domenica 30 marzo 2014

DAUNIA: IL VENTO DI PRIMAVERA!


foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)




 di Gianni Lannes

Parola di Federico II di Svevia: «Se il Signore avesse conosciuto questa piana di Puglia, luce dei miei occhi, si sarebbe fermato a vivere qui».

Il Puer Apuliae si è spento otto secoli fa su un’altura, a Castelfiorentino, proprio nell’antica Daunia. Oggi se avesse incontrato il governatore locale, come minimo lo avrebbe sicuramente preso a pedate nel fondoschiena, per i danni ambientali che sta infliggendo a questa terra.

la Daunia - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)

Baciata dalla Natura, benedetta dalla storia, massacrata dagli ingordi del XXI secolo, per mera sete di profitto e stupidità. Già, la banalità del male di vecchia memoria.

Adesso vi racconto una storia oscura. Negli anni ’80 nel corso dello scandalo internazionale delle navi dei veleni, la popolazione di Manfredonia, stanca di essere intossicata, piegata, umiliata, insorse in massa contro il pericoloso e nocivo petrolchimico Anic-Enichem, oggetto di numerosi incidenti (il più grave all'arsenico andò in onda il 26 settembre 1976) e di avvelenamento quotidiano dell’aria, del suolo, del sottosuolo e del mare. Una fabbrica impiantata con violenza dallo Stato italiano, in un contesto dedito alla pesca, all'agricoltura e alla pastorizia. Per una volta tanto prevalsero le sacrosante ragioni della gente comune. Ma fu una vittoria effimera, di corto respiro.

Negli anni ’90 Romano Prodi sfornò per conto terzi i contratti d’area e sbucò dal nulla un progetto della ditta Marcegaglia dalla provincia di Mantova, per piazzare una centrale a biomasse nel sito industriale sipontino. La gente comune insorse una seconda volta. E non se ne fece nulla. Ma il clan Marcegaglia non demorse e tornò alla carica con un’altra localizzazione a metà strada tra Manfredonia e San Giovanni Rotondo. La società a responsabilità limitata ETA, intascò i soldi e i benefici del contratto d’area (secondo protocollo). Ancora il 20 giugno 2004 a presiedere il consiglio d’amministrazione della ditta Marcegaglia figurava un certo Antonio Paride De Masi (da Casarano), ben noto a Vendola. Anche questa volta, tuttavia, su pressione dei cittadini il consiglio comunale fu costretto a bocciare il deleterio progetto. 

Così maturò la perversa idea di piazzare questa fabbrica di morte lontano dagli occhi della polazione sipontina: ai confini amministrativi, con Foggia e Cerignola, in località Feudo della Paglia, nel cuore del Tavoliere agricolo, che vanta pregiate produzioni di madre Terra. 

Antonio Marcegaglia forse non ci pensò due volte: nel 2002 indirizzò una lettera al sindaco Paolo Campo (di sinistra) spiegandogli le direttive affaristiche. E così gli amici degli amici (Edilmag) acquistarono per tempo, a poco prezzo i terreni. E poi, al momento opportuno nel 2004 li rivendettero ai Marcegaglia. L’area era tipizzata dal Prg come agricola (E 7). Non era un problema. Nel 2003 ci pensarono l’assessore regionale Santaniello (Forza Italia) e Raffaele Fitto, grazie all’accordo di programma. Il pretesto era nobile assai, almeno per legge: il lavoro, ancora invisibile. 

Nel 2005 atterrò l’ecologista di facciata Nicola Vendola. E il progetto dei Marcegaglia diventò un inceneritore di rifiuti da 61 megawatt, non più una centrale a biomasse da 14 megawatt. Sotto il regno di Nichi, l’affarone invece di essere arrestato definitivamente fu avallato con il nome ridicolo - dal punto di vista tecnico - di "termovalorizzatore". I Dauni furono beffati una seconda volta, senza ottenere alcun  beneficio, se non inquinamento certificato a norma di legge. E' notorio, basta esaminare o semplicemente leggere la letteratura scientifica: gli inceneritori producono inquinamento per un raggio di decine di chilometri. Vale a dire: cancro, malattie, menomazioni, danni alle colture agricole e alla vegetazione. Ai bambini attaccano la leucemia. Gli inceneritori (antiecologici, energivori e diseconomici), tra l'altro, consumano acqua per funzionare. Dove la prendono se scarseggia, e ai contadini è vietato aprire nuovi pozzi? La Puglia è una delle cinque regioni italiane a rischio desertificazione.Per chi non ha scrupoli questo è solo un dettaglio. Nel 2012 feci convocare diannzi ad un amico prete della Caritas il sindaco di Cerignola (comune limitrofo e confinante con manfredonia), Antonio Giannatempo (di professione medico), del centro-destra. Ne parlammo a lungo, esaminò le carte che inchiodavano il malaffare ma si tirò indietro e non sporse alcuna denuncia. Ecco i fatti in telegrafica sintesi.

La Puglia non ha bisogno di produrre ulteriore energia: vanta già un surplus del 90 cento. Quanto al lavoro, non deve arrecare pregiudizio alla vita. E i rifiuti? Differenziata con incentivi economici, bonifica delle discariche, risanamento produttivo. Basta porcate politiche sulla pelle della popolazione per far arricchire i farabutti di turno.

Alla fine il reato più grave diventa quello di chi racconta certe cose, anziché di chi le fa. La colpa non è dello specchio, ma di chi ci sta davanti.
  
Bene, c’è la possibilità adesso, avendo esperito tutte le forme pacifiche e nonviolente di protesta di arrestare per sempre questa fabbrica della morte che sputerà veleni cancerogeni. Abbiamo il dovere di preservare la vita e di proteggere questa terra che ci ha generato, dove sono sepolti i nostri avi.  

Certe cose non si fanno per coraggio, si fanno per potersi svegliare al mattino e guardare serenamente negli occhi i propri figli, senza dover abbassare lo sguardo per la vergogna.

 
 foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)

E’ stata approntata una denuncia contro i responsabili di questo crimine. Entro il 10 aprile saranno raccolte le adesioni scritte da apporre in calce. Il dossier sarà presentato allla Procura della Repubblica di Foggia ed inviato a Bruxelles. Chi vuole firmare l'esposto può scrivere al seguente indirizzo e contattare i miei collaboratori:

sulatestaitalia@libero.it

Mai arrendersi prima di combattere e darsi per vinti; esiste sempre una zona Cesarini. La Daunia non è una colonia: qui nessuno ha l'anello al naso. Coraggio, non tutto è perduto; al bando la rassegnazione e il fatalismo. Su la testa!

Per dirla con Giovanni Falcone:

“Ognuno deve fare la sua parte, piccola o grande che sia”. 




http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/

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