mercoledì 9 aprile 2014

IL FRACKING DI RENZI E QUELLO DI OBAMA. di Fulvio Grimaldi


“L’abuso di comprare e vendere voti si diffuse e il denaro iniziò a svolgere un ruolo importante per l’esito delle elezioni. Più tardi questo processo di corruzione si estese ai tribunali. E poi all’esercito e, alla fine, la Repubblica fu assoggettata al potere di imperatori”. (Plutarco) “Non contano i voti, conta chi li conta”. (Stalin) “Viviamo nel mondo di Alice, dove i populisti danno del populista ai politici veri e i terroristi del terrorista alle loro vittime”. (Anonimo) “Uno Stato totalitario davvero efficiente è quello in cui uno strapotente esecutivo di boss politici e il loro esercito di manager controlla una popolazione di schiavi che non devono essere coartati poiché amano la propria servitù”. (Aldous Huxley)
In fondo troverete il grido di rabbia, paura e dolore, del “manipolo di professoroni” sbertucciato dall’esimia accademica neo-carfagnana che viene fatta passare per ministra delle riforme. Da molti di costoro mi/ci distanziano spazi stellari, ma, in assenza di un’insurrezione di milioni contro la dittatura in corso d’opera, ritengo d’uopo unirsi a quel grido.
Briganti di passo, psicopatici, sciacquette e pali da rapina E’ impressionante, agghiacciante, ma per nulla paradossale se ci ricordiamo di Togliatti, del Berlinguer Nato e compromissorio e di quante costoro hanno filiato di creature deformi, che si abbia oggi un premier di quel post-partito, impegnato nella più reazionaria e fascistica mutazione degli assetti del paese. Cambiamento, sì, alla Mussolini si direbbe, ma non basta: ritorno ai Paleologi di Bisanzio, con i piddini, autentica estrema destra nazionale, nel ruolo degli eunuchi di corte. Fateci i raggi X, a questo cambiamento, è vedrete lo scheletro della carogna feudale. Se avete visto il magnifico e sconvolgente “The wolf of Wall Street”, di quel bimbo di Andersen (“Il re è nudo”) che è Martin Scorsese, avrete compreso l’affinità antropologica tra quei cannibali e il loro sottoprodotto al mandolino, Renzi. Ma, per capire il modello che stanno mettendo in opera, conviene fare un breve elenco dei tratti fisiognomici di una classe di criminali che ha imperversato sulle Americhe e poi sul mondo dalla Mayflower in qua.
Dal genocidio degli indio-americani a oggi, gli Usa hanno superato qualsiasi altro Stato della storia per numero di guerre e vittime; in media una guerra all’anno, sempre portate, mai ricevute. Dal 1945 al 2014 sono intervenuti militarmente in 90 paesi. Attualmente sono impegnati con forze speciali, Ong, quinte colonne, bombardieri e droni, colpi di Stato effettuati o tentati, sanzioni, destabilizzazioni e mercenariato surrogato, in 135 paesi. I serial-mass-killer insediati nella Casa Bianca dal 1991 hanno ammazzato 3 milioni in Iraq, 40mila in Afghanistan, 4000 in Serbia, 100mila in Libia, 130mila in Siria, migliaia in Pakistan, Yemen, Somalia. Altri milioni li hanno fatti uccidere da proconsoli e ascari in Ruanda (dove si sono confrontati Francia e Usa per chi facesse scannare più hutu), Congo, Mali, RAC, Latinoamerica. E abbiamo saltato Vietnam, Corea, Centroamerica. Con il 4% della popolazione mondiale contano per il 75% dell’inquinamento globale, l’80% del traffico e consumo di stupefacenti e il 65% dell’acqua dolce del mondo è stata avvelenata dagli agro-tossici Usa. Ogni anno la polizia Usa uccide più di 5000 persone disarmate. Con 2,5 milioni di detenuti, sono il paese con il più alto tasso di carcerazione del mondo. Lo 0,01 più ricco possiede il 23% della ricchezza nazionale, il 90% più povero il 4%. La loro teoria economica chiamata “crisi” ha procurato al 3% un più 75% di ricchezza, alle multinazionali più 171%.
Una macchina da devastazione, saccheggio, terrorismo e morte che, nel nostro paese, ha espettorato una serie di zombie addestrati a tirarsi uova marce di giorno e banchettare insieme di notte, come dal ‘700, sotto varie denominazioni, partito repubblicano e partito democratico nordamericani insegnano. E, come in ogni teatro di marionette che si rispetti, i pupi si scambiano i ruoli, a seconda delle temperie e delle urgenze di “cambiamento” e “innovazionie”, da Bertinotti a Renzi, da Occhetto a Letta, da Berlusconi ai fascisti dichiarati. Di questo avvicendarsi di parti in commedia oggi vediamo l’espressione più chiara, del tutto de mimetizzata: il blob che si definisce centrosinistra, socialdemocrazia, rappresentante di classe operaia e ceti popolari, mette in campo un manipolo di trucidi e sciacquette che soffiano al finto avversario il modello Chiesa-Wall Street-Pentagono-mafia; gli altri, mutati da grassatori, puttanieri, ladri, in “moderati”, saltano il fosso e si pretendono a fianco di operai, ceti medi scarnificati, euroschifati e perfino Putin. Di tutto questo l’incarnazione più lineare è il capobastone del Colle, transitato dagli inni ai carri sovietici di Budapest a quelli agli F-35 Usa. Povera Tina Anselmi: la sinistra che al posto di Marx, ma anche solo di Nenni, appende sopra il letto Licio Gelli. Chi l’avrebbe mai detto? Forse Lenin quando se la prendeva con Kautsky
Il mio costante peregrinare tra oasi di sanità umana mi vieta di condividere la mannaia sul nostro futuro calata da coloro che ci dicono di meritare la classe dirigente di cui sopra, perchè i tratti antropologici di questa corrisponderebbero a quelli del popolo tutto. Sinnedoche in cui una parte, numericamente una particina, di ciarlatani e delinquenti viene fatta passare per il tutto, per la nazione. Dante, Michelangelo, Leopardi, Garibaldi, Gramsci, Rino Gaetano e Pepito Rossi compresi. Però è vero che il sangue nelle vene di costoro, se non intorbidito, si deve essere un bel po’ diluito, se riusciamo a resistere in poltrona davanti a certi vaudeville, oltre a tutto sempre più Grand Guignol. Con, per opposizione, solo una ruspa truccata da tanko di chi si vorrebbe fare lo stesso spettacolo tutto da solo.
“La scatola vuota fa il suono più forte”. (William Shakespeare)
Lo stupefacente e agghiacciante fatto che un saltimbanco, incolto e abissalmente ignorante, spargitore di fuffa tossica, manifestamente imbroglione e bugiardo al solo sguardo volpino da pusher, al solo arricciarsi della boccuccia a culo di gallina, possa aver affascinato, interessato, anche solo incuriosito, questi vasti pezzi di società italiana (fuori se la ridono), è la dimostrazione di cosa ci hanno fatto vent’anni di vaudeville berlusconiana, con la stuoina “centrosinistra” a fargli strofinare le scarpe.
Il volgare e mediocre Stenterello schiamazzone, accademico ineguagliato di populismo, restauratore mascherato da rottamatore, confezionato con un tweet di Bilderberg e carburato da euro-merda e cianuro, ha fatto meglio in pochi mesi di Andreotti in quarant’anni. Si permette di definirsi rullo compressore e, pur essendo di cartone, l’ignavia di massa gli consente di fare il lavoro dello schiacciasassi che tutto asfalta e sotto cui niente vive. Nel settore dei bordelli di Stato che va dal Quirinale a Piazza Navona, i lenoni congiurati perfezionano la “profonda sintonia” tra pappa, prostitute e clienti, che consacra l’unione tra gli opposti di un tempo: l’uomo di potere con l’uomo d’onore, il laico con il bigotto, l’incensurato con il condannato, il presidente con il delinquente, pace sociale e unità nazionale. Assimilata la pseudo-opposizione parlamentare sindacale e mediatica, quella residua delle istituzioni e dell’intelletto è considerata stravaganza di comici e, insistendo in piazza, eversione e terrorismo (vedi No Tav o No Muos).
Un Capo dello Stato complotta per anni contro il suo popolo con un Piduista mafioso. Quando costui è sentenziato avanzo di galera per aver truffato i suoi governati e maltrattato e sputtanato il paese peggio di Alessandro Borgia, lo rimette in carreggiata insieme al suo clone, l’Ornithomimus Velox. Per eliminare ogni intralcio alla corsa di questo tiro-a-due, il raccapricciante catafalco carica la batteria a un vecchio pecoraro, lo rinomina “capo della mafia” e gli fa minacciare di morte quelli che stanno per dimostrare che, da quando così stabilirono gli Usa all’atto dello sbarco del ‘43, mafia e repubblica italiana cosa nostra sono. Da Lima e Mangano ai picciotti renziani Faraone e Gentile, è il nuovo che avanza.
Nessun Mussolini, nessun Hitler e nemmeno i falsari elettorali delle democrazie borghesi avrebbero avuto la protervia di presentarci una legge elettorale così spudoratamente da roulette truccata con la calamita sotto. Una legge che vieta agli elettori di scegliere i loro rappresentanti, che, escludendo da ogni voce in capitolo milionate di cittadini, dà, alla tibetana, potere di vita e di morte sui sudditi a chi arriva al 20% del 50% di italiani che votano. Neanche la Gorgone Fornero, del rettilario bancario, avrebbe osato sognare la socialdemocratica riduzione in panico e schiavitù delle generazioni presenti e a venire, grazie ai 36 mesi a tempo determinato, a zompi intervallati di 4 mesi, dopodiché fuori dalle palle e sotto un altro. Infine, per elevare l’indispensabile tasso di criminalità, il bellimbusto pitocco fa passare una legge sulla custodia cautelare che esime dal gabbio quelli che, forse, si beccherebbero fino a 4 anni, cioè in prima fila i compari elettori e finanziatori dai colletti bianchi.
Verticalizzare
Dopo l’avvenuta evirazione dei Comuni, abolizione delle provincie per collocare negli enti sostitutivi altri 30mila clienti, come dimostrato dai Cinque Stelle, ma soprattutto per togliere di mezzo gli organismi intermedi di rappresentanza, potenzialmente più vicini al territorio e più distanti dalle cosche apicali. Obliterazione, grazie allo tsunami propagandistico dei “costi della politica”, di quell’istanza d’appello e di controllo che è il Senato. La sua scomparsa, per risparmiare, dicono, 300 milioni (fatti passare per 1 miliardo) ci costerà quanto costò alle libertà romane, nel passaggio dalla Repubblica al Principato, il Senato trasformato in innocua camera di compensazione di latifondisti e usurai. Riduzione delle pene per il voto di scambio, per chi si fa comprare – e obbligare – dai voti procurati dall’altra criminalità, a conferma dell’unità di gestione aziendale di Stato e mafia. Voto di scambio sono anche i “o così, o me ne vado”, il classico ricatto alla “SAW”, e gli 80 euro “alle famiglie”. Il “cambiamento” renziano ci riporta al napoletano Lauro che dava una scarpa prima del voto e l’altra, semmai, dopo.
L’altra sera, a “Servizio Pubblico”, impressionava il confronto tra una delle neo-Santanchè piddine, tale Picierno, e la senatrice Cinque Stelle, Paola Taverna, la senatrice dell’incomparabile intervento sulla fiducia al saltimbanco Da una parte una robotina smorfiosa, livorosa, scomposta e scalmanata, della serie che il saltimbanco da Rignano sull’Arno estrae dal bussolotto sottratto al guitto mannaro, che sbraitava a memoria balle e supercazzole del suo Fuehrer vernacolare. Dall’altra, un essere umano in volo sulle ali dell’ironia, dell’intelligenza e dei dati di fatto. Sarà pure giunto a conclusione indebite il buon Lombroso, ma davvero colpisce la transumanza, sulla scia di quella dei contenuti, delle caratteristiche morfologico-comportamentali, dal personale craxiano a quello berlusconiano a quello renziano (i fenomeni da Casa degli Orrori di Monti non hanno avuto il tempo per adeguarsi). Una cosa li accomuna indefettibilmente: l’espressione al tempo ottusa, volpina e tracotante. Ignara di tutto, salvo che del sillabo del capo. Tanto enfatica quanto piatta come la deiezione sotto la scarpa.
Mascherine da festa cotillon che si agitano ai piani bassi dei palazzi dove, in alto, si scatenano i lupi mannari di Wall Street. Rispetto a quella realizzata nel ’22, la loro dittatura in fieri parrebbe l’avanspettacolo di Bonolis a fronte di una tragedia di Euripide. Ma le cose stanno molto peggio. Rispetto ai triumviri e federali di Mussolini, ai gauleiter e feldmarescialli di Hitler, fenomeno assediato dal resto del mondo, questi sono i tentacoli di una piovra gigante che abbranca mezzo emisfero, trequarti di tutte le bombe atomiche, mezzo patrimonio produttivo e finanziario, le tecnologie di controllo e soppressione più avanzate e la complicità del più potente istituto per la manipolazione religiosa di coscienze di tutti i tempi.
A proposito di quest’ultimo, capeggiato oggi dal quasi-santo Francesco, a strappare i veli dall’umile buonismo esibito da costui basta la pronuncia della gerarchia cattolica del Venezuela, capeggiata dal nunzio nominato dal papa, Parolin, avverso al “despota” Maduro, e a sostegno delle bande di terroristi scatenati dalla Cia contro la nazione bolivariana. Oscenità imperialista che si affianca alla nomina a consigliere del papa di Oscar Maradiaga, primate dell’Honduras e complice di quei golpisti che proseguono nella strage di oppositori, contadini e indigeni. Fin dal suo primo “buonasera”, si sarebbe dovuto capire che il Bergoglio silente tra i generali argentini, sarebbe stato l’anti-Chavez dell’America Latina.
Torniamo a bomba. Del rilievo dato al burattino italiota dalla strategia del Nuovo Ordine Mondiale sono stati testimoni gli augusti visitatori che si sono precipitati a Roma a completare l’agenda che a Renzi era stata commissionata nei giri per Londra, Berlino, Bruxelles e Parigi. Per Obama, d’intesa con il proconsole sul Colle, è stata la consueta intimazione-consacrazione del vassallo di turno. Per la regina Elisabetta è stato il rinnovo del patto tra classe dirigente italiana e la secolare loggia Rothschild-Windsor, sancito nel 1992 in forma definitiva sul suo yacht “Britannia”, quando emissari come Soros, Draghi, Andreatta, e bancari vari, concordarono con Ciampi e poi Amato e Prodi la privatizzazione dell’Italia e la sua riduzione a piattaforma mediterranea di guerre d’aggressione e a hub del traffico di energia e stupefacenti, terra di rapina per multinazionali perfezionata nel TTIP, “Partneriato Transatlantico per Commercio e Investimenti”.
Prima mossa domestica, capitoletto dell’ordine di servizio imperiale eseguito in Ucraina, Venezuela, Iran, Siria, non i soli F-35, ma la messa fuori gioco di Paolo Scaroni, AD dell’ENI. Non si tratta di compiangere un lestofante, con stipendio milionario, che s’è aperto la strada verso giacimenti e rotte petroliferi in tutto il mondo a forza di creste e tangenti. Così fan tutte ed è la condizione in questo mondo di merda per assicurare al tuo paese rifornimenti energetici. Specie se di fornitori incorrotti ne hai solo uno, il Venezuela e quell’altro onesto, la Libia, l’hai regalato ai terroristi Al Qaida. E per farcene prevedere la detronizzazione basterebbe la corifea delle banche (“basta col contante, tutto per via bancaria”), Milena Gabanelli, con la sua ossessiva denuncia delle malefatte del capo dell’ENI, in “profonda sintonia” con l’avversione al tipo da parte di governanti e petrolieri angloamericani, per le libertà che si prendeva nel saltare, insieme a russi, iraniani, africani e centroasiatici, i tubi del petrolio e del gas sotto controllo Usa. Per molto meno Enrico Mattei, e Giorgio Mazzanti furono fatti fuori, uno per attentato, l’altro per scandalo. Sette sorelle, vecchie, ma sempre arrapate. In un sistema in cui i petrolieri texani devono tenere in mano il rubinetto dell’energia e neutralizzare, come predica Brzezinski, demonio all’orecchio di Obama, Bush, Clinton, Reagan e Nixon, la fisiologica tentazione europea verso l’orizzonte euroasiatico, Uno come Scaroni risulta incompatibile. Ci vogliono, come per la Jugoslavia, quinte colonne imperiali che contribuiscano alla debolezza e subalternità del proprio continente e dei suoi singoli Stati. Renzi è perfetto
La vedova nera e la ragnatela
Che per diffondere il Nuovo Ordine Mondiale ci si serva di nazisti in Ucraina, fascisti e Vaticano in Venezuela, terroristi psicolabili in tutto il Medioriente, sta nell’ordine delle “profonde sintonie” connaturate a satrapi del Golfo e totalitarismi soft (e meno soft) euro-atlantici. Cosa nota fin dai tempi della collaborazione di Wall Street con Berlino dal ’33 al ’42, come da Gladio, Pinochet, e Papadopulos. L’obliterazione fin della farlocca democrazia borghese a vantaggio del nuovo feudal-tecnofascismo, dall’empireo affidato alla guida del Moloch statunitense, risulta indispensabile per la riduzione di tutti gli altri, temuti mercanti europei in testa, alla sottomissione e dipendenza. Il frenetico tour di Obama tra i valvassori europei e partner del Golfo serve, si, a strigliare somari e ronzini che tirano il carro a stelle e strisce, a rifilargli i bidoni volanti della Lockheed, a stabilizzare basi militari d’attacco contestate da genti indisciplinate, a rimpannucciare con il tocco accademico servi cretini a Palazzo Chigi e al Matignon, a ricondurre ad armonia gli israelo-sauditi incazzati per i mancati interventi in Siria e Iran, a infliggere sanzioni castranti a chi ci tiene in vita con mercato e gas…. Ma va visto in sinergia con le mattanze in atto in Afghanistan, avamposto asiatico anti-russo, il caos creativo del terrorismo nel Pakistan nucleare, le stragi da droni in Somalia e Yemen, capisaldi geostrategici non normalizzati, lo sminuzzamento della Siria antisraeliana, come prima della Libia, le spedizioni degli ascari francesi nel Sahel dell’uranio e del petrolio, lo spolpamento dell’Ucraina dagli enormi terreni da assegnare alle multinazionali del cibo e dell’agrocombustibile e dei missili da piazzare sui piedi di Putin, lo scatenamento del naziterrorismo contro il Venezuela bolivariano. Tutto questo ambaradan ha per posta qualcosa di più strategico e vitale perfino del modello totalitario da imporre ovunque, a garanzia del dominio su risorse e mercati e dell’universalizzazione della Nato. Perfino della disintegrazione del blocco asiatico russo-cinese, unico contraltare geopolitico. Qui è in gioco una dittatura mondiale, fatta gestire agli Usa con stampelle anglosassoni che, attraverso il controllo del rubinetto dell’energia, regoli i rapporti di forza globali
Il Pakistan e Iran non devono realizzare l’oleodotto che li unirebbe. Iran, Iraq e Siria non si sognino di approvvigionare, con una nuova pipeline, l’Europa. Russia ed Europa non devono collegarsi tramite i due tubi “North Stream” e “South Stream”. Il Venezuela la deve smettere di assicurare a basso prezzo e con notevoli ricadute politiche e sociali i paesi poveri dell’area e, magari, domani l’Europa. I recentemente scoperti enormi giacimenti di gas nel bacino est del Mediterraneo devono essere sottratti a titolari come Siria, Libano, Gaza, Egitto (apposta paralizzati da costanti fibrillazioni indotte) e Cipro e messi tutti sotto controllo israeliano. Ovunque, in questi fastidi recati a “Big Oil”, c’è stata anche lo zampino dell’ENI di Scaroni (“Senza il gas russo siamo nei guai”). Tutti i percorsi indicati lacerano per il lungo e per il largo la rete sotto controllo anglo-franco-statunitense e vanificano il sogno del rubinetto tutto suo. Solleticano l’insubordinazione dell’America Latina, legano Europa ai detestati Russia e Iran, garantiscono i rifornimenti alla secca Cina. Nell’impossibilità nella fase di mettere le grinfie su questi cruciali oleo- e gasdotti, l’Occidente imperiale preme per ridurne l’importanza, il beneficio ai concorrenti, specie europei, e il reddito ai produttori.
Fratturare il mondo Lo strumento si chiama scisti. Il metodo per estrarli dal sottosuolo, “fracking”, fratturazione idraulica. L’esito, la destabilizzazione del pianeta dalle profondità alla superficie, l’inquinamento delle falde e dei terreni attraverso l’immissione forzata di enormi quantità d’acqua mista a sostanze chimiche tossiche che spaccano la roccia e liberano le riserve fossili. E, come sperano, la graduale riduzione dei flussi dagli Stati indipendenti, sostituiti dal gas liquefatto che dai destinatari deve poi essere rigassificato. Costi di gran lunga superiori all’estrazione dai giacimenti e perfino alle energie rinnovabili (quelle che i petrolieri raccomandano a Sgarbi di demonizzare) e, perciò, uso della potenza militare, di cecchini nazisti, tagliagole jihadisti e vicerè obbedienti, per imporne l’inconveniente adozione.
Il commercio tra Europa e Russia è 10 volte quello tra Europa e Usa. L’Europa orientale trae un terzo della sua energia dalla Russia e una bella fetta dall’Iran. L’Italia quasi metà, con il resto che arriva dall’Algeria, anche per questo in costante guerra di bassa intensità con le armate di complemento jihadiste, non più dalla Libia, e da fonti minori. Berlino ha 6000 aziende operanti in Russia. Unica a far valere questa situazione è la Germania, che tenta una resistenza sia alle sanzioni a Mosca, sia alla deriva nazista dell’Ucraina favorita dagli Usa (il suo candidato al governo di Kiev era il “moderato” Klitschko, “fottuto”, nelle sue stesse parole, dalla sottosegretaria Usa, Noland, con il candidato amerikano Jatzeniuk).
Renzianamente Obama (vengono tutti dalla stessa caverna) ha promesso a noi e agli altri bischeri europei tanto gas dai suoi scisti da farci rinunciare a quello finora preso dalla Russia. E’ vero che le riserve nordamericane sembrano vaste e sono già fratturate da migliaia di trivelle (con altrettanti rivolte della popolazione locale). Ma, se l’Europa ha un po’ di rigassificatori per il gas liquefatto negli Usa, questo paese non dispone neanche di un solo liquefattore. Nella migliore delle ipotesi il gas da scisti arriverà in Europa fra quattro anni, convogliato dal primo liquefattore costruito, capace di spedirci la miseria di 4 miliardi di BCF di gas al giorno. Basta appena per il Belgio. Quanto poi alla minaccia obamiana di intaccare le riserve Usa, per abbassare il prezzo dell’idrocarburo e rovinare così l’economia russa, vale la picconata sui coglioni di chi vuol far dispetto alla moglie. E ricordiamo: il fracking per scisti incastrati tra rocce da far esplodere, e che dovrà col TTIP essere imposto a un’Europa che già si è dichiarata disponibile e ha iniziato a spaccare il sottosuolo (anche in Italia), sarà costosissimo e quindi provocherà ribellioni tra i consumatori. Sconvolge la pancia della Terra con l’immissione forzata di gigantesche quantità d’acqua – in prospettiva della guerra dell’acqua che si sta per scatenare in tutto il pianeta - e conseguente rottura verticale e orizzontale di ciò che stabilizza i nostri piedi e le nostre case. Scarseggerà l’acqua per bere, per irrigare, per tutto, e conflitti e megamigrazioni sconvolgeranno quel che resta della stabilità globale. Questa specie di deflagrazione nucleare sotterranea è, per i geologi, la certa causa di fenomeni sismici (non se ne vociferava al tempo del terremoto in Emilia, regione in cui già si fratturava?). Gli esperti di flussi e gli idrogeologi prevedono la deviazione, la scomparsa e l’inquinamento a vasto raggio delle falde acquifere ad opera della chimica frammista all’acqua. Anche qui siamo a Taffazzi.
Il grande bluff Per tutto questo la minaccia di Obama, l’agitarsi delle lobby petrolifere si riveleranno presto un bluff. I rubinetti da controllare sono troppi e tutta la strategia dei rifornimenti non danneggerà più di tanto l’export russo. In compenso manderà in rovina l’Europa. L’ha esplicitato brillantemente la sottosegretaria Usa, Nuland, col suo “fuck the EU”. Due conseguenze già viste con la guerra alla Jugoslavia e che molto innervosiscono la riluttante Merkel. D’altra parte pare un dato, forse non del tutto acquisito, che, nella partita per l’Ucraina, gli Usa abbiano incassato una scopa, con tanto di settebello. Il ritorno in Russia della Crimea, assicura, sì, a Mosca i porti e la leva economico-militare del Mar Nero e del Mediterraneo. Ma tutto l’armamentario orientale della Nato si è collocato sui piedi dei russi.
Ora esplodono, sì, le rivolte dei russi dell’Est ucraino, quello ricco e produttivo, che non vogliono essere mutilati del corpo a cui storicamente e culturalmente appartengono, oltrettutto da parte di un coacervo di ladri, servi e nazisti. Milioni di russi in Ucraina non ci stanno e le bande di ratti nazisti di “Settore Destro”, le forze speciali ucraine, i sicari Nato, perfino i famigerati tagliagole mercenari di “Blackwater”, che gli Usa hanno dettato a Kiev di spedire alla riconquista della regione russa di Donetsk, Luhansk e Kharkiv, potranno, per il momento, riprendersi i palazzi di Stato. Ma l’insubordinazione di quelle popolazioni destabilizzerà Ucraina e progetto euro-atlantico. Se vi si aggiunge che il 61% di tutti i cittadini ucraini non condivide la scelta UE, e che ora si beccheranno l’olio di ricino di UE e FMI, si avranno buone ragioni per assistere a un gioco con gli esiti tutt’altro che sanciti dalla presa nazista di Kiev.
 
Spuntata l’arma del baratto quattro bombole di gas americano contro una sicura, abbondante, di lunga durata e meno costosa, fornitura di energia russa o, comunque, extra-statunitense; ridicolizzato un presunto “isolamento” russo, alla vista delle dimensioni e del potenziale del blocco euroasiatico e delle alleanze che mantiene in tutto il mondo dei non allineati a Washington, non rimane che la tempesta di contumelie e calunnie contro Putin. E qui, leggendo il “manifesto”, ancora una volta si constata la “profonda sintonia”, l’unità nella marcia, sebbene al fianco sinistro in coda, con le armate della restaurazione del colonialismo. Sono gli stessi che si stracciano le vesti per ogni barcone di migranti che arriva o affonda e che poi porgono passarelle di carta stampata per aiutare quelle armate a superare il guado verso il “caos creativo”. Proprio quello che produce quei migranti.
A Putin il “manifesto” & Co., in “profonda sintonia” con Obama, Nato, “Repubblica”, indirizzano petardi tipo “zar Putin”, “l’autocrate”, “il despota”, “l’omofobo”, il “compare di merende di Berlusconi”, il “carceriere delle Pussy Riot”, “l’oligarca”. Saranno ventilatori di guano. E poco ci manca alle “orde incivili degli slavi” del giovane e promettente Napolitano.Tutto deja vue, con Saddam, Gheddafi, Assad, Chavez, Ahmadinejad, e via spigolando tra i tarli nel rudere dell’Impero. Noi rispondiamo con un semplice: “Putin, grazie di esistere!” ****************************************************************************************************
"Stiamo assistendo impotenti al progetto di stravolgere la nostra Costituzione da parte di un Parlamento esplicitamente delegittimato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014, per creare un sistema autoritario che dà al presidente del Consiglio poteri padronali. Con la prospettiva di un monocameralismo e la semplificazione accentratrice dell’ordine amministrativo, l’Italia di Matteo Renzi e di Silvio Berlusconi cambia faccia mentre la stampa, i partiti e i cittadini stanno attoniti (o accondiscendenti) a guardare. La responsabilità del Pd è enorme poiché sta consentendo l’attuazione del piano che era di Berlusconi, un piano persistentemente osteggiato in passato a parole e ora in sordina accolto. Il fatto che non sia Berlusconi ma il leader del Pd a prendere in mano il testimone della svolta autoritaria è ancora più grave perché neutralizza l’opinione di opposizione. Bisogna fermare subito questo progetto, e farlo con la stessa determinazione con la quale si riuscì a fermarlo quando Berlusconi lo ispirava. Non è l’appartenenza a un partito che vale a rendere giusto ciò che è sbagliato. Una democrazia plebiscitaria non è scritta nella nostra Costituzione e non è cosa che nessun cittadino che ha rispetto per la sua libertà politica e civile può desiderare. Quale che sia il leader che la propone". Nadia Urbinati, Gustavo Zagrebelsky, Sandra Bonsanti, Stefano Rodotà, Lorenza Carlassare, Alessandro Pace, Roberta De Monticelli, Gaetano Azzariti, Elisabetta Rubini, Alberto Vannucci, Simona Peverelli, Salvatore Settis,
fonte Fulvio Grimaldi


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