martedì 14 luglio 2015

L’Italia non può far parte degli Stati Uniti d’Europa: ecco cosa non vi dicono gli analfabeti istituzionali.



di Marco Mori
Fermo restando che questa UE è una dittatura finanziaria e che pertanto andrebbe smantellata in ogni caso, proviamo ad immaginare un’altra Europa, un’Europa democratica, per chiederci se tale ordinamento sarebbe compatibile con la nostra Costituzione. In sostanza il quesito è semplice: l’Italia può giuridicamente confluire in un nuovo Stato cedendo la propria sovranità per condividerla con tutti gli altri popoli delle nazioni che compongono il nostro continente?
Nessuno si è mai posto questa questione. Ma la risposta al quesito è semplicemente un netto no. L’Italia non solo non può aderire a questa oscena dittatura finanziaria che chiamiamo Europa, ma non potrebbe aderire neppure ad un’Europa dei popoli. La forma repubblicana, che comprende ovviamente il fatto di essere una nazione sovrana ed indipendente in cui la sovranità appartiene al popolo italiano, è quella definitiva del nostro Stato, è immutabile.
I Padri Costituenti infatti scelsero di creare una Costituzione rigida. L’art. 139 Cost. infatti prevede che: La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale. Secondo l’orientamento consolidato della Corte Costituzionale, ribadito anche con sentenza n. 238/2014 questo implica che: “Non v’è dubbio, (omissis…), che i principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale e i diritti inalienabili della persona costituiscano un «limite all’ingresso delle norme internazionali generalmente riconosciute alle quali l’ordinamento giuridico italiano si conforma secondo l’art. 10, primo comma della Costituzione» ed operino quali “controlimiti” all’ingresso delle norme dell’Unione europea (ex plurimis: sentenze n. 183 del 1973, n.170 del 1984, n. 232 del 1989, n. 168 del 1991, n. 284 del 2007), (omissis…). Essi rappresentano, in altri termini, gli elementi identificativi ed irrinunciabili dell’ordinamento costituzionale, per ciò stesso sottratti anche alla revisione costituzionale (artt. 138 e 139 Cost.: così nella sentenza n. 1146 del 1988).
Ecco dunque che mentre le limitazioni di sovranità finalizzate esclusivamente alla pace ed alla giustizia sono possibili, la cessione di sovranità, rappresentando un atto eversivo contro la personalità giuridica (anche internazionale ovviamente) dello Stato e dunque pacificamente un reato (ovvero la cessione ha conseguenze penali disciplinate negli artt. 241 e ss. C.P.). L’Italia non può diventare una Regione degli Stati Uniti d’Europa, tanto meno può rinunciare ad alcuna parte della propria sovranità che deve rimanere sempre e comunque nelle mani del popolo a cui essa, ex art. 1 appartiene. Non mi dilungo questa volta sulla distinzione tra limitazione e cessione di sovranità, evidente già sotto il profilo letterale ed oggetto di numerosi articoli sia miei che di altri giuristi, ma vi voglio invitare alla lettura di questo stralcio del verbale della seduta dell’Assemblea Costituente del 4 marzo 1947 in cui parla Piero Calamandrei:
Un’ultima osservazione, e avrò finalmente terminato. Onorevoli colleghi, c’è nella Costituzione un articolo 131 che dice: «La forma repubblicana è definitiva per l’Italia e non può essere oggetto di revisione costituzionale».
Voi sapete che il progetto ha adottato il sistema della Costituzione rigida, cioè della Costituzione che non potrà essere variata se non attraverso speciali procedimenti legislativi, più complicati e più meditati di quelli propri della legislazione ordinaria: in modo che le leggi si potranno distinguere d’ora in avanti in leggi ordinarie, cioè in leggi che si possono abrogare e modificare con un’altra legge ordinaria, ed in leggi costituzionali che sono leggi per così dire più resistenti, leggi modificabili soltanto cogli speciali procedimenti di revisione stabiliti dalla Costituzione. Ma con questo articolo 131 par che si introduca una terza categoria di leggi: quelle che non si potranno giuridicamente modificare nemmeno attraverso i metodi più complicati che la Costituzione stessa stabilisce per la revisione.
Dunque, la forma repubblicana non si potrà cambiare: è eterna, è immutabile. Che cosa vuol dire questa che può parere una ingenuità illuministica in urto colle incognite della storia futura? Vuol dire semplicemente questo: che, se domani l’Assemblea nazionale nella sua maggioranza, magari nella sua unanimità, abolisse la forma repubblicana, la Costituzione non sarebbe semplicemente modificata, ma sarebbe distrutta; si ritornerebbe, cioè, allo stato di fatto, allo stato meramente politico in cui le forze politiche sarebbero di nuovo in libertà senza avere più nessuna costrizione di carattere legalitario, e in cui quindi i cittadini, anche se ridotti ad una esigua minoranza di ribelli alle deliberazioni quasi unanimi della Assemblea nazionale, potrebbero valersi di quel diritto di resistenza che l’articolo 30 del progetto riconosce come arma estrema contro le infrazioni alla Costituzione.Sennonché io mi domando, e con questa domanda termino, questo mio lungo discorso: se si è adottato questo sistema per le norme che riguardano la forma repubblicana, dichiarando queste norme immutabili, non credete che questo sistema si sarebbe dovuto adoperare a fortiori per quelle norme che consacrano i diritti di libertà? Era tradizionale nelle Costituzioni nate alla fine del secolo XVIII che i diritti di libertà, i diritti dell’uomo e del cittadino, venissero affermati come una realtà preesistente alla stessa Costituzione, come esigenze basate sul diritto naturale; diritti, cioè, che nemmeno la Costituzione poteva negare, diritti che nessuna volontà umana, neanche la maggioranza e neanche l’unanimità dei consociati poteva sopprimere, perché si ritenevano derivanti da una ragione profonda che è inerente alla natura spirituale dell’uomo.
Ora, se la nostra Costituzione ha adottato questa misura di immutabilità per la forma repubblicana, credo che dovrà adottare questa stessa misura (e mi riservo a suo tempo di fare proposte in questo senso) anche per le norme relative ai diritti di libertà”.
Calamandrei fu chiarissimo ed anzi ovviamente rammentò che la forma repubblicana deve comprendere anche i diritti inalienabili dell’uomo, esattamente come avvenne e come ha poi confermato la Corte Costituzionale, anche con la sentenza sopramenzionata.
Dunque, con buona pace degli europeisti (ad oggi semplicemente un nutrito gruppo di “fessacchiotti” che, essendo privi della necessaria preparazione giuridica ed economica per capire qualcosa che vada oltre la loro economia domestica, hanno scambiato l’integrazione europea con la sottomissione ad una criminale dittatura finanziaria), l’Italia intesa come Stato sovrano ed indipendente in cui la sovranità appartiene al popolo italiano non può essere smantellata.
La creazione di un nuovo Stato non si può imporre a colpi di Trattato. Fatevene una ragione, la forma repubblicana è definitiva ed immutabile, anche da una maggioranza ed anche se tale maggioranza fosse legalmente eletta (cosa che qui in Italia non si verifica da dieci anni).
Bruciamo questa Europa nazista prima che siano nuovamente i popoli ad ardere ed a seminare morte e distruzione nel continente. I pazzi al potere ci porteranno dritti alla guerra. Solo la cultura può fermarli.
http://www.studiolegalemarcomori.it/litalia-non-puo-far-parte-degli-stati-uniti-deuropa-ecco-cosa-non-vi-dicono-gli-analfabeti-istituzionali/
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