sabato 10 marzo 2018

L’arte Alchemica



La Magia ha il potere di esplorare e penetrare le cose che sono inaccessibili alla ragione umana. Perché la Magia è una grande saggezza segreta esattamente come la ragione è una grande follia pubblica.
Paracelso, De Occulta Philosophia

Introitus
( sul significato del lavoro magico/alchemico )
La magia non è una superstizione degli antichi né una curiosità intellettuale per i salotti moderni; diventare mago non significa smettere di tagliarsi la barba, addobbarsi con paramenti di dubbio gusto estetico e imparare a memoria delle formule da recitare in stanze semi-buie di fronte a un altare… possibilmente con una donna nuda sdraiata sopra… come si ostinano a raccontare i cosiddetti esperti di magia – i quali d’altronde fanno quello che possono con il materiale cerebrale che la natura ha messo loro a disposizione!
La magia concerne innanzitutto lo spalancarsi della coscienza del singolo individuo a nuove dimensioni e il conseguimento da parte sua di determinate facoltà sopranormali. Cerimoniali, formule e incantesimi – seppur indispensabili – costituiscono in fondo gli elementi più tecnici e grossolani dell’Arte. È giunto il tempo di distogliere lo sguardo da questi aspetti della magia che, per quanto possano veicolare conoscenze antiche e occulte, restano pur sempre relegati nella sfera dell’esteriorità, soprattutto se messi a confronto con tutta la somma di acquisizioni concernenti l’interiorità dell’individuo e la possibilità di una sua conversione in Uomo Nuovo.

Il mago/alchimista è un uomo che decide di affrontare un lavoro di tipo psicologico ( psyché=anima ) per trasmutare radicalmente la propria coscienza. Egli mira in primis a ottenere la c o n o s c e n z a – intesa non come acquisizione intellettuale, bensì identificazione completa con l’Uno – e, in seguito, l’immortalità e la capacità di comandare su certe forze che dimorano nel mondo astrale allo scopo di agire esotericamente sulla realtà materiale. Il che è esattamente ciò di cui parla Crowley nella sua famosa definizione: La concezione fondamentale della Magia è porre il Mago in condizione di influenzare il regno che sta aldilà delle apparenze, in modo che egli possa trasformare tali apparenze.

Non si vede la ragione per cui a una persona che vuole diventare ingegnere, filosofo, avvocato o gastronomo debba essere fornita in apposite università tutta la documentazione e l’esperienza dei “maestri” del settore atta a produrre nell’aspirante la giusta conoscenza e quindi a fornir lui i corretti metodi operativi, mentre per quanto concerne essenziali sfere del sapere quali sono l’Astrologia, la Magia e l’Alchimia regnino da incontrastate sovrane la confusione, l’approssimazione e l’incapacità di discernere l’indispensabile dal superfluo.
Un testo dove l’autore esprime il proprio punto di vista sulla Magia – fondandolo non su una sperimentazione alchemica interiore ma solo sull’acquisizione esteriore di materiale intellettuale proveniente da svariate fonti – non può certo venire considerato un testo alchemico, cioè uno scritto dove vengono esposte v e r i t à e non o p i n i o n i circa i temi trattati.
Non è sufficiente leggere libri antichi e meditarci sopra per comprendere la magia. Essa va praticata! Ma ciò non lo si fa limitandosi a prendere parte a pompose cerimonie, bensì attuando la trasmutazione di sé per mezzo di tecniche occulte vecchie di millenni. E a nulla vale dare vita a un nuovo credo o movimento esoterico se non si è prima stati in grado di operare tale trasmutazione all’interno di sé.
Nella nebulosa epoca moderna un qualunque filosofastro millantatore può sentirsi in diritto di espellere dalla propria mente un trattato sull’Alchimia o sulla Magia pur non avendo mai acquisito egli stesso nella pratica un determinato indispensabile grado di r i s v e g l i o interiore.

La presente opera si ritiene un testo alchemico proprio in quanto non intende esprimere ipotesi od opinioni, ma verità certe e provabili. Ovviamente l’unica prova circa la veridicità delle affermazioni che qui si fanno solo il lettore può fornirla a se stesso, in quanto essa non potrà mai venir data dall’esterno sotto le sembianze di una formula matematica.
Ciò significa che l’aspirante, sperimentando su di sé con costanza e determinazione i metodi qui proposti, potrà guadagnarsi egli stesso l’accesso a nuove dimensioni della coscienza e alle forze archetipali che abitano i mondi spirituali, verificando da sé l’esistenza sia delle prime che delle seconde, senza doversi affidare alle parole di altri e rimanerne quindi sempre succube. Egli, praticando e sperimentando, potrà imparare a distinguere fra ciò che è un’esperienza della realtà spirituale e ciò che invece è unicamente una visione frutto di momentanea allucinazione mentale.
L’Astrologia, la Magia e l’Alchimia non fanno parte della superstizione o della fantasia di uomini vissuti in altre epoche, esse sono scienze che, se correttamente applicate, trasformano l’individuo in qualcosa di superiore.
Se le nozioni qui esposte non fossero totalmente verificabili nella pratica l’intero scritto non avrebbe alcun valore! Al praticante viene data la straordinaria possibilità di costruirsi un « corpo dell’anima », detto anche « corpo di gloria » o « corpo causale », e di ottenere così la « coscienza extracerebrale » – il che è ben diverso dall’accontentarsi di c r e d e r e nel corpo dell’anima. Gli viene così presentata l’occasione di poter toccare con mano la propria raggiunta immortalità – il che è ben diverso dal limitarsi a c r e d e r e o sperare nell’immortalità.

Il mago/alchimista è un individuo che non si ferma all’acquisizione intellettuale di conoscenze o alla partecipazione a rituali, ma decide di lavorare su di sé per ottenere una reale trasformazione della propria coscienza; egli provoca una vera deflagrazione del proprio essere che è costretto a mutare in qualcosa di nuovo e sconosciuto. L’energia che lo muove è una indicibile sete di conoscenza che lo porta a desiderare con tutte le forze di poter “toccare” Dio, fino ad annullarsi in Dio egli stesso e scomparire in quanto individuo separato.

Fonte del testo:
LA PORTA DEL MAGO
Salvatore Brizzi, Antipodi Edizioni, Torino (2007)

E’ fondamentale realizzare che gran parte dell’operatività è volta a sollecitare, estendere e raffinare la p r e s e n z a di sé, e non a perderla con frequenti stati di smarrimento, beatitudine, estasi o simili. L’operatore ricerca le esperienze enstatiche, che sono realtà non ordinarie entro di sé, anziché le esperienze estatiche, che sono realtà non ordinarie fuori di sé.
Giorgio Sangiorgio, Agricoltura Celeste


Obiettivi dell’Alchimia
L’Alchimia persegue i seguenti obiettivi (la Triplice Corona Regale):
1 · Fare sì che l’alchimista si identifichi con la Volontà Divina, o l’ntelligenza della Natura (divenire la Coppa del Graal).
2 · Portare l’alchimista a uno stato di coscienza di perenne innamoramento nei confronti della Vita e serenità interiore (fabbricare il Lapis Philosophorum).
3 · Permettere all’alchimista di divenire un « mago », cioè liberare la propria coscienza dalla « gabbia psichica » nella quale è trattenuto in questa sistema sociale, conseguire l’immortalità, invocare entità dai piani spirituali, acquisire il potere di trasmutare i blocchi della propria psiche (possedere la Lancia di Longino).

L’alchimista lavora tutta la vita al fine di conseguire tali qualità:
1 · La liberazione dalla schiavitù psichica. La gabbia psichica nella quale siamo invischiati coinvolge i nostri tre corpi: fisico, emotivo (astrale) e mentale. Chi governa in maniera occulta il mondo ci tiene prigionieri attraverso i pensieri, le emozioni e le malattie fisiche (che sono una conseguenza delle emozioni negative). I pensieri vengono controllati attraverso l’educazione scolastica e l’azione dei mass-media. Le emozioni quali paura, senso di impotenza, malcontento e desiderio di vendetta vengono pianificate a tavolino e divulgate per mezzo di trasmissioni televisive e telegiornali. Il sistema immunitario viene indebolito attraverso l’inquinamento atmosferico, l’alimentazione, i vaccini e i farmaci. Liberarsi significa indentificarsi con l’anima immortale, aldilà dei tre corpi della personalità.
2 · L’immortalità della coscienza. Egli è morto alla sua personalità ed è rinato come anima immortale. La sua volontà è ora identificata con l’Unica Volontà. Da ciò deriva che alla morte del corpo fisico il Mago se ne distacca senza perdere coscienza e prosegue la sua vita nei mondi spirituali dove lo attendono altri compiti. Se giunge al termine dell’Opera, spiritualizza la materia stessa del suo « corpo di carne » portandolo su una più elevata frequenza vibratoria (risurrezione della carne).
3 · La serenità interiore. Ha sciolto i suoi blocchi psichici, vive quindi la sua quotidianità nella Gioia, invaso da un costante senso di innamoramento nei confronti di tutti gli uomini e di tutto ciò che lo circonda, conseguenza del suo percepirsi “uno con tutte le cose”. L’Amore è per lui la Legge, l’Amore al servizio della Volontà superiore (“Love is the Law, Love under Will.” Aleister Crowley).
4 · L’attitudine a « servire ». Essendosi egli identificato con la Volontà Divina stessa, tutti i pensieri, le parole e le azioni non gli appartengono più. L’Uno opera attraverso di lui. A questo punto la sua vita diverrà inevitabilmente una continua tensione verso il miglioramento delle condizioni dell’umanità, non perché se lo imponga, ma unicamente come conseguenza del suo agire in questo nuovo stato di coscienza.
5 · La guarigione. Egli guarisce il suo corpo quando questo si ammala, ma, soprattutto, può prevenire ogni male fisico lavorando assiduamente sulla trasmutazione dei suoi pregiudizi e delle sue emozioni negative. A un certo grado di iniziazione può usare il Fuoco per favorire la guarigione negli altri esseri umani.
6 · Il potere di dominare la materia fisica – divenendo, almeno potenzialmente, capace di operare la trasmutazione dei metalli – e il potere di invocare e governare entità che vivono su altri piani. Entrambi questi due poteri gli sono conferiti dalla capacità di governare e trasmutare innanzitutto gli elementi psichici all’interno di sé.
7 · La chiaroveggenza. L’alchimista percepisce per empatia – attraverso l’uso del Cuore, con un atto d’amore – il significato nascosto dell’anima di chi gli sta di fronte, cioè la particolare qualità che quell’anima è venuta a esprimere sulla Terra. Come conseguenza di ciò può anche divenire in grado – ma non è detto che accada a tutti – di cogliere i mondi spirituali durante il suo normale stato di veglia, e può dunque osservare i corpi sottili degli altri uomini scorgendone le emozioni, i pensieri e in alcuni casi anche la storia passata e futura. Può praticare la telepatia. Egli può anche divenire cosciente nei propri corpi sottili e assumerne il completo controllo. Ciò significa che il mago può abbandonare il suo corpo fisico e spostarsi in quelli superiori (es.: il corpo astrale utilizzato nello « sdoppiamento astrale ») utilizzando coscientemente tali veicoli per viaggiare nelle dimensioni spirituali.

Io vedevo satana cadere dal cielo come la folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza del nemico; nulla vi potrà danneggiare. Non rallegratevi però perché i demoni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli.
Lc 10,18-20




Nigredo – L’Opera al Nero
L’alchimista completo è un uomo che ha trasmutato la sua natura inferiore fino a farsi a immagine e somiglianza di Dio. Ciò non siginifica che il suo attuale Io è divenuto così grande da somigliare a Dio, bensì esattamente il contrario: il suo Io personale – con tutti i suoi desideri terreni – è morto lasciando spazio a una Volontà superiore che adesso opera attraverso di lui.
L’Io che desidera diventare un alchimista non potrà mai diventarlo. L’Io che desidera diventare immortale non potrà mai diventarlo. Se anche ciò potesse succedere sarebbe una tragedia, poiché l’Io è schiavo di pensieri e desideri egoistici e separativi che lo indurrebbero a usare i nuovi poteri acquisiti per fini personali, alimentando in tal modo un karma sempre più infelice per il suo futuro. Ma ciò non può succedere, o almeno, non può succedere a livello assoluto; ma a livello relativo chi intraprende un lavoro alchemico spesso si illude ancora per un lungo periodo di poter evolvere esotericamente al fine di ottenere sempre di più per sé in termini di conoscenza e poteri occulti.
L’Io non può divenire immortale perché appartiene alla personalità dell’individuo, alla sua parte terrena e mortale; dunque l’Io non può per definizione approdare all’immortalità assoluta, la quale è una caratteristica divina, cioè una prerogativa dell’anima. Tutto ciò che può fare l’Io di un uomo che vuole evolvere sulla strada dell’alchimia è morire, disintegrarsi, annullare la propria volontà personale in quella dell’Assoluto lasciando che Lui agisca per suo mezzo.
La misura della bravura con cui un alchimista è in grado di operare con la materia, dentro di sé e fuori di sé, è data dal suo progressivo annullarsi nello stato di coscienza divino. Più si abbandona al Superiore più Quello è libero di agire attraverso di lui e quindi di operare trasmutazioni sempre più elevate.
Allora le finalità di tali trasmutazioni non saranno più di carattere personale, miranti cioè a soddisfare gli appetiti dell’Io, bensì dettate unicamente dal desiderio di aiutare l’evoluzione dell’umanità e del cosmo intero.

Questo importante assunto va tenuto bene a mente dall’allievo alchimista lungo tutto il corso del suo apprendimento. Egli non deve mai scordare, pena la mancata riuscita di tutti i suoi obiettivi, che l’individuo che oggi desidera divenire immortale non è e non può essere lo stesso individuo che domani lo diverrà. Tale uomo dovrà progressivamente morire e lasciare il posto a un Uomo Nuovo.
Un mortale non può divenire immortale. Un’entità che sente di essere nata in dato istante nel passato, necessariamente dovrà morire in un altro istante nel futuro. L’unica soluzione è dimenticare sé stessi per identificarsi interamente con un’entità che non è mai nata e non morirà mai: l’anima.

Il processo della morte dell’Io – cioè di tutti i desideri personali dell’allievo alchimista – è detto nigredo, l’Opera al Nero, la « putrefazione ».
Questa è l’impresa più difficile alla quale l’uomo possa mai sperare di giungere. È l’impresa dell’Eroe. L’alchimista si impegna a lavorare sistematicamente tutti i giorni per uccidere ciò che lui stesso è. La prima fase del lavoro alchemico è infatti la più ardua, lunga e delicata. Una volta portata a compimento questa in maniera perfetta, le fasi successive saranno rapide e semplici.

Il mago/alchimista deve possedere tali qualità:
· Volontà ferma.
· Costanza.
· Coraggio.
· Desiderio di amare tutte le cose e tutti gli uomini.
· Spirito di sacrificio per il bene degli altri.

Tutta la prima lunga fase del lavoro – conosciuta come dissociazione dei misti in termini alchemici – è illustrata nella sezione Lavoro Alchemico, che costituisce il corpo centrale del sito e, più in generale, dell’insegnamento ermetico.
L’Opera al Nero consiste in massima parte nell’attenta e costante osservazione di sé condotta dall’alchimista giorno dopo giorno. Un’osservazione distaccata, che non è macchiata da alcun giudizio, né di compiacimento né di rifiuto nei confronti degli aspetti del proprio carattere che inevitabilmente vengono alla luce. Egli si sforza di restare al di sopra delle divisioni fra bene e male, giusto e sbagliato in tutte le questioni che gli si presentano, interiori o esteriori che siano.
Il ricordo di sé è il mezzo attraverso il quale l’osservazione può potenziarsi e divenire una tecnica rapida ed efficace.
Parallelamente al ricordo di sé deve inziare il lavoro sull’immaginazione negativa e sulle emozioni negative, come descritto nella succitata sezione del sito.
L’osservazione neutrale che l’alchimista applica a tutte le manifestazioni di giudizio, desiderio, fastidio, depressione o contentezza… che fanno parte della sua personalità, fa sì che queste perdano progressivamente potere su di lui, divengano oggetti da lui slegati, fino a morire. E insieme ai desideri e alle repulsioni perisce anche il piccolo Io che da essi era tenuto in vita.

La pseudo-chiaroveggenza
Nel corso del processo di « dissociazione dei misti » si manifestano spesso le più svariate reazioni. A causa del progressivo allontanarsi del centro di consapevolezza dell’individuo dall’identificazione con la sua macchina biologica, molti aspetti di questa, prima tenuti a bada da una forte presenza dell’Io, vengono ora disordinatamente alla luce e possono pertanto prodursi visioni: proiezioni simboliche del contenuto della psiche e delle forze che si muovono nel corpo, e quindi sempre facenti parte della natura inferiore.
Non creda dunque l’aspirante di aver ottenuto solo per questo la chiaroveggenza. Tale qualità sopraggiungerà con l’Opera al Bianco, e implica un vedere a partire da un nuovo organo di percezione: il Cuore.
Tutte le visioni astrali antecedenti questa fase riguardano unicamente incursioni disordinate in un mondo nel quale l’allievo per il momento può solo manifestare le stesse capacità di percezione e discriminazione di un infante appena giunto sulla Terra.
Se egli non si è ancora liberato dai legami mentali, emotivi e fisici della sua natura inferiore non potrà che vedere proiezioni astrali di tale natura, siano esse piacevoli o spiacevoli, e mai una verità oggettiva appartenente al piano dell’anima.

Che posso dirti di più, figlio? Soltanto questo: una visione semplice si è prodotta in me… Sono uscito da me stesso ed ho rivestito un corpo che non muore. Ora, non sono più lo stesso, ho avuto nascita intellettuale… Non sono più colorato, tangibile, misurabile. Non vedo più i corpi nelle tre dimensioni. Tutto ciò mi è estraneo… e non è con gli occhi fisici che ora mi si può vedere.
dal Corpus Hermeticum


Albedo – L’Opera al Bianco
Concentrare i propri sforzi sull’osservazione di sé, sui pensieri e sulle emozioni porta alla nascita dell’osservatore, una nuova entità che guarda con distacco le attività della macchina biologica umana e acquisisce nel tempo una capacità sempre maggiore di controllarla.
A questo punto si va incontro a un pericolo dal quale è indispensabile mettere in guardia il neofita.
L’osservatore – la parte dell’individuo che vuole liberarsi e che si è manifestata fin dai primi passi sul sentiero – diviene sempre più potente e sempre più capace di sottomettere la personalità al suo volere. A un dato momento questo osservatore diviene il maggiordomo, secondo la terminologia esoterica, cioè un’entità in grado di impartire ordini all’interno della casa e di farsi obbedire dal resto della servitù: emozioni e pensieri.
È a questo punto che l’alchimista può cadere nel tranello e pensare di aver realizzato il suo traguardo. Ma il potere di dominare su pensieri, passioni ed emozioni non rappresenta ancora il conseguimento finale.
Egli staziona adesso in una sorta di Terra di mezzo, un punto neutro, che di norma causa una insopportabile sensazione di incertezza. È morto l’uomo ordinario che lui era, ma non è ancora nato l’« Uomo Nuovo ». Il controllo che egli ha acquisito non è ancora frutto dell’identificazione con l’entità spirituale – l’anima – bensì conseguenza della creazione di un centro di gravità permanente, capace di mettere ordine in casa, ma ancora facente parte della servitù, la natura inferiore, la personalità. Il padrone di casa tarda ad arrivare.
È in questa “terra di nessuno” che l’aspirante Mago viene sottoposto alla tentazione. Gli si presentano due vie: il Sentiero della Mano Destra e quello della Mano Sinistra. Nel primo si pone la propria volontà al servizio dell’Uno, nel secondo si ha l’ardire di rifiutare ogni genere di obbedienza e si prosegue nel lavoro alchemico per fini egoistici.
Egli potrà superare la situazione di stallo rivolgendosi alle forze diaboliche (evocazione), subito pronte ad accogliere il neofita nelle loro schiere, oppure a quelle spirituali (invocazione), anch’esse pronte ad assisterlo, ma più difficili da raggiungere, in quanto il contatto con loro richiede determinazione a servire e a sacrificarsi per il bene dell’umanità. L’Ego con i suoi desideri di POTERE, DENARO e SESSO deve essere « sacrificato » (=fatto sacro).
Si noti che finché un uomo non ha dominato le sue passioni e l’incessante lavorìo mentale della sua natura inferiore, è solo un burattino e non riveste alcuna utilità né per i diavoli, né per gli angeli!
Le tentazioni giungono solo quando l’uomo ha già creato in sé un centro di gravità permanente, e si è quindi portato piuttosto innanzi nel suo processo evolutivo.
La formulazione del pensiero “Non sia fatta la mia, ma la Tua volontà” (Lc 22,42) è il segno che la via della Mano destra è stata preferita. Allora il padrone di casa prende il posto del maggiordomo. L’individuo si identifica con l’anima e l’Uomo Nuovo può nascere. L’Opera al Bianco si è compiuta.

In realtà l’osservatore, il maggiordomo e il padrone di casa sono il risultato del progressivo spostamento del centro di consapevolezza dell’individuo dal cervello al Cuore. Il che equivale al passaggio dal corpo fisico al « corpo di gloria », o dalla personalità all’anima.
L’Opera al Nero e l’Opera al Bianco si muovono parallelamente. Durante il procedere della prima avanza anche la seconda. In queste fasi del lavoro alchemico ci si distacca sempre di più dalla personalità, ma al contempo si costruisce già il « corpo di gloria », il « vaso dell’anima ». Ci si allontana dalla caotica e irrefrenabile attività del cervello, ma solo per traslarsi ogni giorno di più in un nuovo organo di senso: il Cuore. La conclusione si ha nell’identificazione completa dell’Io con l’anima, il che implica l’apertura del Cuore all’amore e la capacità dell’individuo di agire coscientemente nel suo corpo fluidico, o astrale.
L’apertura del Cuore altro non è che la ricezione del donum dei, cioè la fabbricazione in sé del Lapis Philosophorum. La tanto agognata Pietra Filosofale è in verità l’attitudine a provocare in sé stessi l’amore – attraverso un cosciente utilizzo del centro del Cuore – e a indirizzarlo nelle opere magiche quali la guarigione o la trasmutazione.
Nessuna vera opera magica è fattibile se non a partire da uno stato di innamoramento.
Le opere, per quanto straordinarie, compiute sfruttando poteri psichici – innati o acquistati con l’esercizio – anziché il « donum dei », fanno parte della Magia Nera e producono un effetto limitato nel tempo, oltre che provocare un karma negativo per l’operante.
È infatti possibile agire coscientemente nel corpo astrale, o sviluppare la chiaroveggenza, così come altri poteri, anche senza aver compiuto un reale processo alchemico, ma semplicemente dedicandosi a particolari tecniche, dette « acque corrosive ». Tuttavia i poteri così ottenuti appartengono ancora all’Io, alla personalità, la “macchina biologica” e non ancora all’anima.

È importante che le frasi “Amate i vostri nemici” (Mt 5,44), “Non sia fatta la mia, ma la Tua volontà” (Lc 22,42) e “Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la Sua opera” (Gv 4,34) impregnino la coscienza dell’aspirante già dall’inizio del suo percorso. Queste affermazioni incarnano infatti l’essenza dell’Ars Regia, dall’Opera al Nero fino all’Opera al Rosso, che sarà affrontata più innanzi e che costituisce il compimento ultimo dell’Opus Magnum. L’intera Scienza dei Maghi si fonda su tali pilastri.
Più in particolare “Amate i vostri nemici” (Mt 5,44) riassume occultamente l’Opera al Nero, l’Opera al Bianco e l’Opera al Giallo. Le altre due frasi riassumono l’Opera al Rosso: la cristificazione della materia.
Polarizzare quotidianamente la propria esistenza su queste frasi apre un canale alle energie dei piani superiori, che in tal modo possono scendere a coadiuvare gli sforzi dell’allievo, e consente alle entità angeliche di proteggerlo da “presenze sottili” indesiderabili. Il vantaggio di invocare e lasciarsi attraversare dalle forze che agiscono dall’alto risiede nel fatto che esse non combattono sullo stesso piano dell’avversario, come invece è costretto a fare il neofita, che deve lavorare sulla sua personalità con una parte di questa stessa personalità.
L’alchimista che volesse ottusamente concentrarsi solo sull’Opera al Nero – cioè sulla dominazione della natura inferiore – senza badare all’aspetto amore, che si esprime nell’apertura del Cuore e nella volontà di servizio per l’umanità, avrebbe possibilità molto minori di riuscire nella sua impresa, poiché agirebbe senza l’aiuto delle energie provenienti dai piani superiori. Inoltre si ritroverebbe a un dato momento nella « Terra di mezzo » senza alcuna connessione con i mondi spirituali più elevati e le entità angeliche che li abitano. A quel punto, a causa della ristrettezza del suo Cuore, la sua scelta ricadrebbe quasi inevitabilmente sul Sentiero della Mano Sinistra.

Per chi invece combatte contro i draghi protetto dallo scudo di Cristo, nigredo e albedo giungono a compimento in rapida successione.

I risultati sono:
– L’apertura del Cuore e di conseguenza la capacità di spostare a piacere il proprio centro di consapevolezza dall’apparato psicofisico all’anima, quindi l’ingresso in uno stato di coscienza di amore incondizionato verso gli eventi e le persone.
– La produzione dell’Argento, cioè la realizzazione definitiva del corpo mercuriale, o corpo di luce, o « corpo di gloria » – il tempio dell’anima; evento grazie al quale diviene possibile, in seguito al dovuto addestramento, viaggiare nel mondo astrale con il nuovo corpo come veicolo.
– L’immortalità. Alla morte del corpo fisico il Mago è ora certo che resterà in vita, poiché il suo centro di consapevolezza si trova già ora nel corpo causale. Tuttavia questa non è ancora l’immortalità assoluta, in quanto quando l’alchimista si identificherà con l’Uno stesso, anche il corpo dell’anima verrà abbandonato e il corpo dell’Uomo Nuovo sarà l’intera Creazione.


Agli dèi bisogna farsi simili, non già agli uomini da bene: non l’esser esenti dal peccato, ma l’essere un dio è il fine.
Plotino


Rubedo – L’Opera al Rosso
L’alchimista a conclusione dell’albedo è capace di coscienza extracerebrale, è in grado cioè di percepire la realtà al di fuori del vincolo fisico del cervello. La sua coscienza – il suo senso di sé – si è spostata dalla testa al Cuore, in una regione situata al centro del petto. Non si intende il Cuore in senso fisico, ma « sub specie interioritatis », nel senso interiore, in quanto trattasi di organo che si colloca sul piano dell’anima.
Il Mago ora pensa e vuole come un Uomo Nuovo, la cui volontà non è più la semplice espressione dei desideri e dei fastidi della macchina biologica, ma il risultato della completa identificazione col volere dell’anima. I suoi pensieri non sono più l’effetto collaterale della necessità di assicurare la sopravvivenza alla personalità mortale, ma intuizioni artistiche provenienti dal “mondo delle idee”. Egli è anima e non più persona.
Per progredire nella capacità di viaggiare nei mondi spirituali e quindi divenire in grado di portare a compimento determinati servizi all’umanità muovendosi su tali piani, è indispensabile che egli assuma come guida un Mago più esperto che lo illumini sui segreti e sui pericoli di tali mondi e sulle tecniche da mettere in atto per acquisire maggiore efficacia d’azione. Il neofita è infatti nei suoi nuovi corpi come un neonato ai suoi primi giorni di vita: indifeso, solo vagamente cosciente, all’oscuro dei pericoli così come delle fantastiche possibilità a sua disposizione.

La fase successiva del progresso prevede l’ignificazione della luce astrale o rubedo.
Come l’allievo avrà già avuto modo di notare attraverso la pratica, in realtà le varie fasi del processo alchemico non sono rigorosamente successive e confinate entro limiti esattamente definiti. Ad esempio si è detto in precedenza che nigredo e albedo (solve et coagula) procedono parallelamente: alcune sostanze già disciolte iniziano a coagulare mentre altre stanno ancora disciogliendosi.
Ora si osservi che la fase di rubedo – spiritualizzazione della materia per discesa del Fuoco – inizia già al termine dell’Opera al Nero – creazione di un « testimone » e dissociazione dei composti psichici della personalità – e contribuisce in maniera essenziale alla fissazione del « corpo di gloria ». Spesso, sebbene in forma più blanda, inizia ancor prima, in pratica ogni volta che l’individuo è in grado di porsi in uno stato particolarmente ricettivo rispetto alle influenze superiori: “Non sia fatta la mia, ma la Tua volontà” (Lc 22,42).
Nell’Opera al Rosso il Mago acquieta il suo corpo fisico di modo che i cinque sensi restino inattivi – come nello stato di meditazione – quindi ritira temporaneamente la sua coscienza nei veicoli sottili aprendo così i propri occhi su quei piani… e finalmente può portare a termine la Grande Opera, l’alchimizzazione della Terra, la trasmutazione del Piombo (il corpo fisico) in Oro (Spirito) dopo essere già passato per l’Argento (anima). Solo agendo come anima e non più come personalità egli ha il potere di spiritualizzare il corpo a mezzo dell’elemento Fuoco – lo Spirito Santo che egli fa discendere su di lui. Tale opera di « cristificazione » della materia si realizza solo se lo Spirito discende nel corpo attraverso l’autoconsapevolezza data dallo sviluppo dell’anima, cioè l’identificazione dell’uomo con il suo Sé.

Il Fuoco Celeste interviene fin dall’inizio dell’Opera al Bianco, ma in questa fase esso viene ulteriormente intensificato e fatto discendere « nel fondo del vaso » o « nel buio della miniera » a risvegliare il « cadavere », la macchina biologica addormentata.
Rendere immortale la carne – la resurrezione nella carne e della carne – è il raggiungimento finale; la discesa dello Spirito Santo e l’ascesa della materia.
Risulta chiaro come tale redenzione della materia la si possa effettuare solo prendendo le mosse da un principio superiore. Solo ora che il Mago ha la sua coscienza ben ferma nei mondi spirituali e non più nel cervello fisico, può agire liberamente – da padrone di casa – sulla sua carne e infonderla di Spirito. Come avrebbe potuto, prima, trasmutare il « cadavere » restando al contempo identificato con il suo Io mutevole, che è la coscienza di tale cadavere?
Ora tutto è compiuto, egli è “assunto nei Cieli con tutto il corpo“.

L’assunzione nei Cieli con tutto il corpo indica pure che l’Universo stesso – l’intera manifestazione – è divenuto il corpo del mago. La sua coscienza non è più duale e separativa, non esiste più la divisione soggetto/oggetto: egli è l’Uno che si rende manifesto attraverso un Universo. L’Ego e il mondo non sono più due entità separate. L’Uomo Nuovo realizza che l’Ego non è mai stato presente, se non come illusorio senso di separazione dal resto del Creato: i suoi piccoli desideri sono scomparsi, non c’è più nulla da fare o da ottenere; persino il supremo desiderio di conseguire l’illuminazione ha perso consistenza. L’individuo si è auto-immolato, si è « sacrificato » (=fatto sacro). Ora c’è solo Quello.

Fonte del testo:
OFFICINA ALKEMICA – l’Alchimia come via per la felicità incondizionata
Salvatore Brizzi, Antipodi Edizioni (2006)


Sulla trasmutazione dei metalli
La nostra Medicina si può fare in ogni luogo, in ogni tempo, in ogni ora, in ogni persona, si trova per ogni dove e non c’è necessità di far nulla in senso esteriore. Ma quelli che dicono altrimenti mirano ad occultare la Scienza. Poiché ti dico che tu stesso, quando la conoscerai, la occulterai. Perciò, non stupirti se essi la nascondono, questa essendo la volontà di Dio.
Turba Philosophorum

Può essere istruttivo a questo punto mettere l’accento sul rapporto che intercorre fra il lavoro interiore dell’uomo e la trasmutazione dei metalli al di fuori di lui.
Fra le forze racchiuse nella macchina biologica e alcuni metalli esistono relazioni « magiche » di tipo analogico. L’individuo che sia riuscito nell’impresa di operare la trasmutazione di un’emozione negativa in « emozione superiore » dentro di sé, sarà pure in grado di trasmutare in Oro il metallo che corrisponde analogicamente a tale emozione. Alcuni esempi potranno fugare ogni dubbio circa il significato di quanto detto.
Si dà il caso di un individuo dal carattere aggressivo, il quale, avendo iniziato un lavoro su di sé per il proprio perfezionamento, si accorge, grazie all’osservazione condotta in maniera spregiudicata, che tale suo comportamento non dipende da eventi esterni sfavorevoli, ma costituisce una caratteristica della sua personalità. Egli prende allora la risoluzione di trasmutare tale rabbia in qualcosa di superiore. Le emozioni superiori corrispondenti alla rabbia e all’aggressività sono l’irruenza e l’impeto nell’azione.
Gesù in occasione della cacciata dei mercanti dal tempio non è stato aggressivo o rabbioso, bensì irruente e impetuoso come un guerriero o un fiume in piena. Esternamente le due manifestazioni appaiono identiche, ma interiormente mentre l’emozione più bassa è intrisa di odio, quella più elevata rappresenta una sfumatura dell’amore. Il samurai e il cavaliere templare combattono con tutte le loro forze, ma al contempo si mantengono interiormente quieti, perché amano e rispettano il loro nemico.
Applicando quotidianamente il Lavoro Alchemico e concentrandosi in maniera particolare sulla sua aggressività il praticante entra sotto l’influsso di Marte. Questo pianeta, come ogni altro, non è che la manifestazione più materiale e grossolana di una deità, la quale si trova in un rapporto analogico con alcuni aspetti psichici: l’aggressività, la temerarietà, la rabbia, la violenza, la vendetta, la guerra da una parte, l’irruenza, il coraggio, la determinazione, la forza dall’altra. L’energia dell’ « astro » è sempre la stessa, ma dall’uomo può essere incarnata nel suo aspetto inferiore oppure in quello superiore.
Il fatto stesso che l’individuo decida di lavorare su un suo aspetto psicologico fa sì che egli si ponga automaticamente sotto l’influenza sottile del pianeta corrispondente a tale aspetto. Quel pianeta volge la sua attenzione, il suo sguardo benevolo, verso di lui. Il lavoro alchemico infatti concerne non solo l’evoluzione personale del singolo e quella dell’umanità intera, ma è pure – e soprattutto – un lavoro cosmico. Pertanto l’uomo che intraprende un percorso magico è immediatamente aiutato nella sua impresa dalle forze cosmiche evolutive… così come è immediatamente ostacolato dalle forze della meccanicità e dell’addormentamento.
Nella misura in cui è aiutato, egli aiuta; infatti Marte stesso compie un salto evolutivo ogni volta che un uomo sulla Terra trasforma definitivamente la sua rabbia in un sentimento superiore e più sottile.

A ogni pianeta, per analogia, si possono far corrispondere uno o più metalli. Marte, per esempio, è in rapporto diretto con il Ferro.
Quando un bel giorno l’aspirante, trovandosi di fronte a un’ingiustizia, anzichè reagire con il solito attacco di rabbia, interviene sempre con forza e decisione, ma restando calmo interiormente, ciò è segno che egli ha conseguito la capacità di trasmutazione nei confronti di una forza psichica presente nella sua macchina biologica. La conseguenza è che potrà operare la medesima trasmutazione anche all’esterno di sé, cioè nel Ferro, mutandolo in Oro.
Un altro esempio. Al pianeta Venere corrisponde analogicamente il metallo Rame. Gli aspetti psicologici legati a Venere sono, per quanto concerne le manifestazioni più elevate: l’amore, l’erotismo, la capacità di cogliere e creare la Bellezza. In basso esse divengono lussuria, perversione, attaccamento all’aspetto fisico, forme d’arte banali o degenerate, incapacità di cogliere il Bello delle cose.
Nel momento in cui l’uomo trasforma la lussuria in erotismo e l’attaccamento in amore allora diviene anche capace di trasmutare il Rame in Oro. Lo stesso si verifica quando egli impara a creare e disseminare quotidianamente Bellezza – anziché banalità e confusione – con i suoi pensieri e le sue azioni.
( Per maggiori ragguagli circa le corrispondenze fra pianeti, metalli e aspetti psicologici cliccare sul link e salvare il documento di word. )

Le operazioni
Una volta operata la trasmutazione interiore da Veleno in Farmaco di un suo aspetto psicologico, il mago/alchimista ha conseguito una « capacità », quindi è « in potenza » capace di trasmutare un determinato metallo in Oro. Ciò però non implica che egli automaticamente sappia come operare con le energie sottili e con la materia atomica al fine di attuare la trasmutazione. Non basta infatti volerlo perché la trasmutazione avvenga; è indispensabile si conoscano anche gli aspetti più tecnici.
Riguardo alle specifiche operazioni magiche da mettere in atto onde ottenere nella pratica la trasmutazione di un metallo in Oro, ci limitiamo per ora a riportare alcuni brani concernenti questo argomento che abbiamo tratto dalle fonti da noi ritenute più attendibili.

La trasmutazione dei metalli si raggiunge riducendo un pezzo di metallo allo stato atomico e riordinandone gli atomi in altra forma.
Tratto da: IL CORPO ASTRALE – E RELATIVI FENOMENI
Arthur E. Powell, Alaya Edizioni, Diegaro di Cesena (FC) 2004

Alchimia significa trasformare una qualità della forma in un’altra. E’ importante porre l’accento sul cambio di qualità. La forma visibile esteriore può cambiare, ma potrebbe anche non farlo. L’Oro è l’espressione esteriore della qualità degli atomi fondamentali (anu) che lo costrituiscono, esattamente come il Piombo. Essi sono costituiti di anu in quantità e qualità diverse. Soltanto degli anu che vibrano a una frequenza specifica, molto alta, possono venire attratti per formare l’Oro.
Portate il mercurio a uno stato in cui gli anu cominciano a perdere coesione, aumentate la loro frequenza vibratoria fino a raggiungere quella dell’Oro, applicate una forza di attrazione esterna, comparabile a quella dell’Oro, e, secondo la teoria occulta, dovrebbe verificarsi la trasmutazione.
Tratto da: IL DIARIO DI UN ALCHIMISTA
Douglas Baker, Edizioni Crisalide (1977)

Il fenomeno di disintegrazione può anche prodursi mettendo in gioco vibrazioni rapidissime che si oppongono alle forze di coesione delle molecole dell’oggetto. Queste vibrazioni separano le molecole negli atomi che le costituiscono. Un corpo ridotto così allo stato eterico può essere spostato da un luogo all’altro con grandissima rapidità, ed appena ritirata la forza che è stata messa in azione, la pressione fa riprendere all’oggetto il suo primitivo stato.
E’ necessario spiegare come la forma di un oggetto si conserva quando viene disintegrato e poi rimaterializzato. Se per esempio si riscalda una chiave metallica sino a renderla liquida, quando poi si raffredda il metallo si solidifica, ma invece di una chiave si ha soltanto un informe pezzo di metallo. Ciò dipende dal fatto che l’essenza elementale che conserva la forma di chiave si è dissipata durante il suo cambiamento di stato; non che l’essenza elementale subisca l’azione del calore, ma perché il suo corpo temporaneo è distrutto come solido, e quindi essa si riversa nel grande serbatoio da ci proveniva, allo stesso modo che i principi superiori dell’uomo, indifferenti al calore, sfuggono dal corpo fisico quando questo viene distrutto dal fuoco.
Per conseguenza, quando il metallo della chiave è di nuovo solidificato, l’essenza elementale « terrena » che allora va a riempirlo non sarà la stessa di prima, e non vi sarà quindi ragione perché ritenga la forma di chiave.
Ma l’uomo che disintegra una chiave per portarla da un posto a un altro, dovrebbe aver cura di mantenere l’essenza elementale nella precisa forma originale, sino a quando lo spostamento non venga effettuato; e quando cessa l’azione della volontà, l’essenza elementale serve da stampo in cui si riversano le particelle in via di solidificazione, o diremo piuttosto che si riaggregano intorno ad essa. Così la forma dell’oggetto viene esattamente conservata, a meno che non vi sia disattenzione da parte dell’operatore.
Tratto da: IL CORPO ASTRALE – E RELATIVI FENOMENI
Arthur E. Powell, Alaya Edizioni, Diegaro di Cesena (FC) 2004

Si è brevemente trattato dell’essenza elementale nell’articolo Abitanti astrali. Si noti che può esser fatta una sommaria classificazione delle diverse specie di essenza elementale secondo le categorie di materia che esse abitano, e cioè solida, liquida, gassosa, eterica, supereterica, subatomica, atomica. Questi sono gli « elementali » cui fanno riferimento gli alchimisti medioevali, i quali sostenevano che un elementale, e cioè una porzione di essenza elementale vivente, abitava ciascun elemento o parte costituente di ogni sostanza fisica.
Tratto da: IL CORPO ASTRALE – E RELATIVI FENOMENI
Arthur E. Powell, Alaya Edizioni, Diegaro di Cesena (FC) 2004

A differenza della chimica profana, l’alchimia presuppone dunque una « metafisica », cioè un ordine di conoscenze sovrasensibili, le quali a loro volta presuppongono la trasmutazione iniziatica della coscienza umana. Fra questa trasmutazione (considerata in quanto precede) e la trasmutazione dei metalli in senso non più simbolico, ma orale, esistono dei rapporti di analogia. Così certi principi e certi insegnamenti, che anzitutto hanno un senso cosmologico e metafisico, sono suscettibili a valere non solo per l’una, ma anche per l’altra trasmutazione – per quella dell’uomo e per quella dei metalli: “…ché unica è la fornace, unico il cammino da seguire, unica anche l’Opera”.

Fra certe forze chiuse nel corpo e certi metalli esistono relazioni analogiche di tipo « magico » (simpatico) oltreché simbolico, che fanno da base a tre possibilità pratiche distinte:
1) L’introdurre nell’organismo in date dosi e forme certe sostanze metalliche, quando la coscienza è abbastanza « sottilizzata » per poter accompagnare e sorprendere ciò che ne segue dietro le quinte della corporeità più greve, può servire per introdurre la coscienza stessa nei « centri » corrispondenti, che per via di quelle sostanze vengono anormalmente dinamizzati. Inoltre, quando la fantasia si trovasse in una certa indipendenza dai sensi corporei, è possibile che l’esperienza risultante si drammatizzi sotto forma di visioni di figure e di divinità, spesso utilizzando le immagini che l’operatore per via della sua fede o tradizione reca latenti nel suo subcosciente. Come si vede, ciò riporta, in un certo qual modo, e a meno di una più precisa direzione di efficacia, al metodo con le « bevande sacre » e le « acque corrosive » in genere.
[D’altra parte si è già accennato alla virtù che soluzioni di metalli introdotte nell’organismo in determinate condizioni fisiche è soprattutto psichiche, possono manifestare: ogni metallo esercita allora un’azione sul « centro » che gli corrisponde nel corpo: dalla metallità dell’Oro, dello Stagno o del Ferro, per es., vengono toccate energie vitali che agiscono rispettivamente nella regione del cuore, della fronte e della laringe. Se, al verificarsi di ciò, la coscienza resta concentrata nello stato sottile, per via delle reazioni specifiche che le si palesano essa può esser introdotta e trasformata nel « mistero » del centro corrispondente alla sostanza metallica fatta entrare nel corpo: raggiungendo qualcosa di equivalente a ciò che nell’antichità era l’iniziazione secondo i vari Numi planetari, iniziazione che fra l’altro conferiva virtualmente la possibilità del rapporto con la « natura interna » di dati metalli, e quindi dell’azione su di essi.]
2) Viceversa, una volta giunti ad estrarre le coscienze dormienti in determinati centri o organi del corpo umano, si può, da ciò, essere introdotti nei « misteri » delle forze che agiscono occultamente nelle metallità corrispondenti o, in termini più mitologici, può esser propiziato il contatto con gli dèi sotto i cui influssi queste ultime si formano. Noi qui abbiamo uno dei presupposti fondamentali per le operazioni di alchimia in senso stretto, cioè proprio come trasmutazione di metalli reali a mezzo del potere ermetico.

La produzione dell’Oro metallico era cioè una testimonianza trasfigurante data da un potere: testimonianza dell’aver realizzato in sé l’Oro.
La chimica ermetica parte dalla conoscenza spirituale dei Principi, cioè dei poteri primordiali di qualificazione elementare, e agisce sui processi formativi che precedono metafisicamente lo stato nel quale le sostanze appartengono alla natura come questo o quel metallo ed obbediscono a quelle leggi che chimica e fisica considerano per il mondo fenomenico.

“Se non rendi incorporee le sostanze corporee e se non rendi corporee le sostanze incorporee nessuno dei [risultati] attesi si produrrà”
E’ chiaro che questo cambiamento nelle sostanze su cui si deve agire non è farle passare da uno stato fisico ad un altro, ma invece farle passare dallo stato fisico ad uno stato non-fisico.
La vera operazione preliminare riguarda l’operatore più che non le sostanze stesse e consiste nel raggiungere quella data condizione della coscienza in virtù della quale si realizza appunto l’aspetto psichico delle cose fisiche, l’« anima sottile » celata dalla loro esteriorità.
Chiaramente, Zosimo ci dice che la « tintura » in Oro (la trasmutazione metallica) non può avvenire nello « stato solido » (cioè materiale) dei corpi: “essi debbono essere prima sottilizzati e spiritualizzati”, tanto da rendere efficaci “le forze spirituali, quelle che non si possono cogliere con i sensi [fisici]”. Bisogna “dissolvere le sostanze e ciò che allora va trasmutato per poter trasmutare fisicamente sono le nature celesti”.
Per quel che concerne, poi, la conversione dell’incorporeo in corporeo oltre che del corporeo in incorporeo, si deve intendere che la coscienza non deve astrarsi nel puro aspetto « spirito » delle materie ma, giunta ad esso, deve mettersi di nuovo in rapporto con la sostanza stessa come corpo, così che « i due divengano uno ». Altrimenti il risultato sarebbe solo un passare ad altre forme di coscienza, senza relazione diretta col piano fisico per ottenere determinati effetti su di questo.

Perciò per « trasmutare », oltre che passare dalle specie sensibili delle sostanze allo stato dei « corpi spiritualizzati » o « androgini », occorre trascendere la stessa specificazione che inerisce a questi ultimi, raggiungere l’indifferenziato e da là eseguire, con un atto dello spirito, una « proiezione » che rimuova il nodo dei poteri invisibili manifestantesi in una data mineralità tanto da ottenere una « precipitazione » che determini sul piano materiale e sensibile appunto il passaggio di quella mineralità da una specie ad un’altra specie: per es., da Rame, o Piombo, ad Oro.
Specificamente, vi sono tre punti di corrispondenza: il potere di « estrarre le nature », facendo occulto il manifesto, con riferimento alle sostanze fisiche metalliche, si collega al potere di attuare in sé la « mortificazione » e di produrre la « Materia al nero » e poi via via il bianco dal nero; il potere di ricondurre l’anima metallica alla Materia prima si collega al potere di mantenersi nel « Gran Mare » e di dominare la Madre, cioè di fissare la « Materia » al bianco; infine, il potere di proiettare dalla Materia prima indifferenziata una nuova qualificazione, per ottenere la trasmutazione del metallo, si collega all’Opera al rosso e al regime del Fuoco, nel quale ci si adegua alle energie primordiali di ogni individuazione.

Infine, facciamo cenno a qualcosa, che lascerà molti perplessi: all’elisir di lunga vita e alla polvere di proiezione, non più come simboli di poteri spirituali, ma come sostanze reali. Qui entra in giuoco la già detta possibilità sovranormale di attrarre o di liberare dal proprio essere certe forze sottili e di legarle a determinate materie fisiche che se ne caricano oggettivamente a guisa di condensatori spirituali.
Tratto da: INTRODUZIONE ALLA MAGIA vol. I II III
Gruppo di Ur, Edizioni Mediterranee (1927-1929)




Salvatore Brizzi

fonte http://risvegliati.altervista.org/larte-alchemica/

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