mercoledì 20 agosto 2014

Castelli di sabbia e futuri tecnici

Crollano uno dopo l'altro, come castelli di sabbia calpestati dal piedone della realtà, i pilastri sui quali si fondava la luna di miele tra Renzi e l'elettorato del paese. E cosa più grave per il premier fiorentino, non crollano solo davanti agli occhi di una popolazione sempre più stremata, ma anche di fronte ai più grandi sponsor della sua elezione.

Eugenio Scalfari ha chiaramente fatto capire qualche settimana fa, come scrivevamo nello scorso editoriale, che senza ulteriori spinte sul processo di privatizzazione e svendita della ricchezza sociale ai grandi sostenitori del nuovo assetto di potere, il ruolo di Renzi potrebbe essere benissimo svolto da un pilota automatico; libero , quest'ultimo, dai lacci e lacciuoli che sotto la coltre di rottamatore ancora si fanno ben sentire sulla libertà di movimento di Renzi nel sistema politico nostrano.

Ma gli sciacalli non si sono fermati al fondatore di Repubblica: basti leggere l'intervista del bocconiano Tabellini al Fatto Quotidiano, in cui ancora una volta la ricetta per “riagganciare il treno della crescita” (ormai una frase-mantra) passa dall'abbattimento dei salari (“è meglio di una disoccupazione di massa”) e dalla riduzione delle tasse alle imprese. Insomma, un'ennesima operazione di scarico dei frutti della competizione globale sulle schiene dei cittadini, in pieno stile dei memorandum “tecnici” a firma Troika.

Peccato che la crescita dei consumi, come fa evidentemente intuire la vicenda degli 80 euro di Renzi, si basa anche sulla fiducia nel futuro. Un futuro percepito oggi come ulteriore instabilità lavorativa ed esistenziale, spingerà quegli 80 euro dritti dritti nel salvadanaio che nei centri commerciali; di fronte a questa situazione, soltanto l'ottusità e la malafede di chi vive in un mondo completamente lontano da quello reale può pensare di guarire dalla malattia tramite altre dolorose ferite.

D'altra parte, più recentemente, il commissario alla spending review Cottarelli ha rinfrancato la dose, asserendo che i tagli alla spesa non possono avere effetti perchè di fatto il governo li utilizza per fare altra spesa. Una tale gestione, presumiamo, non è certo dettata dalla volontà di Renzi di non infliggere altri salassi alla popolazione; bensì dal fatto che tali tagli affosserebbero la sostenibilità del sistema, facendo pagare al governo e alla legittimazione complessiva del PD il prezzo più alto.

Nel mirino infatti, non potrebbero esserci che pochi punti: la questione degli statali, il mondo della sanità e quello della previdenza sociale. Ma se quest'ultima ha il problema di essere un sistema davvero difficile da toccare, pena la sostenibilità di un sistema-paese ad età avanzata come il nostro, la seconda è un nodo di delicati equilibri politici ed interessi, mentre i primi sono la base sociale del governo, quella che ha ricevuto gli 80 euro, quella che più di tutte ha toccato i pochi benefici finora apportati dalle riforme del fiorentino.

Sembra che sia insomma davvero difficile per il governo spingere più in su l'asticella del taglieggiamento sociale, dato che la legittimazione con la quale si è insediato, già messa a dura prova dalla realtà, svanirebbe come d'incanto. E i poteri forti questo l'hanno capito eccome, iniziando a svincolarsi via via dai peana reiterati nella prima fase dell'esecutivo mentre il 2015, anno dell'esordio dei vincoli del fiscal compact, è sempre più vicino. Sale sempre di più la convinzione che anche il governo Renzi sia in realtà un governo a termine.

Nato con l'obiettivo di fare quelle due tre riforme costituzionali che approfondiscano la distanza tra le istituzioni e il paese reale; con la volontà di provare a riattivare i circuiti della speculazione e dell'arricchimento di pochi (decreto sblocca-Italia); nonchè per provare, tramite il Jobs Act, a rubare qualche centimentro in più a dei diritti sul lavoro sempre più svuotati di senso. Altro che una grande ondata di rinnovamento! Solo uno sparare 100 per ottenere 10, e preparare così la strada ad un ingresso dei tecnici in pompa magna sulle note di un unico tema: se neanche Renzi ce l'ha fatta..

Questo è anche uno scenario che apre spazi interessanti ai movimenti: dopo le elezioni europee, scrivevamo che il bipolarismo perfetto che si era creato, per quanto rafforzasse l'azione del governo, rendeva anche più chiari i termini della contrapposizione. Lo scontro sociale tra Partito di Sistema e non garantiti è stato ben chiaro ad esempio sul terreno della lotta per la casa, o in quello della logistica; sta a noi ora aumentarne l'intensità, mantenendo le posizioni guadagnate, aggredendo con rinnovato vigore il mondo della formazione, ma anche sperimentando forme di azione politica sul tema della fiscalità e in generale sull'utilizzo delle risorse pubbliche. La battaglia contro le conseguenze del fiscal compact, e contro i nuovi memorandum che sicuramente arriveranno dalle stanze dei poteri forti sovranazionali, dovranno trovarci pronti.

Maria Meleti - InfoAut

http://www.infoaut.org/index.php/blog/editoriali/item/12548-castelli-di-sabbia-e-futuri-tecnici

Foto: Castelli di sabbia e futuri tecnici

Crollano uno dopo l'altro, come castelli di sabbia calpestati dal piedone della realtà, i pilastri sui quali si fondava la luna di miele tra Renzi e l'elettorato del paese. E cosa più grave per il premier fiorentino, non crollano solo davanti agli occhi di una popolazione sempre più stremata, ma anche di fronte ai più grandi sponsor della sua elezione.

Eugenio Scalfari ha chiaramente fatto capire qualche settimana fa, come scrivevamo nello scorso editoriale, che senza ulteriori spinte sul processo di privatizzazione e svendita della ricchezza sociale ai grandi sostenitori del nuovo assetto di potere, il ruolo di Renzi potrebbe essere benissimo svolto da un pilota automatico; libero , quest'ultimo, dai lacci e lacciuoli che sotto la coltre di rottamatore ancora si fanno ben sentire sulla libertà di movimento di Renzi nel sistema politico nostrano.

Ma gli sciacalli non si sono fermati al fondatore di Repubblica: basti leggere l'intervista del bocconiano Tabellini al Fatto Quotidiano, in cui ancora una volta la ricetta per “riagganciare il treno della crescita” (ormai una frase-mantra) passa dall'abbattimento dei salari (“è meglio di una disoccupazione di massa”) e dalla riduzione delle tasse alle imprese. Insomma, un'ennesima operazione di scarico dei frutti della competizione globale sulle schiene dei cittadini, in pieno stile dei memorandum “tecnici” a firma Troika.

Peccato che la crescita dei consumi, come fa evidentemente intuire la vicenda degli 80 euro di Renzi, si basa anche sulla fiducia nel futuro. Un futuro percepito oggi come ulteriore instabilità lavorativa ed esistenziale, spingerà quegli 80 euro dritti dritti nel salvadanaio che nei centri commerciali; di fronte a questa situazione, soltanto l'ottusità e la malafede di chi vive in un mondo completamente lontano da quello reale può pensare di guarire dalla malattia tramite altre dolorose ferite.

D'altra parte, più recentemente, il commissario alla spending review Cottarelli ha rinfrancato la dose, asserendo che i tagli alla spesa non possono avere effetti perchè di fatto il governo li utilizza per fare altra spesa. Una tale gestione, presumiamo, non è certo dettata dalla volontà di Renzi di non infliggere altri salassi alla popolazione; bensì dal fatto che tali tagli affosserebbero la sostenibilità del sistema, facendo pagare al governo e alla legittimazione complessiva del PD il prezzo più alto.

Nel mirino infatti, non potrebbero esserci che pochi punti: la questione degli statali, il mondo della sanità e quello della previdenza sociale. Ma se quest'ultima ha il problema di essere un sistema davvero difficile da toccare, pena la sostenibilità di un sistema-paese ad età avanzata come il nostro, la seconda è un nodo di delicati equilibri politici ed interessi, mentre i primi sono la base sociale del governo, quella che ha ricevuto gli 80 euro, quella che più di tutte ha toccato i pochi benefici finora apportati dalle riforme del fiorentino.

Sembra che sia insomma davvero difficile per il governo spingere più in su l'asticella del taglieggiamento sociale, dato che la legittimazione con la quale si è insediato, già messa a dura prova dalla realtà, svanirebbe come d'incanto. E i poteri forti questo l'hanno capito eccome, iniziando a svincolarsi via via dai peana reiterati nella prima fase dell'esecutivo mentre il 2015, anno dell'esordio dei vincoli del fiscal compact, è sempre più vicino. Sale sempre di più la convinzione che anche il governo Renzi sia in realtà un governo a termine.

Nato con l'obiettivo di fare quelle due tre riforme costituzionali che approfondiscano la distanza tra le istituzioni e il paese reale; con la volontà di provare a riattivare i circuiti della speculazione e dell'arricchimento di pochi (decreto sblocca-Italia); nonchè per provare, tramite il Jobs Act, a rubare qualche centimentro in più a dei diritti sul lavoro sempre più svuotati di senso. Altro che una grande ondata di rinnovamento! Solo uno sparare 100 per ottenere 10, e preparare così la strada ad un ingresso dei tecnici in pompa magna sulle note di un unico tema: se neanche Renzi ce l'ha fatta..

Questo è anche uno scenario che apre spazi interessanti ai movimenti: dopo le elezioni europee, scrivevamo che il bipolarismo perfetto che si era creato, per quanto rafforzasse l'azione del governo, rendeva anche più chiari i termini della contrapposizione. Lo scontro sociale tra Partito di Sistema e non garantiti è stato ben chiaro ad esempio sul terreno della lotta per la casa, o in quello della logistica; sta a noi ora aumentarne l'intensità, mantenendo le posizioni guadagnate, aggredendo con rinnovato vigore il mondo della formazione, ma anche sperimentando forme di azione politica sul tema della fiscalità e in generale sull'utilizzo delle risorse pubbliche. La battaglia contro le conseguenze del fiscal compact, e contro i nuovi memorandum che sicuramente arriveranno dalle stanze dei poteri forti sovranazionali, dovranno trovarci pronti.

Maria Meleti - InfoAut

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