giovedì 8 gennaio 2015

FORTEZZA EUROPA 4- KOSOVO, LIBIA, SIRIA E...UCRAINA. UNA STORIA DI INVESTIMENTI (FINO AL MAR DELLA CINA)



Una mappa del Mar cinese meridionale che spiega le zone contese tra i paesi che vi si affacciano

























Puntata conclusiva dell'excursus di Riccardo Seremedi nel girone di difesa e finanza €uropee. E non solo. A lui indirizzo il mio personale applauso per un grande lavoro, che ci mette a disposizione con brillante e infaticabile passione civile.
Rating: per uomini liberi only.

Che in Europa si continuino a produrre ed esportare armi chimiche, in spregio alle Convenzioni, è acclarato da due scandali scoppiati recentemente; un'interrogazione al Governo da parte del gruppo parlamentare della Linke ha svelato che, tra il 2002 e il 2006, la Germania ha vendute 137 tonnellate di prodotti chimici alla Siria, imitata dal governo britannico che ha ammesso di avere venduto gas per armi chimiche a Damasco, tra il luglio 2004 e il maggio 2010.
Il paragrafo ML7 dedicato alle armi chimiche porta al punto “d”,  l'elenco degli “agenti antisommossa” (lacrimogeni), tra i quali troviamo il gas CS ; esso è chiamato il gas “anti-manifestanti” ed è usato ripetutamente dalla Polizia in Val di Susa e nei cortei: che non sia innocuo è certificato dalla stessa Convenzione di Parigi che ne proibisce l'uso in ogni scenario bellico, ma stranamente si continua a usarlo con noncuranza in ambito civile (il gas CS è in dotazione alla Polizia italiana dal 1991).
Del resto, dalla Conferenza di Bruxelles del 1874 fino alla Convenzionedi Parigi del 1993, la strada per arrivare al disarmo chimico in ambito bellico è stata sempre lastricata di lodevolissime intenzioni, costantemente disattese e piegate agli interessi particolaristici delle nazioni più forti – USA in primis – che sfruttano i vuoti normativi nascosti fra le pieghe dei trattati.
In proposito, un giurista viennese – Hersch Lauterpacht – osservò, negli anni Cinquanta, come ildiritto internazionale sia l'anello debole del diritto in generale e – al tempo stesso – il diritto bellico costituisca l'anello debole del diritto internazionale; è quindi interesse degli Stati – soprattutto delle Grandi Potenze – lasciare che questo diritto resti generico e manipolabile.
Al riguardo è esecrabile l'atteggiamento degli Stati Uniti che continuano – nonostante abbiano firmato la Convenzione di Parigi - a tergiversare nella distruzione del loro arsenale, a studiare e sperimentare nuove sostanze inabilitanti e a negare persino i controlli presso i siti produttivi poiché, come disse Rumsfeld, ciò “danneggerà i diritti costituzionali dei cittadini americani chiedendo al governo USA di permettere ispezioni senza preavviso o motivo plausibile” un'analisi approfondita ed esaustiva sulle violazioni statunitensi è quella redatta dal dott. Edoardo Magnone, chimico e ricercatore presso il Korea Institute Of Energy Researchqui il link.
 
Altro tema controverso è l'utilizzo di materiali radioattiv“adattati per essere utilizzati in guerra[...]” , come si legge nella Direttiva di cui sopra;  una descrizione del genere è certamente conforme alle caratteristiche delle armi con “uranio impoverito”.
L'uranio impoverito è un sottoprodotto dell'industria nucleare, un metallo con una densità altissima che incrementa notevolmente la capacità di penetrazione e sfondamento delle munizioni che lo contengono; è proprio durante il processo di penetrazione che si polverizza la maggior parte dell’uranio -  contenuto nel dardo o penetratore -  che esplode in frammenti incandescenti quando colpisce l’aria dall’altra parte della corazzatura perforata, aumentandone l’effetto dirompente;  tale proprietà è detta “piroforicità” e si abbina alla indeformabilità del proiettile che, rispetto a quello tradizionale di piombo, mantiene fino in fondo la propria forma affusolata.
Il primo uso intensivo dell'uranio impoverito si ebbe durante la Prima Guerra del Golfo nel 1991 dove, si stima,  ne furono impiegate tra le 315 e 350 tonnellate;  visto il “successo”, la NATO pensò di servirsene nei Balcani, nel 1995 in Bosnia-Erzegovina e – in particolar modo - nel 1999 in Serbia.
Il bombardamento di Belgrado e la campagna del Kosovo fu una delle pagine più buie e mendaci nella storia recente della Nato;  dopo che i conflitti interni portarono alla secessione di diverse Repubbliche causando l'inevitabile dissoluzione della nazione jugoslava , la situazione andò deteriorandosi anche in Serbia, nella provincia autonoma del Kosovo (a maggioranza albanese).
Dopo i primi infruttuosi, pacifici  tentativi di indipendenza promossi dal partito LDK e dal suo leader Ibrahim Rugova, il comando delle operazioni passò nelle mani dei separatisti albanesi dell'Uçk (Ushtria çlirimtare e Kosoves o KLA , Kosovo Liberation Army) -  un coacervo di terroristi ed ex veterani della guerra in Bosnia finanziati da traffici di stupefacenti e di armi -  che iniziarono una campagna di attentati terroristici e omicidi ai danni di cittadini serbi; di conseguenza il governo di Milosevic decise di intraprendere una forte azione repressiva nel tentativo di normalizzare la situazione.
Il 23 maggio 1997 si verificò l'evento che avrebbe cambiato le sorti della contesa: a Warren Christopher -  capo del Dipartimento di Stato americano  che aveva sempre considerato l'Uçk un'organizzazione terroristica – succedette Madeleine Albright e la strategia americana mutò rapidamente; nell'arco di pochi mesi, i separatisti albanesi assursero al rango di patrioti e i media occidentali diedero avvio ad unacampagna mistificatoria contro Milosevic – definito un nuovo Hitler – e il popolo serbo, oggettivamente colpevole di aver scelto un feroce dittatore; la CNN – prima tra le TV occidentali – iniziò a trasmettere ogni giorno immagini di presunte stragi compiute dai serbi sui kosovari: si diede notizia di un genocidio in corso, presentando vari spezzoni di uno stesso filmato (fonte La Nazione)  in modo che la notizia ne venisse rafforzata e – di riflesso – tutti i serbi vennero additati all'opinione pubblica occidentale come responsabili di massacri, pulizia etnica, stupri e quant'altro. 
La pressione degli USA e della NATO portò all'avvio dei negoziati a Rambouillet che diedero l'impressione di aver ricomposte le divergenze tra le parti -  nonostante l'Uçk si mostrasse riluttante - prevedendo l'autonomia della regione ma non la piena indipendenza.                                                                                                                     
Alla ripresa delle trattative a Parigi , la delegazione serba abbandonò – da subito – le trattative sentendosi presa in giro; era successo che gli accordi di massima già discussi erano stati cambiati unilateralmente dal Segretario di Stato USA  - Madeleine Albright – e adesso avrebbero garantito ai kosovari il distacco – entro 3 anni – dalla Federazione serba e – cosa assolutamente irricevibile – prevedevano un“Annex B” alla parte militare dell'Accordo che sanciva l'occupazione dell'intera Federazione serba da parte dell'esercito della NATO.                                                                                                                  
Significativo fu il commento di Henry Kissinger a tal proposito: “Il testo di Rambouillet, che chiedeva alla Serbia di ammettere truppe NATO in tutta la Jugoslavia era una provocazione, una scusa per iniziare il bombardamento. Rambouillet non è un documento che un Serbo angelico avrebbe potuto accettare. Era un pessimo documento diplomatico che non avrebbe dovuto essere presentato in quella  forma”; (Daily Telegraph, 28 giugno 1999), per non tacere della testimonianza recata da John William Gilbert – allora ministro della Difesa inglese - che dichiarò: “[...] Penso che i termini posti a Milosevic a Rambouillet fossero assolutamente intollerabili: come avrebbe potuto accettarli; fu (una cosa) piuttosto intenzionale [...]” (Questionn°1086).

Il 18 marzo tali “offerte” furono presentate al governo serbo che le rifiutò e il 24 dello stesso mese i caccia della Nato iniziarono a bombardare Belgrado con 600 raid giornalieri.                                                                                                          
Un rapporto della TV tedesca dei giornalisti Jo Angerer e Mathias Werth intitolato “Cominciò con una menzogna” confuta la versione ufficiale dell'intervento NATO che, come si ricorderà, venne deciso per ragioni umanitarie;  il 27 marzo 1999 Rudolf Scharping - Ministro della Difesa tedesco- dichiarò: "Non avremmo mai intrapreso l'azione militare se in Kosovo non vi fosse stata questa catastrofe umanitaria, con 250.000 profughi all'interno del Kosovo e molto più di 400.000 profughi in totale e con un numero di persone uccise che non siamo ancora in grado di calcolare".                                                                                                                                
Il rapporto dei giornalisti tedeschi smentisce questa dichiarazione con le conclusioni dell'epoca rilasciate dall'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE): i dati relativi a marzo 1999 dell'OSCE riferivano di “39 morti in tutto il Kosovo prima che arrivassero i bombardieri della NATO”Heinz Loquai – ex generale tedesco assegnato all'OCSE –  dichiarò che il tipo di catastrofe  umanitaria che, come categoria di diritto internazionale, avrebbe giustificato l'entrata in guerra in Kosovo non esisteva prima della guerra” .                                                                                                                       Lo stesso generale di brigata tedesco denunciò in un libro alla fine del conflitto le responsabilità di Europa e USA nell'avere voluto la guerra a tutti i costi, trasformando propagandisticamente un “normale” scontro militare tra l'esercito serbo e il KLA nella valle della Drenica in un fantomatico piano di pulizia etnica -  denominato“Operazione Ferro di Cavallo” dagli stessi atlantisti che fu -  in realtà -  un ordine di evacuazione del villaggio di Randubrava dato dai  kosovari dopo il bombardamento NATO del 25 marzo. (http://www.uruknet.de/?p=s9649)                                                                                  

Perché fu “brandita la spada” per l'autodeterminazione dei kosovari e non si ebbe lo stesso metro di giudizio per Sarajevo?                                                                          
 Ancora una volta la soluzione del rebus arriva da considerazioni squisitamente geopolitiche ed economiche legate al petrolio e al controllo delle vie di trasporto: si chiama Ambo (Albanian Macedonian Bulgarian Oil), un progetto USA per la costruzione di un oleodotto, noto anche come Trans-balcanico, con un costo di 1,1 miliardi di dollari che doveva essere ultimato entro il 2011 e portare il petrolio dal Mar Caspio a un terminal in Georgia e, successivamente, trasportato via nave attraverso  il Mar Nero fino al porto bulgaro di Burgas per poi attraversare la Macedonia fino al porto albanese di Vlora.                                                                                                                                    
La guerra della Nato  - voluta dagli USA -  contro la Jugoslavia era funzionale alla dissoluzione della Federazione, per finalità politico/strategiche (in Kosovo vi è  Camp Bondsteel, la più grande base militare USA costruita all'estero dopo il conlittto del Vietnam) e al controllo di Vlora, dove il greggio deve essere imbarcato sulle petroliere dirette alle raffinerie statunitensi sulla West Coast.

Uno dei pochissimi, veri intellettuali italiani che denunciò questo scempio fu il compianto Costanzo Preve che nel suo libro “IL BOMBARDAMENTO ETICO” analizzò  il nuovo stadio del capitalismo moderno, caratterizzato da “un interventismo globalizzato a formale sostegno dei diritti umani”, denunciando con forza l'entusiastica adesione del governo D'Alema ad un'azione illegale, oltretutto priva del placet  delle Nazioni Unite, che arriverà solo dopo la fine dell'aggressione; inutile dire che questa sua coraggiosa presa di posizione gli attirò i velenosi strali di buona parte degli pseudo-intellettuali engagé  che brucano nei rassicuranti e lussureggianti pascoli del conformismo nostrano, e che – oggi come allora – sono accostumati a sonnacchiose dissertazioni da salotto sul sesso degli angeli, nelle quali il massimo slancio polemico-creativo  è dato dall'opportunità di mescolare lo zucchero nel tè, e se ciò sia meglio farlo in senso orario o antiorario.

Il retaggio che riceviamo da quella guerra - oggi, a 15 anni di distanza -  si chiama SINDROME DEI BALCANI, un'allarmante tendenza ad ammalarsi di varie forme di linfomi (Hodgkin e non-Hodgkin), tumori ed altre patologie non facili da classificare, che i soldati impegnati nella Guerra dei Balcani hanno mostrato, e  mostrano tuttora; altro fatto irrecusabile riguarda il numero insolitamente elevato di civili, residenti nelle zone dove la guerra si svolse, che mostrano problemi simili  -  in molti casi identici -  e che la stessa tendenza si osservi in chi sia stato impiegato in quei territori come componente di missioni umanitarie; il professor Eso Hasanbegovic della Clinica Pediatrica di Sarajevo ha denunciato un notevole aumento di casi di leucemia nei bambini di tutta la Federazione Jugoslava, ma soprattutto nelle città di Velika, Kladusa e Buzim presso il confine croato.
La dottoressa Antonietta Morena Gatti – fisico e bioingegnere – è la fondatrice, con il dott. Stefano Montanari, dell'istituto “Nanodiagnostics”, un laboratorio indipendente specializzato nello studio dellenanopatologie; gli studi della ricercatrice italiana portano a ritenere che l'estrema pericolosità dell'uranio impoverito sia dovuta – più che alla radioattività – alla creazione di nanoparticelle che si sviluppano al raggiungimento di altissime temperature all'atto della deflagrazione del proiettile; vediamo alcune conclusioni della dottoressa“[...] La forma sferica, cava per gli esemplari più grossi , di gran parte delle particelle testimonia della loro formazione ad altissima temperatura, una condizione compatibile con quella dell'esplosione di un proiettile all'uranio impoverito.                                                                                     
Questi proiettili colpiscono bersagli disparati, ma in particolare edifici ed armamenti come, ad esempio, carri armati, e, quando lo fanno, la temperatura circostante in un “piccolo
intorno”  supera i 3.000°C, il che è più che sufficiente perché la materia solida sublimi e, in
alcuni casi, formi nuove leghe metalliche. Il gas si espande su grandi volumi di atmosfera,
poi la materia si risolidifica con rapidità assumendo la forma di palline quanto mai minuscole (fino ad un diametro di 10-8m), resta sospesa in aria ed è trasportata per distanze che dipendono dalle condizioni atmosferiche di vento, di precipitazioni e di pressione[...] Con il tempo, tutte le particelle sospese precipitano lentamente e si depositano sull'erba, sulle verdure, sulla frutta o sugli specchi d'acqua dove diventano inevitabilmente ospiti di cibi e bevande per animali ed uomini allo stesso modo[...] Le nostre ricerche hanno ampiamente dimostrato come una volta che i detriti compresi in quelle dimensioni (10-9 - 10-5 m) entrino nel corpo, sia attraverso l'apparato digerente sia attraverso quello respiratorio, attraversino con facilità i tessuti luminali e possano essere catturati da quegli stessi tessuti che si comportano come veri e propri filtri, ovvero possano essere portati via dal sangue o dalla linfa per terminare il loro tragitto in qualche organo (per esempio, reni e fegato). I linfonodi, per esempio, sono le strutture dove i linfomi hanno inizio e si sviluppano e nei quali, in tutti i casi patologici esaminati, abbiamo trovato la presenza di particelle inorganiche. Ma anche tutti gli altri tessuti patologici che ci è stato dato di osservare hanno mostrato chiaramente e senza eccezione la presenza di detriti[...]”. 
 
Nonostante i governi occidentali e la NATO cerchino di ridimensionarne la portata, ormai il numero dei soldati deceduti e ammalati è statisticamente troppo elevato per poter essere liquidato con ipotesi fantasiose come stress, ereditarietà, ecc.; a tutt'oggi, solo in Italia  - secondo i  dati forniti da Domenico Leggiero, portavoce dell'Osservatorio Militare – sono 307 i militari morti e oltre 3.700 quelli malati, con 17  sentenze di condanna  per l’amministrazione della Difesa  in vari ordini di giudizio, indicando l’uranio come colpevole delle malattie dei militari e condannando l’amministrazione perché sapeva ed aveva taciuto i pericoli.

La pericolosità dell'uranio impoverito era già nota dalla Guerra del Golfo del1991; a rivelarlo è una fonte assai autorevole, ovvero il professor Doug Rokke ex direttore del “Depleted Uranium Project” : "I numerosi rapporti del Dipartimento alla Difesa, che a partire dal 1991 affermano che le conseguenze dell'uranio impoverito non erano note, mentono: gli era stato detto. Erano stati avvertiti" ; Rokke, già professore alla Jacksonville University e colonnello dell'esercito Usa, fu incaricato dal Dipartimento alla Difesa di organizzare la bonifica di Kuwait e Arabia Saudita dopo la Guerra del Golfo; in tale occasione diede istruzioni precise al personale militare: "Posso confermare che i comandanti erano a conoscenza di tutti i pericoli".

E' sconcertante scoprire che - di fronte a molteplici evidenze medico/scientifiche, sentenze giudiziarie e testimonianze qualificate  –  nel marzo 2011 in Libia, l'uso criminoso dell'uranio impoverito sia proseguito con l'apporto degli A-10 Warthog e dei soliti missili Tomahawk; (http://espresso.repubblica.it/internazionale/2011/03/29/news/libia-si-spara-uranio-impoverito-1.30504) del resto lo stesso prof. Rokke ne aveva già previsto -  anni prima -  il proseguimento nell'impiego bellico, quando affermava sconsolato che “queste armi sono efficienti, gli alti comandi continueranno a usarle”, senza contare la conseguente opportunità di smaltimento di queste scorie di derivazione nucleare, stoccate da anni nei depositi statunitensi. 
Anche gli ordigni nucleari veri e propri trovano in Europa un confortevole “luogo di villeggiatura”; lo scorso anno, il quotidiano britannico “The Guardian”  ha riferito che il Pentagono si appresterebbe a rimodernare 200 testate nucleari B61 in Europa; nel rapporto - datato 2005 - “US Nuclear weapons in Europe”, l'analista statunitense Hans Kristensen (Natural Resources Defence Council) parla di 90 testate nucleari custodite in Italia, nelle basi di Aviano e Ghedi di Torre.
Questo nonostante il Trattato di non proliferazione (TNP) preveda di “non ricevere il trasferimento […] di armi o il controllo su tali armi nucleari, direttamente o indirettamente” ; la notizia importante, comunque, è che il previsto ammodernamento consisterà nella possibilità di adattarle come armi teleguidate da installare sui nuovi cacciabombardieri F-35.
Il30 maggio 2013, dopo l'interrogazione parlamentare di Donatella Duranti (SEL) in
Commissione Difesa, il governo Letta ha ammesso l'indiscrezione giornalistica e questo ci porta a considerare la validità e l'onorabilità delle firme apposte in calce a questi trattati, nonché la desolante acquiescenza del governo italiano; sembra di capire che la Direttiva 2009/43 contempli tutte le tipologie di armamento proprie degli USA e della NATO, con l'Italia obbligata - da direttive comunitarie e accordi militari internazionali – a declamare ad libitum il motto “Usi obbedir tacendo e tacendo morir”.
Circa un mese dopo, il Ministro della Difesa Mario Mauro emette ilDecreto (pag. 9 nel link) con cui l'Italia recepisce la Direttiva di cui stiamoragionando – adesso mutata in 2012/47 a seguito di alcuni piccoli aggiornamenti all'elenco degli armamenti – con l'articolo 1 dello stesso Decreto che recita : “E' approvato il nuovo elenco dei materiali di armamento [...]” ; la presenza nell'elenco di materiali radioattivi e agenti per la guerra chimica fu notata anche nel 2003 durante il governo Berlusconi, dopo che il Ministro della Difesa di allora – Antonio Martino – firmò il Decreto del 13 giugno in cui si “ravvisava la necessità di approvare un testo aggiornato del predetto elenco, avuto anche riguardo alle intese internazionali intercorse.

Alcuni giornali, tra cui “Repubblica”, “Liberazione” e “Il Manifesto”, divulgarono la notizia provocando diverse reazioni; la querelle approdò alla Camera dei Deputati dove Elettra Deiana (Rifondazione Comunista) presentò la sua interpellanza nella seduta n°385 in cui si chiedeva quali fossero le finalità di utilizzazione dei materiali in oggetto.
La risposta all'interpellanza fu affidata al Sottosegretario alla Difesa, Filippo Berselli, le cui motivazioni sulla presenza di tali sostanze furono giudicate elusive e ambigue.
Nel resoconto stenografico della Camera, Berselli rispose che trattavasi “del nuovo elenco dei materiali d'armamento da sottoporre a controllo, a norma della legge n°185 del 1990 , e non l'elenco dei materiali di cui si doteranno le Forze Armate e i corpi di polizia italiani” ; questa era in effetti una non-risposta: è vero che l'elenco non ne presuppone necessariamente l'acquisto, ma allora che senso ha l'esistenza di una lista promiscua nella quale si trovano armi “convenzionali” acquistabili, e armi che -  secondo la legge succitata - non potrebbero nemmeno transitare sul suolo patrio?
Berselli poi continuava affermando che “[...] l'articolo 3 di tale legge (n°185 ndr) prevede l'elenco dei materiali d'armamento[...]” , quando - in realtà - l'articolo 3 si riferisce al Registro nazionale delle imprese che operano nel campo degli armamenti e men che meno ad un elenco di sistemi d'arma; il Sottosegretario poi chiudeva così: “Si sottolinea che l'elenco in questione viene redatto con l'evidente obiettivo di esercitare un rigoroso controllo sulla delicata materia, non ultimo quello di non permettere l'incondizionata circolazione di materiali pericolosi, costringendo quindi produttori e acquirenti a richiedere una esplicita licenza di esportazione” ; quando Berselli parlava di “materiali pericolosi” probabilmente si riferiva allacategoria 7: ma se questa classe di armamenti è illegale - in base ai relativi trattati - i produttori non dovrebbero proprio esserci e, ad ogni modo, sarà difficile costringere chicchessia a richiedere una licenza d'esportazione, anzi sarà interesse delle parti condurre le operazioni in maniera sotterranea.
Viene da domandarsi come mai le bombe a frammentazione (cluster bomb) e le famigerate mine anti-uomo, sottoposte anch'esse a moratoria, non appaiano negli elenchi comunitari; eppure secondo laforma mentis dei rodomonteschi tecnocrati europeilà dovrebbero stare: forse è più facile negare l'uso di armi chimiche – addossandone la responsabilità all'avversario – e l'impiego di uranio impoverito – dando la colpa a fantomatici stress – rispetto alle immagini di migliaia di persone che deambulano su stampelle a causa delle amputazioni subìte.
Fatto sta che, da allora, tutti gli elenchi continuano a riportare tali sostanze, e questo vorrà pur dire qualcosa.
Sia come sia, il 9 dicembre dello scorso anno, il Consiglio europeo ha adottato la Decisione2013/726/PESC ; leggiamo all'articolo 1 che con tale atto formale “l'Unione sostiene le attività dell'OPCW (Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche), contribuendo ai costi connessi alle ispezioni e alla verifica della distruzione delle armi chimiche siriane, come pure ai costi connessi alle attività complementari dei compiti fondamentali assegnati […]. Il progetto sostenuto tramite la presente decisione del Consiglio è volto a fornire prodotti […] relativi alla sicurezza […], compreso lo stato della rete stradale mediante la fornitura all'OPCW di immagini satellitari e altre informazioni utili prodotte dal Centro satellitare dell'Unione (CSUE) [...[“ ; dall'articolo 3 apprendiamo che l'Unione Europea finanzierà tali “progetti” con la modica cifra di € 2.311.842, e questo fa sorgere un piccolo sospetto: come mai l'Unione Europea mostra tutto questo attivismo per la bonifica del territorio siriano, così lontano dagli augusti possedimenti, tale da giustificare un rilevante esborso di denaro pubblico?
Ciò assomiglia tanto ad una sorta di vendita delle indulgenze, dove “quando cade il soldino nella cassetta, l'anima vola in Cielo benedetta” ; non si venga a raccontare che l'impulso a un'operazione di questo tipo nasca da un afflato umanitario:  è ipotesi assai verosimile che la cupidigia di Germania e Inghilterra abbia rotto il vasetto della marmellata in Siria e l'Unione Europea sia stata chiamata per contribuire a ripulire, con tedeschi e britannici che dovranno smaltire parte di quello che hanno venduto.
 
Che l'industria militare hi-tech sia una gallina dalle uova d'oro per le élites finanziarie lo si desume anche dagli investimenti miliardari che – di tanto in tanto – emergono dall'alone di riservatezza che li circonda.
Una ricerca sviluppata dalla IKV Pax Christi (Olanda) e dalla società di ricerche Profundo,  per conto della ICAN (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons), riporta ben 298 istituzioni finanziarie,  soprattutto banche, assicurazioni, fondi pensione, che nell'ultimo quadriennio hanno investito circa 314 miliardi di dollari in factories internazionali coinvolte nella produzione, manutenzione e modernizzazione delle armi nucleari;  le prime dieci entità finanziarie per prestiti alle industrie produttrici di sistemi nucleari hanno tutte sede negli Stati Uniti: si tratta di State Street (20,4 miliardi di dollari), Capital Group of Companies (19,5 miliardi), Blackrock (19,3 miliardi),Vanguard Group (13,7 miliardi), Bank of America (12,2 miliardi), JP Morgan Chase (11,9 miliardi), Evercore Partners (8,6 miliardi), Citi (8,2 miliardi), Goldman Sachs (6,6 miliardi) eFidelity Investments (6,2 miliardi) ; tra le banche europee si distinguono, in particolar modo, il gruppo francese BNP Paribas che finanzia 20 ditte internazionali produttrici di armamenti nucleari per un valore complessivo di oltre 5,36 miliardi di dollari, e la tedesca Deutsche Bank  per oltre 4,76 miliardi di dollari.
Anche la neutrale e insospettabile Svizzera “investe” somme cospicue in attività assai poco commendevoli; il quotidiano zurighese “Tages Anzeiger” ha scoperto, attraverso i dati della SEC statunitense, che la Banca Centrale svizzera detiene 690 milioni di dollari in azioni di fabbriche specializzate nella costruzione di armi atomiche  – tra le quali figurano Lockheed Martin,  Alliant Techsystems e Babook & Wilcox  - ma anche in aziende, come l'americana Textron Inc. , che producono bombe a grappolo e mine anti-uomo; giova ricordare che gli Stati Uniti, del Nobel per la Pace Barack Obama, non hanno aderito a nessuna convenzione sulle armi antipersona e anzi stanno esercitando forti pressioni nell'intento di indebolire la Convenzione di Oslo. (http://www.famigliacristiana.it/articolo/le-bombe-a-grappolo-restano-al-bando_301111171311.aspx
                                                                  
Lo scorso 28 marzo - confermando le indiscrezioni dei giorni precedenti - è stato presentato ai media il nuovo segretario generale della NATO, il chiacchierato norvegese Jens Stoltenberg  ;  il 55enne leaderdel partito laburista ed ex-primo ministro – che sostituirà Rasmussen dal 1 ottobre - è il candidato di fiducia che la Casa Bianca ha posto a capo dell'Alleanza Atlantica, mostrando - ancora una volta - il significato che gli USA  attribuiscono all'enunciato  “decisioni prese collegialmente”, nonché lo scarsissimo peso specifico posseduto dall'Unione Europea, che aveva identificato in Franco Frattini una candidatura abbastanza condivisa:  significativa è la rassegnazione che traspare dal commento rilasciato dal Ministro degli Affari Esteri italiano Mogherini: “Ho parlato con Frattini, comprende e condivide la scelta”. 
Nello stesso periodo, il “Lollapalooza” europeo di Barack Obama faceva tappa a Roma, dove il Nostro - tra i vari incontri previsti dal protocollo e la rituale visita al Santo Padre – non si è fatto mancare una piccola e privatissima promenade all'Anfiteatro Flavio superblindato: “Il Colosseo è più grande degli stadi di baseball” questo è il profondo giudizio estetico – un lascito di sapienza ad illuminare i posteri – che l'erudito filologo ha maturato durante la visita al monumento capitolino, onusto di storia e Patrimonio  dell'umanità UNESCO.                                                 
Nell'incontro bilaterale avuto con Renzi – contraddistinto da una vicendevole profusione di smorfiette e salamelecchi – Obama, con una notevole faccia tosta, ha continuato a sciorinare agli astanti la storiella sfiatata che vuole il “democratico e legittimo” governo di Kiev – e per estensione, tutto il “Mondo Libero” - minacciato dal “guerrafondaio” Putin.                                                                                                                        
In conclusione,  vale la pena leggere ciò che il giornalista australiano John Pilger scrive in proposito :“[...] Lo scorso mese di febbraio, gli USA hanno messo a punto uno dei loro favolosi 'colpi per procura' contro il governo dell'Ucraina, regolarmente eletto; le truppe d'assalto però, stavolta, erano fasciste […]Non c'è stato un solo leader dell'Europa occidentale che abbia condannato questa rinascita del fascismo sui confini della Russia[...] Il 24 aprile, il Presidente Obama inizierà un tour in Asia per promuovere il suo "Pivot in Cina" . L'obiettivo è quello di convincere i suoi 'alleati' nella regione, principalmente il Giappone , a riarmarsi e a prepararsi per una eventuale possibilità di guerra con la Cina. Entro il 2020, quasi i due terzi di tutte le forze navali statunitensi in tutto il mondo saranno trasferite nella zona Asia-Pacifico. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, questa è la più grande concentrazione militare in quella vasta regione[...] Il Segretario alla Difesa di Obama, Charles " Chuck" Hagel , è stato a Pechino la scorsa settimana per consegnare un avvertimento minaccioso: la Cina, come la Russia, potrebbero trovarsi isolate e in pericolo di guerra se non si piegheranno alle richieste degli Stati Uniti[...]”.                                                                                
Ma questa è un'altra storia...
http://orizzonte48.blogspot.it/2014/05/fortezza-europa-4-kosovo-libia-siria.html

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