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sabato 25 giugno 2016

ECCO PERCHE’ IL REGNO UNITO HA DETTO CIAO CIAO ALL’UE

brexit
DI PEPE ESCOBAR
Quello che era cominciato come una scommessa di David Cameron come sbocco per il malcontento popolare, da usare come leva per contrattare con Bruxelles per maggiori favori, si è incancrenito fino ad un terremoto politico riguardo la dis-integrazione dell’UE.
Il mediocrissimo Donald Tusk, presidente del Consiglio Europeo, ponendosi come uno “storico”, aveva avvertito che il Brexit, “potrebbe essere l’inizio della distruzione non solo dell’UE, ma dell’interezza della civilizzazione politica occidentale”.


È follia. Il Brexit ha provato che si tratta di immigrazione, babbeo. E ancora una volta, che si tratta di economia, babbeo (nonostante l’establishment neoliberale non ci avesse mai dedicato attenzione). Si potrebbe scommettere pesante sul fatto che il sistema UE a Bruxelles non imparerà nulla da questa terapia dello shock – e non si riformerà. Ci saranno elucubrazioni sul fatto che dopotutto il Regno Unito è sempre stato lamentoso, importuno e sempre pronto a chiedere trattamenti privilegiati nei rapporti con l’UE. Per quanto riguarda la “civilizzazione politica occidentale”, ciò che finirà – ed è tanta roba – è la speciale relazione transatlantica tra USA ed UE con il Regno Unito a fare la parte del cavallo di Troia statunitense.
Tutto ciò va ben oltre un match tra il pessimo calcolatore Cameron, ora morto trafitto dalla propria spada, e l’ambizioso buffone di corte Boris Johnson – un Donald Trump con un vocabolario e schemi retorici migliori.
La Scozia, prevedibilmente, ha votato per restare e indirà probabilmente un nuovo referendum – e lascerà il Regno Unito – piuttosto di essere trascinata fuori dai voti della classe operaia bianca inglese. Il Sinn Fein sta già chiedendo un voto per l’unificazione dell’Irlanda. Danimarca, Olanda e persino Polonia ed Ungheria chiedono di avere uno status speciale all’interno dell’UE, oppure usciranno. Per tutta l’Europa c’è un fuggi fuggi verso l’estrema destra. Marine Le Pen vuole un referendum in Francia. Geer Wilders lo vuole in Olanda. Per quanto riguarda gli Inglesi under 25 che hanno votato di restare, valuteranno di comprare dei biglietti di sola andata non verso il continente, ma sul tragitto opposto.
Mostratemi il popolo
Lo storico anglo-francese Robert Tombs ha sottolineato che quando gli Europei parlano di storia si riferiscono all’Impero Romano, al Rinascimento e all’illuminismo. La Gran Bretagna viene sorvolata. Di contro, pochi Britannici considerano ancora l’Europa come un’entità da tenere a distanza di sicurezza.
Per circoscrivere il problema, questa non è “un’Europa dei popoli”. Bruxelles odia l’opinione pubblica e il sistema è restio alle riforme. Il progetto dell’UE che ultimamente pare dirigersi verso il federalismo, sul modello USA, non fa breccia in Gran Bretagna. Questa è una delle maggiori ragioni dietro al Brexit – che da parte sua ha già tenuto separato il regno e potrebbe degradarlo a un avamposto commerciale ai confini dell’Europa.
Mancando “un’Europa dei popoli”, il sistema di Bruxelles non può essere definito che un mucchio Kafkiano di burocrazia non eletta. Per di più i rappresentanti di questa Europa spogliata del proprio popolo difendono quello che considerano essere il loro interesse nazionale, non quello “europeo”.
Il brexit non significa che la Gran Bretagna sarà libera dai dettami della Commissione Europea. La CE propone le strategie politiche, ma nulla può essere fatto senza la decisione del Parlamento Europeo e il Consiglio dei Ministri, composto da rappresentanti di tutti i governi eletti degli stati membri.
Probabilmente restare, nel miglior caso possibile, avrebbe portato ad un esame di coscienza a Bruxelles, ad un risveglio, da concretizzare in una politica monetaria più flessibile, una spinta a contenere l’immigrazione entro i confini africani e una maggiore apertura verso la Russia. Il Regno Unito resterebbe in Europa dando maggior peso alle nazioni fuori dall’Eurozona, mentre la Germania si concentrerebbe sui 19 stati membri.
Restare avrebbe aumentato il peso politico-economico del Regno Unito a Bruxelles, mentre la Germania sarebbe stata più aperta verso una crescita moderata (opposta all’austerità). Probabilmente il Regno Unito trasalirà alla notizia di un futuro Ministro del Tesoro dell’Eurozona, un FBI europeo e un Ministro degli Interni europeo, tutto ciò che serve per una vera unione economica e monetaria.
Ora è latte versato. Non sottovalutiamo il dramma del singolo mercato.
Il Regno Unito non solo perderà l’accesso duty-free al mercato dell’UE che conta 500 milioni di persone, dovrà rinegoziare ogni trattato con il resto del mondo, dato che tutti erano stati gestiti dall’UE. Il Ministro dell’Economia francese e aspirante alla presidenza Emmanuel Macron ha già avvertito che “se il Regno Unito vuole un trattato di accesso commerciale al mercato europeo, dovrà contribuire al budget europeo come fanno Norvegesi e Svizzeri. Se Londra non vuole, sarà un’uscita totale”. La Gran Bretagna sarà tagliata fuori dal mercato unito – verso cui è diretto più del 50% delle esportazioni – a meno che non paghi almeno quanto paga ora. Per di più, Londra dovrà accettare la libertà di movimento, come per l’immigrazione all’interno dell’Europa.
La City rimedia un occhio nero
Il brexit ha sconfitto un’enorme sfilza di quelle che Zygmunt Bauman ha definito le elite della modernità liquida: la City di Londra, Wall Street, l’FMI, la FED la BCE, i maggiori fondi d’investimento, tutto il sistema bancario mondiale.
La City ha votato per restare per più del 75%. Più di 2.7 trilioni di dollari sono mossi quotidianamente nel “miglio quadrato”, dando lavoro ad oltre 40.000 persone. Non si parla solo del miglio quadrato, dato che la City ora include Canary Wharf (quartier generale delle maggiori banche) e Mayfair (zona di ritrovo dei maggiori hedge fund).
La City – indiscussa capitale finanziaria europea – gestisce inoltre 1.65 trilioni di dollari di asset dei clienti di tutto il pianeta. Su TreasureIslands, Nicholas Shaxson afferma “le società di servizi finanziari si sono spostate a Londra perché lì potevano fare ciò che non potevano a casa loro”.
Deregulation a briglie sciolte assieme ad un’influenza incomparabile sui mercati finanziari globali si sommano in un mix tossico. Per cui il brexit può anche essere interpretato come un voto contro la corruzione di cui è impregnata l’industria più lucrosa dell’Inghilterra.
Le cose cambieranno. Drasticamente. Non ci saranno più “passporting”, per cui le banche possono vendere prodotti a tutti i 28 membri dell’UE, con libero accesso ad un’economia integrata da 19 trilioni di dollari. Tutto ciò che serve è un quartier generale a Londra e alcuni mini-uffici satellite. Il passporting sarà argomento di dure negoziazioni, così come le contrattazioni in Euro che Londra può sostenere.
Ho seguito il brexit da Hong Kong – che 19 anni fa ha avuto il proprio brexit, ovvero abbandonare l’Impero Britannico per unirsi alla Cina. Pechino teme che il brexit si possa tradurre in fughe di capitali “pressione da deprezzamento” sullo yuan e disturbo alle politiche monetarie della Bank of China.
Il brexit potrebbe intaccare anche le relazioni tra Cina e UE, poiché Pechino potrebbe perdere influenza su Bruxelles senza il supporto britannico. È fondamentale ricordare che la Gran Bretagna ha sostenuto un patto di investimento tra Cina ed UE e uno studio congiunto su un accordo di libero commercio tra Cina e UE.
He Weiwen, co-direttore del Centro per gli Studi Cina-USA-UE dell’Associazione Cinese per il Commercio Internazionale, parte del Ministero del Commercio è netto: “L’UE dovrà adottare un approccio più protezionistico rapportandosi con la Cina. Per quanto riguarda le società cinesi che hanno sedi nel Regno Unito, potrebbero non avere la possibilità di godere dell’accesso gratuito al mercato unito europeo, dopo che la Gran Bretagna ha lasciato l’UE”.
Ciò succederà, ad esempio, alle compagnie di hi-tec come Huawei e Tencent. Tra il 2000 e il 2015, la Gran Bretagna era la destinazione europea più appetibile per gli investimenti diretti cinesi ed era il secondo partner commerciale della Cina nell’UE.
Potrebbe scaturirne un win-win per la Cina. Germania, Francia e Lussemburgo – tutti competitor di Londra per la gestione del succulento business degli yuan offshore – aumenteranno il loro peso. Chen Long, economista della Banca del Dongguan, crede che “il continente europeo, specialmente le nazioni centrali ed orientali, sarà maggiormente coinvolto nel progetto ‘Una cintura, una via’ “.
La Gran Bretagna diventerà la nuova Norvegia? È possibile. La Norvegia se l’è cavata bene dopo aver rifiutato di entrare nell’UE col referendum del 1995. Sarà una strada lunga e tortuosa prima che venga invocato l’articolo 50 e comincino due anni di negoziazioni tra UE e UK. L’ex cancelliere britannico di Exchequer Alistair Darling ha riassunto il tutto così: “Nessuno ha la benché minima idea di che aspetto abbia ‘fuori’ “.

Pepe Escobar è autore di Globalistan: How the Globalized World is Dissolving into Liquid War (Nimble Books, 2007), Red Zone Blues: a snapshot of Baghdad during the surge (Nimble Books, 2007), e Obama does Globalistan (Nimble Books, 2009). Può essere contattato a pepeasia@yahoo.com.
24.06.2016
 fonte comedonchisciotte.org autore della traduzione FA RANCO

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