento dell’esercito irregolare mercenario messo insieme dagli americani e loro satelliti, dai francesi, turchi e sauditi – quelli che i nostri media bugiardi chiamano Al Qaeda, poi Stato Islamico; allora l ‘occidente e i sauditi hanno messo in linea cento-120 mila jihadisti? E con i necessari avvicendamenti (inevitabili in cinque anni di guerra sanguinosissima), non si arriva forse facilmente a 300 mila?
Non so se ci si rende conto della misura dello sforzo – finanziario, militare, logistico – che l’Occidente e i wahabiti hanno dispiegato contro la piccola Siria. Un esercito di 300 mila, e fosse anche 200 mila, è un numero enorme. 200-300 mila fanatici che non basta siano fanatici; sono da arruolare, addestrare, rifornire di armi e razioni, far passare le frontiere; da rimpiazzare quando cadono, pescando nelle masse della disoccupazione giovanile galoppante araba; da stipendiare (a parte la parentesi in cui Daesh si pagava gli stipendi rubando il petrolio iracheno, che gli comprava il caro figlio di Erdogan). Una spesa di molti miliardi di dollari accanitamente votati alla distruzione di un paese civile e gioiello di civiltà stratificate; una cifra che sarebbe bastata a far rifiorire la Siria molte volte, e invece è stata investita per ridurla in macerie, da Palmira ad Aleppo.
Ci sarebbe da rivedere a fondo l’attribuzione delle etichette di “civiltà” e “barbarie”.
Un altro pensiero mi è venuto, ed è questo: l’immane dissanguamento che questo esercito di terroristi mercenari stranieri ha imposto alla popolazione siriana leale, alawiti, cristiani. Un tributo di sangue che, alla fine, è stata la causa per cui le forze regolari non sono riuscite a completare le controffensive preparate dagli aerei russi; file di giovani con troppi vuoti, in cinque anni di guerre senza esclusione di mezzi. Ed anche adesso, ogni volta che i russi riescono ad avvicinare un negoziato per mettere fine al conflitto, la sovversione Usa senza limiti, e la borsa saudita ancor più sfondata, riaccendono il conflitto. Altro sangue, altra gioventù leale perduta.
Se i jihadisti e terroristi ucciso sono 40 o cinquantamila, quanti siriani sono caduti per la loro civile società invece che disertare? Quanti Hezbollah? Quanti iraniani impegnati nella guerra a fianco di Damasco? Il dottor Nofal non risponde, forse non deve rispondere trattandosi di un pesante, insanguinato segreto militare.
Parla però dei civili siriani uccisi dai terroristi e dei problemi della loro identificazione:
“Quando troviamo delle fosse comuni nelle località liberate, per lo più non riusciamo che a stabilire la causa del decesso, non la data, perché è passato troppo tempo dal momento della morte. Molto spesso scopriamo che gli abitanti uccisi sono stati torturati, picchiati, feriti; o che hanno subìto iniezioni di carburante o di olio di macchina nel sangue. Certi cadaveri femminili contenevano oggetti estranei introdotti quando erano ancora vive”. Non dice, il dottore, dove e cosa sono stai introdotti nelle donne viventi, è anche questo pudore, civiltà.
Dice che il Comitato di medicina legale ha constatato che nel corso della guerra – cinque anni – il 60% delle violenze nel paese l’hanno subite dei bambini. I bambini, come le donne sono sempre più spesso oggetto di violenze corporali e sessuali.
Ancor oggi persino a Palmira si trovano fosse comuni: qui 31, là 47 cadaveri. Parecchi decapitati. Ha proprio ragione Laurent Fabius, l’erede del faro della civiltà dei Lumi, la Francia: Sul terreno, i nostri terroristi favoriti hanno fatto un bon boulot”
Ma l’Occidente non vuole che la guerra finisca. Il vero motivo l’ha raccontato Robert Kennedy, magistrato e figlio del ministro della giustizia Robert Kennedy, ucciso da un assassino solitario. Leggete qui il vero perché, se ve lo siete dimenticato:
L’Occidente e i suoi incivili sauditi hanno a disposizione masse enormi di carne da cannone. Il martirio della piccola Siria, gioiello di tre culture, deve continuare.
(Le foto sono tratte dall’ottimo blog http://palaestinafelix.blogspot.it/, che ringrazio)
Maurizio Blondet
http://www.maurizioblondet.it/siria-quei-trentamila-cadaveri-loccidente-non-riconosce/
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