mercoledì 19 febbraio 2014

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CRI
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La mica è un ingrediente molto utilizzato nella produzione dei cosmetici, soprattutto per quanto riguarda gli ombretti. Dona un tono luccicante e luminoso ai rossetti, ai fondotinta e a molti dei prodotti per il trucco comunemente in vendita. Ma sappiamo davvero da dove proviene questo ingrediente e cosa si nasconde dietro la sua produzione?

The Sidney Morning Herlad ha iniziato ad indagare sulla produzione della mica, un ingrediente fondamentale per l'industria della bellezza e le relative multinazionali miliardarie. La maggior parte della mica utilizzata nel mondo proverrebbe dall'India e sarebbe estratta dai bambini, costretti a lavorare in condizioni di sfruttamento.
Lo sfruttamento del lavoro minorile è il prezzo che i bambini devono pagare perché i ricchi possano avere sempre a disposizione un make-up all'ultima moda. Sarebbe interessante conoscere i nomi delle aziende che utilizzano mica proveniente dall'India e da circuiti illegali. La mica è un minerale utilizzato nei prodotti cosmetici per le sue caratteristiche di brillantezza. La mica bianca può essere utilizzata anche nei dentifrici, per il suo leggero effetto abrasivo nella pulizia della superficie dei denti.
Si tratta di un ingrediente molto utilizzato non soltanto nella cosmesi industriale, ma persino in quella naturale, con particolare riferimento al make-up minerale. Il suo impiego riguarda anche gloss e smalti, a cui conferisce colore e luminosità. Gran parte di questo ingrediente proverrebbe dalle regioni più povere dell'India orientale.

Poiché la maggior parte della produzione di mica in India sarebbe illegale, lo sfruttamento del lavoro minorile sarebbe altrettanto diffuso e avverrebbe senza regole. Bambini dell'età di 12 anni, o inferiore, lavorerebbero per giornate intere occupandosi dell'estrazione della mica. Il lavoro è duro e pericoloso. I bambini sono esposti agli attacchi dei serpenti e ai morsi degli scorpioni. Le cave da cui viene estratta la mica risultano di frequente soggette a crolli.
mica sfruttamento bambini
Inoltre, secondo le indagini condotte da The Sidney Morning Herlad, i piccoli lavoratori sfruttati sono esposti a tagli, ferite e abrasioni della pelle, oltre che a malattie respiratorie anche molto gravi, come la bronchite, la silicosi e l'asma. I reporter hanno intervistato uno dei bambini sfruttati.

Si chiama Mohammed Salim Ansari. Si occupa di estrarre la mia ogni giorno e ha soli 12 anni. Per ogni chilogrammo di mica guadagna soltanto 5 rupie, un prezzo in netto contrasto con i guadagni garantiti dal commercio della mica sul mercato internazionale, che possono arrivare fino a 1000 dollari al chilo. 1 rupia indiana corrisponde a 1 centesimo di euro.

L'azienda cosmetica australiana Napoleon Perdis, a cui appartengono i marchi MAC, Clinique, Bobbi Brown e Estee Lauder, ha dichiarato al The Sidney Morning Herlad che meno del 10% della mica utilizzata nei propri prodotti è di origine indiana e di non credere che i propri cosmetici possano essere associati al lavoro minorile.

A quanto pare, altri giganti dell'industria cosmetica, come L'Oreal, Lancome, Redken e Maybelline, The Body Shop e Yves Saint Laurent hanno rifiutato di rispondere ad alcune domande riguardanti la provenienza della mica utilizzata nel cosmetici. Sarebbe dunque piuttosto difficile conoscere la reale località di estrazione della mica utilizzata nei cosmetici che vorremmo acquistare. Per evitare la mica, è sufficiente leggere gli ingredienti indicati in etichetta. La sua presenza potrebbe essere indicata con il codice CI 77019, con il termine di glimmer, oltre che semplicemente come mica.
Attorno alla produzione della mica indiana vi sarebbe un vero e proprio giro criminale. I bambini che dovrebbero frequentare la scuola sono costretti a lavorare sotto sfruttamento. Sono almeno 200 mila i bambini di età compresa tra i 5 a i 14 anni che nel mondo lavorano in condizioni inadeguate anziché avere la possibilità di accedere all'istruzione.
Consulta il sito web International Labor Rights Forumper maggiori informazione sulla difesa dei loro diritti.
Marta Albè
Fonte e foto: smh.com.au

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