venerdì 31 luglio 2015

LA GERMANIA ESCA DALL’EURO. È TEMPO DI SMANTELLARE L’UE

germania fuori da eurozoa

Il superamento del dogma dell’irreversibilità dell’euro – ormai sdoganato da un importante attore come il ministro tedesco Schäuble – permette di porre sul tavolo una soluzione migliore del Grexit: lo smantellamento dell’eurozona dall’alto, come proposto più di due anni fa da economisti di diversa estrazione. Oggi perfino un personaggio legato al FMI come Ashoka Mody si sbilancia in questo senso: un’uscita dall’alto della Germania garantirebbe maggiori benefici e comporterebbe minori rischi.

Il ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, ha suscitato aspre critiche e complimenti in egual misura a causa della sua proposta di “time-out” della Grecia rispetto all’eurozona. Nel suggerire che la Grecia starebbe meglio fuori l’euro, l’irascibile 72enne ha varcato un Rubicone politico: ha confermato che la moneta unica è “reversibile”, dopo tutto. Ma dopo che è stato rotto il più grande tabù dell’euro, i commentatori ora suggeriscono che sia la Germania del signor Schäuble, anziché la Grecia, a dover fare il grande passo e abbandonare l’euro. Figure importanti come l’ex capo della Federal Reserve, Ben Bernanke, ha utilizzato la decisione della scorsa settimana di portare avanti un nuovo, punitivo salvataggio per la Grecia come un’occasione per ricordare alla Germania le sue responsabilità verso il continente.
Il signor Bernanke ha usato il suo blog per evidenziare che la politica fiscale eccessivamente restrittiva di Berlino ha contribuito a distruggere gli euro-sogni di prosperità e di “sempre più stretta” integrazione tra le 18 diverse economie.
Nella sua ultima valutazione della forza economica tedesca, anche il FMI (ritenuto da molti circoli tedeschi il garante della disciplina contro i ribelli greci) ha esortato Berlino a svolgere ” azioni più ambiziose… e a contribuire al riequilibrio globale, in particolare nell’eurozona”.
Un riequilibrio sbagliato
Il surplus commerciale tedesco da record è additato come il sintomo principale della sua posizione pericolosamente preponderante nell’eurozona.
Il saldo tedesco delle partite correnti – una misura della posizione dell’economia nei confronti del resto del mondo – ha raggiunto il valore, record per l’eurozona, del 7.9% del PIL ossia 215 miliardi di euro nel 2014. Al momento si prevede che possa superare l’8% del PIL quest’anno, secondo il FMI.
Questo surplus persistente, in parte riflette la forza delle tanto decantate industrie esportatrici tedesche. Ma altri fattori che contribuiscono ad essa sono motivi di preoccupazione. Il FMI ha detto che tale squilibrio cronico riflette anche una “riluttanza dal settore aziendale ad investire di più in Germania”. Come osserva anche il signor Bernanke, il surplus pone “tutto il peso dell’aggiustamento sui paesi con deficit commerciali, che devono subire una dolorosa deflazione dei salari e di altri costi per diventare più competitivi.”
Le economie del sud come la Grecia sono le principali vittime del costo di tale adeguamento. Ma fintanto che la Germania rimarrà dentro l’unione monetaria, i tentativi di riaggiustamento dell’eurozona non andranno da nessuna parte.
Il ribilanciamento iniziale tra nazioni debitrici e creditrici, iniziato nel 2008, “si è interrotto dal 2012 e sembra essere sul punto di inversione”, osserva Standard & Poor’s.
LO “SCHWARZE NULL”
L’altro problema della politica economia tedesca è l’ossessione del governo per lo “schwarze Null” ossia la politica “zero nero” tesa a raggiungere il pareggio di bilancio.
Berlino è riuscita a raggiungere questo obiettivo magico quest’anno. Lo “schwarze null” viene considerato come la pietra angolare della forza e stabilità finanziaria tedesca in un contesto globale pericoloso, ma ha attirato critiche, perché è l’ennesimo sintomo del malfunzionamento dell’eurozona.
L’economista Paul De Grauwe l’ha definito un fondamentalismo quasi religioso del pareggio di bilancio.
La disciplina fiscale è finita anche nel mirino delle prescrizioni del FMI all’economia tedesca. Il Fondo ha raccomandato a Berlino di impiegare almeno il 2% del PIL in progetti di investimento nei prossimi quattro anni, un obiettivo che il governo sta costantemente fallendo.
PERCHÉ UN’USCITA TEDESCA AIUTEREBBE
L’economista di Princeton ed ex-capo dei salvataggi dell’FMI Ashoka Mody è tra i sostenitori più recenti di un’uscita tedesca dall’euro.
Il signor Mody rileva che un ritorno al marco tedesco fornirebbe una duplice spinta al martoriato resto dell’eurozona: farebbe immediatamente svalutare l’euro, stimolerebbe le esportazioni nella periferia meridionale e causerebbe anche molte minori perturbazioni al resto del blocco di quanto non farebbe un potenziale Grexit.
“Un marco tedesco potrebbe comprare più beni e servizi in Europa (e nel resto del mondo) di quello che fa oggi un euro, i tedeschi diventerebbero più ricchi in un colpo solo”, scrive il signor Mody.
“Gli asset tedeschi all’estero varrebbero meno in termini dei più costosi marchi tedeschi, ma i debiti tedeschi sarebbero più facili da rimborsare”.
Fuori della moneta unica, l’industria tedesca sarebbe costretta a tornare a un mondo pre-euro e a doversi continuamente adeguare ai costi di una valuta che tende ad apprezzarsi. Ma il signor Mody ritiene che questa transizione, pur rappresentando un grande shock iniziale, non sarebbe certo nuova per le aziende tedesche.
Egli aggiunge che una valuta meno competitiva potrebbe anche fornire un incentivo decisamente necessario all’industria tedesca a produrre prodotti di qualità superiore e a migliorare la pigra produttività nel settore dei servizi.
UN PROGETTO PER IMPRIGIONARE LA FORZA TEDESCA
Non bisogna sopravvalutare il valore economico della Germania all’interno dell’euro.
Una delle cause del suo “feticismo fiscale” è una profonda insicurezza riguardo le prospettive economiche di lungo termine del paese. La Germania è una delle economie che invecchiano più velocemente al mondo, ha bisogno di un’immigrazione di massa, di incorporare più donne nella forza lavoro e di un notevole aumento al suo tasso di natalità.
E nonostante tutta la relativa forza economica tedesca, l’euro è sempre stato in sostanza un costrutto politico progettato per ingabbiare una Germania riunificata 25 anni fa.
Paradossalmente, il signor Mody ora dice che una liberazione dalle catene della moneta unica potrebbe infine spianare la strada alla Germania per agire come una “potenza egemone benevola”, una cosa di cui un sistema di cambi fissi funzionante ha sempre avuto bisogno.
“Per rimanere unite, le nazioni d’Europa potrebbero aver bisogno di allentare i nodi che li legano così strettamente”.
In ogni caso, la volontà popolare di un’uscita della Germania è – al momento – quasi inesistente. Ma dopo che la carta del Grexit è stata giocata, il signor Schäuble e i suoi compagni dovranno sopportare le conseguenze dell’affermazione che l’unione monetaria non è più sacra e inviolabile.
http://www.euroscettico.com/germania-esca-dalleuro-smantellare-lue/

SUD ITALIA, COME LA GRECIA. PEGGIO DELLA GRECIA

castello-di-roseto 
DI FUNNYKING
rischiocalcolato.it
Ci fu un tempo in cui, almeno nella propaganda, esisteva in Italia un Movimento Politico che aveva identificato con precisione l’origine del male italiano. In un certo senso la Lega Nord quella di Miglio affermava l’ovvio, ovvero che gli Italiani non esistono e l’Italia è solo una espressione geografica e che gli abitanti del nord di quella espressione geografica avrebbero fatto bene a ribellarsi e separarsi. Oggi non abbiamo neppure quello, si preferisce cercare il terribile nemico esterno anziché guardare a casa nostra, a quella mostruosità di degrado civile, economico e culturale che si chiama Sud Italia.


Il Sud Italia è come la Grecia, anzi molto peggio e sono i freddi dati a certificarlo. Dal 2000 al 2013 il “Sud” è cresciuto in termini di Pil del 13% la Grecia del 24%. E alcune regioni del Sud (come la Puglia) quanto meno se la cavano. Vi lascio solo immaginare che buco nero di degrado è rappresentato dal resto.
E lo abbiamo in casa.
Ci lamentiamo dei cattivi tedeschi che si rifiutano di sussidiare a scatola chiusa (o del tutto) la Grecia mentre dovremmo essere i primi a comprendere, a capirli, a dargli ragione a urlare al mondo che NON si deve sussidiare nessun popolo. A meno che non si ottenga in cambio il comando.
Ma non basta, non siamo neppure contenti, non ci basta la nostra Grecia no no…. siamo felicissimi di sussidiarne un altra, quella vera. Anzi per la verità l’Italia ora si appresta a sussidiare proprio tutta quella che fu la Magna Grecia (Magna nel senso di “grande”, ma anche in romano stretto)
Visto che siamo in tempo di spending review ora voglio vedere se il Cazzaro applicherà i costi standard e le migliori pratiche delle regioni del Nord a tutto lo stivale, davvero sono curioso. E di una cosa sono assolutamente certo dovendo scegliere un sussidio quello che di gran lunga potrebbe funzionare non è il trasferimento di denaro, ma una completa desstazione e sburocratizzazione a costo di commissariare con l’esercito ogni singolo consiglio comunale, ogni singolo consiglio regionale e ogni singolo merdoso e inutile ente o municipalizzata del sud.
E se proprio si devono fare investimenti con i soldi del Nord allora devono essere imprese del Nord a farli sotto il controllo dei Governatori e dei Sindaci delle regioni del nord, quelle che tirano fuori i soldi. Come si vorrebbe fare in Grecia (ok è una utopia in entrambi i casi, si fa per dire)
Ad ogni modo, mi raccomando eh. E’ colpa di qualcuno la fuori… si si (e quando non andranno più di moda i tedeschi e l’Euro vedrete che vi inventerete qualcosa d’altro)
Vi consiglio una lettura attenta dei dati Svimez appena battuti dalle agenzie.
da Ansa
Il Sud è ormai a forte rischio di desertificazione industriale, con la conseguenza che l’assenza di risorse umane, imprenditoriali e finanziarie potrebbe impedire all’area meridionale di agganciare la possibile ripresa e trasformare la crisi ciclica in un sottosviluppo permanente”. Lo si legge nel Rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno 2015.
Dal 2000 al 2013 il Sud è cresciuto del 13% la metà della Grecia che ha segnato +24%: oltre 40 punti percentuali in meno della media delle regioni Convergenza dell’Europa a 28 (+53,6%)”. Lo Svimez sottolinea anche che, nel periodo, l’Italia nel suo complesso è stato il Paese con meno crescita dell’area euro a 18 con il +20,6% a fronte di una media del 37,3%.
Dal 2008 al 2014 il settore manifatturiero al Sud ha infatti perso il 34,8% del proprio prodotto , contro un calo nazionale del 16,7% e ha più che dimezzato gli investimenti (-59,3%), tanto che nel 2014 la quota del valore aggiunto manifatturiero sul Pil è stata pari al Sud solo all’8%, ben lontano dal 17,9% del Centro-Nord. Dato che fa il paio con la caduta delle esportazioni che in nel Centro-Nord salgono del 3% e al Sud crollano del 4,8%Il Sud sconta inoltre un forte calo sia dei consumi interni che degli investimenti industriali. I consumi delle famiglie meridionali sono infatti ancora in discesa, arrivando a ridursi nel 2014 dello 0,4%, a fronte di un aumento del +0,6% nelle regioni del Centro-Nord. Se si guarda dall’inizio della crisi al Sud i consumi sono scesi del 13,2%, oltre il doppio che nel resto del paese. Anche peggiore la situazione degli investimenti che nel 2014 scendono di un ulteriore 4%, portando il dato dal 2008 a un calo del 38%, con picchi del 59% per l’industria, del 47% per le costruzioni e del 38% nell’agricoltura. Non è immune dal crollo nemmeno la spesa pubblica. A livello nazionale dal 2001 al 2013 la spesa pubblica in conto capitale è infatti diminuita di oltre 17,3 miliardi di euro da 63,7 miliardi a 46,3 ma al Sud il calo è stato di 9,9 da 25,7 a 15,8. Scendono soprattutto al Sud i trasferimenti in conto capitale a favore delle imprese pubbliche e private: tra il 2001 e il 2013 si è registrato un calo del 52%, pari a oltre 6,2 miliardi di euro.
“Un Paese diviso e diseguale, dove il Sud è la deriva e scivola sempre più nell’arretramento: nel 2014 per il settimo anno consecutivo il Pil del Mezzogiorno è ancora negativo (-1,3%) e il Pil pro capite tra Centro-Nord e Sud nel 2014 ha toccato il punto più basso degli ultimi 15 anni, con il 53,7%”.
In termini di Pil pro capite, il Mezzogiorno nel 2014 è sceso al 53,7% del valore nazionale, un risultato mai registrato dal 2000 in poi. Lo scorso anno infatti quasi il 62% dei meridionali ha guadagnato meno di 12 mila euro annui, contro il 28,5% del Centro-Nord. Nel dettaglio a livello nazionale, il Pil è stato di 26.585 euro, risultante dalla media tra i 31.586 euro del Centro-Nord e i 16.976 del Mezzogiorno. A livello di regioni il divario tra la più ricca, Trentino Alto-Adige con oltre 37 mila euro, e la più povera, la Calabria con poco meno di 16 mila euro, è stato di quasi 22 mila euro, in crescita di 4 mila euro in un solo anno. Tutto questo si riflette nel rischio povertà che coinvolge una persona su tre al Sud e solo una su dieci al Nord. La regione italiana con il più alto rischio di povertà è la Sicilia (41,8%), seguita dalla Campania (37,7%) ma in generale al Sud è aumentata rispetto al 2011 del 2,2% contro il +1,1% del Centro-Nord.
“Nel 2014 al Sud si sono registrate solo 174 mila nascite, livello al minimo storico registrato oltre 150 anni fa, durante l’Unità d’Italia: il Sud sarà interessato nei prossimi anni da un stravolgimento demografico, uno tsunami dalle conseguenze imprevedibili”. Sono le previsioni contenute nel Rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno 2015.
“Il numero degli occupati nel Mezzogiorno, ancora in calo nel 2014, arriva a 5,8 milioni, il livello più basso almeno dal 1977, anno di inizio delle serie storiche Istat”. Lo Svimez sottolinea che il prezzo più alto è pagato da donne e giovani.
Infine dal rapporto Simez emerge il rischio povertà coinvolge una persona su tre al Sud e solo una su dieci al Nord. La regione italiana con il più alto rischio di povertà è la Sicilia (41,8%), seguita dalla Campania (37,7%) ma in generale al Sud è aumentata rispetto al 2011 del 2,2% contro il +1,1% del Centro-Nord.………….
p.s. personalmente e non me ne vogliano i lettori del sud ho sempre pensato, delle due l’una: O io sono Italiano e loro non lo sono, oppure gli Italiani sono loro e non lo sono io. E’ una mera questione di definizioni di cui non mi importa nulla. Ma di certo io non penso, non vivo e non ragiono in quella maniera. Siamo diversi, eccome se lo siamo. E lo riconosco ho avuto la fortuna di non nascere e crescere li.
p.p.s. ha ragione Blondet, questi piuttosto che cambiare si lasceranno morire per strada. (Blondet si riferiva ai Greci, io qui ci vedo una certa similitudine)
Fuynnyking

GLI ESPERTI DEL RISCHIO CHE AVEVANO PREVISTO IL CROLLO FINANZIARIO DEL 2008: GLI OGM SONO PIU’ RISCHIOSI “GLI ESPERIMENTI DEGLI OGM, PORTATI AVANTI IN TEMPO REALE E USANDO IL CIBO E I SISTEMI ECOLOGICI COME LABORATORIO PRIVATO, SONO PROBABILMENTE IL PIU’

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FONTE: WASHINGTON BLOG
L’analista del rischio Nicholas Taleb aveva previsto la crisi finanziaria del 2008, evidenziando che i modelli di rischio comunemente usati erano errati. Taleb – professore emerito di ingegneria del rischio all’Università di New York e autore dei bestseller The black swan (Il cigno nero) e Fooled by randomness (Giocati dal caso) – è diventato finanziariamente indipendente dopo la crisi del 1987 e ricco durante la crisi del 2008.


Taleb l’anno scorso ha notato che la maggior parte dei sostenitori degli Organismi Geneticamente Modificati (OGM) – tra cui alcuni scienziati – sono assolutamente ignoranti per quanto concerne l’analisi del rischio. Taleb ha detto che la proliferazione degli OGM potrebbe condurre ad una “irreversibile fine della vita sul pianeta”.
Questo mese, Taleb – e l’esperto di tail-hedging Mark Spitznagel, che ha con grosso guadagno fatto una scommessa miliardaria sul crollo del sistema dei derivati nel 2008 – ha scritto sul NY Times:
Prima della crisi iniziata nel 2007, entrambi credevamo che il sistema finanziario fosse fragile ed insostenibile, al contrario delle analisi comunemente diffuse al tempo.
Ora, ci troviamo di fronte a qualcosa di molto più rischioso, che mette a repentaglio l’esistenza dell’intero ecosistema – non il sistema finanziario. Stavolta si tratta della lotta contro la diffusione degli OGM.
Le nostre critiche sostenevano che il sistema finanziario era stato costruito grazie al costante progresso della tecnologia, che ha benedetto la finanza con la possibilità di analisi più accurate. Ma i “tail risk”, o le implicazioni di eventi rari ma dalle conseguenze catastrofiche, sono aumentati, a causa dell’aumento della complessità e della globalizzazione. Dato che quasi nessuno prestava attenzione ai rischi, abbiamo fatto in modo che noi stessi e i nostri clienti fossimo protetti da un eventuale collasso del sistema bancario, che in effetti è avvenuto, a beneficio di quelli che erano preparati.
***
Ci veniva detto continuamente che c’erano prove che il sistema fosse stabile, che eravamo nella “Grande Moderazione”, un esercizio comune che confonde la mancanza di prove con la prova della manchevolezza. Per mantenere funzionante il sistema finanziario, la soluzione è ispirarlo al business della ristorazione: decentralizzare, con errori che si mantengono locali e non possono far crollare l’intero sistema.
Sicuramente un economista vincitore del Nobel e molti altri esperti sostengono che troppa centralizzazione destabilizza le economie e gli altri sistemi.
Taleb e Spitznagel evidenziano che le ragazze pon pon degli OGM stanno portando avanti la stessa battaglia anti-scientifica di quelli che sostenevano che il sistema finanziario fosse stabile prima del 2008:
il sistema finanziario è quasi collassato, ma si trattava solo di soldi. Ora ci troviamo di fronte a quasi le stesse 5 mancanze da noi rilevate contro la crescita della popolarità degli OGM (circa l’80% di tutto il cibo prodotto negli USA ne contiene).
Primo, c’è una tendenza ad etichettare chiunque sia contro gli OGM come una persona contro la scienza – unendoli a chi è contro gli antibiotici, i vaccini, vengono persino avvicinati ai Luddisti. Ovviamente non c’è nulla di scientifico nel paragone. Così come l’invocazione scolastica di una “approvazione” non è a sua volta affatto scientifica.
È interessante che ci siano somiglianze tra i sostenitori degli OGM e quelli dell’olio di serpente, i secondi si affidano ad una definizione cosmetica di scienza. La carica di “nichilismo terapeutico” è stata rivolta contro coloro i quali contestavano la medicina dell’olio di serpente all’inizio del 20° secolo. (All’epoca, tutto ciò che sembrava sofisticato aveva aria di “progresso”).
Secondo, ci dicono che un pomodoro modificato non è diverso da uno naturale. È sbagliato: il metodo statistico per cui un pomodoro è “prodotto” dalla natura è dal basso all’alto, evoluto poco alla volta (come il business della ristorazione, diverso da quello bancario a rischio contagio). In natura gli errori vengono inesorabilmente isolati.
Terzo, la salvezza data dalla tecnologia che abbiamo visto nella finanza si presenta anche con gli OGM, che dovrebbero “salvare i bambini nutrendoli con riso arricchito di vitamine”. La falla nell’affermazione è evidente: in un sistema complesso, non conosciamo la catena delle cause e delle conseguenze ed è meglio risolvere un problema nel modo più semplice, quello che meno probabilmente potrebbe causare un problema ancora più grande.
Quarto, orientandosi verso la monocoltura – lo stesso vale per la finanza, in cui i rischi diventano sistemici – gli OGM sono più rischiosi di quanto potrebbero essere utili. La popolazione irlandese è stata decimata dalle conseguenze della monocoltura durante la carestia delle patate. Applichiamo lo stesso su scala mondiale.
è stato accettato dalla scienza per anni che quando tutti gli agricoltori di una determinata regione coltivano la stessa specie – ovvero “monocoltura” – la specie diventa più a rischio.
Perchè?
Perchè qualsiasi insetto che apprezza particolarmente quella coltura può distruggere tutto in tutte le fattorie.
Ad esempio, un tipo di cavalletta – chiamata “cavalletta differenziale” – ama il mais. Se chiunque coltivasse lo stesso tipo di mais in una cittadina del Midwest e ci fossero quelle cavallette nelle vicinanze, queste potrebbero arrivare spazzare via tutta la coltura (ecco perchè le monocolture necessitano di così tanti pesticidi).
D’altro canto, se i contadini coltivano differenti colture (“policoltura”), allora un pestilenza e ucciderà alcune, ma altre sopravviveranno.
Taleb e Spitznagel concludono:
L’esperimento degli OGM, portato avanti in tempo reale, sfruttando il mondo intero come laboratorio, è la più grande forma di arroganza umana di sempre. Crea una nuova azienda “troppo grande per fallire” – ma una per cui non sarà possibile inventarsi un bailout per tenerla a galla.
Nel mondo reale – usando l’analisi statistica – gli OGM sono inferiori se paragonati ad altri tipi di cibo, dato che sono associati a
-       Raccolti in diminuzione (le Nazioni Unite sostengono che le piccole fattorie organiche sono l’unico modo per sfamare il mondo)
-       Assenza di qualsiasi vero studio circa la sicurezza
-       Aumento delle emissioni di CO2.


Fonte: http://www.washingtonsblog.com/
Link: http://www.washingtonsblog.com/2015/07/risk-experts-who-predicted-2008-financial-crash-gmos-risker-than-2008-crash-the-g-m-o-experiment-carried-out-with-our-entire-food-and-ecological-system-as-its-laboratory-is-perhaps-the.html
fonte comedonchisciotte.org autore della traduzione FA RANCO

PER VAROUFAKIS

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DI JACQUES SAPIR
russeurope.hypotheses.org
La minaccia d'accusa per alto tradimento che ora pesa ormai su Yanis Varoufakis ha qualcosa di assurdo, ma anche di terribilmente rivelatore. [1] Ha evidenziato in maniera cruda il fatto che la zona Euro è ormai diventato un mostro, o meglio un tiranno che è stato esentato da ogni regola.


I fatti 

Yanis Varoufakis, come ministro delle Finanze, ha preso la decisione di far penetrare illegalmente il sistema informatico delle autorità fiscali greche. Ci si è resi conto di questo "piano B" in questo libretto [2], ed è quello che gli rimproverano. Ma ha preso la sua decisione, in accordo con il primo ministro, Alexis Tsipras. Ha preso questa decisione riguardante il sistema informatico delle autorità fiscali greche perché quest'ultimo era in realtà sotto il controllo degli uomini della " Troika ", vale a dire il Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea e la Commissione europea.
E'quindi il primo ministro conservatore, signor Samaras, battuto nelle elezioni del 25 gennaio, che ha in realtà commesso questo atto di alto tradimento, dando l'amministrazione fiscale ad una (o più) potenze straniere. Era lui, e solo lui, che porta la totale responsabilità per quello che è successo allora. 
Questa decisione aveva lo scopo di implementare un sistema di pagamento parallelo che avrebbe permesso al governo greco di bypassare il blocco delle banche che è stato organizzato dalla BCE a partire dalla fine del mese di giugno 2015. Questo è stato necessario per evitare la distruzione del sistema bancario greco che ha causato l'azione della Banca centrale europea. Questa azione illegale della BCE ha messo in pericolo il sistema bancario come una delle sue missioni, sancite dalla Carta della BCE è proprio quello di garantire il corretto funzionamento del sistema bancario. Se Yanis Varoufakis dovrà essere accusato, sarebbe logico, sarebbe giusto, che il Presidente della BCE Draghi così come il presidente dell'Eurogruppo, il sig Dijsselbloem, lo siano anch'essi.

E 'vero che questo sistema parallelo dei pagamenti avrebbe anche consentito un rapidissimo passaggio dell'euro verso la dracma, ma Varoufakis, sencondo i propositi riportati dal The Telegraph, non intendeva questo chen in caso di necessita [3].

Una decisione assurda

Accusare Mr. Varoufakis è così assurdo. Il fatto che sia ormai difeso da figure come Mohamed El-Erian, il capo economista di Allianz e presidente di un comitato di esperti economici presso il Presidente degli Stati Uniti [4] dimostra che se ha fatto, quello che ha fatto l'ha fatto per il bene dello Stato che serviva come ministro delle Finanze. Questa accusa, se fosse confermata, potrebbe avvenire solo con la complicità di Alexis Tsipras che avrebbe abbandonato il suo ex ministro delle finanze, che non si assumerebbe le sue responsabilità. Questa accusa, se si è verificasse, sarebbe un atto odioso, un atto di pura giustizia politica, di vendetta delle autorità europee contro un uomo che ha osato, sostenuto dal suo popolo, di sfidarli.
Questa accusa sarebbe anche qualcosa di molto rivelatrice dell'atteggiamento neo-coloniale che hanno le autorità europee di oggi nei confronti della Grecia, ma anche in altri paesi. Stefano Fassina, ex Vice Ministro delle Finanze del Governo italiano, membro del Parlamento di questo paese ed uno dei membri di spicco del Partito Democratico oggi al potere, ha scritto in un testo che è stato pubblicato sul blog di Yanis Varoufakis [5 ]:

"Alexis Tsipras, Syriza e il popolo greco ha avuto il merito storico innegabile di strappare il velo della retorica europeista e l'obiettività tecnica che ha il solo scopo di mascherare la dinamica della zona euro " [6].
Ed aggiunge anche: "Dobbiamo riconoscere che l'euro è stato da un punto di vista di errore politico. Dobbiamo ammettere che nella gabbia neoliberista dell'Euro, la sinistra perde la sua funzione storica e che è morta come serva della dignità e l'importanza politica del lavoro ed anche della cittadinanza sociale come strumento di una democrazia reale ". [7] Infine, conclude scrivendo:. "Per una disintegrazione che sarà gestita dalla moneta unica, noi dobbiamo costruire una grande alleanza di fronti della liberazione nazionale" [8]

Questa prospettiva è pienamente giustificata oggi. La zona euro si è ben rivelata una macchina da guerra al servizio di un'ideologia, il neoliberismo, ed al servizio di interessi particolari, quelli della finanza, e di una oligarchia senza confini. La prospettiva offerta da Stefano Fassina è quella che abbiamo oggi di fronte a noi ovvero la creazione di una " alleanza di fronti di liberazione nazionale " dei paesi della zona euro far piegare il tiranno, e di smantellare la zona euro.
Jacques Sapir
30.07.2015

Traduzione per www.comedoinchisciotte.org a cuìra di DI KEFOS 93

[1] Evans-Pritchards A., « European ‘alliance of national liberation fronts’ emerges to avenge Greek defeat », The Telegraph, 29 juillet 2015,http://www.telegraph.co.uk/finance/economics/11768134/European-allince-of-national-liberation-fronts-emerges-to-avenge-Greek-defeat.html
[5] Voir Fassina S., « For an alliance of national liberationfronts », article publié sur le blog de Yanis Varoufakis par Stefano Fassina, membre du Parlement (PD), le 27 juillet 2015, http://yanisvaroufakis.eu/2015/07/27/for-an-alliance-of-national-liberation-fronts-by-stefano-fassina-mp/
[6] Alexis Tsipras, Syriza and the Greek people have the undeniable historical merit of having ripped away the veil of Europeanist rhetoric and technical objectivity aimed at covering up the dynamics in the eurozone
[7] We need to admit that in the neo-liberal cage of the euro, the left loses its historical function and is dead as a force committed to the dignity and political relevance of labour and to social citizenship as a vehicle of effective democracy.
[8] For a managed dis-integration of the single currency, we must build a broad alliance of national liberation fronts

LONDON SCHOOL OF ECONOMICS: ”TRA DIECI ANNI, L’ITALIA NON ESISTERA’ PIU’, TOTALMENTE DISTRUTTA DALL’EURO E DALLA UE

LONDON SCHOOL OF ECONOMICS: ''TRA DIECI ANNI, L'ITALIA NON ESISTERA' PIU', TOTALMENTE DISTRUTTA DALL'EURO E DALLA UE''
“Gli storici del futuro probabilmente guarderanno all’Italia come un caso perfetto di un Paese che è riuscito a passare da una condizione di nazione prospera e leader industriale in soli vent’anni in una condizione di desertificazione economica, di incapacità di gestione demografica, di rampate terzomondializzazione, di caduta verticale della produzione culturale e di un completo caos politico istituzionale. Lo scenario di un serio crollo delle finanze dello Stato italiano sta crescendo, con i ricavi dalla tassazione diretta diminuiti del 7% in luglio, un rapporto deficit/Pil maggiore del 3% e un debito pubblico ben al di sopra del 130%. E peggiorerà”.
Così Roberto Orsi, professore italiano emigrato a Londra per lavorare presso la London School of Economics, prevede il prossimo futuro del Belpaese.
Il termometro più indicativo della crisi italiana, secondo Orsi, è lo smantellamento del sistema manufatturiero, vera peculiarità del made in Italy a tutti i livelli: “Il 15% del settore manifatturiero in Italia, prima della crisi il più grande in Europa dopo la Germania, è stato distrutto e circa 32.000 aziende sono scomparse. Questo dato da solo dimostra l’immensa quantità di danni irreparabili che il Paese subisce. Questa situazione ha le sue radici nella cultura politica enormemente degradata dell’élite del Paese, che, negli ultimi decenni, ha negoziato e firmato numerosi accordi e trattati internazionali, senza mai considerare il reale interesse economico del Paese e senza alcuna pianificazione significativa del futuro della nazione”.
“L’Italia – prosegue lo studioso della prestigiosa London School of Economics – non avrebbe potuto affrontare l’ultima ondata di globalizzazione in condizioni peggiori. La leadership del Paese non ha mai riconosciuto che l’apertura indiscriminata di prodotti industriali a basso costo dell’Asia avrebbe distrutto industrie una volta leader in Italia negli stessi settori. Ha firmato i trattati sull’Euro promettendo ai partner europei riforme mai attuate, ma impegnandosi in politiche di austerità. Ha firmato il regolamento di Dublino sui confini dell’UE sapendo perfettamente che l’Italia non è neanche lontanamente in grado (come dimostra il continuo afflusso di immigrati clandestini a Lampedusa e gli inevitabili incidenti mortali) di pattugliare e proteggere i suoi confini. Di conseguenza, l’Italia si è rinchiusa in una rete di strutture giuridiche che rendono la scomparsa completa della nazione un fatto certo”.
Degrado di Roma
Quando si tratta di individuare le responsabilità, Orsi non ha dubbi nel puntare il dito contro la politica: “L’Italia è entrata in un periodo di anomalia costituzionale. Perché i politici di partito hanno portato il Paese ad un quasi collasso nel 2011, un evento che avrebbe avuto gravi conseguenze a livello globale.
Il Paese è stato essenzialmente governato da tecnocrati provenienti dall’ufficio dell’ex Presidente Repubblica, i burocrati di diversi ministeri chiave e la Banca d’Italia. Il loro compito è quello di garantire la stabilità in Italia nei confronti dell’UE e dei mercati finanziari a qualsiasi costo.Questo è stato finora raggiunto emarginando sia i partiti politici sia il Parlamento a livelli senza precedenti, e con un interventismo onnipresente e costituzionalmente discutibile del Presidente della Repubblica , che ha esteso i suoi poteri ben oltre i confini dell’ordine repubblicano”.
piazzale-partigiani-Degrado
“L’interventismo dell’ex Presidente è stato particolarmente evidente – prosegue il professor Orsi – nella creazione del governo Monti e dei due successivi esecutivi, che sono entrambi espressione diretta del Quirinale. L’illusione ormai diffusa, che molti italiani coltivano, è credere che il Presidente, la Banca d’Italia e la burocrazia sappiano come salvare il Paese. Saranno amaramente delusi. L’attuale leadership non ha la capacità, e forse neppure l’intenzione, di salvare il Paese dalla rovina. Sarebbe facile sostenere che solo Monti ha aggravato la già grave recessione. Chi lo ha sostituito ha seguito esattamente lo stesso percorso: tutto deve essere sacrificato in nome della stabilità. I tecnocrati condividono le stesse origini culturali dei partiti politici e, in simbiosi con loro, sono riusciti ad elevarsi alle loro posizioni attuali: è quindi inutile pensare che otterranno risultati migliori, dal momento che non sono neppure in grado di avere una visione a lungo termine per il Paese. Sono in realtà i garanti della scomparsa dell’Italia”.
Micidiale.
Fonte: www.quifinanza.it – che ringraziamo.
Tratto da Il Nord
Nota: Questa volta non sono i “complottisti” a fare queste fosche previsioni ma gli esperti dei centri studi economici di Londra.
Nelle foto sopra ad al centro: immagini del degrado di Roma, la capitale d’Italia
http://www.controinformazione.info/london-school-of-economics-tra-dieci-anni-litalia-non-esistera-piu-totalmente-distrutta-dalleuro-e-dalla-ue/

mercoledì 29 luglio 2015

Sulle riviste di tutto il mondo la Puglia terra delle meraviglie.




Lonely Planet, Huff Post, The Guardian, National Geographic e New York Times:
ecco come viene presentato il tacco d’Italia ai visitatori stranieri

di Carlotta Panaro








Per la Puglia è ormai una certezza: i turisti di tutto il mondo vogliono trascorrere qui le loro vacanze. A fargli da Cicerone, “Lonely Planet Southern Italy”, realizzata nel 2012 da Lonely Planet, guida di viaggio australiana leader in tutto il mondo. Tra le pagine di questo vademecum dedicato al tacco dello stivale d’Italia, la Puglia viene celebrata come una delle “Best value travel destinations for 2014”, cioè le destinazioni di viaggio con il miglior rapporto qualità-prezzo del 2014. «Se hai trascorso un soggiorno sulla Costiera Amalfitana o un week end a Venezia, saprai che l’Italia può svuotarti il portafoglio. Perciò quest’anno guarda al Sud.» – riporta la guida. L’attenzione è rivolta in primis alla cucina povera, i paesaggi suggestivi, il ritmo di vita rilassato dei meridionali e le location di qualità adatte a tutte le tasche.
In un articolo di “Huffington Post”, uno dei blog statunitensi più seguiti al mondo, la Puglia viene definita come 1 dei 17 posti da vedere prima che diventino famosi e a cui dar la priorità rispetto a località esotiche come Zimbawe, Filippine, Singapore, Vietnam o Argentina. Descritto come un viaggio culinario sempre più bramato dai viaggiatori esteri, presenta tre punti di forza: la dieta mediterranea, tra cui spicca l’olio d’oliva, i carciofi e i salami; i ristoranti caratteristici gestiti da personale qualificato; casolari e agriturismi in cui dormire a buon prezzo. «Abbiamo detto che la maggior parte di tutto ciò accade sulla spiaggia?» – conclude ironicamente il pezzo.


Il quotidiano britannico “The Guardian”, similmente, elenca il “Best of” del Tacco dello stivale: ristoranti, alberghi e luoghi da visitare. In pole position Gallipoli, descritta come una cittadina dalle sembianze di un’isola, con le sue spiagge bianche e fini. In coda, la terra di Domenico Modugno, Polignano, dove si consiglia un giretto tra le stradine del centro medievale. Poi è la volta di Gravina, il Parco Nazionale dell’Alta Murgia e Piazza Sant’Oronzo nel cuore di Lecce. Immancabile Santa Maria di Leuca, dove «gli italiani spendono tutto il loro tempo a prendere il sole, a cucinare sotto gli alberi o a mollo nelle acque così limpide da essere soprannominate “Le Maldive”». Numerosi elogi riservati anche a trulli, agriturismi e masserie della gettonatissima “Terra dei trulli”, con tappa d’obbligo al “Bar del Moro”, nella località di Torre San Gregorio. «Per gli italiani, la Puglia è come per noi la Cornovaglia: vengono qui per il sole, il mare e per il buon cibo, pescato dalle acque vicine o prodotto nei pascoli locali, e per gustare i vini tipici come il Negroamaro, il Primitivo di Manduria e il Salice Salentino. Ma noi turisti internazionali amiamo soprattutto esplorare la trullica Valle d’Itria e camminare lungo la penisola montagnosa del Gargano».
“National Geographic”, rivista online dedicata all’esplorazione del mondo e alla cura della terra, consiglia di visitare la regione in ottobre o novembre, quando i turisti estivi sono ormai lontani e la raccolta delle olive è in pieno svolgimento. Raccomanda poi di festeggiare il Carnevale di Putignano e di fare una capatina alla pizzeria Enzo e Ciro a Bari, luogo in cui poter assaporare la tipica pizza barese cotta a legna con la crosta sottile; la “Masseria Torre Coccaro”, poi, è una scelta d’obbligo per chi vuole regalarsi un soggiorno di lusso. Persino il “New York Times”, quotidiano statunitense, rivolge il suo sguardo al Mezzogiorno: “I piatti locali, spesso preparati con avanzi del giorno prima, sono il centro della scena pugliese. Lecce, luogo amato per le sue chiese barocche e rinascimentali, trascina a sé viaggiatori ossessionati-dal cibo, tra cui chef e ristoratori, desiderosi di imparare l’arte di cucinare fave, cime di rapa e ceci”.

http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/bari/cronaca/15_luglio_29/sulle-riviste-tutto-mondo-puglia-terra-meraviglie-1ee128e8-35f0-11e5-a903-a9422095c46d.shtml?refresh_ce-cp
La Puglia sulle riviste straniere

Il Guardian: l’ignobile Schäuble già rovinò la Germania Est

Per capire le richieste di Wolfgang Schäuble nei colloqui di salvataggio, dovete guardare a ciò che ha inflitto al suo paese quando si è riunificato. Ogni dramma ha bisogno di un grande cattivo, e nell’ultimo atto della crisi greca Wolfgang Schäuble, il 72-enne ministro delle finanze tedesco, è emerso come straordinario villain: i critici lo vedono come un tecnocrate spietato che ha usato modi pesanti su un intero paese e ora ha intenzione di spogliarlo del suo patrimonio. Una parte dell’accordo di salvataggio, in particolare, ha scandalizzato molti europei: la proposta di creazione di un fondo progettato per selezionare accuratamente beni pubblici greci del valore di 50 miliardi di euro e privatizzarli per pagare i debiti del paese. Ma la chiave per comprendere la strategia della Germania è che per Schäuble non c’è nulla di nuovo in tutto questo. Venticinque anni fa, durante l’estate del 1990, Schäuble guidava la delegazione della Germania Ovest che stava negoziando i termini dell’unificazione con la Germania Est ex-comunista.
Dottore in legge, era ministro degli interni della Germania Ovest e uno dei più stretti consiglieri del Cancelliere Helmut Kohl, il ragazzo a cui rivolgersi ogni volta che le cose diventavano difficili. La situazione nella ex Rdt non era troppo dissimile da quella Schäubledella Grecia quando Syriza è salita alpotere: i tedeschi dell’est avevano appena tenuto le prime elezioni libere nella loro storia, solo pochi mesi dopo la caduta del Muro di Berlino, e alcuni dei delegati di Berlino Est sognavano un nuovo sistema politico, una “terza via” tra l’economia di mercato dell’ovest e il sistema socialista dell’est – nel frattempo non avevano più alcuna idea di come pagare le bollette. I tedeschi occidentali, dall’altra parte del tavolo, avevano slancio, denaro e un piano: tutto quanto di proprietà dello stato della Germania Est doveva essere assorbito dal sistema tedesco-occidentale e poi rapidamente venduto ad investitori privati per recuperare una parte dei soldi di cui la Germania orientale avrebbe avuto bisogno negli anni a venire. In altre parole: Schäuble e la sua squadra volevano garanzie.
A quel tempo quasi tutte le società, i negozi o le stazioni di benzina ex-comuniste erano di proprietà della Treuhand, un’agenzia di fiducia – un’istituzione originariamente pensata da un gruppo di dissidenti della Germania Est per fermare la vendita delle imprese statali alle banche e alle società della Germania Ovest da parte di quadri comunisti corrotti. La missione della Treuhand: trasformare tutti i grandi conglomerati, le aziende e i piccoli negozi in aziende private, in modo che potessero essere parte di un’economia di mercato. A Schäuble e alla sua squadra non interessava che i dissidenti avessero pianificato di distribuire azioni di queste società, emesse dalla Treuhand, ai tedeschi dell’Est – un concetto che per inciso ha portato alla nascita degli oligarchi in Russia. Ma piaceva loro l’idea di un fondo di garanzia, perché operava al di fuori del governo: sebbene tecnicamente supervisionato dal ministero delle finanze, la Treuhand era percepita dall’opinione pubblica come unDetlev Karsten Rohwedderorganismo indipendente. Anche prima che la Germania si fondesse in un unico Stato nell’ottobre 1990, la Treuhand era saldamente nelle mani della Germania Ovest.
Lo scopo dei negoziatori della Germania Ovest era privatizzare quante più aziende possibili, il più presto possibile – e se oggi si chiedesse della Treuhand alla maggior parte dei tedeschi, direbbero che ha raggiunto tale obiettivo. Non lo ha fatto in un modo che è piaciuto al popolo della Germania orientale, dove la Treuhand venne rapidamente conosciuta come la faccia violenta del capitalismo. Nello spiegare la trasformazione dell’economia ai traumatizzati tedeschi orientali, che si sentivano sopraffatti da questa strana nuova agenzia, fece un lavoro tremendo. A peggiorare le cose, la Treuhand divenne un ricettacolo di corruzione. L’agenzia si è presa tutta la colpa per la situazione desolante nella Germania dell’Est. Kohl e il partito di Schäuble, il conservatore Cdu, sono stati rieletti per gli anni a venire, mentre altri hanno pagato il prezzo: uno dei presidenti della Treuhand, Detlev Karsten Rohwedder, fu assassinato da terroristi di sinistra. (Anche Schäuble è stato vittima di un attentato che lo ha lasciato permanentemente su una sedia a rotelle, dopo solo pochi giorni dalla riunificazione tedesca – ma le motivazioni del suo aggressore paranoico erano estranee agli eventi politici). Ma la realtà di ciò che ha fatto la Treuhand è diversa dalla percezione popolare – e questo dovrebbe essere un monito sia per Schäuble che per il resto d’Europa.
La vendita del patrimonio della Germania Est per il massimo profitto si è rivelata più difficile di quanto immaginato. Quasi tutti i beni di valore reale – le banche, il settore energetico – erano già state accaparrate dalle società tedesco-occidentale. Pochi giorni dopo l’introduzione del marco tedesco-occidentale, l’economia dell’est collassò. Come la Grecia, essa richiese un massiccio programma di salvataggio organizzato dal governo di Schäuble, ma in segreto: si misero da parte 100 miliardi di marchi per mantenere l’economia della vecchia Germania orientale a galla, una cifra che è diventato pubblica solo anni dopo. Con il costo del lavoro e delle forniture che sfondarono il soffitto [a causa della parità decisa a tavolino tra marco-orientale e marco-occidentale per l’unione monetaria tra le due Germanie, entrata in vigore il 1 luglio 1990, NdT], la già stressata economia della Germania Est andò in caduta libera e la Treuhand non ebbe alcuna possibilità di vendere molte delle sue imprese. Dopo un paio di mesi cominciò a chiudere intere aziende, licenziando migliaia di lavoratori. Alla fine la TreuhandVladimiro Giacchènon generò affatto alcun provento per il governo tedesco: raggranellò a malapena 34 miliardi di euro per tutte le società dell’est messe insieme, perdendo 105 miliardi di euro.
In realtà, la Treuhand non è diventata soltanto uno strumento per la privatizzazione, ma una holding quasi-socialista. Perse miliardi di marchi, perché continuò a pagare i salari di molti lavoratori dell’est e tenne in vita alcune fabbriche non redditizie – un aspetto positivo di solito annegato nella denigrazione dell’agenzia [la denigrazione della Treuhand nasce anche dal fatto che, in aggiunta ai molteplici episodi di corruzione e alla brutale liquidazione dell’economia tedesco-orientale, l’agenzia chiuse, liquidò o svendette ad aziende tedesco-occidentali anche aziende tedesco-orientali che erano più competitive o di dimensioni ben maggiori rispetto alle controparti occidentali, nell’intento di uccidere sul nascere la potenziale concorrenza delle aziende tedesco-orientali per assicurare al capitale tedesco-occidentale lo sbocco sui mercati dei paesi ex-comunisti legati alla Germania Est – si veda il già citato “Anschluss, l’annessione” di Vladimiro Giacchè, NdT]. Poiché Kohl e, durante l’estate del 1990, Schäuble, non erano economisti di Chicago appassionati di esperimenti radicali, ma politici che volevano essere rieletti, hanno pompato milioni in un’economia in fallimento. Questo è il punto dove finisce il parallelo con la Grecia: c’erano dei limiti politici all’austerità che un governo poteva imporre al suo stesso popolo.
La lezione appresa da Schäuble – che adesso è in grado di influenzare le sue decisioni – è che se si recita la parte del neoliberista puro di cuore si può ancora avere una via di fuga con decisioni che dal punto di vista economico non hanno del Dirk Laabstutto senso. Se Schäuble sta agendo duramente con la Grecia in questo momento, è perché il suo elettorato vuole che agisca a quel modo; non è tanto che non si preoccupa per il popolo greco, è che lui vuole far credere alla gente che non gli importa, perché ne vede il vantaggio politico. Ma Schäuble dovrebbe aver imparato dalla storia che il gioco d’azzardo della Treuhand ha avuto conseguenze psicologiche catastrofiche. Anche se l’agenzia è stata gestita da tedeschi, che parlavano tedesco, è stata tuttavia vista da molti nell’est come una forza di occupazione. L’idea di Schäuble di paesi stranieri che controllano il patrimonio greco e lo trasferiscono all’estero è un concetto ancora più umiliante per qualsiasi paese. Schäuble si presenta come un ragioniere duro e sobrio. In realtà è soltanto un politico ordinario che ripete vecchi errori.
(Dirk Laabs, “Per capire la durezza della Germania verso la Grecia, bisogna guardare a 25 anni fa”, dal “Guardian” del 17 luglio 2015, tradotto da “Voci dall’Estero”).
http://www.libreidee.org/2015/07/il-guardian-lignobile-schauble-gia-rovino-la-germania-est/