venerdì 1 giugno 2018

IL TEMPIO E I TEMPLARI DEL GRAAL


2
di Henry Corbin
Per “spiegare” i vari aspetti del ciclo del Santo Graal sono stati profusi, per molte generazioni, tesori di erudizione filologica. Sfortunatamente il metodo dello storicismo letterario (come i rischiosi virtuosismi della psicoanalisi) è inadeguato al compito che qui ci interessa.
Bisognerebbe augurarsi che, come la Bibbia, anche il ciclo dei poemi del Graal nel suo insieme venisse letto dai “credenti” non come un “corpus” letterario ma come la “Bibbia del Santo Graal”, e nello stesso modo in cui un Filone, un Origene, uno Swedenborg hanno letto la Bibbia.
Molti non vedono o non vogliono vedere nella Bibbia nessun senso esoterico. Tuttavia, secolo dopo secolo, questo senso esoterico, nei suoi molteplici aspetti, si è imposto alla lettura di coloro che sapevano leggere. Non è questo il luogo adatto per riprendere la discussione, tanto più che tra “coloro che vedono” e “coloro che non vedono” il dibattito è senza via d’uscita. Un’ermeneutica del Graal, che coordini in forma sistematica i dati del “corpus” in tutta la sua ampiezza, è un compito ancora da affrontare. Ma qui ci stiamo occupando dell’Imago Templi: sotto quale forma, dunque, ci appare il Tempio del Graal?
Diciamo subito, per semplificare, che l’immagine del Tempio emerge in tutta chiarezza dal castello del Graal, dal Gralsburg, come viene descritto nel “corpus” germanico della “Bibbia del Graal”. Il fondatore della dinastia dei guardiani del Graal è qui il re Titurel. Il Tempio sarà opera sua.
Abbiamo accennato poco fa al Titurel di Wolfram von Eschenbach. Nel Parzival dello stesso poeta, il Tempio del Graal[1]viene menzionato espressamente in occasione del battesimo di Feirefis, il fratellastro pagano di Parsifal[2]. Fino a quel momento (cioè fino al quinto Libro) si tratta soltanto della dimora, della casa del Graal, o, per così dire, del “castello-tempio”. Solo nel Nuovo Titurel (Der Junge Titurel) di Albrecht von Scharfenberg (tra il 1260 e il 1270) l’Imago Templi appare in tutto il suo splendore architettonico. (La grande epopea del Nuovo Titurel contiene 6000 strofe di sette versi, cioè 42000 versi complessivi, di cui non esiste ancora una traduzione, neppure in tedesco moderno.)[3] Anche qui il ciclo del Graal si sviluppa in un’epopea del Tempio, che culmina tra il Tempio di Salomone sul monte Moriah e la Gerusalemme Celeste. Così l’intera teologia e l’intera spiritualità del Tempio raggiungono una delle loro vette sulle altezze di Montsalvat, supporto della ierofania costituita dal Tempio del Graal. Dagli insegnamenti di Titurel si sprigiona infatti tutta una teologia del Tempio, una teologia completa come quella che abbiamo trovato a Qumrân e in altri luoghi privilegiati. Questa teologia si compie in un’escatologia che assegna finalmente tutto il suo senso alla cavalleria dei Templari del Graal in rapporto a quella dei Templari storici. Troviamo qui la descrizione del Tempio, le sue corrispondenze, quella insomma che si può chiamare la teologia del Tempio del Graal.
La descrizione del Tempio del Santo Graal
Si tratta di una descrizione grandiosa.[4] Nel paese di Salvaterra sorge un’alta montagna di  nome Montsalvat[5]. Il re Titurel l’ha circondata di un’alta muraglia e ha costruito sulla sua cima un castello superbo, il Gralsburg. Qui decide di fondare un tempio per il Graal:[6] fino ad allora infatti il Tempio non ha avuto una sede stabile, ma planava tra cielo e terra sostenuto da Angeli invisibili. L’edificio è costruito con pietre e materiali preziosi di ogni genere: predomina l’oro; il mobilio è di legno di aloe. Le pietre sono scelte secondo i princìpi dell’arte di Pitagora e della scienza di Eraclio.[7] La roccia della montagna è onice. Ogni erba e ogni strato di terra sono stati tolti: la superficie di onice brilla di splendore pari a quello della Luna. Su questa superficie appare un mattino, proiettata dal nulla, tutta la pianta del Tempio, completamente tracciata. La base stessa forma uno zoccolo dello spessore di due tese.[8] Tra il bordo della base e il muro del Tempio vi è tutto intorno uno spazio di cinque tese. In verticale l’edificio forma un’alta volta sostenuta da colonne di bronzo: è interamente decorato d’oro e di pietre preziose (di cui vedremo più avanti il significato mistico). Le finestre sono contornate di berillo e cristallo lucente. Le vetrate, colorate o incrostate di pietre preziose, attenuano il bagliore della luce. Anche il tetto è d’oro, incrostato di minerali preziosi perché il suo splendore non accechi. La costruzione del Tempio del Graal avvenne sotto la stessa assistenza del Cielo che aveva permesso la costruzione del Tempio di Salomone, Templum Domini Throni, a Gerusalemme. Le pietre venivano portate già tagliate in modo che durante la costruzione del Tempio non risuonasse il minimo rumore di martello o scalpello. E così avvenne per i costruttori del Tempio di Titurel: tutto era inviato loro dal Graal.
L’alta volta centrale è ricoperta di zaffiro, in modo da presentare l’immagine della volta celeste col suo azzurro splendore, ed è disseminata di piccoli punti luminosi che brillano come stelle nell’oscurità della notte. Vi è un’immagine del Sole, fatta d’oro, e una della Luna, d’argento. Messi in movimento da un ingegnoso orologio nascosto i due astri camminano senza posa attraverso un superbo zodiaco: cembali d’oro annunciano l’avvicendarsi dei giorni.
L’insieme del Tempio forma un’alta e vasta rotonda divisa in un certo numero di cori sporgenti verso l’esterno. Alcuni manoscritti ne contano 72, altri danno la cifra di 22. Le due cifre, come vedremo più avanti, hanno un significato aritmosofico e non sono in contraddizione fra loro. Chi sollevasse poi delle riserve sulle proporzioni gigantesche dell’edificio con i suoi 72 cori, dimenticherebbe che il Tempio del Graal è situato “alla confluenza dei due mari”, in una “Terra di Luce” che non è retta dalle leggi della fisica. In ognuno dei cori l’altare è orientato, cioè rivolto verso est. Anche il coro principale è rivolto a Oriente: la sua misura è doppia delle altre (nel caso dei 22 cori si ha quindi un totale di 22+2, cioè 12×2 = 24) e il suo aspetto più sontuoso. Esso è consacrato allo Spirito Santo. I cori successivi sono dedicati a ognuno degli undici apostoli, mentre i quattro evangelisti sono rappresentati da quattro statue di Angeli con le larghe e alte ali spiegate che dirigono l’attenzione verso il Trono celeste. Tre portali danno accesso al Tempio: a ovest, a sud, a nord. Sopra il portale occidentale si trova un organo di fattura e potenza straordinarie.
Infine, al centro della rotonda, si trova il Sancta Sanctorum, un piccolo edificio che riproduce, come un microcosmo, l’intera struttura del grande Tempio, con la differenza che invece di avere molti cori esso ha un unico altare. Le torri che all’esterno fiancheggiano il grande Tempio sono qui sostituite da cibori con immagini di santi. In questo Sancta Sanctorum è conservato il Graal, sospeso a mezz’aria, così che lo spazio sottostante forma un largo sacrarium. Il rapporto architettonico tra il grande Tempio e il microcosmo corrisponde al rapporto tra il Tempio esteriore e il Tempio interiore dell’uomo come microcosmo. La meditazione che interiorizza la visione del Tempio costruito da Titurel conferirà a questo il suo pieno significato mistico. Si tenga ancora presente che l’edificio ha, nel suo insieme, l’aspetto di una semirotonda gotica raddoppiata in modo da diventare un cerchio perfetto. Ora, potrebbe esservi, a nostro parere, un profondo significato esoterico nella sparizione delle chiese templari a pianta circolare a favore del coro gotico, che si presenta come un semicerchio aperto sul rettangolo della basilica.[9]
Le corrispondenze
Il Tempio del Graal concepito da Titurel è un’immagine del Tempio cosmico.[10] Vi si distinguono tre zone: mediana, inferiore, superiore. La zona mediana è formata dai 22 (+ 2 = 24) e dai 72 cori. Alberi artificiali carichi di Angeli e di uccelli; sul pavimento una foresta di fiori, gigli e rose; sulle mura smeraldi di un verde splendente: tutta la rotonda offre lo spettacolo di un giardino incantato, di una Terra trasfigurata, di un paradiso terrestre. La zona inferiore si trova sotto la pavimentazione a lastre di cristallo, trasparenti come l’acqua. In questo mare di cristallo, pesci e altre creature sono messi in movimento da un meccanismo ingegnoso. La zona superiore corrisponde alla cupola rivestita di zaffiro, che riproduce la volta celeste con tutte le costellazioni. Il Tempio è quindi la rappresentazione vivente del cosmo: cielo, terra, acqua. Si può anche dire, come nei casi precedenti, che il Tempio è il legame tra il celeste, il terrestre, il sotterraneo. In quanto tale il Tempio del Graal è un santuario situato al centro del mondo: Montsalvat è la montagna al centro del mondo.[11]
Abbiamo ricordato che Albrecht von Scharfenberg non manca di riferirsi al Tempio di Salomone: non che vi sia una corrispondenza architettonica tra i due, perché il Tempio di Salomone non è l’archetipo architettonico del Tempio del Graal, ma Albrecht vede i due Templi come complementari.[12] Anche il Tempio di Salomone era stato costruito per essere dimora della Šěkhīnah, cioè della Presenza divina. Il Tempio di Titurel è stato costruito per essere la dimora del Santo Graal, e questo fatto può contenere forse qualche indicazione sulla natura stessa del sacro calice. Il Tempio del Graal non è un edificio di ispirazione e di finalità ecclesiastica: non è insomma una tra le tante chiese della cristianità. E il ciclo del Graal, sia che esso prenda origine da Titurel o da Giuseppe di Arimatea, primo vescovo cristiano, sembra ignorare completamente la gerarchia romana. Il Tempio del Graal realizza nel ciclo del Nuovo Testamento il Tempio corrispondente all’edificio innalzato da Salomone nel ciclo dell’Antico Testamento. Ecco perché i due templi hanno fruito della stessa assistenza divina.
Sarà quindi opportuno meditare le convergenze funzionali tra il Tempio circolare del Graal e l’edificio, già citato (vedi p. 224), noto con il nome di “Cupola della Roccia” (Qobbat al-Ṣaxra). Quest’ultimo sorgerebbe nel punto preciso del Sancta Sanctorum del Tempio salomonico e lo si trova raffigurato sull’antico sigillo dei cavalieri templari. La sua pianta (un cerchio inscritto in un ottagono), prototipo di alcune chiese templari, raffigura il santuario ideale di un regno di Salomone cristiano. Ma per la sua origine l’edificio appare anche come il santuario di un regno di Salomone islamico. La roccia sacra vi assume una funzione omologa a quella della Ka’ba. L’edificio è un tempio-reliquiario, la cui reliquia è proprio questa roccia umbilicus Terrae, punto di partenza di tutta la Creazione e luogo del Sancta Sanctorum.[13] L’Imago Templi invita dunque alla riunione delle grandi famiglie della tradizione abramica, di tutte le “comunità del Libro” (Ahl al-Kitāb).
Questa convergenza dovrebbe essere meditata ricorrendo alla guida della visione di un altro tempio che nel capitolo finale del Nuovo Titurel è dichiarato paragonabile soltanto al Tempio del Graal. Questa meraviglia architettonica è la cappella palatina che sorge nel paese del misterioso Prete Gianni. È un “Oriente” che sarebbe vano cercare sulle nostre carte, come si illudono di poter fare i letteralisti: in questo “Oriente”, paese mistico del Prete Gianni, Titurel e Parsifal trasporteranno infine il Santo Graal ormai nascosto agli occhi dei mortali, come il Tempio che annuncia la Gerusalemme celeste. Ma vediamo almeno in quale direzionepuò ancora essere condotta la ricerca del Graal, e quindi qual è il senso della vocazione di Titurel, costruttore del Tempio. Attraverso di lui si compie il passaggio dal Tempio di Salomone alla Gerusalemme celeste della visione giovannea. Le gesta di Titurel sono indissociabili da quelle dei costruttori del primo e del secondo Tempio, Ḥīrām e Zorobabele, così come sono indissociabili le tre ierofanie dell’Imago Templi: Tempio di Salomone, Tempio del Graal, Tempio giovanneo, cioè la Gerusalemme celeste. Indissociabili poiché ognuno di essi si riferisce al tempio spirituale costituito dalla “Chiesa interiore”, l’Ecclesia Johannis. È qui tutta la teologia del Tempio del Graal.
La teologia del Tempio del Graal Titurel stesso, nel suo grande “discorso del Trono”, ci dà l’interpretazione del Tempio del Graal.[14] Egli espone qui la sua dottrina del Tempio e si rivolge ai giovani perché si mettano al servizio dello Spirito con la virtù che il Graal esige. Naturalmente l’interpretazione data dal poeta, Albrecht von Scharfenberg, per bocca di Titurel, non è esauriente, perché tende a far emergere l’aspetto teologico lasciando però aperta la strada ad altre interpretazioni.[15]
Il primo particolare che colpisce è l’età di Titurel: il poeta gli attribuisce quattrocento anni, ma egli ha la bellezza, il vigore, la giovinezza di un uomo di trenta. Il segreto di questa giovinezza è l’identificazione di Titurel col suo Tempio: ogni uomo ha per sempre l’età del suo Tempio. L’inizio della costruzione del Tempio ha segnato per Titurel una seconda nascita, il dies natalis a un livello di realtà superiore. I trent’anni della costruzione del Tempio saranno per sempre la sua età, perpetuando nel tempo il rigoglio della sua giovinezza. Questa è la regola del Tempio (vedi le righe di Vladimir Maximov poste in epigrafe).
Un secondo particolare interessante, che prelude al la grande spiegazione del Tempio, è l’importanza conferita al ruolo dell’arcangelo Michele. Da una parte, come preludio alla ierostoria del Tempio, viene l’evocazione delle coorti angeliche che combattono al comando dell’arcangelo Michele: la sua discesa sull’alta montagna di Salvaterra e il trasferimento, lassù, della cavalleria del Graal. Dall’altra, come postludio, viene l’immagine dell’arcangelo Michele come colui al quale spetta la funzione di “pesare le anime”.[16] Come la comunità di Qumrān sperimentava la presenza invisibile delle potenze angeliche al cui fianco conduceva la lotta contro i figli delle Tenebre, così i Templari del Graal sono i compagni delle milizie celesti. L’Imago Templi, nel trentesimo anno della sua edificazione, guida l’ingresso nella lotta. La pesatura del “bottino” conquistato guida la meditazione del Tempio preparando l’uscita da questo mondo: di qui l’insistenza sul doppio ruolo dell’arcangelo Michele.
La meditazione interiorizzante trasformerà ogni pietra del Tempio in una virtù. Ed è questo che permetterà al poeta di far apparire la Gerusalemme celeste attraverso il Tempio del Graal, nel “discorso del Trono”, dopo aver ricordato il Tempio di Salomone. Nello stesso tempo viene stabilita la connessione tra il Graal e la vocazione di coloro che lo hanno in custodia. In ogni momento essi fanno al Santo Graal l’offerta di un cuore puro. La cavalleria esige degli uomini la cui anima abbia la virtù del “diamante” (adamas). Il termine non è scelto a caso: esiste infatti una connessione esotrica tra quella che potremmo chiamare una “mineralogia sacra” e l’antropologia mistica, la concezione dell’uomo implicita nella teologia del Tempio del Graal.
Poiché tutti i minerali preziosi entrano nella sua composizione, il Tempio diviene la parabola, la similitudine dell’Uomo. Il fatto è che il senso del Tempio di Titurel è di promuovere la formazione del Tempio nell’uomo, di investirlo dell’Imago Templi. Come il Tempio è costruito con i materiali più nobili, così deve esserlo anche l’uomo, perché Dio vuole abitare l’anima umana. Parabola dell’uomo individuale, in primo luogo, ma anche parabola della comunità umana, dal momento che, attraverso l’invisibile azione dei suoi cavalieri, lo Spirito farà coincidere i limiti della comunità del Graal con l’umanità intera. Per la trasformazione interiore dell’uomo, la meditazione che interiorizza la virtù di ogni pietra approfondendo il simbolismo di ciascuna riveste un ruolo essenziale.[17] Abbiamo nominato il diamante: vengono poi citate le dodici pietre preziose che portava Aronne quando penetrò nel Tempio. Il numero dodici richiama poi i dodici apostoli ai quali la cristianità deve la diffusione della sua fede (si pensi anche alle dodici pietre preziose che si trovano nelle fondamenta della muraglia della Gerusalemme celeste: Apoc. 21, 19-20).
Vengono quindi menzionati gli effetti di ogni pietra preziosa, sia sull’uomo interiore che sul suo corpo. Questa mineralogia sacra indica che il segreto del Tempio del Graal, trasposto all’uomo individuale, è il segreto della purificazione e della nobilitazione di tutta la sua persona. Conoscere il “linguaggio” dei minerali preziosi appare quindi come una condizione preliminare per partecipare al nutrimento dispensato dal Graal. È vero che il processo è circolare: l’uomo deve acquisire le virtù per preparare dentro di sé una dimora al Santo Graal, ma queste virtù, a loro volta, non possono procedere che dal Graal. Punto di partenza e punto di arrivo coincidono. Ma questo circolo, rivelando il rapporto tra i minerali preziosi e l’essere essenziale dell’uomo, rivela allo stesso tempo il rapporto tra l’uomo e il Graal. Fino alla costruzione del Tempio il Graal non poteva essere toccato che dagli Angeli. Ora esso tollererà il contatto degli uomini, ma solo di quelli che hanno acquisito la virtù-diamante. Ed è questa la cavalleria del Graal.[18]
Siamo ora in grado di comprendere il rituale e le liturgie del nostro Tempio. È significativo che delle tre grandi feste cristiane (Natale, Pasqua, Pentecoste) la Pentecoste occupi un posto molto più importante delle altre due (una riga per le prime due, un’intera strofa per la terza). Il fatto è che la Pentecoste è la festa più importante del Tempio del Graal: il coro principale del Tempio è consacrato allo Spirito Santo (vedi sopra, p. 238) e la spiritualità dei cavalieri del Graal è dominata dal mistero della Pentecoste. Nella Queste del Saint Graal il Santo Graal si manifesta ai cavalieri riuniti attorno a re Artù la sera della Pentecoste: “Sentirono avvicinarsi un rumore di tuono (…) Ed ecco che entrò un raggio di sole che rese la sala sette volte più chiara di prima. Coloro che erano là furono come illuminati dalla grazia dello Spirito Santo.” Per lungo tempo tutti rimangono muti, poi appare “il Santo Graal coperto da un pezzo di seta bianca ma nessuno poté vedere chi lo portava”.[19] L’indomani la Ricerca del Graal ha inizio.
La festa della Pentecoste nel Tempio del Graal non è una semplice commemorazione dell’effusione dello Spirito. Abbiamo visto prima (pp. 215 sgg.) che nella comunità-tempio di Qumran la liturgia celeste era escatologia realizzata. Qui la liturgia del Graal è la Pentecoste realizzata, l’evento “al presente”. E questo perché l’effusione del Paraclito non si è compiuta una volta per tutte nel passato:  è sempre futura, la comunità continua sempre ad attenderla. La norma del Tempio, anche qui,  è lo iam et nondum: già e non ancora (vedi sopra, pp. 210 sg.). Di qui il persistere dell’esoterismo cristiano (vedi pp. 219 sgg.) di cui è monumento il ciclo del Graal. L’Imago Templi di Titurel è la stessa che domina tutto l’orizzonte paracletico, compresa l’Ecclesia Johannis dei gioachimiti (vedi pp. 215 sgg.).[20] Come si diceva poco fa, il Graal prima del “tempo di Titurel” è il Graal sostenuto in aria dalle mani invisibili degli Angeli. Il “tempo di Titurel” è il “tempo del Tempio”, il ricorrere del mistero liturgico “al presente”. Il Graal può ora essere toccato dai suoi cavalieri e moltiplicarsi indefinitamente in ogni anima che avrà raggiunto la purezza richiesta.
Già prima (pp. 193 sg.) la nostra attenzione si era soffermata sull’affinità che si può scorgere tra l’Imago Templi della Gerusalemme celeste nell’esoterismo ebraico e l’idea del Tempio mistico in Meister Eckhart. Anche qui l’accostamento si impone. “Ci si può chiedere se Meister Eckhart, il mistico nato nell’epoca in cui il romanzo (il Nuovo Titurel) fu scritto (tra il 1260 e il 1270), non sia stato toccato dalla luce del Graal e deI Tempio del Graal quando tipizza la parte increata dell’anima non soltanto come una scintilla ma anche come un castellum, una piccola roccaforte (Bürglein).[21] Viene anche spontaneo pensare al tema dell”‘uomo nobile” in Meister Eckhart, all’ideale cavalleresco che modella tutto un aspetto della mistica renana del quattordicesimo secolo.
Le due cifre: 22 (+ 2 = 24) e 72, date come il numero dei cori nel Tempio del Graal, hanno un preciso significato aritmosofico. Non c’è da stupirsi se lo spazio interno del Tempio di Titurel tende a espandersi fino a raggiungere escatologicamente l’intera comunità umana. La cifra 24 è il doppio del numero dei segni dello zodiaco e suggerisce la corrispondenza tra il Tempio del Graal e il Tempio cosmico. Ma la cifra 72 corrisponde al numero dei popoli e delle lingue umane (70 o 72) secondo una rappresentazione tradizionale degli antichi. Ora il 72 è virtualmente contenuto nel 12 (12×6 = 72): se insistiamo su di esso daremo dunque la preminenza, più che al rapporto con la volta cosmica,  a quello del mistero del Tempio con la razza umana.[22] Già in Wolfram l’ideale cavalleresco riuniva i cavalieri d’Oriente e d’Occidente in una stessa cavalleria. In prospettiva escatologica il servizio del Graal deve riunire nel Tempio di Titurel l’intera umanità: il mistero della Pentecoste è nel Tempio del Graal l”‘escatologia realizzata”.
Dicevamo inoltre che il segreto del Tempio del Graal era, da un lato, il Sancta Sanctorum che esemplifica il rapporto del Tempio con il tempio che è nell’uomo in quanto microcosmo, e dall’altro la sua forma perfettamente circolare. Questa forma ha affascinato gli studiosi: il finlandese Ringbom ne ha ricercato i modelli, le imitazioni, i paralleli e le varianti dalla Persia all’Estremo Occidente. La forma circolare sarebbe la forma per eccellenza dell’edificio sacro a carattere regale. Il concetto di regalità sacerdotale, di re sacerdote, quale è appunto il re del Graal, gli fornisce la chiave per comprendere tutti i santuari tradizionali aventi forma affine a quella del Tempio del Graal.[23] Abbiamo già notato che l’aspetto del Tempio, nel suo insieme, corrisponde a quello di una semirotonda gotica raddoppiata. Ma il coro della chiesa gotica (Saint Martin di Tours o Saint-Remi di Reims, ad esempio) è un semicerchio che si apre sul rettangolo della navata, mentre la pianta generale dell’edificio è cruciforme. Questo abbandono della forma circolare sembra esprimere la rottura dell’integralità che la regalità sacerdotale del Graal comportava, o, per dirla altrimenti, la rottura dell’unità tra l’essoterico e l’esoterico ormai separati e dispersi. L’esoterismo che soccombe alla norma e al potere ufficiale della Chiesa essoterica: è questo, in sintesi, il significato drammatico della storia del Tempio.
Lo storico delle forme architettoniche tradizionali seguirà dunque il cammino dell’Imago Templi da Oriente a Occidente, dove essa non può mantenersi a causa del cuore indurito degli uomini. La pianta circolare è andata distrutta: rimangono solo, con qualche eccezione, strutture a semicerchio, vestigia dell’unità mutilata.[24]L’essoterico ha trionfato. L’idea del Tempio regale ritorna allora al paese da cui era venuta, a quell”’Oriente” mistico dove viene accolta dal guardiano della regalità sacerdotale, il misterioso Prete Gianni, che non è un sovrano di questo mondo. Sarà questo l’episodio finale del Nuovo Titurel. Non si dimentichi tuttavia che il Tempio del Graal non fu mai visibile se non alla “confluenza dei due mari”, nella Terra di Luce, la Terra lucida, l”‘ottavo clima” che gli Išrāqīyūn indicano come “Oriente intermedio”. Esso non poteva “incarnarsi” in questo mondo, secondo l’uso abusivo che oggi si fa di questo termine. Da questo “Oriente intermedio” il Tempio, in una sola notte, viene trasferito nell”‘Oriente” del mondo metafisico. Titurel e Parsifal vi trasferiscono il Santo Graal.
Ma se questo “ritorno a Oriente” ha una virtù simbolica per la storia delle forme architettonichetradizionali, l’ha anche per quanto riguarda il tempio che è nell’uomo, o meglio il tempio che è l’uomo. Torniamo qui al dramma della distruzione del Tempio, che abbiamo preso in considerazione all’inizio della nostra ricerca sotto la guida di un maestro cabalista dei nostri giorni: dramma che si consuma con la nostra entrata in questo mondo. Occorre un’intera vita per ricostruire il Tempio.  O meglio: non si esce dal mondo dell’esilio se non a condizione di passare per la nuova nascita rappresentata dalla ricostruzione del Tempio. Il trasferimento del Tempio in India è il ritorno dell’anima al suo paese d’origine.
Questo “ritorno a Oriente” ci suggerisce infine il segreto della cavalleria del Graal: l”‘India” in cui i cavalieri si ritirano al seguito di Titurel e di Parsifal non è quella che possiamo trovare sulle carte geografiche. Il termine indica tradizionalmente un lontano Oriente in cui comincia la regione del paradiso invisibile. Sarebbe inutile, anzi ridicolo, identificare il Prete Gianni del ciclo del Graal con qualche sovrano di questo mondo, mongolo o etiope, ad esempio, come è stato fatto in passato.  Alla fine dell’epopea di Wolfram il Prete Gianni sarà il nipote di Parsifal. Alla fine dell’epopea di Albrecht è lo stesso Parsifal a riceverne il nome e la dignità.[25] Il Prete Gianni è il re sacerdote ideale del regno giovanneo. Il ritorno dei Templari del Graal nel regno del Prete Gianni è il loro rientro nell’invisibile, nell’incognito più rigoroso.
Non si può allora parlare del Tempio del Graal senza avere presenti alla vista e all’udito i drammi musicali di Richard Wagner. Nel “racconto del Graal” Lohengrin enuncia la regola dello stretto esoterismo a cui ogni cavaliere del Graal è sottoposto: “E la sua forma è sacra finché rimane a tutti ignoto.”  L’episodio finale del loro “ritorno a Oriente” ci suggerisce come rappresentarci nel modo migliore il rapporto tra i templari del Graal – quelli del Parsifal e quelli del Nuovo Titurel – e i cavalieri dell’Ordine storico del Tempio come manifestazione visibile di una cavalleria ancora superiore e ignota agli uomini: depositario temporaneo di una missione affidata secolo dopo secolo ai più degni da questa cavalleria trascendente. Nel secolo diciottesimo lo stesso Willermoz interpreta il significato dell’Ordine storico del Tempio in rapporto a un templarismo permanente ad esso superiore e attraverso il quale diventa possibile far risalire l’Ordine storico del Tempio all’Ordine degli esseni.  L’occultamento della cavalleria del Graal corrisponde precisamente a questo stato di cose.
Il trionfo dell’Imago Templi consiste dunque nell’uscire sana e salva da tutte le sconfitte e da tutti i colpevoli cedimenti alle norme di questo mondo. La controstoria finisce per avere la meglio sulla storia profana. Rientrati nel loro segreto, i Templari del Graal potranno essere chiamati con altri nomi: ad esempio i “Figli della Valle”, nel grande poema drammatico di Zacharias Werner.
*Da: CORBIN H., L’immagine del Tempio, Boringhieri, Torino, 1983, pp. 236-247.
[1] Nel sedicesimo libro, quello finale: “Essi (Parsifal e Amfortas) pregarono il re di Zazamanc (…) di venire nel tempio in cui si conservava il Graal.” Vedi Wolfram von Eschenbach, Parzival, trad. it. (Torino 1957) p. 604.
[2] Preferiamo citare il nome in questa forma, divenuta ormai classica dopo Richard Wagner.
[3] Albrecht von Scharfenberg, Jüngerer Titurel, a cura di W. Wolf (Berlino 1955-64). Segnaliamo in particolare l’eccellente tesi di Gudula Trendelenburg, Studien zum Gralraum im ”Jüngeren Titurel’  (Göppingen 1972). Già L. I. Ringbom aveva ampiamente utilizzato l’epopea di Albrecht nella sua grande opera Graltempel und Paradies: Beziehungen zwischen Iran und Europa im Mittelalter  (Stoccolma 1951). La sua ricerca abbraccia tutti i prototipi, imitazioni e paralleli del Tempio, dall’Oriente all’Occidente, insistendo in particolare sull’affinità tra il Burg  sassanide di Persia e il Gralsburg. Il materiale raccolto è considerevole ma, per quel che concerne le possibili conclusioni, bisognerebbe definire meglio lo spartiacque tra la ricerca storica propriamente detta e la ricerca fenomenologica comparativa.
[4] Ringbom (op. cit ., pp. 21 sgg.) ne dà un ampio riassunto.
[5] Questa è la forma che qui adotteremo.
[6] Non è possibile qui entrare in tutti i particolari della ierologia del Graal, la sua discesa del Cielo portato dagli angeli,
i Templari che lo custodiscono ecc. Si veda la già citata traduzione italiana (nota 234).
[7] Chiamare in causa Ercole (vedi Ringbom, op. cit ., p. 452) sarebbe fuori luogo, mentre il nome del basileus  Eraclio
è noto a tutta la tradizione alchemica; esso figura già nella versione ermetica di “Salamā m e Absā l”, vedi ARV , vol. I, p. 243 nota 352.
[8] La tesa valeva circa due metri.
[9] Vedi Ringbom, op. cit ., pp. 50 sgg.
[10] Ibid., p. 58.
[11] Ibid., p. 247. Nello sviluppare questo motivo, Ringbom ha tentato di mostrare le corrispondenze tra il Gralsburg e l’architettura del castello-tempio di Xosraw a Šiz, nell’Iran nord-occidentale, vedi pp. 75 sgg. Šiz (sede di importanti scavi archeologici della missione archeologica tedesca in questi ultimi anni) si chiama oggi Taxt-e Solaymān, “trono di Salomone”; abbiamo già ricordato in precedenza il significato della Perside (il Fārs, sud-ovest dell’Iran) come “regno salomonico”, vedi sopra, pp. 156 e 170.
[12] Ibid., p. 57.
[13] Ibid., pp. 203-06, e, in questo volume, il nostro studio su Qāżī Qommī.
[14] Sono le strofe 510-86; Gudula Trendelenburg (op. cit ., pp. 73 sgg.) ne dà un’analisi che meriterebbe di essere sviluppata in un’opera autonoma.
[15] Ibid., p. 80.
[16] L’arcangelo che tiene in mano la bilancia è un tema classico dell’iconografia di san Michele (per esempio nel portale della Sainte-Chapelle di Parigi).
[17] Ibid., pp. 76 sg., si troveranno alcune delle corrispondenze enunciate per le parti costitutive del Tempio.
[18] Ibid., pp. 78 sg., 83.
[19] La quête du Graal cit., pp. 63 sgg.
[20] Si vedano i nostri due studi citati alla nota 154.
[21] Vedi H. Adolf, Visio Pacis: Holy City and Grail: An Attempt of an Inner History of the Grail Legend  (Pennsylvania State 1960) p. 139, citato da Gudula Trendelenburg, Studien , p. 85. Vedi anche sopra, pp. 334 sgg. e note 112 sg. Si ricordi il concetto di Šahrestān-e Jān , “il castello dell’Anima”, in Sohravardī , il metafisico della luce (šayx al-išrāq)  per eccellenza. Occorrerebbe approfondire il significato mistico dell’epopea di Albrecht e sviluppare la breve indicazione data da Gudula Trendelenburg (Studien , p. 112) su metafisica della Luce e stile gotico.
[22] Vedi Gudula Trendelenburg, op. cit ., pp. 90 sg., 193 sgg. dove si citano numerosi esempi dell’uso archetipico delle cifre 70 e 72; ricordiamo che gli schemi con cui il filosofo sciita persiano Ḥ aydar   molī  rappresenta le 72 sette, scuole e religioni in cui si suddivide il genere umano prima e dopo l’Islā m, corrrispondono perfettamente al piano ideale del Tempio di Montsalvat dai 72 cori. Su questi schemi si veda il nostro studio La Science de la Balance et les correspondances entre les mondes en gnose islamique (d’après l’oeuvre de Ḥaydar Âmolī, VIIIe/XIVe siècle), in Temple et contemplation  (Parigi 1981) pp. 67-141.
[23] Trendelenburg, op. cit ., pp. 98 sg.; Ringbom, op. cit ., soprattutto il cap. 10, pp. 140-78, 197 sg.
[24] Si pensi però alla rotonda di Neuvy Saint-Sépulcre (Indre), alla Round Church di Cambridge ecc.
[25] Vedi II , vol. 4, indice, s.v.  “Prêtre-Jean”.
fonte https://mikeplato.myblog.it/2018/06/01/il-tempio-e-i-templari-del-graal/

Nessun commento:

Posta un commento