venerdì 17 luglio 2015
La vera natura dell'Unione Europea
Diradatesi le nebbie nei cieli di Grecia, è possibile ora fare alcune considerazioni e tentare di trarre alcuni insegnamenti dalle vicende che si sono svolte in quel Paese.
E' emersa con chiarezza cristallina la natura dell'Unione Europea.
E' questa un'organizzazione interstatale che tutela gli interessi del capitale finanziario che opera sul continente a discapito dei popoli che vi ci abitano.
Tale è stata l'azione dei Capi di Governo europei che negli anni 2010-2011 hanno liberato le banche prevalentemente tedesche e francesi dal peso dei titoli di debito pubblico greco, che fino a quel momento avevano fruttato a quelle banche tassi d'interesse molto al di sopra della media, ma, poiché giudicati ormai difficilmente esigibili e quindi deprezzati rispetto al loro valore nominale, venivano acquistati dagli Stati europei e per tale via trasferiti a carico dei popoli.
Si sa le Banche non hanno in proprio mezzi coercitivi per esigere il pagamento di un debito, gli Stati, invece, si!
La ricetta economica somministrata dall'UE all'economia greca "malata" ha portato quel paese al ritmo recessivo più rapido che si sia mai visto in Europa in questi ultimi anni, con la conseguenza che in poco tempo la Grecia ha perso un quarto del proprio PIL. A nulla sono valse le proposte conciliatorie avanzate da Tsipras, prima del Referendum, tese ad ottenere condizioni più favorevoli per il pagamento di un debito dai più considerato ormai inesigibile.
Ma si sa che ai 'cravattari' non interessa tanto recuperare i soldi prestati, quanto piuttosto "tenere per le palle" i propri debitori, al fine di poter estorcere loro anche l'anima!
Così è avvenuto nel rapporto UE-Governo greco, per cui prima si è ricattato il popolo perché votasse SI al Referendum, poi, fallita questa pressione, quando Tsipras si è ripresentato al tavolo delle trattative con proposte ugualmente concilianti, sicuro che i risultati del Referendum avrebbero convinto i suoi interlocutori della bontà delle stesse, gli hanno fatto capire che se voleva restare alle dipendenze del capitale finanziario europeo doveva accettare condizioni più gravose di quelle iniziali.
Colpirne uno per educarne 19!, è stato opportunamente detto.
Il meccanismo politico che ha determinato questa imposizione non ha visto il Parlamento Europeo come protagonista, a dimostrazione di quanto in momenti decisivi contino gli organi elettivi nell'UE. E' stata, piuttosto, la riunione dei Capi di Governo, preceduta da una riunione dei Ministri economico-finanziari, a decidere l'assoggettamento ulteriore della Grecia al capitale finanziario europeo. E questo la dice lunga sui meccanismi che presiedono l'immodificabilità della natura di classe dell'Unione Europea. I Governi, peraltro, sono scelti nella stragrande maggioranza dei Paesi europei con meccanismi elettorali maggioritari, per cui non è impresa impossibile per una lobby finanziaria impadronirsi e gestire un centro decisionale.
E' enorme la distanza fra i desideri di molti di noi su di un'Europa più democratica, un'Europa dei popoli, un' altra Europa e l'Europa reale, che decide ed opera nel modo che è sotto gli occhi di tutti!
A riguardo, peraltro, già Lenin proprio cento anni fa, il 23/8/1915, quando fra i socialisti dell'epoca, nonostante la guerra mondiale in corso, si parlava di una unione degli stati europei, aveva chiarito nell'articolo "Sulla parola d'ordine degli Stati Uniti d'Europa" come un'unione degli Stati europei di allora avrebbe avuto un inequivocabile significato imperialistico e avrebbe messo in secondo piano la possibilità di conquista del potere da parte del proletariato in un singolo Stato e la costruzione lì del socialismo:
"In regime capitalistico, gli Stati Uniti d'Europa equivalgono ad un accordo per la spartizione delle colonie. Ma in regime capitalistico non è possibile altra base, altro principio di spartizione che la forza. Il miliardario non può dividere con altri il "reddito nazionale" di un paese capitalista se non secondo una determinata proporzione: "secondo il capitale" (e con un supplemento, affinché il grande capitale riceva più di quel che gli spetta). Il capitalismo è la proprietà privata dei mezzi di produzione e l'anarchia della produzione. Predicare una "giusta" divisione del reddito su tale base è proudhonismo, ignoranza piccolo-borghese, filisteismo. Non si può dividere se non "secondo la forza". È la forza che cambia nel corso dello sviluppo economico.
[...]
Certo, fra i capitalisti e fra le potenze sono possibili degli accordi temporanei. In tal senso sono anche possibili gli Stati Uniti d'Europa, come accordo fra i capitalisti europei... Ma a qual fine? Soltanto al fine di schiacciare tutti insieme il socialismo in Europa e per conservare tutti insieme le colonie accaparrate contro il Giappone e l'America, che sono molto lesi dall'attuale spartizione delle colonie e che, nell'ultimo cinquantennio, si sono rafforzati con rapidità incomparabilmente maggiore dell'Europa arretrata, monarchica, la quale comincia a putrefarsi per senilità.
[...]
Gli Stati Uniti del mondo (e non d'Europa) rappresentano la forma statale di unione e di libertà delle nazioni, che per noi è legata al socialismo, fino a che la completa vittoria del comunismo non porterà alla sparizione definitiva di qualsiasi Stato, compresi quelli democratici. La parola d'ordine degli Stati Uniti del mondo, come parola d'ordine indipendente, non sarebbe forse giusta, innanzitutto perché essa coincide con il socialismo; in secondo luogo, perché potrebbe ingenerare l'opinione errata dell'impossibilità della vittoria del socialismo in un solo paese e la concezione errata dei rapporti di tale paese con gli altri. "
A distanza di cent'anni le parole di Lenin, fatte le dovute differenze, mantengono la loro attualità e validità.
Che cos'è, infatti, l'Unione Europea di oggi se non il processo attraverso cui il capitale finanziario tedesco sta cercando di assoggettare l'economia dell'intero Continente per presentarsi sull'arena internazionale come nuova potenza economico-finanziaria ?
Quale credibilità può avere una strategia che, senza mettere in discussione l'appartenenza di uno Stato e di una nazione all'UE ed alla NATO, punti ad una trasformazione "pacifica", dall'interno, dell'UE ?
Va detto, peraltro, che la Storia non ci presenta un processo che abbia portato alla formazione di nuove entità statali in maniera pacifica.
Nel continente americano, ad esempio, la formazione degli USA avvenne dopo la Guerra di secessione con la quale la borghesia finanziaria ed industriale del Nord-Est impose il proprio dominio, la propria egemonia, sulla borghesia agraria e schiavista del Sud.
Anche in Italia la formazione dello Stato Unitario avvenne attraverso un processo cruento, il Risorgimento, che portò all'assoggettamento dell'aristocrazia e della borghesia meridionale sotto la direzione e l'egemonia della aristocrazia terriera sabauda e della borghesia industriale settentrionale.
Non è detto che la forma dell'imposizione economico-finanziaria mantenga sempre la caratteristica dell'incontro "pacifico" a Bruxelles, fra Capi di Stato, nel corso del quale si impone ad uno Stato, ad un popolo, di accettare condizioni economiche e finanziarie capestro. Proviamo ad immaginare cosa poteva succedere se al posto di Tsipras, che già nel corso della campagna elettorale che lo aveva portato al Governo e pure dopo aveva sempre dichiarato di non voler condurre la Grecia fuori dall'UE e dalla NATO e di onorare il debito ad ogni costo, ci fosse stato qualche altro partito, che avesse sin dall'inizio dichiarato che la Grecia non poteva più pagare il debito, con buona pace dei suoi creditori-strozzini, e che si rendeva opportuno uscire dall'UE e dalla NATO. La reazione degli altri stati europei, di giornali, televisioni, ecc. sarebbe stata ugualmente 'tollerante e discorsiva' verso le istanze del popolo greco?
Ma gli avvenimenti greci degli ultimi mesi inducono a valutare anche il peso che nella battaglia politica assumono le consultazioni elettorali. Queste sono espressione della coscienza popolare. In questo risiede la loro importanza, ma anche il loro limite.
Infatti, la coscienza popolare viene normalmente formata dai mezzi di comunicazione di massa, che orientano il "comune sentire" in sintonia con gli interessi di coloro che possiedono tali mezzi comunicativi.
In Grecia, dove la gran parte dei mezzi di comunicazione è in mani private la propaganda per il SI al Referendum è stata massiccia ed accompagnata dalle minacce di catastrofe imminente se avesse prevalso il NO. Nonostante ciò il popolo greco, stremato da anni di politica di austerità, ha respinto il ricatto votando NO nella stragrande maggioranza, dimostrando di non cedere alle pressioni internazionali.
Fra parentesi va detto che le centinaia di migliaia di schede annullate, secondo l'indicazione del KKE, con il doppio NO, al memorandum europeo ed a quello del Governo, seppure non valide per il risultato numerico della consultazione, mantengono la loro valenza per il risultato politico del Referendum, incrementando così la quota di coloro che in Grecia hanno rifiutato l'imposizione europea.
Nonostante questa grande prova di dignità e di coraggio del popolo greco, non è stato difficile per Tsipras ed i suoi interlocutori europei ignorare completamente i risultati della consultazione. E questo perché un conto è dichiarare su di una scheda la propria contrarietà, un altro è organizzarsi ed operare perché la propria contrarietà produca i suoi frutti.
Una parte del popolo greco aveva votato Tsipras nelle elezioni politiche perché prometteva una soluzione di comodo: respingere l'austerità senza uscire dall'UE. Nel Referendum il NO al memorandum europeo era accompagnato dalla speranza e dalla fiducia di una parte dei greci in un ripensamento europeo. Tutto ciò si è in breve tempo dissolto come neve al sole.
In Italia dovremmo essere ben immuni da quella malattia senile che va sotto il nome di "cretinismo parlamentare", che ti porta per esempio ad illuderti che, vinto un Referendum sull'abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti, questo magicamente scompaia, oppure, ottenuto il plebiscito popolare sulla intangibilità dell'acqua come bene comune, questa non venga più privatizzata.
E tuttavia molti in Italia hanno gridato vittoria sui risultati greci, immaginando una svolta immediata nella politica di austerità seguita in Europa. Cosi come vi sono stati molti in Italia (anche fra i comunisti) che hanno gridato allo scandalo quando il Partito Comunista Greco, KKE, ha votato in Parlamento contro l'indizione della consultazione referendaria, perché questa non contemplava l'espressione di voto popolare pure sulle proposte governative di Tsipras, mentre si sono messi subito a giustificare Tsipras quando questi, ignorando i risultati della consultazione popolare è ritornato al tavolo delle trattative, finendo lì per essere umiliato, così come è stato umiliato tutto il popolo greco.
NON SI POTEVA FARE DI PIU', dicono oggi i giustificazionisti ad ogni costo.
Ma allora, che bisogno c'era di fare il Referendum ? Perché chiamare il popolo ad esprimersi su di un memorandum, quello europeo, quando se ne aveva uno peggiore in serbo?
Gli avvenimenti greci ci dovrebbero portare ad un'altra valutazione circa il valore e lo spessore politico di una certa "sinistra", che in Grecia, come in Europa, tante speranze pure aveva suscitato nell'elettorato popolare.
Si è rivelata fallimentare una scelta politica che cercava di mettere d'accordo "il diavolo e l'acqua santa", l'UE e i bisogni del popolo greco, perché questa opzione non ha fatto i conti con la volontà del capitale finanziario europeo, in primo luogo tedesco, di imporre una linea di rigore, fatta di lacrime e sangue, che se dal punto di vista capitalistico non porterà certo la Grecia a risollevarsi, consentirà sicuramente al capitale finanziario tedesco e mondiale di comprarsi spezzoni consistenti dell'economia greca.
Inoltre, non voler assolutamente considerare la possibilità di dar corpo ad una politica economica fuori dall'euro, non ha consentito ai governanti greci di giocarsi nelle trattative neanche la carta dell'uscita dall'UE e dalla NATO come deterrente alle minacce tedesche; un deterrente che si sarebbe reso ancora più credibile se accompagnato da misure monetarie tese a parare il colpo della minacciata crisi di liquidità. Sono venute alla luce in questi giorni le ragioni delle dimissioni del ministro greco dell'economia, Varoufakis, che in previsione del ricatto di una crisi di liquidità delle Banche elleniche aveva predisposto un piano B, tendente a mettere in campo un mezzo circolante, alternativo all'euro.
E non era certo la rivendicazione di nazionalizzazione delle Banche e dei principali gangli dell'economia, proposta dal KKE, che notoriamente è partito settario e dogmatico!!!!!
Anche sulla natura e consistenza di questo tipo di sinistra dovremmo essere ammaestrati in Italia, dato che nel movimento comunista italiano i Tsipras ante litteram li abbiamo già conosciuti di recente e rispondono ai nomi di Bertinotti, Vendola, Giordano & C.
Ma in Italia siamo un po' duri di comprendonio su questo versante. Forse perché la costruzione del fronte delle sinistre con Togliatti è stata dogmaticamente affermata come l'unica tattica possibile, anche quando i socialisti, abbandonato il Fronte Popolare, passavano a governare con la DC, contro i comunisti.
E per dare più spessore a questo dogma, è stata da tempo accreditata nella cultura comunista l'idea che la risoluzione adottata nel VII Congresso dell'Internazionale Comunista, di cui ricorre pure l'anniversario, fosse in antitesi totale con le determinazioni dei Congressi precedenti, ignorando la circostanza storica che l'avvento del nazismo aveva cambiato radicalmente in Germania ed in Europa lo scenario politico, costringendo i comunisti, che fino a quel momento avevano giustamente denunciato le misure fascistizzanti dei governi sostenuti dai socialdemocratici di destra e sinistra, a cambiare tattica, propugnando ora la costruzione dei Fronti Popolari antifascisti.
Per i nostalgici del togliattismo la tattica è un dogma intangibile. Consiglierei loro una rilettura di "Principi del leninismo" di G. Stalin, nella parte in cui parla di tattica e strategia, se non fossi certo di essermi già guadagnato un anatema per questa mia proposta.
Infine una considerazione deve essere fatta sui rapporti fra i Partiti Comunisti. Molti hanno colto l'occasione in questi frangenti per ergersi a professori di strategia politica sugl'altri, segnatamente sui comunisti greci.
E' indubbio che divergenze attraversano e caratterizzano le varie posizioni di differenti partiti. Il giudizio sull'UE, il giudizio sulla socialdemocrazia e segnatamente su quella di sinistra, la possibilità o meno di un'alleanza permanente con altre forze politiche, sono solo alcuni dei temi su cui discutere.
Viviamo una condizione diversa da quella che vissero i comunisti negli anni 20-30. Avevano loro un'Internazionale Comunista ed un Partito, quello bolscevico russo, che aveva diretto una rivoluzione e stava costruendo il primo stati socialista. Il raggiungimento di un punto di vista comune e di una tattica comune era più semplice allora di quanto non lo sia oggi.
Dal 1956, data del XX Congresso del PCUS, ad oggi la disgregazione dell'area dei Partiti Comunisti è sotto gli occhi di tutti ed in aree omogenee come l'Europa si stenta a trovare posizioni unificanti. Tali potrebbero essere, ad esempio, le battaglie comuni:
- per un salario minimo europeo, al fine di contrastare le de-localizzazioni delle aziende capitalistiche e la concorrenza fra i lavoratori dei vari paesi;
- contro i processi di fascistizzazione, che stanno avvenendo nei vari paesi europei, per la difesa delle libertà democratiche e del lavoro.
Ma mentre si cercano terreni comuni di lotta e si affronta il dibattito sulle questioni che dividono, non bisogna smarrire il principio che ogni Partito Comunista è "sovrano" nel proprio paese, perché le sue scelte politiche, giuste o sbagliate che le si voglia considerare, saranno pagate o riscosse da quel partito.
Vincenzo De Robertis
Resistenze.org
http://vocidallastrada.blogspot.it/2015/07/la-vera-natura-dellunione-uropea.html#more
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