"Io sono un killer. Gli sparo in testa a quel bastardo, quel cornuto di Sanna. Mo gli devo accendere anche la macchina."
Angelo Sanna è l'ispettore capo della polizia mobile di Foggia, e il suo omicidio era stato pianificato nei minimi dettagli.
Questa frase, intercettata dagli uomini della DDA di Bari il 19 gennaio scorso, ha portato alfermo di otto esponenti del clan Moretti-Pellegrino-Lanza.
Ancora pochi giorni, spiegano gli inquirenti, e i sicari sarebbero entrati in azione.
Il piano omicida nei confronti di Sanna è solo uno degli ultimi tasselli di una lunga striscia di violenza composta da esecuzioni, sparatorie e attacchi dinamitardi.
Questo è il modus operandi della Società Foggiana, l'organizzazione criminale considerata come la più brutale in Italia. Una mafia che "da 35 anni a questa parte uccide e continua a uccidere," ma che sta diventando sempre più potente. E violenta.
Solo negli ultimi mesi - da settembre a oggi - si contano quattro uccisioni, sette tentati omicidi e una dozzina di pacchi bomba fatti detonare fuori dai negozi della città.
A fare le spese di questa nuova guerra mafiosa, molto spesso, sono anche comuni cittadini.
A metà novembre, per esempio, una bomba ha devastato uno storico negozio di calzature del centro. L'esplosione è stata così forte da svegliare l'intero quartiere nel cuore della notte. L'onda d'urto ha investito automobili e abitazioni vicine, mandando in frantumi vetri e finestre.
"La mafia di Foggia ha dei tratti di primitività che ricordano il gangsterismo americano dell'inizio dello scorso secolo."
E pensare che, fino all'anno scorso, sembrava che le 'batterie' - così vengono definiti i clan della Società Foggiana - avessero dato vita a una sorta di convivenza pacifica.
Poi però l'equilibrio si è rotto e, dopo il tentato omicidio di un esponente di spicco, la pax mafiosa si è definitivamente spezzata.
Oggi la tensione è cresciuta, e i foggiani temono il ripetersi dello spargimento di sangue che sconvolse la città nel 2003 — quando l'ondata di violenza provocò 40 omicidi in un anno.
Come è nata la Società Foggiana?
Gli storici di mafia fanno risalire l'origine della Società Foggiana a un giorno e un evento preciso: il 5 gennaio 1979, quando i principali esponenti criminali della zona si riunirononell'Hotel Florio, sulla statale che collega Foggia a San Severo.
Padrino dell'occasione era Raffaele Cutolo, mafioso napoletano e fondatore della Nuova Camorra Organizzata.
Arrivato nel Foggiano per scontare un soggiorno obbligato, Cutolo tenne loro una sorta di 'corso accelerato' sulle dinamiche della criminalità organizzata. Spiegò i riti di affiliazione, elencò i modi per arricchirsi facendo leva sul metodo mafioso. Il suo scopo era quello di espandere la sua sfera di influenza in Puglia e creare un nuovo polo mafioso. A boss e picciotti locali l'idea non dispiacque.
Nasceva così la Società Foggiana, un'organizzazione criminale strutturata gerarchicamente e composta da diverse batterie che fanno capo alle famiglie di riferimento.
Trisciuoglio, Sinesi-Francavilla e Moretti-Pellegrino-Lanza. Sono questi i cognomi più potenti della città, gli stessi che dallo scorso settembre sono tornati a darsi battaglia a colpi di agguati e vendette.
Uno scontro che ha già lasciato per strada una lunga striscia di sangue. L'ultimo episodio risale a poco più di un mese fa, quando il 47enne Rocco Dedda, personaggio ritenuto contiguo al clan Sinesi-Francavilla, viene freddato nel giardino di casa nel cuore del pomeriggio.
Storymap: Le ultime tappe della guerra di mafia della Società Foggiana.
La guerra di mafia tuttora in corso ha rotto un periodo di relativa calma che durava dal 2008, anno in cui si contarono due omicidi, numerosi agguati e sparatorie tra la folla.
"A Foggia guerra di mafia vuol dire guerra di leadership. Evidentemente, qualcuno è uscito dal carcere e ha voluto riaffermare la propria supremazia," spiega a VICE News il procuratore di Fermo Domenico Seccia, fino al 2013 attivo nel tribunale di Lucera, dove ha coordinato numerose inchieste sulla Società Foggiana.
"La mafia foggiana è caratterizzata da cicli. Inizialmente ci sono momenti di compattezza: all'interno dell'organizzazione si crea una pax mafiosa che permette di collaborare e gestire le enormi risorse economiche illecite. Poi, però, sorgono i rancori e iniziano le lotte al vertice."
"Da questo punto di vista," continua Seccia, "si può dire che la mafia di Foggia abbia dei tratti di primitività che ricordano il gangsterismo americano dell'inizio del secolo scorso."
Un'azione intimidatoria tra clan rivali della criminalità foggiana. [grab via Polizia di Stato]
Droga, usura e affari: così si arricchisce la Società Foggiana
Negli ultimi anni, però, l'aria è un po' cambiata. Gli inquirenti hanno iniziato a intravedere la nascita di uno spirito imprenditoriale, che ha fatto ipotizzare un'evoluzione della Società in una "mafia degli affari."
Un salto di qualità che gli ha permesso di accreditarsi anche agli occhi delle mafie piùmainstream, che ormai trattano i clan della Società come interlocutori privilegiati.
Nel 2010, per esempio, quando le stamperie di banconote false della Camorra furono smantellate dalle indagini della polizia, i vertici dei clan decisero di delocalizzare il business in Puglia.
I foggiani erano già 'uomini fidati' dei camorristi nel traffico di droga. Così, i boss di Casal di Principe non esitarono ad affidare loro la stampa di migliaia di 20 euro contraffatti.
Nel 2012, poi, l'operazione Baccus rivelò come i clan della piana fossero riusciti a infiltrare un altro importante settore dell'economica nazionale — quello vitivinicolo.
Due imprenditori del mondo del vino pugliese avevano proposto ai massimi esponenti della Società un affare: unire tutti i soldi raccolti tramite spaccio di droga, estorsioni e usura e ripulirli attraverso un'operazione commerciale con la compiacenza di un imprenditore di Ravenna.
Il cuore economico della Società Foggiana, tuttavia, rimane lo stesso da trent'anni a questa parte: le estorsioni.
Attraverso il racket, i clan provano a tenere sotto scacco l'intera città. Una circostanza che è valsa a Foggia un primato poco invidiabile: la città pugliese è stata per molti anni la capitale italiana delle estorsioni, prima di essere sorpassata da Pescara nel 2014.
Le province italiane per numero di estorsioni.
In proporzione al numero di abitanti, rapporto 1:100.000. Elaborazione su dati Istat.
Nella provincia dauna si contano in media 160 casi di estorsione all'anno — un numero altissimo in rapporto alla popolazione cittadina. E si tratta, molto probabilmente, di una stima verso il basso, visto che in città a denunciare il racket sono ancora in pochi.
L'omertà - sostengono i rappresentanti delle forze dell'ordine - è infatti la grande piaga di Foggia. Nel silenzio generale i clan si sentono più forti e continuano il loro lavoro indisturbati.
"Vedere costantemente soggetti che subiscono attentati dinamitardi dichiarare di non aver mai ricevuto minacce fa male, perché sicuramente quelle persone stanno mentendo," aveva dettoil procuratore generale di Bari Giuseppe Volpe all'indomani degli arresti di fine gennaio. "Vorrei dire alla città di Foggia che abbiamo bisogno di collaborazione, di dichiarazioni e di denunce."
L'atteggiamento del "far finta che vada tutto bene" non colpisce solo i singoli cittadini, ma anche le più alte sfere del potere politico-economico locale.
A lanciare questo allarme è stata la Direzione Nazionala Antimafia, che nella sua ultima relazione annuale - pubblicata a inizio mese - ha puntato il dito contro amministrazione locale e colletti bianchi.
[grab via]
"Va rilevato come la cortina di impenetrabilità che protegge la mafia foggiana è inspiegabilmente più fitta proprio attorno ai possibili legami tra la mafia foggiana e le istituzioni politico-amministrative," riporta la relazione.
"Se l'omertà del singolo cittadino risulta difficilmente condivisibile, assolutamente inaccettabile è un simile atteggiamento da parte di istituzioni pubbliche, la cui immagine e condotta si pone come esempio per la comunità."
A scatenare la frustrazione dell'autorità antimafia è stata, con tutta probabilità, la decisione del comune di Foggia di non costituirsi parte civile nel maxiprocesso 'Corona' nei confronti di alcuni tra i massimi esponenti della Società.
Secondo le associazioni locali, oltre a essere una prassi in tutti i processi di mafia, la presenza in prima linea dell'amministrazione sarebbe stato un importante segnale per la comunità.
Lo scorso ottobre il sindaco di Foggia Franco Landella (FI) aveva detto che la mancata costituzione a parte civile del comune era dovuta a "disguidi di carattere burocratico."
Molti commercianti si piegano, non denunciano e versano il denaro per restare al sicuro. Altri si ribellano, pagando spesso la propria scelta a caro prezzo.
Come i proprietari di una catena di negozi di prodotti per la casa la cui auto è stata crivellata di colpi di pistola lo scorso novembre, pochi giorni prima che una bomba esplodesse davanti a uno dei loro punti vendita.
Di fronte all'escalation di violenza e intimidazioni i foggiani hanno iniziato a reagire. Già alla fine del 2014 era nata la prima associazione antiracket di Foggia. Alcune settimane fa, invece, è partita una nuova iniziativa che punta ad aiutare uno dei settori più colpiti dai tentativi di estorsione: quello delle costruzioni.
"Al momento la Società Foggiana è l'unica industria che procura lavoro ai giovani."
La lotta tra mondo criminale e il mondo dell'edilizia non è cosa nuova. Nel novembre del 1992 Giovanni Panunzio, costruttore foggiano di spicco, veniva freddato da diversi colpi di pistola mentre viaggiava a bordo della sua auto. La sua 'colpa' - almeno per gli affiliati alla Società - era stata quella di aver denunciato con forza il racket delle estorsioni.
Al giorno d'oggi la situazione non è cambiata molto. A inizio dicembre, per esempio, al rientro a casa un costruttore foggiano ha trovato un pacco bomba sul pianerottolo.
Anche Gerardo Biancofiore, presidente dell'ANCE Foggia, l'associazione dei costruttori edili, ha conosciuto la criminalità da vicino.
"Anche io ho subito richieste di estorsione," racconta Biancofiore a VICE News. "Alcune persone pericolosissime si sono presentate in cantiere e non volevano che io lavorassi. Ho denunciato immediatamente e, non avendo dato un minimo di spago, questa gente è sparita."
Forte della sua esperienza, il presidente di ANCE, in collaborazione con la prefettura di Foggia, ha dato vita al Patto Antiracket, uno strumento per non lasciare più solo chi finisce vittima delle intimidazioni.
"Il problema dell'estorsione è sotto gli occhi di tutti," continua Biancofiore. "Io non lo nego come fanno altri, non faccio finta che qui vada tutto bene. Il segnale che vogliamo lanciare è molto chiaro: 'noi stiamo da questa parte, chi è ambiguo vada altrove'."
Chi conosce il fenomeno sa che la lotta alla Società Foggiana è appena iniziata. Per troppo tempo la sua minaccia è stata sottovalutata, credendo che si trattasse solo di piccola criminalità e chiudendo gli occhi davanti alla struttura organizzata che invece la sostiene.
"Occorre uno sforzo enorme che parta da una piena consapevolezza del fenomeno mafioso a Foggia," dice il PM Seccia. "È necessario togliere alla mafia foggiana il consenso criminale che riceve perché, al momento, è l'unica industria che procura lavoro ai giovani."
"Adesso bisogna prendersi carico del problema e ricorrere al più presto a un'azione adeguata," conclude Seccia.
fonte https://news.vice.com/it/article/societa-foggiana-mafia-italia
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