Il famoso adagio di Hollywood – “nessuno sa niente” – sembra applicarsi perfettamente all’attuale turbolenza del mercato petrolifero. Perciò, nel tentativo di chiarire dove si sta dirigendo l’economia petrolifera globale, cerchiamo di impegnarci in una Battaglia degli Analisti Petroliferi. Affidarci agli Analisti Petroliferi (Oil Analysts, OA) non significa necessariamente che vi verranno offerte risposte chiare, ma forse con un po’ di fortuna vedrete un raggio di luce.
L’Arabia Saudita dice che sta aumentando la produzione di petrolio a 12 milioni di barili al giorno. Questo è molto discutibile. La Russia dice che può aumentare la produzione di petrolio a 13 milioni di barili al giorno. L’OA1 viene al punto: “Entrambi stanno bluffando. I prezzi stanno ancora aumentando. Questo significa che nessuno gli crede”.
L’OA2 controbatte, ricordando che “il prezzo del petrolio si sta mantenendo stabile a causa di 1,5 milioni di barili di petrolio sottratti al mercato da uno sciopero in Kuwait di circa 10.000 lavoratori. Questo dimezza la produzione kuwaitiana di 3 milioni di barili al giorno. Ora stanno tornando al lavoro. Ma il prezzo del petrolio sta ancora salendo”.
Ho spiegato in precedenza di come il prezzo del petrolio si stesse mantenendo oltre i 40$ al barile anche con la pressione organizzata da Washington sull’Arabia Saudita per mantenerlo giù. Poi l’OA3 mi disse: “questo accade perché la richiesta e la fornitura di petrolio stanno aumentando”.
Ma poi è arrivato l’OA 4 con una previsione completamente diversa; l’intera cosa riguardava il “Big Long” sul quale basai la mia previsione di 45/50$ al barile quando ero a Teheran nel Novembre 2011, e il prezzo si stava avvicinando ai 100$ al barile. I Sauditi stavano sostenendo questo prezzo, e benché avessero un enorme capitale per manovrare coi prezzi così alti, stavano limitando l’immagazzinamento. Allineandosi con questo fatto, l’OA4 aggiunse: “il mercato sta per collassare, ed è sostenuto solo dalle posizioni finanziarie dell’operazione messa in piedi da Sauditi e Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC), ora in corso di svolgimento”.
L’OA5, prevedibilmente, non poteva concordare sul fatto che i Sauditi stessero favorendo il mercato per poi lasciarlo collassare. Approfondì su come “sia difficile predire i prezzi giorno per giorno. L’unico modo di sapere cosa sta succedendo è osservare con i satelliti o da terra le petroliere che partono da ogni paese esportatore, presumere che siano piene, controllare i loro nomi per desumere la loro capacità di carico, e poi aggiungere cosa è rimasto ad ogni paese esportatore. Ci sono agenzie che fanno questo al costo di circa 300.000$ all’anno”.
L’OA6 controbatté con qualche punto di vista, spiegando cos’era accaduto a metà 2014: “Il prezzo del petrolio ha cominciato a scendere senza un visibile aumento della produzione. La deduzione da fare è che il surplus nel Golfo Persico – che era l’unico luogo dove c’era un surplus – è stato scaricato sul mercato da parte degli stati del Golfo, sotto ordine di Washington. E questo si adatta dal punto di vista geopolitico con la rivolta a Kiev come un replay dell’Afghanistan”.
Se c’è un punto d’accordo tra la maggior parte degli OA, è che l’Arabia Saudita sta danneggiando tutti. L’OA 7 dice che stava “osservando i mercati, e molte scariche di elettricità statica provengono dall’Iran, che sta cercando di entrare nel mercato. Gli stati del Golfo stanno cercando di impedirlo in ogni modo, e stanno provando a tagliare la gola all’Iran”.
Ma non vedo che la situazione generale sia in deterioramento. Un abbassamento così drastico del prezzo frena la produzione. L’ammontare dell’eccesso non era più del 5 per cento del mercato; non del 20 per cento come nel 1985. Ora bisogna basarsi strettamente sulla macro-logica ed è per questo che un famoso ex agente di borsa della Goldman Sachs che ha previsto il collasso non sta comprando massicce quantità di azioni”.
Ancora confusi? Dovreste esserlo. Perché ora entra in gioco un’altra variabile – l’aumento della domanda di benzina americana. L’OA8 ha un’eccellente opinione in materia: “Mi aspettavo questo nel secondo quarto dell’anno, non adesso. Per quel momento dovremmo arrivare oltre i cinquanta o i sessanta dollari al barile. Alla fine prevalgono sempre i principi basilari”.
Il gioco da 2 trilioni di dollari.
Perciò uno scenario credibile sembra essere un mondo non esattamente inondato dal petrolio grezzo, e col prezzo del barile che salirà presto. E proprio in questa congiuntura troviamo la China National Petroleum Corporation (CNPC) che sta cercando di diventare il maggior azionista di Rosneft – il principale produttore di petrolio della Russia, che pianifica di vendere il 19,5 per cento delle sue azioni.
Prevedibilmente, gli analisti americani non sembrano capire perché la Rosneft possa diventare una corporazione di vertice di proprietà Russo-Cinese. Questo non ha niente a che fare col vendere azioni petrolifere quando i prezzi sono giù; comunque, le azioni della Rosneft stanno andando bene. Ha a che fare con il consolidamento energetico/finanziario della partnership strategica tra Russia e Cina – dall’Oleodottistan (quegli enormi accordi sul gas da 300 miliardi di dollari conclusi nel 2014) alla stretta connessione tra le borse di Mosca e Shanghai. Traduzione: tutte queste sofisticate mosse bypassano ulteriormente il dollaro americano.
Il petrolio, in questa complessa equazione, è solo un componente. Per esempio, il Ministero dello Sviluppo Economico a Mosca lavora a due ipotesi di base: l’ipotesi migliore prevede un prezzo del petrolio a 40$ al barile, e la peggiore il prezzo del petrolio a 25$ al barile. Si sta debitamente preparando per entrambe.
E ora arriva quello che potenzialmente potrebbe cambiare le carte in tavola: la “visione” della Dinastia Saudita per un’economia post-petrolio.
Queste sono le basi, come annunciate dal Principe Guerriero [Ministro della Difesa, N.d.T.] Mohammad bin Salman Al Sa’ud, 30enne, il conduttore della guerra – illegale – allo Yemen, che sta traboccando di “danni collaterali”. Il potere dell’Arabia Saudita dipende dal suo possesso della Mecca e di Medina, e dalla geostrategica “profondità araba e Musulmana”. È al centro del commercio globale, il 30 per cento del quale passa attraverso il Mar Rosso e il Golfo persico; e il futuro giace nella creazione di un fondo d’investimento statale di 2 trilioni di dollari, provenienti dalla vendita del 5 per cento delle azioni della Saudi Aramco, la compagnia petrolifera numero uno del pianeta.
Riyad, abbiamo un problema. Presumendo che la parziale Offerta Pubblica Iniziale della Saudi Aramco renda quella straordinaria cifra di 2 trilioni di dollari, e che questi fondi vengano investiti in Occidente, l’Arabia Saudita potrebbe raccogliere intorno ai 100 miliardi di dollari all’anno. Non molto; in pratica solo 1/6 del PIL del 2015 dell’Arabia Saudita (653 miliardi di dollari, dei quali il 70 per cento proveniente dall’esportazione di petrolio). In poche parole: questo piano non offrirà all’Arabia Saudita un’economia post-petrolio autosufficiente.
Come se non bastasse, le aziende petrolifere sono attualmente impegnate in due dispendiose guerre – in Yemen (direttamente) e in Siria (indirettamente). Fatto cruciale: il Principe Guerriero le sta de facto dirigendo entrambe. Inoltre, la Dinastia Saudita continuerà a comprare armi spettacolarmente costose dai soliti sospetti – USA, Regno Unito e Francia – come se non ci fosse un domani.
Torniamo ai nostri OA. OA8 dice che i Sauditi al comando del Principe Guerriero hanno fatto un grave errore: “Adesso si sono fatti nemici i Russi e gli Americani. Brennan vuole il loro sangue a tutti i costi dato che li considera dei terroristi. Inoltre, crede che abbiano ottenuto dal Pakistan missili con testata nucleare. Gli USA non possono riconciliarsi con questo fatto”.
Mosca, d’altro canto, vuole relazioni amichevoli con Riyad, ma c’è come la percezione che la Russia sia stata tradita a Doha (il taglio della produzione del petrolio era cosa fatta fino a quando il Principe Guerriero non fece saltare tutto, il giorno della firma degli accordi).
Il che ci porta all’OA9: “La ferita auto-inferta del taglio saudita del prezzo del petrolio per il mercato azionario è stupida. Ora è il momento di conservare il petrolio e trattenersi dal venderlo, aspettando che l’economia cinese triplichi i guadagni con i piani Cintura Economica e Nuova Via della Seta. La domanda per i prossimi cinque o dieci anni sarà massiccia, e per allora il petrolio costerà quasi 200$ al barile”.
Perciò, alla fine, il nostro thriller del petrolio ruoterà tutto intorno alla Cina; Pechino avrà bisogno di comprare tutta l’energia di cui ha bisogno per raggiungere il completamento della Nuova Via della Seta. Nel frattempo, la Dinastia Saudita affronterà una dura scelta. Il suo piano di “economia post-petrolio” fallirà, come altri sono falliti prima. Il Principe Guerriero dovrà decidere con quale superpotenza allearsi. Se pensa di potersela cavare da solo, c’è un posto da tassista che lo aspetta a Londra. Sempre se riesce ad arrivare ad Heathrow tutto intero.
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Articolo di Pepe Escobar pubblicato su Thesaker.is il 28 Aprile 2016
Traduzione in Italiano a cura di Raffaele Ucci per Sakeritalia.it.
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