sabato 18 marzo 2017

La monarchia delle banane


La monarchia delle banane
DI LUKE O’ BRIEN counterpunch.org

 Nella classifica dei tipi di governo, giù in fondo alle repubbliche delle banane, troviamo la “monarchia delle banane”. E’ qui che troviamo oggi la Gran Bretagna post-Brexit.
LA MONARCHIA
Alcuni apologeti della monarchia vorrebbero farci credere che la prima famiglia della Gran Bretagna è in realtà la peggiore della sua specie. Essa, come il Grande Inquisitore di Dostoevskij, o l’O’Brien del Cerchio Ristretto di 1984, sono gravati da un peso talmente oneroso che le migliaia di milioni possono pure conservarsi le proprie consolazioni autoritarie. Quel piccolo cerchio ristretto di eletti mantiene la Libertà Brutta e Cattiva lontana dalle nostre porte.
Ma si levano mai la maschera? O forse dietro lo specchio magico non c’è altro che un branco di scimmie senza peli (con altrettante, se non maggiori, eccentricità)? Diamine se è così. Arrancano tra una cerimonia di inaugurazione e un’altra, tra quisquilie di palazzo e spettacoli equestri, salutando e benedicendo questo e quello, come vecchie glorie del passato. E questo lo fanno per noi. O, anzi, per meglio dire, lo fanno per te. Ma perché mai s’ infliggono – e ti infliggono – una simile esistenza? Gli tocca, per diritto di nascita, fare i nostri “signori e padroni”. Non é forse arrivato il momento di porre fine a questa prolungata farsa?
Io credo di sì. E’ il momento di riunirci, prendere i Windsor da una parte e dirgli: “Carini, è l’ora che alzate i tacchi. Sappiamo bene chi siete”.
I MILITARI
L’unica industria che grazie a Maggie Thatcher e ai suoi eredi non è tracollata è quella militare. Questa tendenza più ampia – che potremmo definire protezionismo militare – imita un’altra. Come rivelato da Adam Curtis in “The Mayfair Set” (famoso documentario che mette in luce le dinamiche della psicologia capitalista ai tempi del governo Thatcher), con David Sterling la SAS si è evoluta da un gruppo di Lawrenc-iani al maggiore gruppo mercenario del mondo. Naturalmente, come i medici privati, fanno anche un po’ di servizio pubblico (vedi: il raid contro l’ambasciata iraniana), ma la gran parte del loro lavoro consiste nel supportare principi arabi e despoti africani, in modo che possano, a loro volta, restituire la cortesia al Foreign Office come “forze di stabilità“.
In questa prospettiva, spicca in vitalità – per fare un esempio saliente – l’Arabia Saudita (senza contare l’immancabile solidarietà tra monarchi); talmente che si finisce con l’ignorare che il paese è il più grande fornitore ed esportatore di wahhabismo – il più grande nemico ideologico dei valori britannici all’estero.
Questo tipo di rapporto garantisce, praticamente, delle guerre infinite. Le guerre che ci dissero le armi nucleari avrebbero per sempre scongiurato. Trident, nella sua pelle di titanio, con i suoi terribili occhi luminosi puntati sui suoi pari – che noi chiamiamo Russia e Cina – e forse anche sullo stesso suolo americano. Dico forse perché i Guardiani, come Martin Amis chiama i nuclearisti nel suo “Thinkability” (Pensabilità), sono imperscrutabili. I loro scopi vanno oltre la portata dell’umana immaginazione; le loro intenzioni superano i confini della teoria. E per loro, progenie di Rutherford e Oppenheimer, noi non siamo nulla, null’altro che feti dell’era post-civilizzata, l’Era dell’Atomo.
LA CULTURA
E mentre l’Impero andava avanti, lasciando ai cartografi il grattacapo delle continue suddivisioni territoriali, l’ultimo governatore britannico dello Yemen, prima di tornare in patria, diede una cena. Al termine della serata, si rivolse al Ministro della Difesa e ospite d’onore Denis Healy (per inciso: ‘mai fidarsi di un uomo con delle simili sopracciglia’) e disse: “Sa, Ministro, credo che in futuro l’impero britannico sarà ricordato solo per due cose … il gioco del calcio e l’espressione ‘fuck off’ “.
Gli inglesi non aiutano molto nelle visioni competitive (es.: I Britannici come gli antichi saggi Greci agli occhi della nuova Roma – quella del Maryland. E personalmente, come forse già avete pensato, trovo le allusioni agli ateniesi piuttosto azzardate).
Ma al di là del calcio infinito, della TV spazzatura, delle spacconate importate e della piccola noia borghese, c’è molto di inglese da rispettare: il drago di Blake, i fringuelli di Darwin, il ritratto di Byron (a cui si deve la frase incredibilmente brillante: “In England Cant is so much stronger than Cunt” – In Inghilterra il Moralismo è più forte della Figa), i libri di Orwell, Paine, Mill e Kipling, le opere di Milton, Hazlitt, EP Thompson e Auden. E poi ci sono i grandi dissidenti inglesi: Richard Carlile, il cui coraggio nella lotta per la libertà di espressione dovrebbe essere noto a tutti i liberali e libertari; e John Ball che, insieme a Wat Tyler, guidò la rivolta dei contadini, andando poi incontro ad una tragica fine.
Altrettanto degni di menzione sono Bertrand Russell, Mary Wollstonecraft, Charles Dickens, George Elliot, John M. Keynes, Eric Hobsbawm e Shelley.
Sono queste tradizioni letterarie e politiche che ammiro, con la speranza di attrarvi in qualche modo attenzione. Queste e, più in generale, la causa della libertà, sono baluardi di cultura molto più meritevoli di rispetto e considerazione di qualsiasi altra cosa che quelli di Hannover ci hanno imposto finora.

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