mercoledì 30 luglio 2014

Non ci sono parole



Radio Bethlehem 2000 راديو بيت لحم
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‘Le lacrime dei separatisti’: l’acqua venduta in Ucraina

Sull’etichetta sono disegnate lacrime a forma di bomba


‘Le lacrime dei separatisti’: l’acqua venduta in Ucraina

‘Le lacrime dei separatisti’, si chiama così la nuova “marca” di acqua venduta dagli attivisti ucraini per finanziare l’esercito del nuovo governo di Kiev. Nell’etichetta delle bottiglie sono raffigurate delle lacrime a forma di bomba, come ha raccontato lo scrittore Nicolai Lilin in un suo articolo sull’Espresso:
In questi giorni ho saputo che in Ucraina un gruppo di attivisti esaltati dall’estremismo razzista e xenofobo ha lanciato una campagna per il sostegno del loro “glorioso” esercito di assassini che bombarda le città del Donbas. Gli attivisti vendono per strada acqua in bottiglia che si chiama “Le lacrime dei separatisti”. Sull’etichetta sono disegnate lacrime a forma di bombe“.
In questo modo e per un prezzo modesto, spiega Lilin, “ogni passante può dissetarsi durante una calda giornata estiva, consapevole che i soldi pagati per questo piccolo piacere quotidiano contribuiranno a provocare altri morti tra la popolazione civile del Donbas, che ogni giorno subisce pesanti perdite per colpa dei bombardamenti dei militari ucraini. Pare che, per ora, la “democrazia” e la “libertà” che il colpo di stato armato, sostenuto e pagato dagli USA e UE, ha garantito all’Ucraina non vada oltre il piacere di sorseggiare lacrime di civili massacrati, mentre insultano in rete le foto dei loro cadaveri“.
Ieri Lilin aveva raccontato la storia raccapricciante di Kristina, una giovane madre ucraina brutalmente uccisa insieme alla sua piccola. Sotto: un meme che ha girato in rete, ripreso da Lilin
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L’autore di Educazione siberiana ha anche attaccato il Pd e il governo italiano:
Questa giovane donna è stata uccisa insieme con la sua piccola bambina dai criminali golpisti di Kiev. Memorizzate l’orribile quadro di questa tragedia. I complici della sua morte sono anche i nostri politici del Partito Democratico. Personaggi orribili come Matteo Renzi e Gianni Pittella che apertamente sostengono gli assassini degli innocenti cittadini ucraini“,ha scritto ieri sulla sua pagina Facebook.
http://www.lafucina.it/

Le 27 cascate più belle del mondo

Dalle cascate di Baatara Gorge in Libano alle Horsetail Falls dell'Oregon

Le 27 cascate più belle del mondo

Viralnova ha selezionato 27 fra le cascate più belle al mondo. Le riportiamo di seguito:
1) Baatara gorge in Libano
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2) Izvorul Bigăr in Romania
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3) Kuang Si in Laos
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4) Le cascate dell’Iguazú in Argentina
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5) Dynjandi, cascata situata nella regione dei Fiordi del Nord-Ovest, in Islanda
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6) Le cascate di Porcuspine Mountain negli Stati Uniti
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7) Le cascate di Jeju Island in Corea del Sud
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8) Le cascate Cumberland, nel Tennessee, Stati Uniti
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10) Le cascate Pearl Shoal in Cina
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11) La cascata delle Sette Sorelle in Norvegia
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12) Le cascate dell’isola di Kauai, nelle Hawaii
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13) Le cascate Kaieteur nel fiume Potaro in Guyana
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14) Il Salto Angel in Venezuela, è la cascata più alta del mondo (979 metri)
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15) Le cascate “Blackwater” negli Stati Uniti
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16) Langfossen, nella Norvegia occidentale
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17) La cascata Skógafoss in Islanda
cf
18) Le famose cascate del Niagara
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19) Le cascate del Silver Falls State Park
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20) Le cascate di Doringrivier nella provincia di Limpopo, in Sud Africa
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21) Le cascate di McWay in California
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 Le “Lower Falls” del Parco Nazionale dello Yellowstone
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23) Le Wattamolla Falls in Australia
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24) Le Albion Falls in Canada
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25) Le cascate Crabtree negli Stati Uniti
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26) Le cascate di Oneonta Gorge nell’Oregona, USA
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27) Le Horsetail Falls, sempre nell’Oregon
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http://www.lafucina.it/

domenica 27 luglio 2014

PREPARIAMO GLI ESPOSTI PER LE PROCURE !

Crocifisso Aloisi:
PREPARIAMO GLI ESPOSTI PER LE PROCURE !

Prima li infettano , poi si fanno dare i soldi per abbatterli, infine , al loro posto , si fanno campi da golf per l'élite nord europea , residence o colture geneticamente diverse . Tutto con la complicità delle istituzioni italiane ed europee ( e gli immancabili e determinanti TRADITORI locali ) . Vogliono abbattere migliaia e migliaia di ulivi , anche secolari . Vogliono stravolgere la nostra storia .Dobbiamo fermarli , dobbiamo interessare tutte le Procure pugliesi .
"Il rischio che quel provvedimento di Bruxelles funga da cavallo di Troia per benedire la desertificazione dell’arco ionico, tuttavia, c’è."

http://www.trnews.it/2014/07/26/lue-decide-ulivi-infetti-da-sradicare-e-rivolta/12391387/

Latorre e Girone, i due marò trattenuti in India da due anni e mezzo. Come “Sacco & Vanzetti”?

di Claudio Beccalossi-
Il “caso Latorre & Girone”. Come “Sacco & Vanzetti”? E chi s’interessa dei 3.100 italiani (al 2012) detenuti per varie cause in 85 Paesi?
(UNMONDODITALIANI - UMDI)La scandalosa farsa continua. Nonostante l’”ultim’ora” da New Delhidiffusa in Italia al mattino del 28 marzo scorso.
Allora, venne comunicato che la Corte Suprema indiana aveva accolto il ricorso presentato dalla difesa dei due marò italiani, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, contro l’utilizzo della Nia (National indian agency, polizia federale antiterrorismo, agenzia investigativa del governo federale indiano) come accusa nel processo. Quindi, aveva sospeso il procedimento a loro carico presso il tribunale speciale fissando l’udienza successiva dopo 4 settimane, cioè dopo le elezioni parlamentari che avrebbero ipoteticamente rappresentato lo spartiacque tra il vergognoso “braccio di ferro” (con un braccio ben più muscoloso dell’altro) tra autorità indiane ed italiane e la presumibile soluzione della vicenda.
Archiviate le elezioni nel colosso sub asiatico, il… “giro di valzer” in senso positivo non c’è stato. E tutto il prosieguo è rimasto e rimane in standby. In attesa non si sa bene di cosa…
La brutta storia è iniziata il 15 febbraio 2012, quando dalla petroliera “Enrica Lexie”, protetta dalla Marina militare italiana, sarebbero stati sparati i colpi che hanno ucciso i due pescatori Ajesh Binki, 25 anni, Valentine Jelastine, 45. I paralleli e conseguenti, decisi comportamenti indiani ed i dilettantismi (con pavide incertezze) della condotta istituzionale italiana, hanno trascinato il “caso” in un tira e molla tra il “gigante” India e la “spaghettara” Italia.
L’Italia “missionaria” (e ne ho conosciute di queste “grandi figure” durante un mio viaggio-reportage in India) e riluttante di sempre, incapace di farsi rispettare e di far rispettare i propri connazionali, nell’ottica d’una “giusta giustizia” bilaterale spesso tradita, defraudata, vilipesa, annientata (chi non ricorda ancora la famigerata vicissitudine degli anarchiciFerdinando Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, finiti sulla sedia elettrica il 23 agosto 1927 e riabilitati esattamente 50 anni dopo, negli Stati Uniti d’America, cosiddetta “culla della libertà e della democrazia”?).
La cattività all’estero, purtroppo, non riguarda solo Latorre e Girone e, tanto per (non) cambiare, la drammatica cifra è “oscurata” da media scorretti e politicanti menefreghisti, categorie ambedue nostrane. Infatti, stando a quanto emerge da una relazione del ministero degli Affari Esterirelativa ancora al 2012 e velocemente finita nel dimenticatoio (se non nell’immondizia), ben 3.100 italiani risultavano detenuti in 85 Paesi (molti dei quali con condizioni carcerarie disastrose denunciate da Amnesty International), di cui 2.393 in attesa di giudizio. 1.115 erano reclusi in Germania, mentre a far compagnia ai due fucilieri di Marina, in condizioni ben peggiori, stavano rinchiusi nelle prigioni indiane 17 italiani.
Cosa dire laconicamente ancora del “caso Latorre & Girone”? Che si tratta del noioso copione dell’Italia genuflessa, col culo scoperto alla mercé del primo potente (arrapato) di turno… Con buona pace di chi ciancia di buone relazioni bilaterali e di quanti svendono diritto ed orgoglio per misere, ma appetitose, commesse militari. Business is business. Purtroppo…

http://www.unmondoditaliani.com/latorre-e-girone-i-due-maro-trattenuti-in-india-da-due-anni-e-mezzo-come-sacco--vanzetti20140725.htm

lunedì 21 luglio 2014

Monsanto: il documentario (scomodo) partito dal web

   
 
“Dieci anni fa non avrei mai potuto fare questo documentario. Oggi con Internet invece è stato possibile. Questo dimostra che un’inchiesta solida è ormai alla portata di tutti”. O quasi. Basta avere vent’anni di esperienza nel giornalismo d’inchiesta, un solido produttore alle spalle e avvocati agguerriti in grado di parare qualsiasi colpo inferto dal nemico.


Tutti parametri che Marie-Monique Robin possiede. Molti suoi colleghi pensarono che la sua carriera di giornalista freelance avesse raggiunto l’apice nel 1995 con l’assegnazione del prestigioso Prix Albert Londres (il Pulitzer d’oltralpe) per un suo documentario sul traffico d’organi (Voleurs d’yeux), ma ora dovranno fare i conti con la sua ultima impresa: Le monde selon Monsanto (Il mondo secondo Monsanto), un reportage estremamente discusso in Francia dopo la sua diffusione sul canale televisivo Arte l’11 marzo scorso. In poco meno di due ore, l’inchiesta di Marie Robin riassume tre anni di indagini sulla Monsanto, primo produttore mondiale di sementi convenzionali e di organismi geneticamente modificati (Ogm). Un colosso dell’industria agrochimica (i suoi guadagni per il 2007 ammontano a 723,5 milioni di euro, +107% rispetto al 2006), spesso al centro delle polemiche che condizionano il dibattito attorno agli Ogm.

“Intendiamoci, il mio documentario non è contro gli organismi geneticamente modificati” spiega l’autrice a Panorama.it “anche se ormai sono convinta che sul lungo termine rischiano di distruggere la biodiversità. Il mio film è soprattutto il ritratto di un’azienda leader degli ogm: mi interessava capire in quale misura il suo passato illumina le sue pratiche attuali”.

Qualche esempio?
Ce ne sono tanti. Prendiamo i PCB, quei derivati chimici clorati che per cinquant’anni serviranno da liquido refrigerante nei trasformatori elettrici. Sin dal 1937, i leader di Monsanto sapevano che i PCB rappresentavano un rischio grave per la salute umana, ma non hanno fatto nulla finché nel 1977 non fu comprovata la loro alta tossicità. Ad Anniston (Alabama), la città dove la Monsanto produceva i PCB, 3.517 persone, in stragrande maggioranza nera, hanno trascinato in tribunale l’azienda perché vittime di un cancro o di un ritardo di crescita. Vinceranno la loro causa. Ora, i quarant’anni di silenzio della Monsanto sui TBC devono farci riflettere sui presunti effetti positivi di altri prodotti messi sul mercato dalla medesima compagnia. Già alla fine degli anni ’90, il ministro della Giustizia degli Stati Uniti aveva vietato alla Monsanto di spacciare il fertilizzante Roundup, per un prodotto biodegradabile e non tossico.

Qual è il ruolo di Internet nella realizzazione di questo documentario?
Tutto il film ruota attorno a Internet e al materiale incredibile raccolto on line. E il mio lavoro ha prodotto a sua volta un effetto a cascata. Da marzo scorso, oltre al mio blog ne sono stati creati altri 500 dedicati al documentario.

Alcuni accusano Internet di offrire una quantità eccessiva di informazioni, spesso poco credibili. Al contrario nel suo documentario la Rete occupa un ruolo centrale. Come giustifica questo atto di fiducia?

L’atto di fiducia è nato in seguito alle scoperte incredibili realizzate su Internet e che mi hanno consentito di costruire per la prima volta nella mia carriera giornalistica un’inchiesta con informazioni raccolte a partire dalla Rete. Solitamente questo genere di documentari costringe il regista a effettuare sopraluoghi o girare interviste per poi passare alla realizzazione vera e propria. Nel caso di Monsanto è accaduto il contrario. La scelta dei miei viaggi è sempre stata dettata dai risultati raggiunti durante la fase di ricerca su Internet. Non appena raccoglievo materiale in sufficienza, mi recavo all’estero per una verifica sul terreno. Il film è il risultato di tre anni di inchiesta trascorsi tra il mio domicilio e tre continenti.

Un conto è raccogliere documenti, ben altro impegno è quello di trovare il bandolo della matassa…

Il caso Monsanto assomiglia a un puzzle: assemblare i pezzi non è stato facile. Capisco che l’impegno non sia a portata di tutti, ma sono una giornalista e questo sforzo è parte integrante del mio lavoro. Anzi, è quella decisiva. Anche perché su Internet si trova di tutto: dai documenti giornalistici e scientifici più grotteschi a quelli più subdoli, votati a ingannare il cittadino con teorie in apparenza credibili ma che alla luce di analisi razionali non reggono il passo della scienza. Viceversa, era mio scrupolo verificare molto accuratamente le accuse o i sospetti formulati contro la multinazionale. La complessità e la sensibilità del caso Monsanto si misurano con gli avvocati che ho dovuto arruolare per rendere il mio film inattaccabile sul piano giuridico.

È stata la sua prima volta davanti alle telecamere
In tutti i miei film, sono sempre rimasta dietro l’obiettivo. Due sono state le ragioni principali che mi hanno spinto questa volta a mostrarmi alla telecamera: la prima, vedendomi navigare sulla Rete, volevo convincere il telespettatore che ciò che stavo facendo lo poteva fare anche lui. Nel contempo, le sequenze che riprendono la mia navigazione sui siti mi consentono oggi di proteggermi da futuri processi. Infatti il documentario riposa interamente su ricerche altrui trovate sulla Rete e verificate sul campo. È il caso del “principio sostanziale di equivalenza” e delle dichiarazioni cruciali riportate nel documentario da James Maryanski, l’ex coordinatore per la biotecnologia della Food and Drug Administration (Fda), riguardo il periodo in cui gli ogm furono regolamentati negli Stati Uniti.

Il suo film ha 828.000 link di riferimento su google.fr oltre a registrare visite record sul sito di Arte. Un fenomeno senza precedenti ampliato dalla discussione in Francia sulla nuova legge per gli ogm.
 Quali le reazioni della Monsanto?
Ufficialmente è prevalso il no comment. Ma ironia del destino, Monsanto France si starebbe muovendo su Internet e guarda caso mai in maniera frontale. Poche settimane fa, un giardiniere che utilizza il Roundup, l’erbicida più venduto al mondo, mi ha mandato una mail in cuimi racconta di aver ricevuto da Monsanto una lettera in cui si precisa che, nonostante le informazioni diffuse nel mio documentario, il Roundup rimane un prodotto sicuro. Altro esempio, nel mio blog ci sono pseudonimi tipo Gatacca che non cessano di mettere in dubbio il mio lavoro. Presto ho scoperto che si trattava di persone che passano le loro giornate a frequentare forum per difendere alcune multinazionali del settore. Infine il caso più eclatante riguarda l’Afis, l’associazione francese per l’informazione scientifica da cui ho subito una vera e propria campagna diffamatoria. Due settimane fa uno dei membri del consiglio di amministrazione della Fis si è dimesso denunciando l’influenza della Monsanto sull’associazione!

Che ruolo spetta ai politici?

Proteggere la salute pubblica. Ma non è facile.
 Da anni negli Stati Uniti la Monsanto gode di appoggi preziosissimi nell’organo di controllo per la sicurezza degli alimenti e dei farmaci (Fda) oppure presso il ministero dell’Agricoltura. Questo grazie a un sistema ben rodato chiamato “revolving doors” per cui funzionari pubblici vanno ad occupare posti importanti nel privato con l’incarico di seguire vicende delicate come gli ogm che gestivano nel settore pubblico. Nemmeno l’Europa è al riparo di questo gioco delle sedie. L’80% dei membri che compongono l’EFSA, il comitato scientifico incaricato di consigliare l’Ue prima dell’autorizzazione dell’introduzione sul mercato degli Ogm, lavora sotto contratto con aziende di biotecnologie come Monsanto, Aventis o Bayer. La stessa commistione tra scienza, politica e affari si è verificata in Francia. Basta leggere in questi giorni gli articoli dedicati al progetto di legge sugli Ogm. Un parlamentare della maggioranza ha evocato la forza di persuasione fenomenale della Monsanto su alcuni suoi colleghi favorevoli agli Ogm.
http://www.liberamenteservo.it/modules.php?name=News&file=article&sid=2019