domenica 13 dicembre 2015

LA RUSSIA STA PIANIFICANDO IL PETROLIO A 40 DOLLARI AL BARILE, COME RISPOSTA ALLA PROVA DI FORZA SAUDITA

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DI AMBROSE EVANS-PRITCHARD
‘Vivremo in una realtà diversa’, ha dichiarato un alto funzionario del Cremlino. Il messaggio è mirato all’Arabia Saudita, in guerra per le ‘quote di mercato’.
La Russia sta preparandosi al peggio, conseguenza del biblico crollo dei ricavi provenienti dal petrolio, avvertendo che i prezzi, per i prossimi sette anni, potrebbero restare ad un minimo di 40 dollari al barile [usd/b].
Il Vice Ministro delle Finanze Maxim Oreshkin ha detto che il paese sta elaborando dei piani fino al lontano 2022, basati su una fascia di prezzo compresa fra i 40 e i 60 usd/b. Uno scenario devastante per l'Opec.


Sarebbe un disastro anche per i produttori del Mare del Nord, per i progetti off-shore del Brasile e per gli indebitati produttori occidentali. “Vivremo in una realtà diversa”, ha dichiarato in un forum ospitato dal quotidiano russo Vedomosti.
L’’esplosione a freddo’ di Mosca è arrivata quando il greggio degli Stati Uniti è precipitato a 35,56 usd/b, preso a pugni dai forti contrasti che sono emersi all’interno dell’Opec durante la riunione della scorsa settimana. Contrasti i cui effetti sono stati amplificati dalle posizioni ribassiste degli ‘hedge funds’.
Bank of America ha dichiarato che all’interno dell’Opec esiste il rischio di una vera e propria ‘guerra dei prezzi’, visto che Arabia Saudita e Iran stanno combattendosi attraverso il mercato del petrolio, nell’ambito della nota ed aspra rivalità strategica.
Il Brent è sceso a 37,41 usd/b, nonostante la domanda stia crescendo vivacemente. E’ il livello più basso dalla ‘crisi Lehman’ dei primi mesi del 2009. Ma questa volta si tratta di uno ‘shock da offerta’ con effetti positivi per l'economia mondiale nel suo complesso.
L’’Agenzia Internazionale per l'Energia’ [IEA] ha dichiarato, nel rapporto mensile sul mercato petrolifero, che l'Opec ha smesso di funzionare come un ‘cartello’ e sta ‘pompando a volontà’ con l'obiettivo di scacciare i rivali dal mercato, a qualunque costo.
Nel 2015, se i prezzi resteranno a questi livelli, i ricavi dell’Opec scenderanno a 400 miliardi di dollari, dai 1.200 del 2012. Si tratta di uno spostamento massiccio della ricchezza globale.
L'IEA ha sostenuto che le scorte mondiali di petrolio hanno quasi raggiunto il livello-limite di 2.971 milioni di barili e che potrebbero aumentare di altri 300 milioni nel corso dei prossimi sei mesi visto che, con la ‘politica della ruota libera’, l’Opec sta ulteriormente inondando il mercato.
Il ‘cane da guardia’ [l’IEA] ha minimizzato i timori relativi alla mancanza di siti dove stoccare questa sovrabbondanza, sostenendo che sta entrando in funzione una nuova capacità di stoccaggio pari a 230 milioni di barili. Quella degli Stati Uniti, inoltre, è utilizzata solo al 70pc. Ma la situazione potrebbe cambiare una volta che il greggio iraniano sarà immesso sul mercato, nel corso del prossimo anno.
I piani della Russia, basati sul prezzo del greggio a 40 usd/b, è solo l'ultimo degli eventi collegati alla ‘politica del rischio calcolato’ che è in corso fra il Cremlino e l'Arabia Saudita, già ai ferri corti sulla Siria.
I piani d’emergenza implementati dai russi trasmettono un messaggio molto chiaro a Riyadh e ai vertici dell'Opec: il paese è in grado di sopportare prezzi molto bassi a tempo indeterminato, grazie al cambio flottante del rublo che protegge il bilancio interno.
L’Arabia Saudita, al contrario, è intrappolata dal cambio fisso [con il dollaro], che la costringe al sanguinoso utilizzo delle riserve in valuta estera per coprire un deficit di bilancio arrivato al 20pc del Pil.
La Russia sostiene di avere forza strategica a sufficienza per mettersi a sedere ed aspettare la fine del lungo assedio. Il paese sta perseguendo una politica volta alla sostituzione delle importazioni, per far rivivere il suo ‘cuore’ industriale e tecnologico. In ultima analisi, la Russia può nutrire se stessa. Gli Stati ‘Opec’ del Golfo sono, al confronto, dei ‘one-trick ponies’ [1].
A Settembre, il Vice Premier Arkady Dvorkovich ha dichiarato al Telegraph che l'Opec sarà costretta a cambiare rotta: “… ad un certo punto è probabile che cambieranno la loro politica. Possono durare da un paio di mesi ad un paio di anni”.
I Funzionari del Cremlino sospettano che l'obiettivo della politica saudita sia quello di costringere la Russia al tavolo dei negoziati, obbligandola ad aderire all’Opec, in un super-cartello che controllerebbe la metà della produzione mondiale.
Abdallah Salem el-Badri, leader dell'Opec, lo ha quasi ammesso la scorsa settimana, sostenendo che l'Opec non è grande a sufficienza per poter agire da sola e che non taglierà la produzione a meno che non entrino [nell’organizzazione] anche i produttori esterni: “Stiamo cercando di negoziare con i paesi produttori non-Opec per poter fare uno sforzo collettivo. Stanno tutti valutando come poterlo fare”.
Ma la Russia, invece, ha preferito ‘chiamare il bluff’ pensando di avere una maggiore capacità di resistenza. L’Opec non può tagliare la produzione facilmente perché i suoi maggiori produttori sono costituiti da società quotate, devono rispondere agli azionisti. Qualsiasi accordo non potrebbe che essere molto sottile.
Il Sig. Dvorkovich ha risposto in modo obliquo alla domanda se la Russia potrebbe mai raggiungere un accordo: “Non abbiamo intenzione di tagliare artificiosamente le forniture. Le compagnie petrolifere agiranno per conto loro. Passeranno in rassegna le forze del mercato e decideranno se investire di più o di meno. Se i prezzi resteranno bassi, è nella natura delle compagnie petrolifere stabilizzare o anche tagliare la produzione”.
Che la Russia possa davvero sostenere lo sforzo per anni ed anni è una questione aperta. La sua economia è in profonda recessione. La produzione è diminuita del 4pc nel corso dell'ultimo anno, mentre i redditi reali sono diminuiti del 9pc. L'ultima mossa potrebbe anche essere, nella realtà, un negoziato.
Il Sig. Oreshkin ha detto che i prezzi del petrolio a 40 usd/b costringerebbero il governo ad utilizzare, nel corso del prossimo anno, 1.500 miliardi di rubli del suo ‘fondo di riserva’, ovvero il 2pc del Pil.
Standard & Poor sostiene che il deficit di bilancio ha raggiunto il 4.4pc del Pil, compreso quello dei governi locali. Ulteriori 40 miliardi di dollari saranno necessari per salvare il sistema bancario.
Lubomir Mitov di Unicredit ha detto che: “… semplicemente, non hanno più soldi. Il deficit sta dirigendosi verso il 5pc del Pil. Il pericolo più grande è che il fondo di riserva possa esaurirsi entro la fine del 2016. In questo caso dovranno monetizzare il deficit o tagliare la spesa reale di un altro 10pc. Non possono ridurre le spese per la difesa per investirle nel benessere sociale”.
I mercati obbligazionari russi sono deboli. Il paese non può sperare di ottenere prestiti dall'estero fino a quando sarà sottoposto alle sanzioni occidentali. I leaders dell'Arabia Saudita sono pienamente consapevoli della dolorosa situazione del Cremlino. In un lungo duello, sono certi di sopravvivere alla Russia.
Scopriremo, nel corso del tempo, quale di questi due giganti-petroliferi è il più forte – ma potrebbero entrambi finire in ginocchio.

Ambrose Evans-Pritchard 
11.12.2015

Scelto e tradotto per www.comedonciciotte.org da FRANCO

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