mercoledì 28 dicembre 2016

La risposta di un barese emigrato a Poletti: “Signor perito agrario, vada fuori dalle palle”

Aveva già fatto sentire la sua voce raccontando la sua storia di emigrato barese a Dublino, in Irlanda. È uno dei centinaia, forse migliaia, di giovani italiani che cercano all’estero quello che il proprio paese non offre: l’opportunità di costruirsi una vita, un futuro.
Gaetano Di Liso, avvocato originario di Palo del Colle, torna a parlare e lo fa per rispondere alle dichiarazioni poco opportune (usiamo un eufemismo) del ministro del Lavoro Giuliano Poletti. Pubblichiamo la sua lettera integrale.
“Sig. Perito agrario Poletti (eh si, in un Paese che richiede la laurea anche per servire caffè in un bar, Lei e’ l’ennesimo caso di non laureato che raggiunge poltrone d’oro, vertici di rappresentanza delle istituzioni e stipendi pazzeschi), ho dato un’occhiata al suo curriculum e le garantisco che lei non verrebbe assunto neanche all’Arlington Hotel della mia Dublino a servire colazioni come io, giovane avvocato laureatomi in Italia, ho fatto per pagare le spese di sopravvivenza in un Paese straniero che mi ha dato una possibilità che il Suo Paese mi ha negato. 
Lei, ministro del lavoro, il lavoro non sa neanche cosa sia, lei che non ha lavorato neanche un giorno della sua vita (il suo cv parla chiaro). Lei, che si rallegra di non avere tra i piedi gente come me, non ha la piu’ pallida idea di quanto lei sia un miracolato. Lei non sa, perito agrario Poletti, che dietro ogni ragazzo che si trasferisce all’estero, ci sono una madre e un padre che piangono QUOTIDIANAMENTE la mancanza del figlio, c’e’ una sorella da vedere solo un paio di volte all’anno, degli amici da vedere solo su “facetime” e i cui figli probabilmente non ti riconosceranno mai come “zio”, c’e’ una sofferenza lancinante con la quale ci si abitua a convivere e che diventa poi quasi naturale e parte del tuo benessere/malessere quotidiano.
Il Suo, perito agrario Poletti, e’ un paese morto, finito, senza presente ne’ tanto meno futuro e lo e’ anche per colpa sua e di chi l’ha preceduto. Chi e’ Lei per parlare a noi, figli e fratelli d’Italia residenti all’estero, con arroganza, con spocchia, con offese e mancando del più basilare rispetto che il suo status di persona, oltre al suo status di ministro, richiederebbe?! O forse pensa che le sue pensioni d’oro, i suoi stipendi da favola possano consentirle tutto questo nei confronti di ragazzi, in molti casi più titolati, preparati e competenti di lei?!
Ha mai provato a sostenere un colloquio in inglese? Ha mai scoperto quanto bello, duro e difficile sia conoscere tre lingue e lavorare in realtà multiculturali? Ha mai avuto la sensazione di sentirsi impotente quando le parlano in una lingua che non e’ sua e ha difficoltà a comprenderla al 100%? Questo lei, perito agrario Poletti, non lo sa e non lo saprà mai. E’ per questo che il suo ego le permette di offendere 100.000 ragazze e ragazzi che l’unica cosa che condividono con lei e’ la cittadinanza italiana.
Lei e’ l’emblema di una classe politica e partitica totalmente sconnessa con la realtà, totalmente avulsa dal tessuto sociale che le porcate sue e dei suoi amici “compagni” hanno contribuito a generare. Io, e gli altri 99.999 ragazzi che siamo scappati all’estero dovremmo essere un problema che dovrebbe toglierle il sonno, lei dovrebbe fare in modo che questa gente possa tornare a casa, creare condizioni di lavoro e di stabilita’ economica che possano permettere a 100.000 mamme di non piangere più per la lontananza dei figli.
Lei, perito agrario Poletti, padre dei voucher e del precariato, e’ il colpevole di questo esodo epocale e quasi senza precedenti di questa gente che lei vorrebbe fuori dalle palle.
Si sciacqui la bocca, perito agrario Poletti, prima di parlare di gente che parla piu lingue di lei, che ha avuto il coraggio di non accontentarsi, e di cercare altrove ciò che uno stato che fa davvero lo stato avrebbe dovuto garantire al proprio interno.
E si tolga rapidamente dai coglioni per favore, prima lo farà e prima questo paese, visto dalla fredda e super accogliente Irlanda, sembrerà più bello e gentile. Firmato da uno di quelli che lei vorrebbe fuori dalle palle”.
fonte http://www.direttanews24.com/la-risposta-un-barese-emigrato-poletti-signor-perito-agrario-vada-dalle-palle/

Nuovi show del Papa gradito a Soros



Proprio nelle stesse ore in cui il Viminale dava notizia di una nuova ondata migratoria all’assalto dell’Italia (oltre 13 mila in soli quattro giorni: siamo già arrivati a 145 mila migranti ospitati, quando in tutto il 2015 erano stati 103 mila), proprio nelle stesse ore – dicevo – papa Bergoglio ha varato un nuovo dicastero sociale prendendo lui stesso – in persona – la responsabilità della “sezione migranti” per potenziare al massimo le sue pressioni per l’abbattimento delle frontiere d’Europa.
Ormai quello dell’emigrazione, per lui, è qualcosa più di un’ossessione: è un dogma ideologico con cui sta sostituendo i bimillenari pilastri della Chiesa Cattolica.
Non lo sfiora l’idea che l’emigrazione, in sé, sia una tragedia che dovrebbe essere scongiurata (sia per i paesi d’origine, sia per chi parte, sia per i paesi d’arrivo).
Così come lo lascia indifferente la crisi del nostro stato sociale che ormai non riesce più sostenere nemmeno le fasce indigenti della popolazione italiana.
È indifferente pure all’enorme problema rappresentato dall’immigrazione musulmana in Europa che risulta non assimilabile ai nostri valori e a volte permeabile alla predicazione violenta o terroristica.
La propaganda bergogliana per una immigrazione indiscriminata iniziò nel luglio 2013 con il viaggio a Lampedusa (che è stato preso come un invito a salpare dalle coste africane) ed è stata particolarmente devastante per l’Italia.
L’ultimo numero di “Limes” dedicato proprio all’emigrazione, rileva la novità del 2016: adesso “da Paese di transito siamo diventati Paese obiettivo”.
La rivista di geopolitica aggiunge: “L’Italia sta cambiando pelle” e “immaginare che mutamenti tanto profondi possano impattare sull’Italia senza produrvi strappi, a tessuto sociale e politico-istituzionale costante, implica l’uso di sostanze stupefacenti. Eppure proprio questa sembra la postura della nostra classe dirigente”.
Purtroppo l’asse Bergoglio-Sinistra porta non solo a sottovalutare il problema, ma, peggio, a considerarlo positivo. A marzo scorso Bergoglio ha apertamente ammesso che è in atto una “invasione araba”, ma che non è di per sé una cosa negativa.
Del resto ha anche giustificato ed elogiato l’Islam in tutti i modi, assestando invece sui cattolici (e sull’occidente) una gragnuola continua di accuse.
Bergoglio sembra perseguire un progetto nichilista di distruzione delle identità dei popoli e della Chiesa stessa, nella quale assistiamo da tre anni a un radicale ribaltamento di direzione.

CAPOVOLGIMENTO

Fino a Giovanni Paolo
 II e a Benedetto XVI – in continuità con duemila anni di tradizione cattolica – la missione fondamentale è stata spirituale (la salvezza eterna), al centro delle preoccupazioni e del lavoro della Chiesa c’è stata l’evangelizzazione (per far fronte alla scristianizzazione di interi popoli) e la difesa della vita e della famiglia, come fondamenti dell’umano aggrediti dall’ideologia moderna.
Con Bergoglio sparisce ciò che è spirituale e soprannaturale e tutta la scena viene occupata dai temi mondani della rozza Teologia della liberazione sudamericana (un cattocomunismo ribollito).
Bergoglio infatti intrattiene rapporti fraterni con tutti i capoccia della sinistra sudamericana, a cominciare da quel Morales che gli regalò il crocifisso su Falce e martello, per finire alla brasiliana Dilma Rousseff, appena destituita e sottoposta a impeachment (Leonardo Boff, uno dei padri della Teologia della liberazione, amico personale di Bergoglio, ha reso noto che il papa argentino ha scritto una lettera personale di sostegno alla Roussef).
Ma ancor di più Bergoglio è vezzeggiato dai magnati del nuovo capitalismo americano che amano atteggiarsi da progressisti magari sostenendo le crociate più anticattoliche dell’ideologia “politically correct”.
Il pellegrinaggio di questi paperoni laicisti da Bergoglio è continuo: l’ultimo in ordine di tempo è stato Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook.
Il 22 gennaio scorso era stata la volta di Tim Cook, amministratore delegato di Apple, che ha portato a Bergoglio una grossa elargizione (pecunia non olet). Pure Leonardo Di Caprio il 28 gennaio si è presentato con un assegno “per opere di carità”. Bergoglio aveva ricevuto anche il capo di Google, Eric Schmidt e – a fine febbraio – Kevin Systrom, fondatore e amministratore delegato di Instagram.
Invece il papa argentino ha chiuso la porta in faccia ai poverissimi familiari di Asia Bibi, la madre cristiana condannata a morte in Pakistan per la sua fede, quando sono venuti in Europa a cercare aiuto e sostegno (hanno trovato appoggio perfino in Hollande, ma Bergoglio non ha accordato loro né un’udienza privata, né un appello pubblico).
Solo per miliardari e Vip lui ha sempre la porta spalancata. Ma il suo sponsor più potente e discusso è il famoso speculatore d’assalto George Soros (recentemente schieratosi contro la Brexit).

IL PAPA E SOROS

Considerando il tipo di cause che Soros sostiene e finanzia è sicuramente da considerarsi un nemico della Chiesa Cattolica. Proprio le sue battaglie sono venute alla luce di recente grazie ad hacker che hanno reso pubblici migliaia di documenti della sua Open Society. Si è appreso del sostegno dato alla causa dell’aborto e a quella Lgbt, infine alla lotta contro la cosiddetta islamofobia (la sua fondazione finanzia anche organizzazioni anti-israeliane).
Si batte inoltre a favore dell’emigrazione in Europa da considerarsi come “nuovo standard di normalità”.
Infine è emerso – ma i giornali italiani lo hanno taciuto – che Soros è potentemente intervenuto perché si cambino “le priorità della Chiesa Cattolica statunitense” e perché i vescovi americani si allineino a Bergoglio. Lo scopo è portare l’elettorato cattolico a votare Hillary Clinton (di cui Soros è donatore) e non Trump.
Cambiare le priorità della Chiesa significa accantonare i temi della famiglia e della vita e sbandierare i temi sociali cari ai liberal, alla Sinistra.
Già altri potentati nei decenni scorsi hanno cercato di influenzare cattolici e gerarchia per sovvertire l’insegnamento della Chiesa. Ma ora, per la prima volta, hanno il loro migliore alleato nel vescovo di Roma.

ZANZARE E MARTIRI

Ormai nella Chiesa di Bergoglio sono spariti i “principi non negoziabili” e pure sui sacramenti e sulla legge morale si assestano colpi pesanti. Mentre sono stati elevati a verità indiscutibili l’emigrazione e l’ambientalismo più eco-catastrofista.
Ieri per esempio Bergoglio ha celebrato la Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato. Non una giornata mondiale di preghiera per i cristiani perseguitati e massacrati, ma una giornata per la salvaguardia di zanzare e piccoli rettili di cui si preoccupa già nella sua enciclica ecologista.
È quella nuova “religione della terra” di sapore New age, cioè gnostico, che già ha celebrato il suo trionfo con la mostruosa proiezione di scimmioni sulla facciata di San Pietro.
Nel suo messaggio per l’evento di ieri, Bergoglio chiede una “conversione ecologica”. In un’epoca di grande apostasia, in cui interi popoli hanno dimenticato Dio, Bergoglio – vicario di un “Dio non cattolico” (parole sue) – chiede la “conversione ecologica”, invece della conversione a Gesù Cristo.
Inoltre papa Bergoglio – che evita di rinnovare il grido di dolore dei predecessori davanti a un miliardo di aborti in 20 anni – invita a pentirsi “del male che stiamo facendo alla terra”, per esempio, quando non facciamo la raccolta differenziata, quando non facciamo un uso oculato della plastica e quando non utilizziamo il trasporto pubblico, ma quello privato (esempi suoi).
Queste trasgressioni vanno confessate ed espiate, dice il papa che nell’Amoris laetitia ha archiviato i peccati mortali da sempre condannati nel Vangelo.
Come si vede qua il cambiamento di priorità è vertiginoso. Benedetto XVI aveva iniziato il suo pontificato tuonando contro “la dittatura del relativismo”, Bergoglio in questo regime nichilista e anticristiano è invece applauditissimo.
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Antonio Socci
Da “Libero”, 2 settembre 2016

apostatisidiventa.blogspot.it/2016/09/i-due-moschettieri.html

https://gloria.tv/article/SUUpHGKTYJdF2cPyBxg9nvxqv


LA GUERRA ALLA NATURA È IN ATTO! STANNO ILLEGALIZZANDO TUTTE LE PIANTE MEDICINALI

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La MAFIA FARMACEUTICA  e le PIANTE PROIBITE
Le università oggi sono delle prostitute
Testo di Josep Pamies:
…Quando nell’anno 2000 scoprii la storia della Stevia ( pianta sostitutiva dello zucchero, vietata in Italia fino a pochi anni fa!) e vidi che la stessa casa farmaceutica che produceva l’aspartame, che era la multinazionale Monsanto, nello stesso tempo criminalizzava la pianta di Stevia e nello stesso tempo produceva erbicidi, pesticidi e prodotti modificati geneticamente (OGM ).
La stessa mafia farmaceutica produceva tutto: semi, erbicidi, pesticidi, medicine che non curano..all’improvviso ti domandi: “Ma che sto facendo? ”
Collaborando affinché questa bestia si faccia sempre più grande?
Usando i suoi prodotti chimici?!
Che sia la bayer, la novartis o qualsiasi altra azienda farmaceutica non mi interessa, cosi iniziai a fare dei cambiamenti e ho visto che alle persone passa lo stesso che alle piante, meno chimica gli metti, più difese hanno…
Nel maggio 2004 è entrata in vigore una normativa europea che evita si possa commercializzare la vendita di piante della medicina ayurvedica, medicina cinese o degli sciamani o della medicina africana, poter ottener una pianta da questi paesi ora è diventato molto difficile, lo potrà far solo l’industria farmaceutica che non ha problema un milione di euro per pianta per dimostrare che è innocua, anche se viene dimostrato che è stata usata per millenni in altre medicine, e si trattava proprio di questo, togliere le piante dalle erboristerie, perché li puoi comprare a prezzi 5- 10 volte più economici che nelle farmacie.
Sono stato cieco per molti anni, 
credevo nella scienza, nello studio, 
nelle università.
 

Le università oggi sono delle prostitute.
 
Chi finanzia oggi le università, non sono i governi, bensì le compagnie mafiose che si mettono dentro come lupi e finanziano solo i progetti che sono di loro interesse.
Piante considerate “droga” coma la Marijuana, possono curare malattie gravi, abbiamo casi di guarigione da tumore celebrale con questa pianta, guarigione da sclerosi multipla ecc.

Negli anni 30, quando l’industria farmaceutica iniziò con le medicine sintetiche e da quando scoprirono il tesoro del prodotto sintetico brevettabile, chiesero agli Stati Uniti dicriminalizzare la coca, l’oppio e la marijuana e le dichiararono droghe e dal momento che per gli Stati Uniti era droga lo era per tutto il mondo…
Quando in realtà non è droga !
Molto peggiore alcool e tabacco, ma queste sono legali, tutto questo perché dietro a queste piante ci sono poteri medicinali immensi…
In Ucraina un ricercatore ha prodotto un farmaco molto efficace per il cancro…quest’uomo è stato incarcerato per 4 anni !
Molti medici ci aiutano, però non possono manifestarlo apertamente , si giocano la loro professione se divulgano apertamente la proprietà delle piante, ne fanno lo stesso che faccio io, non durano più di 15 giorni nell’ordine dei medici.
In Germania il 60% delledepressioni diagnosticate,si combatte con la pianta di Hyperico (Erba di San Giovanni), mentre da noi si usa il Prozac, Trankimazin che sono prodotti che ti riducono come un drogato.
In Germania, dove si consuma il 40 % delle erbe europee, sanno perfettamente che le piante sono la soluzione ed è curioso che proprio dove è nata la bestia farmaceutica è dove la gente più reagisce…
Producono moltissima merda chimica che vendono al resto del mondo però loro sanno molto bene che non possono magiare la loro merda chimica


Usano l’Africa come cavia per provare molti farmaci, non hanno il coraggio di provarli in europa o in america èfascismo totale!
Solo che non uccidono con armi, ma medicine.
Uccidono impedendo che la conoscenza arrivi al popolo, non è necessario metterli nelle camere a gas come ai tempi di Hitler, si lasciano morire mentre potrebbero vivere…
Per visualizzare tutto il contenuto di questo splendido documentario, vi riportiamo il link qui sotto, dove vi verranno spiegate alcune piante medicinali che curano anche i casi piu gravi di cancro, tumori alla prostata, calcoli renali, parkinson e molto altro!!


Video: 

http://ilnuovomondodanielereale.blogspot.it/
http://ilmondoallarovescia.it/la-guerra-alla-natura-e-in-atto-stanno-illegalizzando-tutte-le-piante-medicinali

GOVERNANTI EUROPEI MIGLIORI ALLEATI DEL TERRORISMO

di Gianluca Savoini
Un altro attentato ha seminato morte nel cuore dell’Europa. E anche questa volta l’Europa ha dimostrato che cosa è: una entità guidata da governanti smidollati e popolata purtroppo anche da una grande fetta di illusi e di imbecilli, quelli che credono alle frottole dell’amore universale, all’utopia di un mondo senza frontiere e senza conflitti.
I primi sono i veri nemici dell’Europa, ancor più dell’Isis, nemici di un’Europa orgogliosa del proprio passato e della propria identità storica. I secondi sono il prodotto marcio di decenni di propaganda cattocomunista e globalista che ha condannato il richiamo a qualsiasi valore patriottico, identitario, tradizionale, nel nome dell’individualismo, dell’universalismo, del liberismo.
Ancora una volta la risposta dei popoli europei al terrorismo si dimostra patetica e ridicola: la solita comunità “social” ha inviato in rete appelli ad accendere candele, a scrivere parole di pace con gessetti colorati, a reagire porgendo insomma l’altra guancia. Esattamente quello che non andrebbe mai fatto con chi viene in casa tua per spararti. Per questo io sono convinto che, più ancora dell’Isis, i colpevoli di questa situazione siano i governi vigliacchi degli stati europei e gli idioti buonisti che dimostrano la loro propensione al suicidio e al nichilistico “cupio dissolvi”.
Già 130 anni fa Nietzsche descriveva magistralmente l’avanzare del nihilismo europeo e la matrice sorica di allora che gli diede vita si è sviluppata nel secolo scorso e ancor più nel nostro appena iniziato, ramificandosi in tutti i gangli delle società occidentali. La svirilizzazione della società occidentale, la secolarizzazione e l’ecumenismo sincretistico religioso, la distruzione della famiglia tradizionale, la perdita del senso di appartenenza ad una nazione e ad una comunità etnica e culturale, l’invasione di modelli estranei alla cultura autoctona, il bombardamento propagandistico globalista perpetuato quotidianamente in tv, sui blog, in rete – l’avanzata di questo esercito nichilista ha disintegrato l’essenza profonda dell’animus dei popoli europei e li ha resi deboli, già vinti in partenza, incapaci di reagire ad un nemico per distruggerlo.
I gessetti colorati e le candele accese rappresentano il funerale tragicomico di un fallimento: quello dell’Unione europea fondata esclusivamente su interessi economici e monetari che, per dominare, necessitano assolutamente di eliminare identità, radici, sovranità. Tertium non datur, Per questo motivo le Merkel, gli Hollande, i Gentiloni, l Boldrini, le Lagarde, sono i grandi nemici dei popoli europei: perché continuano a dire che questo sistema fallimentare, che ci rende tutti più poveri e indifesi, deve andare avanti senore e comunque.
Per fortuna la Storia, quella che nemmeno gli uomini possono governare, in certi momenti si mette in moto e travolge qualsiasi tentativo di fermarla. Sempre più persone infatti si stanno finalmente risvegliando, non ascoltano più il canto delle Sirene mondialiste, rifiutano la propaganda a senso unico che difende l’indifendibile.
Così abbiamo la concreta speranza di poter vedere la fine di questo sistema fallimentare e la rinascita di una vera Europa dei popoli, fondata sulla difesa comune dei nostri valori eterni e tradizionali. Dove chi viene in casa nostra per rubare o ucciderci troverà pane per i suoi denti. Dove saremo noi e non qualche banchiere o burocrate a decidere del futuro nostro e della nostra civiltà.
Fonte http://katehon.com/it/article/governanti-europei-migliori-alleati-del-terrorismo

I media tedeschi rompono il silenzio: l’Arabia Saudita ha finanziato i terroristi nella UE


I media tedeschi hanno per la prima volta diffuso informazioni filtrate dall’intelligence del paese, secondo le quali l’Arabia Saudita, il Kuwait ed il Qatar, hanno fornito aiuto finanziario ai gruppi estremisti islamici nel territorio della Germania, lo scrive il Vesti.
La Süddeutsche Zeitung, la NDR ed il WDR hanno informato circa l’aumento del numero delle adesioni al salafismo radicale in Germania, avvertendo che questa ideologia dispone già di oltre 10.000 seguaci nel paese.
Il servizio Federale dell’Intelligence tedesco- “Bundesnachrichtendienst”, abbreviato in BND- e l’Ufficio Federale per la Protezione della Costituzione – “Bundesamt für Verfassungsschutz”, abbreviato in BfV—accusano apertamente i paesi del Golfo Persico del finanziamento delle moschee, delle  scuole religiose e dei predicatori islamici che diffondono questa ideologia (salafita/wahabita)- Da parte sua, la cancelliera tedesca Angela Merkel, incita a proibire il burka in qualsiasi luogo del paese “dove sia legalmente possibile” (quindi al di fuori delle zone ormai sotto il controllo islamico totale).
I movimenti missionari religiosi islamici erano parte di una ” strategia duratura per influire in Europa, dicono alcuni media tedeschi,  “ci sono tre organizzazioni che hanno contribuito attivamente alla diffusione dell’ideologia radicale salafita in Germania (ed in altri paesi d’Europa). Sono la Lega Mondiale Islamica, fondata in Arabia Saudita; la Associazione Benefica del del “Jeque bin Muhammed Al Thani”, del Qatar, la Società Patrimoniale del Risorgimento Islamico kuwaitiano – tutte proibite in Russia ed in altri paesi per il loro appoggio ai terroristi di Al Qaeda (ma consentite in Europa)-.
Donne islamiche in germania
Donne islamiche in germania
La Deutsche Welle ritiene che alcuni membri di queste organizzazioni credono che l’informazione sia stata filtrata per mettere sotto pressione il Governo tedesco affinchè questo metta fine alle forniture di armi all’Arabia Saudita.
Nonostante queste notizie, l’ambasciatore dell’Arabia Saudita in Germania, Awwad al Awwad, ha respinto le accuse di appoggio al salafismo e ha negato che l’Arabia Saudita abbia finanziato la costruzione di moschee e di aver esportato gli iman radicali. Allo stesso modo ha aggiunto che la Lega Mondiale Islamica avrebbe concluso le sue attività in Germania nel 2013.
L’informativa trasmessa da alcuni media è arrivata una settimana dopo che il Governo tedesco aveva proibito le attività del gruppo missionario islamico “Die Wahre Religion”, collegato con più di 140 estremisti radicali del Daesh – organizzazione terroristica proibita.
“Die Wahre Religion” (DWR), o la Vera Religione, aveva iniziato le sue attività nel 2005, estendendo la predicazione dell’Islam nella sua forma attuale e con l’aiuto di nuovi mezzi di comunicazione, tanto in Germania come nel Regno Unito, in Francia, in Belgio, in Italia, ed in Brasile.
Nonostante questo, secondo i funzionari tedeschi, l’obiettivo principale della DWR è stato quello di ” aumentare il numero degli islamisti radicali in tutto il paese con il pretesto di predicare l’Islam”, mediante la diffusione dell’ideologia dell’odio, anti cristiano, appoggiata da varie teorie cospirative.
Il ministro degliInterni tedesco, Thomas de Maiziere, ha affermato che la proibizione della DWR deve arrestare ” l’abuso della religione da parte di persone che diffondono le ideologie estremiste e appoggiano le organizzazioni terroriste” (quelle che la NATO appoggia in Siria).
Lo scorso Novembre era stata eliminata una rete terroristica dedicata alla radicalizzazione dei giovani mussulmani con il fine di inviarli a combattere assieme al Daesh e gli altri gruppi terroristi in Siria. Inoltre, dopo un paio di attentati avvenuti a Luglio ed una serie di minacce dei terroristi su futruri attacchi, le autorità del paese hanno elevato il livello di sicurezza.
Secondo i dati pubblicati dalle Forze di Sicurezza nel maggio del 2016. più di 820 jihadisti di pasaporto tedesco sono partiti dalla Germania verso la Siria e l’Iraq. Un terzo di quelli è rientrato e 140 sono morti e 420 continuano ad essere fuori dal paese.
Le forze dell’Esercito siriano, con l’appoggio russo, hanno contribuito ad annientare una buona parte di questi jihadisti arrivati dall’Europa ma la Germania e gli altri paesi della NATO erano (e sono tuttora) dalla parte sbagliata nel conflitto in Siria, sostenendo quelli che per lungo tempo i media  occientali definivano “ribelli moderati”. In realtà di tratta di gruppi islamisti radicali che sono sotto il comando dei vertici dei Al Nusra e di Jabhat Fatah Al-Sham, le principali organizzazioni terroristiche operanti nel paese arabo.
Nota: Il governo tedesco (assieme agli altri governi dei paesi NATO) risulta implicato nella fornitura di armi ed attrezzature militari  all’Arabia Saudita ed al Qatar che regolarmente venivano utilizzate dai gruppi terroristi e si è sempre guardato di interrompere questo enorme flusso di armi, anche per non perdere il business dell’esportazione di alcune importanti industrie tedesche.
Adesso, da vari esponenti dell’opposizione ed anche dello stesso partito della Merkel, si chiede di voltare pagina per i rischi che si corrono in Germania ma, a giudizio di molti osservatori, sembra ormai troppo tardi ed i “buoi sono già fuggiti dalla stalla”.
Fonti: wdr.de
Süddeutsche Zeitung
Traduzione e nota: Luciano Lago
http://mondolibero.org/2016/12/media-tedeschi-rompono-silenzio-larabia-saudita-finanziato-terroristi-nella-ue/

Il Ministro e Facebook


di Massimo Mantellini
Ho letto con una qualche apprensione la strana intervista che il direttore de Il FoglioClaudio Cerasa ha fatto al Ministro della Giustizia Andrea Orlando su temi ampi e complessi come Facebook, fake news, diffamazione, giornalismo e democrazia. Intanto perché si tratta di un oggetto strano in cui non esistono domande e risposte ma solo dotte dissertazioni di Cerasa inframmezzate da altrettanto dotti virgolettati di Andrea Orlando. Una sorta di meditazione pubblica dove entrambi sintetizzano in estrema libertà principi generale complessi. Ma questo abbiamo e allora, lasciando perdere Cerasa ed i suoi stimabili punti di vista, vediamo cosa ha detto a Il Foglio dentro un simile flusso di pensieri il Ministro della Giustizia:
«Qui non parliamo di Facebook, qui parliamo del futuro della nostra democrazia».
«È arrivato il momento di mettere le cose in chiaro: Facebook non può essere più considerato un semplice veicolo di contenuti. Se su una bacheca vengono condivisi messaggi d’odio, o propaganda xenofoba, è necessario che se ne assuma le responsabilità non solo chi ha pubblicato il messaggio ma anche chi ha permesso a quel messaggio di essere letto potenzialmente in tutto il mondo. Al momento non esiste una legge che renda Facebook responsabile ma di questo discuteremo in sede europea prima del G7, per mettere a tema il problema senza ipocrisie».
«Dire che Facebook deve responsabilizzarsi non significa voler punire Facebook, ma significa voler combattere contro un grande pericolo che vivono le nostre democrazie. La retorica sulla disintermediazione ci ha permesso di fotografare bene un fenomeno ma non ci ha permesso di capire bene le sue problematiche. La disintermediazione è inevitabile, e su questo non c’è dubbio, ma mi chiedo se sia inevitabile che la disintermediazione coincida con la distruzione dei corpi intermedi e non con la loro rigenerazione».
«La politica, i legislatori e l’opinione pubblica devono prendere coscienza di questo problema e trovare dei rimedi, o se volete degli anticorpi. I social network hanno distrutto le modalità di costruzione dell’autorevolezza, hanno contribuito a ridefinire le categorie del rispetto sociale, e su questo non si può fare molto. Ma ciò che si può fare e sul quale si può lavorare è invece questo. I corpi intermedi, vittime della disintermediazione, devono ragionare sui loro errori e chiedersi come è possibile che oggi venga ritenuto autorevole o credibile, senza alcuna verifica alla fonte, il primo politico che passa o la prima notizia che passa. Dall’altro lato però è necessario impegnarsi per non alimentare, su nessun piano, una spirale che rischierebbe di essere devastante. Quella che prevede l’affermazione di un principio pericoloso: ciò che è virale diventa verosimile a prescindere se ciò che si condivide sia vero oppure no. Le notizie false ci sono sempre state e sempre ci saranno. Ma prima di rassegnarci a vivere nella giungla della disintermediazione senza regole è bene che la politica faccia la sua parte e che provi con tutte le forze a disincentivare l’affermazione delle post verità. Non sarà l’anticorpo perfetto ma la trasformazione di Facebook in qualcosa di simile a un editore è un passaggio cruciale in questo senso. Sia per il mondo della tecnologia sia per il mondo della politica. Qui non stiamo parlando solo di Facebook, stiamo parlando del futuro della nostra democrazia».
Il primo punto, che da solo spegnerebbe molte delle discussioni come queste che si stanno susseguendo in Italia e altrove, è che Mark Zuckerberg non ha mai detto che Facebook è un editore. Non lo ha detto né lo avrebbe potuto dire perché nel momento in cui si attribuissero alla piattaforma californiana le responsabilità di pubblicazione tipiche dell’editoria, Facebook chiuderebbe in cinque minuti. Forse non da noi dove, come è noto, i giornali (quelli che Orlando chiama con qualche vezzo intellettuale “corpi intermedi”) da tempo assomigliano in maniera sempre più esatta, per varietà e qualità informativa, ai social network, ma altrove nel mondo dove il rispetto delle norme è una faccenda sostanziale. Quindi se Facebook non è un editore – non lo potrebbe essere nemmeno se lo volesse per ragioni tecnologiche intuitive a quasi tutti, esattamente come Youtube non è una televisione – ma è una piattaforma tecnologica, le preoccupazioni di Andrea Orlando sulla democrazia prossima ventura forse potrebbero essere riassunte in una sola domanda sulla quale per altro abbiamo già discusso per anni:
«Le piattaforme tecnologiche possono essere responsabili per i contenuti che contengono?»
La risposta è no, con alcuni modesti distinguo, da sempre. Vale per tutti da quando le piattaforme esistono: vale per la rete telefonica, per le autostrade, per i fornitori di accesso a Internet. Se la discussione è (ancora) di questo livello io mi ritiro in buon ordine e vado a giocare a Super Mario Run. Se invece vogliamo uscire dai luoghi comuni e dalle dichiarazioni ad effetto possiamo fare due cose. La prima è segnalarne il valore di restaurazione, almeno quando Orlando accenna alla disintermediazione. Si tratta come è noto – dagli imbecilli di Eco in qua – di un cavallo di battaglia sulla cui groppa è semplicissimo saltare. Nel caso specifico il microfono in mano a chiunque (quello che le piattaforme sociali hanno aggiunto all’ambiente informativo) non ha “distrutto i corpi intermedi” ma ha semplicemente reso ben evidente quello che fino ad un decennio fa era silenzioso e sotterraneo. E cioè, per sintetizzare un po’ brutalmente, che i cittadini hanno pensieri differenti da quelli che possiamo leggere sui giornali e che simili pensieri spesso non hanno molto di edificante. Contemporaneamente, ad un diverso livello di analisi, i fili di bit che chiamiamo Internet hanno reso più semplice svelare la pochezza e le miserie di moltissima dell’informazione certificata alla quale abbiamo affidato per decenni il sostentamento delle nostre democrazie e paradossalmente hanno consentito a chi ne avesse intenzione di migliorarla.
Quello di cui secondo Orlando i Ministri della Giustizia del G7 discuteranno prossimamente (ma confido in un po’ di buon senso e spero che questo non avverrà) è una semplice ricomposizione d’emergenza di un contesto informativo precedente, meno caotico e variegato, più sicuro, nel quale sia semplice identificare e controllare l’informazione. Con qualche cautela perché se da un lato è evidente che il pluralismo informativo è un presidio indispensabile delle democrazie, il controllo delle singole voci (si osservi cosa è accaduto in Turchia recentemente) è uno dei leitmotiv dei peggiori regimi.
La seconda cosa che potremmo fare è piantarla di usare temi complessi per il proprio personal branding. L’Italia è campione mondiale di questa forma di disintermediazione e di queste fake news (ebbene sì). Non spendiamo un soldo per potenziare la Polizia Postale ma inneggiamo a maggiori controlli sugli ambienti digitali, scriviamo eteree norme che sappiamo benissimo saranno inapplicabili e ce ne vantiamo in giro, esprimiamo pareri funesti e pensosi sul futuro del pianeta, ma velocemente e per sommi capi, senza mai raggiungere la sostanza dei problemi.

Il tema sostanziale che riguarda Facebook (da noi più che altrove) è il suo sostanziale oligopolio, il fatto che una sola piattaforma sia diventata, specie nei paesi a bassa cultura digitale, l’unico luogo di rete frequentato da milioni di persone. Una specie di tunnel senza uscita dentro al quale, come in certi film comici, vanno a schiantarsi tutti in rapida sequenza, anche autoarticolati giganteschi come quello della pubblicità o quello dell’informazione. Ora il Ministro Orlando, come un moderno pizzardone digitale, vorrebbe regolare il traffico dentro la rapida sequenza di incidenti uno in fila all’altro. Nelle sue affermazioni apodittiche non sembra essere sfiorato dall’ipotesi che il problema sia altrove e che riguardi magari la segnaletica fuori dal tunnel e più in generale la cultura dei cittadini alle prese con strumenti culturali potentissimi. Oppure davvero, in alternativa, i guai giganteschi di Facebook e della sua natura inconciliabile di piattaforma privata utilizzata da tutti dentro una rete distribuita potrebbero essere la scusa per semplificare il mondo digitale. O per provare a farlo. La sterilizzazione di Internet del resto è uno di quei sogni che accomuna da un paio di decenni nel mondo soggetti diversissimi. I peggiori dittatori mano nella mano con certi riformisti illuminati.
Massimo Mantellini
fonte http://www.ilpost.it/massimomantellini/2016/12/28/il-ministro-e-facebook/



martedì 27 dicembre 2016

Terrorismo, perché l’Italia finora non è stata colpita

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DI MARCO TODARELO
lettera43.it
Quando toccherà all’Italia? Se lo chiedono in tanti, in questi giorni di feste svuotate di senso, mentre l’Europa torna a piangere morti innocenti e a Milano sembra aver trovato il suo epilogo la vicenda dell’attacco ai mercatini di Natale di Berlino, con l’uccisione del killer Anis Amri nel corso di una sparatoria con la polizia. Ancora veglie al lume di candela, bandiere a mezz’asta, rabbia e dolore. Di nuovo la Germania, dopo il Belgio e la Francia, altro sangue che si aggiunge a quello che da sempre scorre a Sud e a Est del Mediterraneo. «Perché l’Italia è rimasta fuori dall’orrore?» ci si chiede con paura, ma anche con speranza. «Il nostro Paese è il più facile punto di accesso dal Sud al Nord del Mediterraneo e una destabilizzazione qui non conviene ai terroristi», spiega a Lettera43.it Ugo Maria Tassinari, giornalista e scrittore esperto di terrorismo, «che non sono degli sprovveduti, ma soldati di un progetto politico-militare molto serio».
DOMANDA. Perché ci tiene a sottolinearlo?
RISPOSTA. Perché capita ancora di sentire o leggere dei terroristi di Daesh come di dilettanti invasati che si fanno saltare in aria a comando. E preferisco parlare di Daesh, e non di Isis, proprio perché credo che nella loro strategia l’aspetto politico sia più importante di quello religioso.
D. In che senso?
R. Dietro i martiri ci sono dei leader con un pensiero e una strategia, strateghi militari ed esperti di comunicazione. E la scelta di non attaccare l’Italia non è casuale.
D. Si spieghi meglio.
R. L’Italia è un retroterra non operativo sul piano militare ma funzionale alle missioni da compiere. Il terrorista di Nizza era stato in Italia pochi giorni prima, così come il tunisino probabile autore della strage di Berlino è stato in carcere da noi. E mi pare evidente che per sequestrare un camionista che parte dall’Italia occorre una segnalazione e quindi una base, una rete di persone di supporto. Per alcuni aspetti il nostro Paese può essere definito un “santuario del terrorismo”.
D. Che cos’è un santuario del terrorismo?
R. Un’area di non operatività militare in cui c’è una base forte che garantisce le attività di sostegno e sussistenza delle azioni terroristiche. Anche Berlino Est, ad esempio, è stata un santuario: negli Anni 80, i terroristi della Raf che volevano abbandonare la lotta armata nelle città dell’Ovest venivano ospitati nella Berlino sovietica da agenti della Stasi.
D. Che tipo di sostegno? Anche armi?
R. Ci sono tanti modi per aiutare un’organizzazione militare. Ad esempio è accertato che in passato gruppi armati islamici hanno usato l’Italia come base logistica per la falsificazione di documenti, un’attività fondamentale per la guerriglia. Nei primi Anni 90, quando in Algeria esplose la guerra civile, Napoli era il centro di queste falsificazioni.
D. Oggi però non ci sono collegamenti diretti accertati tra l’Italia e gli attentati dell’Isis.
R. No, però abbiamo una memoria storica che ci può aiutare. Negli Anni 70, per almeno un decennio i gruppi terroristici italiani si sono riforniti dai palestinesi, e a loro volta i palestinesi avevano basi logistiche in Italia che erano sostanzialmente impunite. Nel 1973, dopo l’attento palestinese a Fiumicino, il colonnello Stefano Giovannone – ufficiale del Sismi molto vicino ad Aldo Moro – si accordò con i palestinesi: in cambio dell’uso del territorio per le basi, non avrebbero più compiuto attentati in Italia.
D. Non crede dunque alla spiegazione che sentiamo ripetere: l’Isis ci risparmia perché l’Italia non è impegnata militarmente in Medio Oriente.
R. Nemmeno la Germania lo è. Mi sembra più interessante la differenza tra gli attentati in Germania e quelli in Francia e Belgio e ai diversi modi di reclutamento collegati.
D. Quali?
R. La generazione degli attentatori di Charlie Hebdo, Bataclan e Bruxelles è figlia delle rivolte nelle banlieue parigine del 2005. Si tratta di magrebini di seconda e terza generazione, per lo più emarginati, piccoli criminali poi radicalizzatisi in carcere. Lì sono diventati jihadisti, sono stati reclutati e addestrati nei territori occupati da Daesh, prima di rientrare in Europa per colpire.
D. E in Germania?
R. Tutti gli attentatori che abbiamo visto in Germania sono invece lupi solitari che rispondono a logica della chiamata al momento. Nei quattro casi dell’estate scorsa — il pachistano a Wuerzburg, il tedesco-iraniano a Monaco, i due siriani ad Ansbach e Reutlingen — erano male organizzati e a volte male armati ma comunque disposti al martirio con ogni mezzo.
D. L’attentato di Berlino segna un cambio di passo?
R. Dal punto di vista militare è un’azione di impatto minimo, ma il valore simbolico è altissimo: hanno colpito un luogo simbolo della tradizione occidentale e della cristianità proprio nella settimana di Natale.
D. I servizi segreti italiani vengono spesso citati come modello di lotta al terrorismo dopo la sfida degli Anni di piombo. Quel modello vale ancora oggi?
R. È innegabile che una certa azione di contenimento c’è stata, ma abbiamo commesso anche alcune gaffe grossolane, come l’arresto a Milano di Abdel Maijd Touil, accusato dell’attentato del Museo del Bardo a Tunisi. La difficoltà comunque è oggettiva, lo vediamo da come servizi più efficienti dei nostri fanno fatica proprio a causa della liquidità di questo tipo di terrorismo.
D. Le tecniche dell’anti-terrorismo di ieri sono valide ancora oggi?
R. Non esattamente. Il modello classico dell’anti-terrorismo prescriveva il presidio di luoghi fisici sensibili come caserme, sedi di partiti e istituzioni e la scorta alle persone a rischio. Oggi è cambiato tutto e la potenza di Daesh è proprio questa: qualsiasi luogo o persona può essere un bersaglio e quindi diventa impossibile ogni attività di prevenzione.
D. Dunque come si fa?
R. Con l’infiltrazione tra i militanti. Con le intercettazioni e il monitoraggio.
D. È solo una questione di polizia e di intelligence?
R. Non si può parlare di terrorismo, con tutte le sue specificità, se non si tiene conto di di uno scenario di fondo cha ha due aspetti: da un lato la catastrofe demografica, con questa migrazione biblica di popoli che scappano dalla miseria e dalla guerra, e dall’altra la crisi del modello integrazionista delle civiltà occidentali. Un modello che è fallito in seguito al crollo delle politiche di welfare e stato sociale e che su queste si era basato per 40 anni, dalla decolonizzazione in poi. Anche l’integrazione deve essere ripensata.

Marco Todarello
Fonte: www.lettera43.it
Link: http://www.lettera43.it/it/articoli/interviste/2016/12/23/terrorismo-perche-litalia-finora-non-e-stata-colpita/207396/
http://comedonchisciotte.org/terrorismo-perche-litalia-finora-non-e-stata-colpita/